mercoledì 25 marzo 2015

LECTIO: DOMENICA DELLE PALME (B)

Lectio divina su Mc 11,1-10


Invocare
O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione.
Egli è Dio, e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Leggere
1 Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2 e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3 E se qualcuno vi dirà: «Perché fate questo?», rispondete: «Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito»». 4 Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5 Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6 Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7 Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8 Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9 Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Silenzio meditativo: Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Capire

Con la Domenica delle Palme entriamo nella settimana di Passione. Quest'anno, ciclo B, a Mc 14,1-15,47, si affianca il testo dell'ingresso di Gesù nella città santa, Gerusalemme, che nell'evangelista Marco ha un carattere molto particolare, introducendo la sezione dei capitoli 11-13 che narrano l'ultima settimana di vita di Gesù ed il racconto della sua passione e morte (capitoli 14-15).
Il forte significato messianico di questa pagina è sottolineato anche dal ricco sfondo anticotestamentario e descrive un'azione simbolica o profetica che si connota per tre aspetti: quello del bisogno, della novità e della promessa.
La scena sembra costruita sulla base di un testo di Zaccaria: “Gioisci, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re: è giusto e vittorioso, è umile e cavalca un asinello; toglierà i carri da guerra e annuncerà la pace alle genti!” (Zc 9,9). Gesù non intende essere un liberatore politico, cha avanza con un cavallo o un carro da guerra, ma usa la cavalcatura dei sovrani dell’antichità (cf Gn 49,11) ed entra in Gerusalemme come principe della pace.
Con l’ingresso di Gesù a Gerusalemme Marco dà inizio alla quinta parte principale del suo Vangelo (11,1-12-44) nella quale descrive il soggiorno di Gesù a Gerusalemme e i conflitti con i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani (11,18.27), farisei ed erodiani (12,13), sadducei (12,18), categorie che troviamo schierate contro Gesù nel processo (14,1.10.53ss) ma che Marco aveva presentato agguerrite contro Gesù fin dall’inizio del suo vangelo, al punto che dopo la guarigione della mano inaridita – siamo solo al capitolo terzo – “I farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (3,6).
Dal capitolo 11 l’evangelista Marco scrive una settimana decisiva: l'ultima della vita terrena di Gesù, scandita con precisione sempre più insistente, in giorni ed ore (cfr. 11,12.20; 14,1.12; 15,1.25.33.34) che narra l'evento centrale del suo vangelo: la morte di Gesù sulla croce (15,34-37).
Il brano si apre con alcune indicazioni ai discepoli e nello stesso modo si concluderà la sezione (cfr. 13,5-37) con discorso escatologico.  

Meditare
v. 1: Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli
Ci si avvicina a Gerusalemme, la città santa. Per Gesù termina il pellegrinaggio. Aveva da poco detto: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato” (10,33). Ora l’evangelista mette in evidenza i luoghi in cui si svolgerà l'azione per concludersi a Gerusalemme.
Il primo è Betfage che significa “casa dei fichi”. Ma Gesù troverà solo le foglie e resterà affamato. In questo luogo il pellegrino si purificava prima di entrare nella città santa.
Anche Gesù fa la stessa e in particolare per noi: ci purifica da ogni nostra falsa attesa su di lui, su Dio.
Il secondo luogo è Betania, che significa casa del povero. Qui Gesù troverà ancora una volta la sua dimora. È il luogo dove inizierà a spandersi il profumo (14,3ss). Ma sarà il luogo della “stanza superiore” dove Gesù effonderà il suo stesso profumo (14,12ss).
Il monte degli ulivi è il terzo luogo. È collocato ad oriente della città, da lì si attendeva il messia. Da questo luogo Ezechiele ebbe la visione del ritorno della gloria che da lì era fuggita: “la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale…” (Ez 43,1-2). Su questo monte si compirà la Scrittura: “il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori” (14,41), e da lì tornerà presso il Padre: “detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi...Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi” (At 1,9.12).
Marco oltre ai luoghi sottolinea l’aspetto dell’invio dei due discepoli. Già al cap 6 aveva inviato a due a due i suoi discepoli dando potere sugli spiriti impuri (6,7). Qui c’è un richiamo al Battista che invia due dei suoi discepoli, un richiamo a preparare la via del Signore.
v. 2: e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito.
Gesù ricorda ai due discepoli una profezia. Il termine ‘puledro’ può indicare sia un giovane cavallo che, come nel nostro testo, proprio un asinello. Nel passo originale di Zaccaria troviamo l’espressione “un nuovo puledro”, per esprimere forse oltre alla giovane età dell’animale il fatto che non vi era salito ancora nessuno.
In Zc 9,9 il puledro contrappone l’asinello al cavallo e al carro. Il primo è un animale umile che serve. Il cavallo e il carro è di chi vuol farsi servire dagli altri.
L’animale è legato. Ciò è indice della presenza del peccato o del peccato sparso ovunque che lega per l’incapacità di servire, di amare.
Proprio per questa incapacità nessuno è riuscito a cavalcare fino ad esso un messianismo umile e nessuno lo desidera perché tutti, compreso Pietro, sognano e desiderano un messia forte, combattente, potente e sopra un cavallo o un carro (cfr. Mc 8,31-32).
Slegatelo e portatelo qui.
All’incapacità di servire si oppone con uno sciogliere per divenire servitori. Lo slegare diventerà per ogni discepolo la capacità di servire secondo il nuovo mandato: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 13,34).
Su questo nuovo amore va Gesù. Gesù cavalcando un asinello si mostra come colui che realizza diverse profezie legate al re Messia (Zc 9,9;14,4-5; Gn 49,9.11), mentre i vv. 7-8 si riallacciano ad episodi AT di intronizzazione (1Re 1,30-40; 2Re 9,13) e la capacità di servire, di amare.
vv. 3-4: E se qualcuno vi dirà: «Perché fate questo?», rispondete: «Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito»».
Il Signore ha bisogno di questo animale. Magari ai discepoli del tempo è sfuggito il perché e continua a sfuggire. L’unica spiegazione è una fede riposta nella Parola, in Gesù Parola eterna del Padre.
L’animale è lo strumento necessario di cui il Signore abbia bisogno per mostrarsi tale. Oggi per mostrarsi tale, Gesù ha bisogno di ciascuno di noi per essere inviati o rimandati come per il puledro o i due discepoli del v. 1.
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono.
I discepoli ovunque andranno troveranno sempre un puledro da sciogliere e riportare a Gesù
vv. 5-6: Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù.
Quando non c’è capacità di ascolto, una domanda può sempre racchiudere incomprensione e perplessità. All’incapacità di ascolto segue l’incapacità di amare, di servire. Si parla secondo il proprio orgoglio.
I discepoli hanno appreso cosa significa ascoltare. Hanno trovato senso alla Parola di Gesù e obbediscono.
E li lasciarono fare.
È facile vedere altri fare gli schiavi, anzi ne godiamo ritenendoli stupidi. Succede ancora ai nostri giorni. Però, “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” (1Cor 1,25).
vv. 7-8: Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi.
Il puledro è con Gesù. L’attenzione adesso si sposta sui discepoli e sui presenti che gettano i mantelli sul puledro e ai suoi piedi (cfr.1Re 1,30-40; 2Re 9,13).
Il gettare il mantello sull’animale è il gettare la propria vita su chi ne è Signore. È un investire quanto si possiede gettandolo sul puledro, su Gesù.
Su questo Gesù siede. Egli è il Re che cammino su un tappeto di sicurezze via ma segnate dall’umiltà.
Il v. 8 riprende il segno delle fronde tagliate in contrapposizione con l’albero sterile. Le fronde recise è il segno del nuovo frutto e di una nuova benedizione di Dio (Sal 67,7) e insieme al Salmista si rallegrano di essere tali (cfr. Sal 96,12-13).
vv. 9-10: Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano
Il v. 9 inizia con una spartizione: quelli che seguono che saranno coloro che fuggiranno (14,50) e quelli che precedono che saranno gli stessi che grideranno due volte “crocifiggilo” (15,13-14).
Due versetti particolare che descrivono la difficoltà della sequela di Gesù e a cosa può condurre.
Il grido dell’osanna è un’acclamazione di questa doppia fazione è un’acclamazione di gioia e contiene in esso la salvezza. Una salvezza delusa però, in quanto arriva sopra un puledro e non trionfante con carro e cavallo. Una salvezza che non riconosceranno al momento giusto. Qualcuno continuerà a gridare, altri ad imprecare e a tradire.
«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
La citazione del salmo 118,25-26 era diventato un saluto abituale rivolto ai pellegrini giunti a Gerusalemme. Qui Gesù è benedetto perché viene non solo nel nome del Signore ma anche in umiltà portando ogni benedizione.
Chi arriva sotto altre sembianze porta solo distruzione e maledizione perché viene solo nel proprio nome.
Questo Regno che viene inizia sopra un puledro e tra sei giorni sul trono della croce, dove vi sarà scritto, in più lingue, il suo titolo regale (15,26) e sarà proclamata la sua divinità (15,39).
A questo versetto vi è l'aggiunta del nostro padre Davide che sta ad indicare e a confermare che Gesù è il messia tanto atteso di Israele, il re promesso come successore a David (2Sam 7,11-13).
Qui termina il brano liturgico. Il brano va letto insieme al v. 11 che risulta importante nella dinamica della sezione dei capitoli 11-13, dove leggiamo: “Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània”.
Sarà infatti il tempio lo scenario delle cinque dispute di Gesù prima della sua condanna a morte dove vedremo un Gesù Messia sofferente, che porta su di sé il peccato del mondo e che in obbedienza al volere salvifico di Dio Padre, si umilia sino alla morte di croce. La notte, però, scende su tutti, perché ognuno possa accogliere il nuovo giorno che non avrà fine.

La Parola illumina la vita
La Passione è la manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini. E l’amore è sempre mite, umile, dolce. Cerco di vivere questo amore quando vado incontro al mio prossimo? O sono incline al giudizio che ferisce, alla critica che offende, al pettegolezzo che rovina? Oppure tra “quelli che precedevano e quelli che seguivano”?
Vivo sotto la Signoria di Cristo Gesù? O continuo a vivere nell’orgoglio pensando che il servire è da stupidi?
Sono pronto ad accogliere la sua parola con la prontezza dei discepoli che hanno eseguito in tutto e per tutto i suoi comandi?

Pregare
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele. (dal salmo 21)

Contemplare-agire
L'amore è un donare se stessi, e per questo è la via della vita vera simboleggiata dalla Croce. […] Simbolicamente è il cammino indicato dal profeta, il cammino da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. È il cammino di Colui che, nel segno della Croce, ci dona la pace e ci fa diventare portatori della riconciliazione e della sua pace (Dall’Omelia di Papa Benedetto XVI – Domenica delle Palme, 9 aprile 2006).