giovedì 9 gennaio 2014

LECTIO: BATTESIMO DEL SIGNORE (Anno A)

Lectio divina su Mt 3,13-17


Invocare
Padre d’immensa gloria, tu hai consacrato con potenza di Spirito Santo il tuo Verbo fatto uomo, e lo hai stabilito luce del mondo e alleanza di pace per tutti i popoli; concedi a noi che oggi celebriamo il mistero del suo battesimo nel Giordano, di vivere come fedeli imitatori del tuo Figlio prediletto, in cui il tuo amore si compiace. Amen.  

Leggere
13 Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14 Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15 Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16 Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17 Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Silenzio meditativo: Il Signore benedirà il suo popolo con la pace

Capire
Con il Battesimo del Signore, assieme all’Epifania e alle Nozze di Cana, la liturgia della Chiesa celebra la “manifestazione del Signore”: Cristo Gesù si manifesta Re-Pastore nella piccolezza (Epifania), Figlio amato del Padre (Battesimo), Sposo dell’umanità (Nozze di Cana). Con il Battesimo inizia la vita pubblica di Gesù e - liturgicamente - inizia il Tempo Ordinario.
Il contesto della nostra pericope è molto chiaro: dopo l’evangelo dell'infanzia del Signore (1,1-2,23), con la genealogia del Signore, è presentata la predicazione di Giovanni Battista che annuncia Colui che viene con lo Spirito Santo e il Fuoco e porta con sé i tempi ultimi (3,1-12); poi è narrato il battesimo (3,13-17) e le tentazioni del Signore nel deserto (4,1-11). Ora il battesimo e le tentazioni rendono in un certo senso Gesù idoneo e responsabile all'annuncio dell'evangelo che viene dopo in 4,12-25.
Nel racconto del Battesimo di Gesù, Matteo riprende la fonte di Marco (cfr. Mc 1,9-11; Lc 3,21-22) e l’ha inserita in un dialogo tra Giovanni e Gesù (Mt 3,14-15) che spiega perché Gesù abbia voluto sottoporsi al battesimo di Giovanni.
Il Battesimo di Gesù rappresenta la sua investitura ufficiale come Messia, l'inizio del suo ministero pubblico. ma è un Messia che lascia sorpresi, perché il primo gesto che compie è quello di mescolarsi con i peccatori.
La Liturgia ci fa celebrare questo mistero di Cristo per illuminare anche il nostro battesimo, fatto come quello di Gesù "in acqua e Spirito santo".


Meditare
v. 13: Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 
Gesù viene come una tra tanti. Viene al Giordano. Un luogo biblicamente molto importante. In questo versetto è usato il verbo paragìnetai (“si fece vicino”) che è usato anche al 3,1 anche per Giovanni Battista. Per Gesù è più intenso e pregnante: vuole indicare l'apparizione, grave e solenne del Re messianico, il Sovrano Salvatore.
La scelta di questo luogo non è casuale. Il luogo citato è quello che i geologi chiamano Bethabàra, un luogo geograficamente più basso della terra, 400 m sotto il livello del mare. Gesù viene in questo luogo più basso, perché raggiungere tutti, anche coloro che credono che la grazia di Dio non li possa raggiungere.
Gesù si fa vicino anche per coloro che innalzano un grido (cfr. Sal 130,1-2), quasi ad accompagnare la folla dei peccatori e mescolarsi con loro, quasi a indicare: “lo faccio io per primo”. Non è l'umanità che va da Lui, ma è Lui che va verso essa, secondo la logica dell'incarnazione. Gesù che viene dalla Galilea è Dio-con-noi, che si unisce al suo popolo per condividerne pienamente le attese e le speranze. In questo suo andare vi è l’intenzione esplicita dichiarata di essere battezzato.  
Se i Magi erano venuti dal Bambino e lo avevano riconosciuto, adorato e a Lui reso omaggio di doni, adesso Gesù compie la sua Parousia propriamente divina, venendo da Giovanni, per un atto di abbassamento estremo: farsi "battezzare", ossia ricevere un lavacro che dimostra, secondo la predicazione del Battista la penitenza la conversione, la  metanoia (cfr. 3,13b).
v. 14: Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 
Solo l'evangelista Matteo riporta il dialogo tra Giovanni e Gesù. In questo dialogo troviamo nel Battista un certo imbarazzo a battezzare Gesù. La reazione di Giovanni è di stupore e di venerazione e ciò lo porta al rifiuto. L’evangelista dice che il Battista "gli impediva" di accostarsi a lui, rifiutando dunque di dargli il segno battesimale penitenziale: "Io ho necessità di essere battezzato da Te!" In queste parole vi è il riconoscimento della diversità tra i due e la consapevolezza del nuovo (la Nuova Alleanza) che entra in scena: "Colui che viene dopo di me... vi battezzerà in Spirito santo e fuoco... ha in mano il ventilabro... pulirà... raccoglierà... brucerà..." (vv. 11-12). Tutto sta a manifestare il passaggio tra l'antico e il nuovo. Matteo prepara i lettori alla novità del Cristo: "avete inteso che fu detto, ma io vi dico" (Mt 5).
v. 15: Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». 
L'atteggiamento di Gesù è quello di sottomettersi al piano salvifico di Dio (adempiamo ogni giustizia), rispettando il modo (nell'umiltà-kenosi) e i tempi (l'ora-kairos). La risposta di Gesù è breve e senza repliche: "Lascia fare per ora" è l’inizio della Parousia.
Un parallelo si può vedere in Gv 13,7: il rifiuto di Pietro di lasciarsi lavare i piedi. Anche  in quel momento la risposta di Gesù è senza repliche: "quello che faccio adesso tu non lo capisci". L'opera divina non deve'essere impedita. Pur riconoscendo la superiorità del proprio battesimo, Gesù si comporta secondo le esigenze del battesimo di Giovanni.
Il motivo di questa reazione di Gesù è perché «adempiamo ogni giustizia». La giustizia di Dio coincide con la sua fedeltà alla promessa di salvezza. Allora si può dire che con la missione di Gesù inaugurata dal suo battesimo, arriva a compimento “ogni giustizia”, cioè l’attuazione integra della volontà di Dio.
v. 16: Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 
Anche qui abbiamo una epifania: il Signore risale dall’acqua. L’acqua qui assume tutta la sua valenza simbolica; Gesù scende nell’acqua, s’immerge, si abbassa … questo suo abbassarsi richiama la discesa nelle profondità, immagine che rimanda all’inabissarsi nella morte, alla discesa agli inferi.
Gesù non compie solo un gesto penitenziale ma ogni suo gesto è una chiara allusione a tutto quello che vivrà nella passione, morte e risurrezione! Lo “spirito” indica la potenza di Dio che scende su Gesù per abilitarlo a compiere la sua missione, che ha appunto inizio proprio con questa potenza.
Lo Spirito di Dio è presentato in forma di colomba. Era il modo in cui gli ebrei rappresentavano lo Spirito (rùach). Nel Cantico dei Cantici la voce della colomba (2,12) è interpretata come la voce dello Spirito Santo. Dato che presso i rabbini riunisce e guida Israele, anche Israele è a volte paragonata nei Salmi a una colomba: “Si coprono d'argento le ali della colomba e d'oro le sue piume” (Sal 68,13); una colomba che posa il volo su grossi alberi, i “terebinti lontani” (Sal 56,1).
Nella tradizione biblica la colomba è legata alla fine del diluvio. Terminato il periodo in cui le acque avevano annientato la vita sulla terra, Noè lascia uscire la colomba la quale ritorna con un ramoscello di ulivo nel becco, segno che la vita riprende: quella colomba è l’annuncio della fine del diluvio. Così l’evocazione della colomba – che caratterizza in qualche modo lo Spirito Santo – ci fa comprendere che in quel momento, quando cioè Gesù inizia la sua missione scendendo fino in fondo, finisce il diluvio, finisce il naufragio dell’umanità: è il momento decisivo in cui Dio interviene nella storia dell’uomo.
La discesa di Cristo nelle acque prefigura la sua discesa agli inferi e si realizza la parola del salmista (cfr. Sal 74, 13-14), egli schiaccia la testa al nemico. Il Battesimo non solo prefigura, ma inaugura e anticipa la sconfitta di Satana e la liberazione di Adamo.
Da questo momento il compito di Giovanni “il Battista” finisce ed esce di scena.
v. 17: Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». 
La voce dal Cielo è un'espressione che ricorre nella letteratura rabbinica. Impiegata ogni volta che si voleva attribuire a Dio un'affermazione. Qui definisce l'identità del Figlio di Dio.
La voce del Padre parla due sole volte nel Vangelo, al Battesimo e alla Trasfigurazione. La prima parola che dice è Figlio, termine ricco di passione, la seconda parola è Amato.
La parola “figlio” in ebraico suona con “ben” che indica non solo la relazione (in senso generativo) con il padre terreno, ma anche l’affetto verso chi è chiamato “figlio”. Il popolo di Israele, che Dio ama dopo averlo scelto per puro amore, è chiamato “figlio” (cfr. Es 4,22; cfr. Is 1,2; Ger 31,8, Os 11,1). Il re davidico è chiamato lui pure “figlio” (cfr. 2Sam 7,14). Il “servo” messianico (Is 42,1), nonostante sia presentato come una creatura amata da Dio, non è mai tradotto con “figlio” ma con “schiavo”. Per rilevare l’amore di Dio verso Gesù, questi è anche chiamato “l’amato”.
Matteo dice proprio "Questi è" e non "tu sei" il mio Figlio diletto. Gesù è di natura divina e allo stesso tempo è il nuovo Adamo, inizio di un'umanità nuova riconciliata con Dio insieme alla natura riconciliata anch'essa con Dio, attraverso l'immersione del Cristo nelle acque.
Il diletto, in greco fa  ho-agapètòs, dove l'articolo ha la funzione di sottolineare la straordinaria potenza e significato del titolo. Ciò richiama a Gen 22, dove l'ebraico ha jahid = l'unico, il Monogenito (vv. 2.12.16) che è la vittima sacrificale, quella che il Padre dona per tutti gli uomini come ci ricorda san Paolo: "Egli che il proprio Figlio non risparmiò, bensì a favore di noi tutti o consegnò" alla croce (Rm 8,32).
Il compiacimento di cui si parla fa riferimento a Is 42,1. In esso riscontriamo il Servo incarnato da Gesù e annunciato dal profeta. Gesù sarà il Servo che porta a compimento la missione offrendo se stesso sulla croce.
In Gesù il Padre vede il Figlio amato, capace di una relazione filiale autentica con Lui e una relazione fraterna autentica con la gente, e in particolare con i falliti della storia. Nel Figlio amato, il Padre vede anche tutti noi, immersi per mezzo del nostro battesimo nel mistero pasquale del Signore (Rm 6,3-7), chiamati a conformarci all’immagine del Figlio suo (Rm 8,29).

La Parola illumina la vita
Mi fermo da solo a solo con la Parola lasciando fuori ogni preoccupazione per capire se sono obbediente alla volontà di Dio, affinché si compia ogni giustizia e se la logica del servo di Dio prende anche la mia vita.
Il mio essere "battezzato" è un conformarmi a questo mondo o un continuo, anche se faticoso, cammino di coerenza cristiana come testimone della Fede in Cristo?
Quanto so essere per gli altri, e per me, uomo della Speranza e della fiducia in Colui che tutto può, anche nei momenti più critici della vita?
Quanto sono capace di realizzare nei piccoli gesti quotidiani l'attenzione e la Carità verso gli altri?

Pregare
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. 

La voce del Signore è sopra le acque,
il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza. 

Tuona il Dio della gloria,
nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,
il Signore siede re per sempre. (Sal 28). 

Contemplare-agire
Siamo chiamati alla vita buona del Vangelo e alla missione. Strutturiamo la nostra vita sul modello del Servo del Signore, secondo la logica della Pasqua. Sentiamoci anche noi prediletti per restare fedeli irradiando amore divino a quanti incontreremo sul mio cammino.