venerdì 15 luglio 2016

LECTIO: XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)

Lectio divina su Lc 10,38-42


Invocare
Padre sapiente e misericordioso, donaci un cuore umile e mite, per ascoltare la parola del tuo Figlio che risuona ancora nella Chiesa, radunata nel suo nome, e per accoglierlo e servirlo come ospite nella persona dei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
38 Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39 Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40 Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42 ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Silenzio meditativo: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Capire
Continuiamo il nostro cammino con Gesù verso Gerusalemme. È un viaggio diverso dai nostri; non siamo noi infatti a stabilire la meta e neppure l'itinerario. Non siamo noi i maestri e i pastori di noi stessi, come abitualmente siamo spinti a fare. Il cammino da fare è quello del discepolo.
In questo cammino, Gesù passa per un villaggio dove è accolto da Marta nella sua casa.
In questa casa, Egli mette al primo posto l’atteggiamento di Maria. Questo vuole dire che il primo atteggiamento necessario per il discepolato non è “fare”, ma “ascoltare”. Il discepolato non è il risultato di un nostro sforzo, di un impegno per costruire qualche cosa di grande. Il discepolato è per noi prima di tutto accogliere il Signore nella nostra vita. Accoglierlo come Signore, perché solo in questo modo la nostra vita viene unificata intorno al rapporto e all’obbedienza a Lui.
In questo viaggio, è il Signore che sta davanti a noi; è lui che guida i nostri passi, perché possiamo raggiungere la statura spirituale alla quale siamo chiamati. Questo piccolo ma incisivo racconto è proprio del terzo evangelista. Si trova immediatamente dopo quello che abbiamo condiviso la settimana scorsa: il Buon Samaritano.
La correlazione tra i due racconti nel Vangelo di Luca non è casuale. Ha come finalità di presentarci in un “perfetto equilibrio” un unica realtà basilare della vita del cristiano: l’azione e la contemplazione, la pastorale e la spiritualità, l’impegno e la preghiera. Senza escludersi, ognuno dei racconti, accentua un aspetto. Se rimaniamo con uno solo, il Buon Samaritano ol’atteggiamento di Maria sorella di Marta, potremmo correre il pericolo di limitare o incluso negare qualcuna delle dimensioni della vita del discepolo. Perciò è importante leggere il racconto odierno alla luce dell’anteriore. Rispettando così il “criterio di unità” di tutta la Scrittura che ci insegna il Concilio Vaticano II per poter interpretare correttamente tutto il testo biblico.

Meditare
v. 38: Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.
Il cammino di Gesù ha lo scopo, principalmente, di spargere il seme della sua Parola, per la quale non ha esitato a lasciare Cafarnao (cfr. Lc 4,43), consapevole che in questa Parola c'è più salvezza che nei suoi interventi miracolosi.
L’evangelista Luca non sempre dice dove sta passando Gesù, ma più volte dice che Gesù è in cammino (Lc 9,51.53.57; 10,1.38; 11,1; 13,22.33; 14,25; 17,11; 18,31.35; 19,1.11.28.29.41.45; 20,1).
Gesù entra in un villaggio. Non si sa di che villaggio si tratti. Qui viene accolto da una donna, Marta (nome che in aramaico significa "signora"). Conosceremo meglio Marta dai versetti che seguono e dalla descrizione che ne fa l’evangelista Giovanni (Gv 11-12)
Il gesto di Gesù di entrare in casa di una donna ci parla di un superamento da lui introdotto: nella predicazione non si devono fare discriminazioni, la Parola di Dio è rivolta a tutti. Questo suo fermarsi in una casa a Betania fa parte della sua realizzazione della missione: svolgere la sua missione di Servo, annunciata da Isaia (Is 53,2-10; 61,1-2) ed assunta da Gesù a Nazaret (Lc 4,16-21).
v. 39: Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.
Marta ha una sorella: Maria. La presenza di Gesù porta Maria a tenere nei confronti di Gesù l’atteggiamento del discepolo: sedersi ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola.
Il sedersi ai piedi di Gesù e ascoltare la sua parola dichiara la volontà di Maria di dare risalto a Gesù Maestro. L’ascolto è la sorgente del servizio. L’identità del discepolo è un dono che ci viene fatto da Lui; dalla premura, dall’attenzione, dall’amore con cui ci viene incontro. Ascoltare è la base, l’inizio e il fondamento, e da questa parola deve nascere tutto il resto, tutta la vita cristiana. Nella vita dell’uomo e nella vita del cristiano, ricevere è più radicale che dare.
L’uomo è chiamato a dare ma prima deve ricevere. La vita incomincia con il ricevere non con il dare. La vita incomincia con il ricevere quello che vale per la vita fisica umana, perché vale per la vita di fede cristiana. Si tratta di ricevere per dare e di ascoltare per potere dire. È giusto e fondamentale che io dica, ma per dire devo avere ascoltato. Quindi, all’inizio ci sta l’ascolto: una parola di Dio che plasma la comunità cristiana, che le dà i lineamenti fondamentali, la regola di crescita. La comunità cristiana cresce secondo una regola che è scritta nella parola di Dio.
v. 40: Marta invece era distolta per i molti servizi
Il verbo greco pariespato indica un affanno carico di tensione e lacerazione, tipica di chi è sotto l’influsso di mille occupazioni.
Servire è sempre un essere lasciati soli, perché la croce è sempre un essere lasciati soli. Anzi, tanto più si è soli, tanto più si è in comunione. Marta non coglie, nel suo essere lasciata sola, come di fatto il suo servizio è il servizio della croce. Non vive il servizio perché non vive l’ascolto.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
L’evangelista però sottolinea che Marta questo non lo comprese e la descrive in un’azione di pretesa, di un mettersi al di sopra di tutto (= si fece avanti); e se prima onorava l’Ospite adesso lo rimprovera e gli da ordini. Questo non è il servizio che ci è chiesto. Il servizio che ci è chiesto è il servizio vissuto come ascolto. Il servizio induce all’ascolto e nasce dall’ascolto.
Non si tratta di fare tante o poche cose, ma di farle con quella condizione di chi sta ai piedi di Gesù, riconoscendo che in ogni servizio la cosa migliore non è quello che facciamo noi, ma è quello che fa lui, cioè l’ascolto di Lui.
vv. 41-42: Ma il Signore le rispose: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose.
Gesù si rivolge a Marta con un doppio vocativo, tipico dell'Antico Testamento (cfr. Gen 22,1) e che Luca utilizza anche altrove (cfr. At 9,4; 22,7).
Gesù chiamando per nome Marta, le rivolge un dolce rimprovero. È un rimprovero soavissimo in cui combattono dolcezza e verità, la dolcezza di ascoltare per ben due volte il proprio nome sulla bocca del Maestro e la verità di sentirsi scrutata, nel profondo del cuore, dal suo sguardo interiore. Un rimprovero per chi sta svolgendo un lodevole e umile servizio ma che dimentica la sorgente del servizio. Per il credente, infatti, è importante prima cercare il Regno di Dio, il resto sarà dato in più (cfr. Lc 12,31).
una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.
Il crescendo di Gesù culmina in questa risposta di Gesù: “una cosa sola c’è bisogno”. Gesù non condanna il servizio di Marta, che rappresenta il comportamento tipicamente cristiano di cui Gesù stesso ha dato l'esempio (cfr. Lc 22,27), e nemmeno giustifica l'atteggiamento di Maria come l'unico valido. Ne sottolinea un'unica realtà in quanto è l’identità del discepolo di Cristo, una identità collocata tra carità e preghiera (ci troviamo tra la “parabola del buon samaritano” e la preghiera del “Padre nostro”).
Maria, sì, è lodata per aver scelto la parte migliore, la parte buona, una metafora per indicare che ella si è fatta prossimo a Gesù nell’ascolto della sua Parola.
La sintesi fra carità preghiera è l’atteggiamento umile del docile ascolto. Questo consiste nel non voler precedere il Signore, nell’ascoltare prima di agire, nell’accettare di essere serviti prima di servire, divenendo i veri ospiti del Signore.  

La Parola illumina la vita
Come vivo il mio essere discepolo di Gesù? Imparo ogni giorno ad essere discepolo del Signore?
Se Gesù entrasse nella “mia casa”, quale sarebbe la prima cosa che farei: ascoltarlo o preparare qualcosa?
Che cosa c’è nella mia vita dell’atteggiamento di Marta? Che cosa c’è nella mia vita dell’atteggiamento di Maria?
Mi concentro tanto nell’attività pastorale da perdere di vista l’ascolto del Maestro? Oppure “protesto” e “do ordini” a Gesù?
Lascio che il Signore mi corregga e mi orienti al vero servizio?
Sono capace di scegliere “la parte migliore” per la mia vita, ciò che “nulla e nessuno” mi potrà togliere?

Pregare
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre. (Sal 14).

Contemplare-agire
In mezzo alle attività, per importanti che siano, ritagliamoci un tempo per pregare. Anche se sono tempi brevi, che siano profondi per “tagliare” l’attivismo che molte volte può inondare la nostra vita. Sentiamo dentro il nostro cuore le parole di Gesù che continuamente ripete: Il Maestro è qui e ti chiama… Pronunciamola soavemente con le labbra e con il cuore per incontrare Colui che ci cerca e ci chiama per nome.