venerdì 24 giugno 2016

LECTIO: XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)

Lectio divina su Lc 9,51-62


Invocare
O Dio, che ci chiami a celebrare i tuoi santi misteri, sostieni la nostra libertà con la forza e la dolcezza del tuo amore, perché non venga meno la nostra fedeltà a Cristo nel generoso servizio dei fratelli. 
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52 e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55 Si voltò e li rimproverò. 56 E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57 Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59 A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61 Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Silenzio meditativo: Sei tu, Signore, l’unico mio bene

Capire
Nel contesto del Vangelo di Luca, il testo di questa domenica si trova all'inizio della nuova fase dell'attività di Gesù. I frequenti conflitti di mentalità con il popolo e con le autorità religiose (4,28; 5,21.30; 6,2.7; 7,19.23.33-34.39) confermarono Gesù lungo il cammino del Messia Servo, previsto da Isaia (Is 50, 4-9; 53,12) ed assunto da lui fin dall'inizio della sua attività apostolica (Lc 4,18). Ora introduce il viaggio verso Gerusalemme ponendo ancora un altro rifiuto: quello dei samaritani (il primo è quello dei nazaretani (4,16ss). Nel villaggio dei Samaritani, Gesù comincia ad annunciare la sua passione e morte (9,22.43-44) e decide di andare a Gerusalemme (9,51).
Sembra che Luca voglia porre tutta l’attività di Gesù sotto il segno del contrasto e del rifiuto. Questo cambiamento di rotta degli avvenimenti produsse una crisi nei discepoli (Mc 8,31-33). Loro non lo capiscono ed hanno paura (9,45), poiché in loro continua a dominare la mentalità antica del Messia glorioso.
Luca descrive vari episodi in cui affiora la vecchia mentalità dei discepoli: desiderio di essere il più grande (9,46-48); volontà di controllare l'uso del nome di Gesù (9,49-50); reazione violenta di Giacomo e di Giovanni davanti al rifiuto dei samaritani di accogliere Gesù (9,51-55).
In questa pericope, l’evangelista indica come Gesù si sforza di far capire ai suoi discepoli la nuova idea della sua missione. D’ora in poi, in questa grande sezione del vangelo di Luca, tutto verrà definito in base al come ci si porrà davanti a Gesù che cammina verso Gerusalemme.

Meditare
v. 51: Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto
Il termine analempsis, che in forma di sostantivo si ritrova solo in questa pagina lucana, significa “elevazione”, “assunzione”. Infatti, letteralmente possiamo tradurre: “Mentre si compivano i giorni della sua assunzione”. Il verbo lo ritroviamo nel rapimento al cielo di Elia (2Re 2,9-11).  
Ora tale «innalzamento» o «assunzione» comprende gli ultimi giorni del destino sofferente di Gesù e i primi di quello glorioso, cioè passione, morte, resurrezione e ascensione.
A questo punto della sua vita si potrebbe dire: l’ora sta per giungere e Gesù si mette in cammino verso questa «ora», verso Gerusalemme, ma non solo; verso la morte, ma non solo; in realtà il suo viaggio è verso il Padre, è un ritorno al Padre attraverso Gerusalemme e la passione. Proprio perché è un viaggio attraverso Gerusalemme e la passione, richiede una decisione forte.
Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme
Abbiamo qui l’espressione semitica: “indurì il suo volto”, con cui Luca vuol sottolineare la risolutezza di Gesù nell’affrontare il viaggio verso Gerusalemme. È un modo forte per dire che la decisione che è stata presa nel cuore è quella di perseguire fino in fondo nel cammino intrapreso, indica la concentrazione di chi si prepara a resistere alle difficoltà, alle opposizioni e alle violenze che la propria missione può riservargli.
Quando Dio aveva chiamato il profeta Ezechiele ad annunciare la distruzione di Gerusalemme, ed aveva annunciato ad Ezechiele l’opposizione da parte di tutto il popolo, lo aveva garantito così: “Non temere, io ti darò una faccia dura come la loro e una fronte dura come la loro, in modo che tu possa resistere, che l’opposizione della gente non ti impaurisca, non ti schiacci, non ti condizioni” (Ez 3,8-9). E il profeta Isaia presenta “il servo di Jahve” con queste parole: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso” (Is 50,6-7).
Di fronte alla persecuzione “il servo di Jahve indurisce il volto”; vuol dire: la determinazione del profeta nei confronti del suo destino di sofferenza. Egli rinnova la sua decisione di consacrazione all’obbedienza a Dio e non si lascia spaventare. L’opposizione degli altri non lo fa indietreggiare.
vv. 52-53: e mandò messaggeri davanti a sé.
Gesù manda dei messaggeri (i due figli di Zebedeo) ad annunciare il suo arrivo in un villaggio, affinché lo si possa accogliere insieme al suo gruppo. Quest’invio è anche simbolico: possiamo definirlo la missione degli apostoli dopo la Pasqua.
Qui c’è un particolare. Il testo greco riprende nuovamente l’espressione volto (“davanti a sé”), quasi ad indicare che l’accoglienza riguarda quel volto determinato di Gesù, tutta la sua persona.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso.
Il termine samaritano non è connotato in senso geografico, ma deriva piuttosto da samerìm, custode della legge. In tempi lontani, gli Ebrei di Samaria si sono mescolati alle popolazioni importate dagli Assiri e per questo, al ritorno d’Israele dall’esilio di Babilonia, sono stati respinti dai Giudei come impuri. Da qui l’antica rivalità tra Giudei e Samaritani tenuti a distanza e disprezzati (cfr. 2Re 17,24ss.).
Gesù sceglie e passa per la Samaria, anche se tra questa regione e il resto della Palestina i rapporti non erano buoni. I samaritani, sempre molto mal disposti verso i giudei dovevano mostrarsi particolarmente ostili di fronte ai pellegrini di Gerusalemme. Per questo generalmente si evitava il loro territorio.
Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
I Samaritani non accettavano di esercitare il culto a Gerusalemme, ma avevano elevato un santuario sul monte Garizim (che ai tempi di Gesù era stato distrutto). Per questo motivo trattavano male i pellegrini che dalla Galilea andavano a Gerusalemme, prendendoli anche a sassate.
La ripresa del termine "il suo volto era diretto verso Gerusalemme", al di là del modo di dire semitico, molto immediato, ci riallaccia al motivo per cui Gesù si era messo in viaggio, cioè per andare incontro alla propria morte e risurrezione. I Samaritani non accogliendolo non vogliono nemmeno accogliere il mistero della sua sofferenza
I Samaritani non accolgono Gesù e, quindi non lo ricevono, è perché lui cammina verso Gerusalemme.
vv. 54-56: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
Ispirati dall'esempio del profeta Elia che aveva invocato il fuoco (2Re 1,10.12; 1Re 18,38) per divorare due drappelli di 50 uomini, che il re Acazia aveva mandato per portare Elia a forza al suo cospetto, Giacomo e Giovanni vogliono che scenda dal cielo un fuoco per sterminare gli abitanti di quel villaggio! Pensano che per il semplice fatto che loro stanno con Gesù, tutti dovrebbero accoglierli. Loro hanno la vecchia mentalità, quella di essere gente privilegiata. Pensano di tenere Dio da parte per difenderli.
Gesù, si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Alcuni manoscritti antichi, riferiscono anche le parole di questo rimprovero: “Non sapete di che spirito siete, il Figlio dell’uomo, infatti, non è venuto per distruggere la vita degli uomini ma per salvarla” (cfr. Lc 19,10: il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto).
Al di la di questi manoscritti, Gesù non può accettare questo esempio. Con il suo rimprovero (qui viene usato lo stesso verbo che si usa per gli esorcismi: epetìmesen, “minacciò”) possiamo cogliere un insegnamento: non deve nascere nessun risentimento di fronte al rifiuto degli uomini, ma può nascere unicamente la sofferenza di fronte al no che gli uomini possono opporre alla salvezza.
Non solo, i figli di Zebedeo vengono rimproverati perché si opponevano al suo cammino verso la croce, rinnovandogli la proposta diabolica del potere politico, contrario a quello del Servo sofferente.
I discepoli devono quindi imparare ad andare incontro alla gente con lo stile di Gesù: della misericordia, dell’amore e del perdono. Devono ricordare che l’altro è un “pezzo di paradiso”.
L’andare verso un altro villaggio è sinonimo del rifiuto. Tale rifiuto a differenza dell’evangelista Giovanni sarà grande successo in Samaria (cfr. Gv 4).
vv. 57-58: Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
La strada è il luogo della sequela di Gesù. Per strada Gesù chiama i primi discepoli. Qui si ripete la stessa cosa.
Vi è un tale, uno senza nome. Può essere chiunque. Il tale ci rappresenta. Egli usa un’affermazione carica di desiderio, molto simile a quello, che indusse Pietro ad affermare: “Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e anche alla morte” (22,33) ma, sappiamo, che questo entusiasmo si spense, di fronte alla paura d’essere, anche lui, arrestato.
Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo.
Nella sequela di Cristo, non è sufficiente il desiderio, perché venga pienamente realizzata; seguire il Signore per la via stretta, passo dopo passo, ogni giorno, fino in fondo, è cosa ardua (cfr. Mt 7,13-14).
Gesù chiede a quelli che lo vogliono seguire di farlo con una forte decisione, perché il viaggio con Gesù significa diventare degli sradicati nel mondo, di non avere una tana, una sicurezza dove mettere il proprio riposo. Significa una decisione che non deve più ritornare indietro, che non deve essere accompagnata con i “se”, con i “ma”; deve invece coinvolgere la vita dell’uomo totalmente e pienamente.
Questa è e sarà la situazione dei cristiani durante le persecuzioni. Nel momento in cui scrive, Luca forse sta vivendo questo e pensa a coloro che lo vivranno.
vv. 59-60: A un altro disse: «Seguimi».
Qui abbiamo ancora un secondo interlocutore anonimo che a differenza del primo, è chiamato da Gesù.
Gesù con lui usa un imperativo molto forte: seguimi ; è un imperativo che non ammette deroghe, l'invito ad una sequela è personale ed esige fedeltà assoluta, un amore che sempre metta al primo posto Dio e il Suo regno. Cristiano è colui che quotidianamente risponde ad una chiamata.
E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre».
Di fronte alla richiesta di Gesù quest'uomo chiede una proroga per poter compiere uno dei doveri più sacri in Israele, quello di provvedere alla sepoltura dei genitori. Faceva parte del quarto comandamento. Il seppellire i morti è una delle opere di misericordia doverose, secondo la tradizione d’Israele.
Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Gesù risponde in maniera drastica, sembra che stia offendendo uno dei doveri umani più sentiti. Dice Charles De Foucauld: “Quelli che non seguono soltanto Gesù, senza girare indietro la testa, senza guardare nient’altro che lui solo, Gesù li chiama morti, tanto sono lontani dalla verità, tanto sono lontani dalla vera via!”.
Naturalmente non sono condizioni sbagliate o negative; però, sono condizioni. La sequela di Gesù deve e vuole affermarsi come qualche cosa di assoluto.
Le condizioni devono essere pian piano sostituite da una fiducia e da un abbandono più grande. Il criterio è: l'annuncio del Regno viene prima di tutto, senza eccezioni: viene anche prima della legge. Con questo Gesù non intende qui abolire un dettato della legge, né correggerla. Afferma però che è giunto qualcosa che la supera. È venuto il Regno di Dio, il cui primato non ammette proroghe. Certamente si tratta di un linguaggio paradossale. Non è questione di seppellire o no i propri cari. È questione di accorgersi che è arrivata una novità che sta al di sopra di ogni altra cosa. L’essenziale è che il Regno di Dio colga la libertà dell’uomo più ancora di qualunque altra esigenza o dovere.
vv. 61-62: Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia».
Ancora un terzo interlocutore anonimo che, come il primo, prende l’iniziativa e anch’egli ha il pensiero verso “quelli di casa”. Questa risposta è simile a quella di Eliseo. Anch’egli, chiamato da Elia a seguirlo, chiede di poter andare a salutare i suoi genitori (1Re 19,19-21) ed Elia glielo concede.
Il verbo usato qui significa “salutare”, “prendere commiato” ma anche “abbandonare”, “rinunciare”. Emerge da qui il tema molto caro a Luca della rinuncia a ogni bene come condizione per essere discepolo di Gesù (cfr. Lc 14,26.33; 18,28).
Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
La risposta di Gesù fa intendere che Egli la pensa diversamente da come la pensava il profeta Elia. Gesù dice che se il contadino vuole arare ha diritto, non può però permettersi di guardare indietro. In altre parole, la sequela non sopporta rinvii, né distrazioni, né nostalgie, né uscite di sicurezza. Queste parole sono per gli annunciatori del vangelo, sono per gli apostoli, che devono lasciare tutto per andare dietro al Signore, ma hanno anche valore per tutti: la scelta del vangelo deve diventare una scelta radicale e senza riserve.
Chi riconosce il Kyrios e lo vuole seguire, non può dettare condizioni. Il suo cammino deve essere determinato e rettilineo. Ogni tentennamento distoglie dalla piena comunione con il Kyrios.
Il criterio delle nostre scelte deve diventare il vangelo. Mettere il regno di Dio prima di ogni altra cosa e mettere Dio al di sopra di tutto tanto da considerarlo come lo scopo supremo delle nostre scelte, questo vale per ogni cristiano. “Chi non rinuncia a tutto ciò che possiede, non può essere mio discepolo” (Lc 14,33). Questo per farsi “tutto a tutti… per amore del vangelo” (1Cor 9,18-27).
Luca insegna che Gesù ci rende capaci di seguirlo, a meno che, per propria colpa, non si perda il “sapore”, la grazia, il dono, il carisma.
Dio però non si vendica da chi si allontana da lui. Questo brano contiene un particolare che ne è di esempio: i samaritani che non accolgono il passaggio di Gesù coi suoi discepoli. Gesù non li rimprovera, anzi rimprovera i discepoli che umanamente avevano pensieri vendicativi. Il non accogliere Gesù nella propria vita è sinonimo di rifiuto della misericordia di Dio e della vita eterna.
In questo abbiamo l’esempio di san Paolo: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore… Dimentico del passato (cioé non si volge più indietro) e proteso verso il futuro, corro verso la meta” (Fil 3,8.14).

La Parola illumina la vita
Accolgo (e come lo accolgo?) il passaggio di Gesù nella mia città, nella mia vita?
Quali atteggiamenti di sequela per vivere Cristo nella mia vita di battezzato?
Quale disponibilità dimostro verso la mia chiamata al discepolato? Sono generoso oppure mi limito al minimo indispensabile?
In quali “fatiche” o “rinunce” si è concretizzato il mio seguire il Signore? Come le ho vissute?

Pregare
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. (Sal 15).

Contemplare-agire
Impara ad esercitare la virtù della moderazione contro tutto ciò che accarezza i tuoi sensi. Solo quando la carne, che «è piena di brame contrarie allo spirito» sta sotto il dominio dell'anima, noi siamo sani e liberi, e veramente sani e liberi. Allora infatti il corpo segue il giudizio dell'anima e segue la guida sicura di Dio (S. Leone Magno).