giovedì 29 dicembre 2016

LECTIO: MARIA, MADRE DI DIO (Anno A)

Lectio divina su Lc 2,16-21

Invocare
Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori.
19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
In questi giorni siamo stati ricondotti in molti modi al mistero dell’Incarnazione e attorno al presepe; in quel luogo dove abbiamo incontrato diversi personaggi insieme a Dio stesso fatto uomo per noi: Giuseppe, Maria, i pastori, i magi, e anche altri che la liturgia ha ricordato in questo periodo: Stefano, Giovanni, Tommaso, i bambini innocenti …
Adesso, all’inizio del nuovo anno, tutta l’umanità è convocata accanto a una Madre nella quale tutto si riassume e trova compimento e spiegazione; una Madre che ci raccoglie nel seno della sua misericordia e ci porta accanto al Verbo di Dio fatto uomo in Lei.
Maria è Madre di Dio, la Theotokos, così come definì il Concilio di Efeso, nell'anno 431, mentre affermava la sussistenza della natura divina e della natura umana di Cristo Gesù.
La parola “maternità” vuole dire fondamentalmente che, attraverso di Lei, Gesù Cristo il Figlio di Dio è diventato carne. E se il Figlio di Dio è diventato carne, e se quel Figlio di Dio è la pace che Dio esprime nei nostri confronti, è attraverso di Lei che la pace di Dio è entrata in questo mondo. Quello che la Chiesa oggi è chiamata a fare è di continuare l’opera di Maria: fare in modo che quella pace non si estingua, non si perda, nel cammino del tempo, ma continui ad essere generata e rigenerata nella vita degli uomini, anno per anno, giorno per giorno.
Per fare questo cammino, i nostri giorni terreni, come il giorno eterno, sono illuminati da due nomi: il nome del Signore Gesù, al di là del quale non si dà altro nome né nel secolo presente né in quello futuro, e il nome della sua vergine Madre, Maria memoria della nostra autentica identità, posta come modello e riferimento per dare speranza e senso ai giorni del nuovo anno che incomincia.
La liturgia odierna taglia una parte del brano evangelico, mancherebbe il v. 15 nel quale i pastori dichiarano semplicemente di voler andare a “vedere”, espressione che presuppone adesione a quanto era stato loro annunziato dagli angeli: “Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano tra loro: Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”.
Il testo greco usa i termini rhèma tò ghegonòs. Vediamo questa parola che è avvenimento, fatto. Il termine greco rhèma traduce il vocabolo ebraico dabar: “parola-cosa-avvenimento”. Nelle lingue semitiche si usa il termine parola per indicare un avvenimento che è portatore di significato. La Pace che dal cielo viene agli uomini è un fatto concretissimo: la Parola di Dio che si fa carne.

Meditare
v. 16: Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
Il versetto è riferito ai pastori. Dopo aver ricevuto il messaggio, i pastori devono diventare testimoni oculari. Questi li troviamo in cammino e come per abitudine, Luca li descrive con una certa fretta, simile alla fretta di Maria nell’andare a visitare la parente Elisabetta.
“Andare” un verbo che allude a un attraversamento. Bisogna colmare le distanze, bisogna andare fino a Betlemme. C’è un annuncio ricevuto, ma ci sta una esigenza oculare! Il viaggio dei pastori, il nostro viaggio della vita, del nostro quotidiano con la fretta di Maria ... il coraggio di mettersi in viaggio anche se è notte, anche se non si conosce l’itinerario, anche se non si sa la meta, anche se c’è la fatica, la stanchezza, il sonno, il dubbio, il timore. È il viaggio all’interno di noi stessi: un viaggio faticoso.
Cosa trovarono i pastori a Betlemme? Gente semplice: Maria, Giuseppe e il bambino che giace in una mangiatoia. La sottolineatura di questo segno dato da parte degli angeli, e il suo riscontro da parte dei pastori, vuole essere un elemento che evidenzia ancora di più l’aspetto umano di colui che è il Figlio di Dio.
I pastori sono modelli di fede. I pastori fanno propria l’attesa dei poveri, di quei poveri di Javhè della Scrittura. Si tratta di un lieto messaggio atteso, dato ai poveri in una stalla, dato a chi ha dimestichezza con queste cose, con le stalle, le mangiatoie.
Quest’incontro con il Verbo della vita, è sottolineato dai verbi classici  “trovarono...videro” per indicare l'incontro dei discepoli con Gesù.
v. 17: E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
I pastori vedono la realtà di ciò che il Signore ha fatto loro conoscere. Ed è tanto importante che non possono trattenersi dal renderlo noto agli altri. Diventano messaggeri e apostoli della Parola fattasi carne, Bambino.
Si profila la dinamica missionaria della Chiesa: l’annuncio porta all’ascolto, l’ascolto alla visione. A sua volta chi ha visto porta ad altri l’annunzio perché attraverso l’ascolto giungano alla visione.
Il contenuto del loro annunzio è ciò che del bambino era stato detto loro. Sulle labbra dei pastori è la testimonianza che Dio rende del suo Figlio. È il mistero di una povertà che non va risolta ma ascoltata, una povertà che rende testimonianza a un Cristo povero.
v. 18: Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 
È la meraviglia, la sorpresa che il Vangelo non può non suscitare. I Genitori del Bambino sono lì che adorano il Mistero in silenzio e vivono di meraviglia.
Anche nel silenzio dei pastori vi è meraviglia una meraviglia che si fa condivisione di vita, perché Dio ha acceso nei cuori la fiamma del suo amore!
I pastori non si rendono conto che ciò di cui sono stati resi depositari aveva creato stupore negli altri. Essi trovano la testimonianza della fede e imparano a lodare Dio, suscitando negli altri lo stupore, la meraviglia perché la profezia di Michea è realtà (Mi 5,2) e aiutando gli altri a imparare a lodare Dio per le meraviglie che Egli ha compiuto.
Lo stupore (thaumázô) davanti a questa manifestazione divina non poteva essere diversamente. Il Signore stesso è “ho Thaumastós”, “il Mirabile, tra i suoi Santi”, che significa anche “il Tremendo” da contemplare (Sal 67,36), e di Lui “mirabile, tremendo è il Nome” (Sal 8,2.10), e “mirabile, terribile quanto opera” (Is 25,1). Nella nascita di Gesù abbiamo il primo dei “mirabilia Dei” della fine dei tempi (cfr. Gal 4,4-7). Davanti ad esso, la reazione è solo adorare.
v. 19: Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Alcuni traducono: “queste parole”. Il cuore di Maria, sede di Parole ricordate a approfondite nello Spirito, è pertanto un cuore di sapienza simile a quello dello scriba che dal suo tesoro sa trarre e comporre cose antiche e cose nuove (cfr. Mt 13,52). Il suo cuore è anticipazione e figura del cuore dei figli della sapienza (Lc 7,35), della chiesa dell’ascolto accolto, custodito, meditato e pregato perché si affretti il tempo in cui il non chiaro sia reso trasparente. Luca sottolinea la meditazione di Maria sui fatti il cui senso sarà manifestato solo nella rivelazione pasquale.
Maria, cioè, è tutta raccolta e concentrata in se stessa per penetrare più a fondo sul significato degli avvenimenti in cui s'è trovata coinvolta. Li confronta fra di loro e con la comunicazione che i pastori hanno fatto sul Bambino. Maria appare così come colei che è madre e sa interpretare gli eventi del Figlio e l’evangelista Luca è così fine nel presentarla che lo ricorda nuovamente al v. 51b.
Maria diventa, così, simbolo e modello della comunità cristiana, che in atteggiamento sapienziale e contemplativo cerca di assimilare interiormente il mistero inesauribile del Verbo Incarnato.
 v. 20: I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
L’ascolto della Parola è dono di Dio. I pastori glorificano Dio per quello che hanno udito. Questa è la forza e l’umiltà della Parola, la forza e l’umiltà dei poveri.
La Parola divina creatrice si fece ascoltare e vedere efficacemente “nel Bambino nato”. “Vedere” e “udire” sono i verbi della fede. Proprio il binomio, akùein e idèin, che tante volte ricorre negli Atti degli Apostoli, configura i pastori come i primi testimoni-apostoli.
Potremmo osservare che l'esperienza cristiana, in questo brano, è espressa da pochi verbi che interagiscono tra loro: ascoltare, ubbidire, trovare, vedere, testimoniare, lodare. È importante verificare se e come li coniughiamo nella nostra vita, se e in quale misura sappiamo annunciare la gioia d'avere incontrato il Salvatore.
v. 21: Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.
I santi Genitori del Signore sono buoni Ebrei, zelanti nell’adempiere le prescrizioni della Torah di Mose sul primo nato (Lev 12,2-8; cfr. anche Mi 6,7).
L'osservare il rito prescritto all'8° giorno era dovere della madre, che imponeva anche il nome. Alla Circoncisione si attua l'Annuncio dell'Angelo a Maria Sempre vergine (Lc 1,31) e a Giuseppe (Mt 1,21): il Bambino sarà chiamato “Gesù”, “La Salvezza è il Signore”.
Il testo evangelico menzionando il rito della circoncisione (attraverso il quale il Bambino è inserito ufficialmente nel popolo di Dio) e l'imposizione del nome, a cui Luca dà un risalto particolare: è Dio che ha voluto tale nome e quindi la missione che esso esprime.  
Il nome nella Bibbia dice l’identità e la missione di chi lo porta. Gesù, infatti, nella lingua ebraica suona così: Yehôsua‘ e significa YHWH salva (le prime lettere indicano il Nome che i nostri fratelli ebrei non pronunciano mai perciò noi con profondo rispetto, diciamo: “Dio salva”).
Questa attenzione da parte l'evangelista sta ad indicare che il nome imposto è il Nome innominabile, origine di ogni nome. Ora possiamo nominare Dio perché si è donato a noi.
Il nome di Dio per l’uomo non può essere che Gesù, cioè “Dio salva”. Dio è per noi, perduti e lontani da lui, perché si chiama Gesù, Dio-con-noi e Salvatore. Egli è “Oggi qui per noi”. Egli è presente attraverso i segni lasciateci nel tempo. Egli è presente nella Chiesa sua Sposa. In Lui il nostro Tempo perché è “il nostro Ieri, il nostro Oggi, il Medesimo nostro per i secoli”.

La Parola illumina la vita
Sono andato alla “grotta” senza indugio per contemplare con fede l'avvenimento salvifico?
Quale la sorpresa, lo stupore, la meraviglia dopo l’ascolto di questa Parola?
Quale annuncio oggi è capace di mettermi in cammino, di smuovermi?
Come Maria, riesco ad interiorizzare la Parola di Dio per non viverla passivamente?
Come dovrà la mia persona perché sia possibile la pace dove sono? Cosa devo fare oggi e nel futuro?

Pregare
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. (Sal 66)

Contemplare-agire
Proviamo a contemplare il presepio per vedere se ha qualcosa da dirci. Per conoscerlo, come i pastori, dobbiamo andare alla grotta della quotidianità e cercare di vedere se c'è una novità, ascoltare cosa ci dice Dio. Ripeti spesso e vivi questa Parola: Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.


giovedì 22 dicembre 2016

LECTIO: NATALE DEL SIGNORE (Anno A)

Lectio divina su Lc 2,1-14

Invocare
O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo nei suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 13Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
8C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Abbiamo appena concluso l’itinerario dell’avvento. I giorni che hanno preceduto il ricordo di questo evento sono stati segnati dalla persona del figlio di cui Maria di Nazaret è venuta misteriosamente incinta.  
Luca scrive all’illustre Teofilo e a quanti sono stati raggiunti da “insegnamenti” (cfr. Lc 1,1-14). Qui siamo verso la fine del “vangelo dell'infanzia”. Il vangelo dell’infanzia non fa altro che prepararci all’evento salvifico già annunziato dai profeti.
La liturgia, nella notte di Natale, ci presenta solo 14 versetti. La nascita di Gesù è in 40 versetti.
In questi 40 versetti ci sta un confronto tra questa scena e la precedente: riguardo al Figlio di Maria, l'obiettivo è puntato in primo luogo sulla scena della nascita, mentre per Giovanni si dà risalto alla circoncisione e all'imposizione del nome. Il brano lucano è semplice, suggestivo, pieno di spunti teologici costruito sul modello dell’annuncio missionario.
Ma è la notte di Natale. Una notte che nei Vangeli prende forma riflessa per la nostra vita.
Punto centrale della narrazione sono le parole dell’angelo ai pastori, che riguardano il senso gioioso dell’avvenimento e la professione di fede in Gesù Salvatore. Dio entra nella vita degli uomini fuori dal tempio, dai suoi incensi e dalle case degli uomini, sente di dover chiamare a raccolta gli uomini per questo avvenimento in un luogo lontano e fuori dalla “Città”. Dio non va pensato come uno che si compiace della bontà dell'uomo ma piuttosto come uno che infonde la bontà nell'uomo attraverso la sua divina elezione e misericordia.
Rimeditiamo  con Maria i contenuti della fede con questa narrazione. Ripercorriamo la Parola cercandovi le perle che l’autore vi ha disseminato allo scopo di farci comprendere la “solidità” (Lc 1,4) di quel che è già in noi.

Meditare
vv. 1-3: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Nel presente versetto, Luca vuole indicare il contesto storico della nascita di Gesù e allo stesso tempo di mostrare che l'azione divina si serve di questo decreto di Cesare. Negli Atti, Dio si servirà ancora delle stesse leggi romane per condurre Paolo a Roma per annunciare il vangelo. Infine, e soprattutto, ciò offre un pretesto per il viaggio: un pretesto, poiché tali censimenti si fanno sempre nella località di residenza, non in quella di origine.
Ciò che è importante è che in un contesto storico vi è un annunzio di salvezza. Origene scrive: "In questo censimento del mondo intero Gesù doveva essere incluso... affinché potesse santificare il mondo e trasformare il registro ufficiale del censimento in un libro di vita".
Quindi abbiamo una coniugazione tra il kairós divino con la volontà umana. Il kairós comincia a dispiegarsi con l’Annuncio a Zaccaria sacerdote nel santuario, in riferimento alla Vergine di Nazaret e culminerà con la Croce e la Resurrezione e la Pentecoste dello Spirito
Santo. La volontà umana è quella delle potenze politiche dell’epoca, che dispongono del mondo e degli uomini.
vv. 4-5: Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Luca qui sottolinea il casato, la “famiglia”, cioè l’origine davidica di Giuseppe. Di Maria é detto per la prima volta, che é incinta ma la chiama “fidanzata”, “promessa sposa”.
In Mt 1,18-25 sappiamo che Giuseppe ha condotto Maria nella propria casa ed ha giá superato i suoi dubbi personali sulla strana gravidanza. Ma Luca presentando una fidanzata incinta in viaggio vuole lanciare una provocazione scioccante, forse invitare a leggere e cercare.
La prospettiva provvidenziale di Luca nel raccontare i fatti emerge anche dal fatto che Giuseppe porta con sé Maria: le donne non dovevano farsi registrare, dunque la giovane puerpera avrebbe potuto rimanere a Nazaret. Luca, però, vuole mostrare che ella è considerata a pieno titolo legale membro della famiglia davidica.
Giuseppe “sale” alla terra santa, al suo centro, la Giudea e qui alla città di David, Betlemme (cf. v.11), da dove era cominciata la regalità messianica di David (1 Sam 16,1-12).
Egli è il  portatore della nobiltà regale davidica, essendo della “casa di David” come diretto suo discendente. Tale titolo lo riscontriamo nell’Annuncio a Maria (Lc 1,27), in quanto Giuseppe era promesso sposo.
Nel parallelo Annuncio a Giuseppe, l’Angelo lo interpella precisamente come “figlio di David” (cfr. Mt 1,20).
v. 6-7: Mentre si trovavano in quel luogo
Il luogo è Betlemme.  Nell’AT é importante soprattutto come luogo dell’origine della stirpe di David. Il luogo è la casa, è la famiglia parole sottolineate dall’evangelista Luca. In questo luogo Luca ci ha condotti senza peró precisare nulla. Qualcosa però ci riconduce a capire che si realizza quanto previsto in 1,26-38 ed il bambino giudeo é integrato nel popolo della promessa tramite la circoncisione (2,21).
si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito,
“Si compiono i giorni”, ossia: Dio compie i giorni, i 9 mesi. Maria da alla luce il suo primogenito.
Il termine “primogenito” non indica che Maria abbia avuto altri figli dopo la nascita di Gesù. Il primo figlio - anche se non ne fossero nati altri in seguito – era sempre chiamato primogenito, per designare i diritti e i doveri che lo riguardavano (cfr. Es 13,12: “Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli”; Es 34,19: “Ogni essere che nasce per primo nel seno materno è mio”).
lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
Gesù viene avvolto in fasce, come è uso tra gli umani, tra i mortali e deposto (anaklínô) dai cieli infiniti nella stretta mangiatoia della grotta disadorna, dove si fa “contenere”.
I movimenti che fa Maria (lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia), sono gli stessi movimenti che si faranno alla morte di Gesù. Gesù sarà segnato fino alla morte da questa estrema povertà. Non si tratta solo dell'indigenza materiale della sua famiglia. C'è molto di più. Gesù, il Verbo fatto carne, “venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto” (Gv 1,11). E la mangiatoia ne è il simbolo: “il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. (Is 1,3). C'è qui il grande mistero dell'incarnazione. Paolo dirà che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9).
L’albergo di cui si parla al tempo di Gesù era il caravanserraglio, una specie di recinto dove animali, cose e “umanità varia” trovava rifugio e riparo per la notte prima di intraprendere nuovamente il viaggio.
L’alloggio (Katàljma) diviene simbolo di una povertà e di un rifiuto che troverà il suo culmine nel rifiuto assoluto di lui nel processo davanti a Pilato (cfr. Gv 18, 28-19, 16). Più tardi Gesù dirà “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Katàljma ricorda anche quel luogo ove Gesù mangerà la pasqua con i discepoli (Lc 22,11; Mc 14,14; cfr. anche: Lc 9,12; 19,7; 22,14).
v. 8: C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.
Luca indica i pastori perché questi sono coloro che godono di una cattiva reputazione: sono spesso considerati ladri e disonesti. I pastori, sono coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale sono i primi ad essere coinvolti dalla nascita di colui che ha per madre un'umile donna (1,48) ed è "inviato a portare ai poveri il lieto annunzio" (4,18).
I pastori indicano anche la discendenza davidica. Davide era un pastore
Il neonato è già colui che sarà accessibile ai peccatori e mangerà alla loro tavola (15,2). Proprio queste persone sono coloro i quali vegliano per sorvegliare il gregge. C’è una capacità di attenzione in loro che in altri non si riscontra.
Luca, è sensibile nel mettere in evidenza che Dio consegna se stesso ai semplici; pensiamo a Maria in Lc 1,48: “..alla bassezza della sua serva”; Lc 6,20: “beati voi poveri”; Lc 10,21: “ti benedico o Padre che ti sei rivelato a piccoli e ti sei nascosto ai sapienti”.
I pastori furono i primi testimoni del Messia Salvatore (cfr. Lc 2,8-20).
vv. 9-10: Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo dis­se loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo.
Proprio a queste persone capaci di vegliare il gregge, il vero Guardiano del gregge li chiama (1Pt 2,20-25, Gv 10,1-10). Questi avvolti dalla gloria di Dio, cioè dalla sua Presenza, dalla sua Rivelazione sono riempiti interiormente dall’amore di Dio, dalla sua stessa passione.
La luce non sta semplicemente davanti a loro ma li avvolge, entra nella loro vita, essi accolgono quell’annuncio che non è per loro soli, ma è una luce che è per tutto il popolo.
Custodi di un gregge ora sono custodi di un mistero da conoscere e poi irradiare a tutti.
I pastori sono presi da timore perché si trovano di fronte a qualcosa, non solo d’imprevedibile e impensabile, ma anche ad un’azione che riscontriamo solamente nelle teofanie dell’AT, specie ad Is 6,1-5 ed Ez 1; 3,12.23.
Però il Signore rassicura, conforta con la sua Parola di salvezza. Quel timore che coinvolge immediatamente ed emotivamente ora trova un’apertura di significato grazie all’angelo del Signore, interprete luminoso dei fatti oscuri conducendo alla gioia vera.  
La gioia presente in tutto il vangelo lucano é una caratteristica della fede nell’itinerario salvifico. È una gioia che non si affievolisce e non si stabilizza, ma cresce all’infinito perció l’angelo dice: vi evangelizzo, c’é qui qualcosa proprio per voi, vi immergo in una realtá per voi assolutamente inedita.
v. 11: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Si rinnova quel prodigio, ma Luca scrive “oggi”, “semeron” è un termine teologico e difficilmente cronologico. Luca non fa altro che farci entrare nel “tempo di Dio”.
Altri episodi del vangelo o della sacra scrittura:“oggi è entrata in questa casa la salvezza”, “ascoltate oggi la sua voce del Signore”….”oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”, “oggi sarai con me nel paradiso”, “oggi ti ho generato.”.
C’è un “oggi” che si relaziona nel qui ed ora con ciascuno e con tutti, una storia che diventa storia di salvezza.
Qui è il centro del racconto: l’iniziativa di Dio non è parola ma “Carne, Corpo”, presenza incarnata, profondamente dentro la storia, la mia, la tua, la nostra storia. Egli è Dio, l’annuncio si presenta  ancora difficile per molti.
Nei versetti precedenti abbiamo appreso il nome del bambino, qui l’angelo del Signore, annunciando la nascita di Gesù non lo chiama con il nome proprio ma con tre titoli teologici: Salvatore; Cristo; Signore. In questi titoli teologici è racchiusa una professione cristologica riassunta dall’angelo stesso.
Luca non fa altro che insistere sulla signoria di Gesù e sulla sua missione di salvezza. In altre parole la sua signoria è la nostra salvezza. Non solo opera, fa salvezza, salva, ma é salvezza. 
vv. 12-14: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
L’annuncio dell’angelo ai pastori è accompagnato da un segno, come per l’annuncio a Maria; la cugina Elisabetta al sesto mese, il bambino nella mangiatoia per i pastori, sono i segni che accompagnano la fede di chi ha il desiderio di ascoltare, vedere, incontrare, servire il vangelo che è lieta notizia.
Le fasce sono per i pastori il segno di riconoscimento del Bambino, come saranno il segno tangibile della resurrezione per le donne, Pietro e Giovanni davanti al sepolcro vuoto (cfr. Gv 20,1ss).
È la predicazione dell’evento da accogliere e da testimoniare così come cantano gli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace tra gli uomini, che egli ama”. Ciò manifesta la potenza divina e svela finalmente la sua misericordia.
“Per Lc non c’è nessuna restrizione: l’annuncio è per tutto il mondo e riguarda l’intera creazione - cielo e terra - perché Dio ama tutti e ciascuno (cfr. 3, 6). La benevolenza divina riposa ormai su tutti gli uomini per il fatto che Dio, incarnandosi, assume la nostra umanità, e raggiunge tutti coloro che in Gesù possono scoprire il significato della propria vita di uomini” (Radermakers, Lettura pastorale del Vangelo di Luca, 184).

La Parola illumina la vita
C'è posto per Gesù nella mia vita? Quali segni mi sta offrendo Dio della sua presenza?
Gesù è nato per portare gioia e pace. Quanto caratterizzano la mia vita questi doni? Sono portatore di gioia e di pace per gli altri?
Cosa significa per me la parola Salvatore, da cosa vorrei essere salvato?
Credo che sia possibile anche per me diventare complice di un nuovo annuncio?

Pregare
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.    

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. (Sal 95).

Contemplare-agire
Lasciamoci sorprendere da un Dio che abita la notte, così che anche la notte del dolore si apra alla luce pasquale del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché, conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all'amore delle realtà invisibili.





giovedì 15 dicembre 2016

LECTIO: IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)

Lectio divina su Mt 1,18-24

Invocare
O Dio, Padre buono, tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi di accoglierlo e generarlo nello spirito con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
 18 Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20 Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21 ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». 22 Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23 Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.24 Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
La liturgia della Parola di questa IV di Avvento, ci immette dentro il mistero del Natale. Infatti, essa ruota attorno ad un segno e ad una promessa: la nascita di un bambino, a cui sarebbe stato posto il nome «Dio-con-noi». Troviamo questo compimento nel Vangelo, nel segno profetico dell’Emmanuele, in Gesù. Egli è il segno della fedeltà di Dio: la sua venuta inaugura un tempo nuovo. La nostra attesa di Colui che viene, però, non può essere attesa oziosa e passiva, richiede disponibilità e accoglienza.
Abitualmente, ci è familiare l’annunciazione e il concepimento narrati dall’evangelista Luca, qui abbiamo, secondo l’evangelista Matteo, l’annuncio a Giuseppe. Una pericope evangelica, che ha per tema centrale la crisi spirituale di Giuseppe di fronte all’inspiegabile gravidanza della sua sposa-fidanzata.
Il Vangelo, conosciuto come l’annuncio a Giuseppe, collega la nascita di Gesù alla promessa dell’Emmanuele, dichiarando che Gesù è questo “segno” che Dio è con noi.
Per Matteo questo tema verrà ripreso anche alla fina del suo Vangelo quando il Risorto promette ai suoi: «Io sono con voi tutti i giorni …» (Mt 28,18-20). E nella figura di Giuseppe indica a noi un modello di vera e attiva collaborazione con il disegno di Dio.
Nella narrazione che si sviluppa in tre momenti (vv. 20-21: annuncio; vv. 22-23: citazione biblica; vv. 24-25: realizzazione), si trovano gli elementi caratteristici del genere letterario degli annunci di cui è piena la Bibbia, e cioè: l’apparizione (v. 20a), il turbamento (v. 20b), il messaggio (vv. 20-21), l’obiezione (v. 20), il “segno” e il nome (v. 21).

Meditare
v. 18: Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Abbiamo appena terminato con la genealogia (i primi 17 versetti), dove al versetto 16 si ricorda: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo”. Ora vengono messi in luce i fatti. Anzitutto Matteo non fa altro che mettere in primo piano la persona di Giuseppe e narrare gli avvenimenti secondo il modo di pensare di Giuseppe: avere una discendenza con la sua sposa: Maria.
Maria era fidanzata a Giuseppe. Il diritto matrimoniale ebraico distingue tra il fidanzamento (qiddûšîn) e le nozze (nissû’în). Ma il fidanzamento (come per i greci e i romani) è molto impegnativo. Dal punto di vista giuridico i due fidanzati erano già di fatto sposi e per sciogliere il fidanzamento ci voleva un atto formale di divorzio.
L’altro aspetto è che Maria viene descritta dall’evangelista come Madre, in quanto appare (forse con un po’ di stupore) “incinta” prima di convivere con Giuseppe, il suo promesso sposo. C’è un dono che Maria riceve dall’alto un dono da custodire e da vivere.
Però, secondo la legge di Mosè questo è un errore di cui si è reo di morte (cfr. Dt 22,20-21: Se la donna fidanzata non verrà trovata vergine, la si farà uscire alla soglia della casa del padre e la gente della sua città la lapiderà così che muoia, perché ha commesso un’infamia in Israele, disonorandosi in casa del padre) e Giuseppe è di fronte ad una scelta drammatica perché la legge è chiara. Ma l’evangelista sottolinea ancora una volta: “incinta per opera dello Spirito Santo”. Qui si vuol sottolineare che Giuseppe non c’entra niente con la nascita di Gesù.
La gravidanza di Maria avviene prima che lei conviva con Giuseppe, non per una deviazione umana, bensì per volontà divina. Ricordiamo qui l’evangelista Luca che va nei dettagli, Matteo, invece, scrive “si trovò incinta”. È la sorpresa più sconcertante e splendida che possa avere una creatura che arriva a concepire l’inconcepibile, il proprio Creatore.
v. 19: Giuseppe suo sposo, che era giusto
Il Vangelo dipinge Giuseppe come uomo “giusto”, e non c'è giustizia, infatti, se non in ordine a Dio; e, dal Dio al quale egli si rivolge, venne la luce pacificante, tranquillizzante, il “segno”.
Qui non abbiamo una descrizione dell’animo di Giuseppe, però abbiamo una definizione che lo stesso evangelista fa di Giuseppe: “giusto”. Egli è come l’orante del Salmo 119 che cerca Dio e ordina la propria vita secondo la sua volontà e con intima gioia la sua Legge.
Nell’AT l’uomo giusto è colui che è accetto a Dio. E Giuseppe rientra in quell’ideale di uomo giusto. Forse ancora non coglie il mistero in profondità ma il suo cuore è grande e da uomo giusto, non obbedisce alle esigenze delle leggi della purezza.
La giustizia di Giuseppe è maggiore. Più tardi Gesù dirà: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5,20).
La grandezza umana di Giuseppe: preferendo Maria alla propria discendenza, scegliendo l’amore invece della generazione, ci dice che è possibile amare senza possedere.
e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Al tempo di Maria e Giuseppe esisteva una norma più moderata, quella che imponeva il ripudio e trattandosi di una vera e propria “moglie”, come si è detto prima, si doveva celebrare un divorzio ufficiale con tutte le conseguenze civili e penali per la donna. Però, secondo Dt 22,23-27, in una situazione del genere, la sposa doveva essere rimandata da suo padre e lapidata dagli uomini della città per la disgrazia che aveva gettato sulla casa paterna.
Non sappiamo fino a che punto si metteva in atto questa legge e se ai tempi di Maria e Giuseppe fosse ancora in uso. Una indicazione ce la da il verbo usato: “deigmatizo”, che vuol dire “esporre pubblicamente”, “offrire in spettacolo come esempio negativo”. Quindi Maria forse non sarebbe stata lapidata, ma di certo sarebbe stata esposta alla pubblica infamia.
Il divorzio invece, pur essendo un atto legale, richiedeva solo la presenza di due testimoni e avrebbe potuto essere realizzato con maggiore segretezza. Giuseppe sceglie la forma più delicata, la via segreta, senza denunzia legale, senza processo e clamore, alla presenza dei soli due testimoni necessari per la validità dell’atto di divorzio.
vv. 20-21: Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore
Giuseppe continua ad “avere questi pensieri”, agisce in base a ciò che ha dentro che non è altro un pensiero d’amore per Maria, e che nel sonno emerge in libertà.
Nel mondo ebraico (dobbiamo ricordare che Mt scrive per una comunità di Giudei) si evita il contatto diretto tra Dio e gli uomini. Allora Dio interviene in sogno. Nel libro dei Numeri  si legge: “Se ci sarà un vostro profeta, io Jahwè in visione a lui mi rivelerò, in sogno gli parlerò” (Nm 12,6). Il sogno, quindi, è il modo che Dio ha per comunicare con gli uomini, con Giuseppe.
Giuseppe, l’uomo giusto ha i sogni stessi di Dio: la sua parola parla nel sonno delle altre parole. Entrare nel sogno di Dio fa scoprire di essere figli. È scoprire la dimensione più profonda della vita e degli eventi.
Per Giuseppe c’è qualcosa di più, un appellativo solenne: “Giuseppe, figlio di Davide”. Risentiremo nuovamente questo titolo, ma soltanto per Gesù (cfr. Mt 1,1; 9,27; 20,30ss.).
In Giuseppe accade il risveglio e le speranze della profezia di Natan a Davide si fanno realtà (cfr. 2Sam 7,1-17).
e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
L’erede delle promesse è chiamato dalla Parola ad accogliere il dono con decisione e libertà. Egli è chiamato da Dio con quella dolce parola «Non temere».
Anche nella creazione ad Adamo fu rivolta questa parola, purtroppo la sua risposta è stata: «Ho avuto paura» (Gen 3,10). Giuseppe invece non ascolta la paura e diventa vero padre di Gesù. È l'inizio del nuovo cielo e della nuova terra, annunciati dal profeta Isaia (cfr. Is 65,17). Per lui vale davvero il primato dell’amore: accogliere Maria e il dono che lei porta; lasciare che la Parola risvegli nel profondo quel sogno segreto che è Dio stesso.
Anche qui viene ricordato, per mezzo dell’Angelo del Signore, che Maria e Giuseppe sono sposati.
L’angelo informa Giuseppe circa l’origine del figlio di Maria: il suo concepimento è dovuto a Dio, che opera in lei mediante il suo Spirito. L’azione dello Spirito nel concepimento di Gesù non ha nulla a che vedere con un rapporto sessuale, come invece si immaginava nella mitologia greca.
Nel giudaismo infatti lo Spirito era semplicemente Dio in quanto opera nel mondo con la sua potenza creatrice (cfr. Sal 104,30). La concezione del Messia è frutto di uno straordinario intervento dello stesso “Spirito” di Dio che fu all’origine della creazione del mondo e dello stresso primo uomo (Adamo), è lo stesso Spirito che, nell’A.T., rivestiva di forza gli eroi e i profeti.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù
Il figlio di Maria riceverà il nome Gesù. In questo versetto leggiamo un nome comune: Gesù. Esso deriva dalla forma greca del nome ebraico Yeshua o Yeshu, che sono la forma abbreviata di Joshua. Il significato originale di Joshua probabilmente era «Jwhw aiuta». Ma il nome è stato poi legato alla radice ebraica che significa «salvare» (ys') e interpretato «Dio salva». È il nome di Dio, la sua realtà per chi lo invoca: «Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato» (At 2,21). In nessun altro nome c’è salvezza (At 4,12), perché è il nome dal quale ogni nome prende vita.  
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati.
Sfruttando l’etimologia del nome, l’angelo rivela anche la missione redentrice del bambino.
Questa missione va interpretata alla luce degli insegnamenti contenuti nell’AT, nel quale troviamo scritto: “salverà il suo popolo”, con riferimento a Dio stesso. Infatti, nel libro del profeta Zaccaria leggiamo: “Il Signore loro Dio in quel giorno salverà come un gregge il suo popolo, come gemme di un diadema brilleranno sulla sua terra” (Zc 9,16).
La frase di Matteo, inoltre, intende affermare che in questo Bambino che sta per nascere sarà presente Dio stesso. Secondo l’Evangelista, Gesù porterà a termine questo compito con la sua morte
in croce (cfr. Mt 26,28).
vv. 22-23: Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Matteo osserva che tutto ciò è avvenuto perché «si adempisse» un’importante profezia messianica (v. 22). Questa formula è utilizzata da Matteo altre nove o dieci volte con lo stesso significato (2,15.17.23; 4,14; 8,17: 12,17; 13,35, 21,4; 27,9.[35]).
In questi versetti viene citato il profeta Isaia (Is 7,14), dove al re è promesso un figlio, garanzia della fedeltà di Dio. È un segno che il re non osa chiedere e che Dio invece vuol dargli.
I racconti evangelici (Mt 1,18-25; Lc 1,26-38) considerano la concezione verginale un’opera divina che supera ogni comprensione e ogni possibilità umana (Lc 1,34): “Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”, dice l'angelo a Giuseppe riguardo a Maria, sua sposa (v. 20).
Nella profezia di Isaia vi è contenuta anche una sfiducia in Dio. Il non fidarsi di Dio, come è, in questo caso, il comportamento di Acaz, è una storia antica, che puntualmente si ripete; ma, nonostante ciò, Dio, continua ad offrire la sua luce e la sua salvezza al singolo e all'intera umanità, in ogni tempo.
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
L'ebraico “almah” (“giovane donna” non necessariamente una vergine), viene tradotto nella bibbia greca dei LXX con “parthenos” (“vergine”). La giovane donna citata da Isaia era la moglie del re Acaz, la quale, in un momento di particolare crisi del regno di Giuda, avrebbe partorito un figlio (probabilmente il futuro re Ezechia) e ciò sarebbe stato un segno della benedizione di Dio verso il suo popolo.
Il segno che viene dato vuole indicare che Dio è a fianco dell’uomo, così come possiamo capire dal secondo nome che viene dato al Bambino: Emmanuele, che significa Dio con noi.
Nell'uscita dall'Egitto, nell'Esodo, Dio scende accanto al popolo oppresso e dice a Mosé: «Io sarò con te» (Es 3,12) e da quel momento in poi non abbandona più il suo popolo.  Gesù è il «Dio - che - salva» perché è il «Dio – con - noi». E se Dio è con noi e per noi, chi sarà contro di noi? (cfr. Rm 8,32ss) «Con» significa relazione, intimità, unione, consolazione, gioia, sforzo. Lui è sempre con noi, in nostra compagnia (cfr. 28,20). Tutto il vangelo appare così come la manifestazione in Cristo del Dio-con-noi.
Con queste citazioni l'evangelista Matteo sottolinea la continuità tra la tradizione biblica e gli avvenimenti della vita di Gesù, attribuendo un significato cristologico e mariano all’oracolo.
v. 24: Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Siamo alla conclusione del racconto. Il sonno di Giuseppe si trasforma. La Parola del Signore trasforma i dubbi e i sogni: è il segno di un risveglio, di una resurrezione. La resurrezione nasce dopo una lunga prova.
Giuseppe dopo il sogno prese dunque la sua sposa, cioè la riconobbe legalmente come sua moglie e riconobbe il bambino nato da lei come suo figlio legittimo.
Con questo gesto egli supera le sue difficoltà e, prendendo con sé Maria come legittima moglie, adotta al tempo stesso il nascituro come suo figlio.
Giuseppe sembra imitare la sua sposa (cfr. Lc 1,38): scava nel pozzo del cuore per accogliere il Bambino. L’accoglienza del bambino è l’accoglienza della madre. Maria lascia la casa del sì detto a Dio e va nella casa del sì detto a un uomo. Maria è la donna del sì, ma il suo primo sì l’ha detto a Giuseppe, l’angelo la trova già promessa, già legata, già innamorata.
Giuseppe porta nella sua casa Maria. Giuseppe accetta di svolgere il compito tipicamente paterno, con tutte le conseguenze che esso implicava (cfr. v. 21): egli è diventato perciò a tutti gli effetti padre di Gesù, inserendolo a pieno diritto nella discendenza davidica.
La casa di Giuseppe e di ogni “uomo di buona volontà” è il luogo dove Dio si fa prossimo, si fa vicino, perché parla prima di tutto attraverso i volti delle persone che ci ha messo accanto, ci guarda prima di tutto con lo sguardo delle persone che vivono accanto a noi.

La Parola illumina la vita
Quale rispetto di fronte al mistero di Dio? Anche io riesco a intuire che Dio interviene nella mia vita, nella mia storia oppure voglio fuggire in segreto? E se Dio darebbe una direzione un po' diversa ai miei progetti, come ha fatto con Giuseppe?
Ho sperimentato nella mia vita (anche nella vita di coppia) come Dio scombina i miei (nostri) progetti?
Continuo a fidarmi di Dio nonostante tutto oppure faccio di testa mia lasciandomi guidare dalla tradizione?
Sono convinto che sono chiamato alla paternità (o maternità) di Dio?
Anche la mia casa è il luogo dove Dio si fa prossimo?

Pregare
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.  (Sal 23).

Contemplare-agire
Ci avviciniamo al Natale, non lasciamoci prendere dalle corse senza senso o da tristezze perché non abbiamo una famiglia come vorremmo, viviamo con apertura le relazioni che abbiamo, qualunque esse siano, introduciamo, come Giuseppe, amore, rispetto e generosità nelle nostre relazioni di parentela, di amicizia o di semplice vicinanza (Carla Sprinzeles).