giovedì 27 luglio 2017

LECTIO: XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

 Lectio divina su Mt 13,44-52


Invocare
O Padre, fonte di sapienza, che ci hai rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa, concedi a noi il discernimento dello Spirito, perché sappiamo apprezzare fra le cose del mondo il valore inestimabile del tuo regno, pronti ad ogni rinunzia per l'acquisto del tuo dono.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
ascolta 47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Con questi ultimi versetti, si chiude la lectio sul cap. 13. Rimangono i vv. 53-58 dedicati all'accoglienza, o meglio alla non accoglienza, che Gesù ricevette al suo ritorno a Nazareth.
Tre parabole: tesoro, perla, rete per chiudere con una piccola descrizione dello scriba divenuto discepolo del regno dei cieli.
La parabola della rete si rivela una variazione sul tema già affrontato nella parabola della zizzania e del buon grano, le parabole del tesoro e della perla ci ricordano la necessità di fare uso anche delle ricchezze terrene pur di poter entrare nel regno dei cieli e gioire di questa appartenenza.
Tre immagini semplici e ricche di significato per la nostra vita. Ma quale rinuncia ci chiedono?

Meditare
v. 44: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde;
Sia la parabola del tesoro che quella della perla andrebbero in coppia, in quanto sottolineano l'idea del ritrovamento.
Il contadino scopre un tesoro senza averlo cercato. Un ritrovamento inaspettato. Il tesoro era in genere un vaso di argilla pieno di monete di oro o di argento, che i proprietari seppellivano per non perderne la proprietà in caso di guerra o di invasione di popolazioni straniere.
Il campo è la nostra realtà; è la realtà del creato ove è nascosta la sapienza creatrice di Dio. È nella nostra vita concreta, nella nostra realtà umana, nelle nostre relazioni, nelle nostre attività lavorative, etc., proprio lì è nascosto un tesoro: nelle pieghe del quotidiano, nelle vicende liete e tristi della nostra vita, in quel che succede intorno a noi, in quel che succede a noi è nascosto un tesoro.
Il contadino non se lo aspettava assolutamente di trovare nel suo campo quel tesoro e lo nasconde Di questa azione morale Gesù non dice nulla, ma utilizza l’avarizia dell’uomo come un esempio dello zelo con il quale il credente deve accaparrarsi il regno, a qualsiasi prezzo.
poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Abitualmente il tema della gioia la notiamo nel vangelo di Luca (cfr. Lc 1,47; 2,10; 24,52), qui anche Matteo la vuole evidenziare. È la gioia che scaturisce dalla scoperta che determina le azioni successive.
Il versetto ci riporta a Siracide: “Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro” (6,14). È una massima proverbiale di cui tutti i giorni ne facciamo uso. Ciò ci fa capire la necessità di essere disposti a rinunciare a tutti gli altri beni, a vendere tutto quello che si ha, per entrare in possesso (comprare) dell'unico vero tesoro, cioè il regno dei cieli.
vv. 45-46: Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
In questa seconda parabola si ripete quanto detto al v. 44 ma con lieve sfumature. Il contadino trova inaspettatamente e il mercante dopo una ricerca accurata. Nel primo caso si scopre una novità inattesa, nel secondo caso si trova l’oggetto del desiderio.
Due modi diversi per dire che nella nostra vita vi è un tesoro. Che nella nostra vita vi è una perla, una ricchezza, che si trova cercandola e anche senza cercarla.
Un altro particolare è quello della gioia che qui non appare anche se il significato finale è lo stesso: vendere per comprare, investire le proprie ricchezze per acquistare la vera ricchezza.
In realtà siamo stati comprati noi, e “a caro prezzo” (1Cor 6,20). Il prezzo di questo riscatto e di questo acquisto è stato il sangue di Cristo. “Abbiamo la redenzione mediante il suo sangue” (Ef 1,7). “Cristo Gesù ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1Tm 2,6). “Tu (Cristo) sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Ap 5,9).
Il Regno di Dio è il tesoro che non ha prezzo. Se Esso non è presenza nella vita dell’essere umano e regna su di lui, impedisce proprio a Dio di regnare (cfr. Mt 6,24: “Non potete servire Dio e Mammona, l’idolo della ricchezza!”).
vv. 47-48: Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
La parabola della rete è molto simile alla parabola della zizzania, di cui adotta il modello apocalittico che comporta, nel futuro escatologico, il giudizio universale e la separazione dei buoni dei cattivi.
Qui si parla di una rete a strascico che viene trainata da due barche per un lungo tratto, oppure viene tirata da riva con una lunga corda in modo che si riempia di pesci.
Guardare questo ai nostri giorni possiamo uscire dall’ambiente del mare per andare verso l’informatica dove “essere in rete” significa che c’è di tutto, cose buone, religiose che aiutano e cose negative, pessime, che possono distruggere e rovinare. È buona o cattiva la rete? Raccoglie di tutto, è utile, raccoglie. La rete deve essere gettata in mare e raccoglie ogni genere di cose. Il discernimento permette anzitutto di sottolineare il fatto che nella rete si trova ogni genere di pesci di cui farne una distinzione.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Secondo le norme alimentari degli ebrei i pesci buoni sono quelli puri, che hanno pinne e squame (Lv 11,1011). Quelli impuri sono quelli che non hanno pinne e squame e vengono considerati cattivi da mangiare. Questi ultimi non vengono rigettati in mare, ma vengono proprio buttati via.
Come il grano e la zizzania devono giungere a maturazione, così la rete deve essere riempita prima che possa avvenire la cernita. Vi sono pesci buoni e pesci cattivi, come nella comunità cristiana, composta di uomini e donne “pescati” attraverso l’annuncio del Vangelo (cfr. Mt 4,19) e riuniti in una comunità che non può essere soltanto di puri e giusti.
È la rete della Chiesa universale ove c’è di tutto: la nostra particolare esperienza di chiesa, nella diocesi, nella parrocchia, nella famiglia religiosa, in questa comunità, c’è di tutto.
Il “gettare fuori” i pesci cattivi non è solo il buttar “via”, è di più, è proprio l’allontanamento, del mandare all’esterno, distante da sé, dalla comunità, ciò che non è al posto giusto. Matteo infatti usa lo stesso termine «exóteron» per indicare il destino dell’invitato a nozze che non aveva l’abito nuziale: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti» (Mt 22,13).
vv. 49-50: Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
Anche qui come nella parabola della zizzania il momento del giudizio è alla fine dei tempi e c'è un tempo dedicato alla penitenza.
La separazione, la distinzione netta non è di questo mondo, non è nelle nostre possibilità; quello che i pescatori fanno quando hanno tirato la rete a riva è ciò che avverrà alla fine del mondo, alla «synteléia» al “compimento” della storia; la rete deve essere piena, quando è piena la tirano a riva; quando la storia è piena si conclude. Questa sarà l’ora della separazione tra quelli che parteciperanno in pienezza al Regno e quelli che, avendo scelto la morte, la gusteranno.
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Qui abbiamo l’immagine di una fornace ardente, il pianto e lo stridore di denti. La fornace ardente è il simbolo di quel rifiuto, quindi una nostra scelta. Il pianto evoca il pentimento, ormai inutile, di quanti si trovano per loro colpa ad essere esclusi dal regno dei cieli. Lo stridore di denti è il gesto tipico dei malvagi che meditano iniquità e tramano vendette. 
Cosa vuol dire tutto questo? Gesù vuole solamente darci un avvertimento: egli non destina nessuno alla morte eterna, ma mette in guardia, perché sa che il giudizio dovrà esserci. Sarà nella misericordia ma ci sarà, come confessiamo nel Credo: “Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine”. Rifiutare il dono del Regno non può equivalere ad accoglierlo!
v. 51: Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".
Le parabole terminano. Più volte in questo capitolo Gesù ha detto: “chi ha orecchi per intendere, intenda!”. Chi ha inteso? Chi ha ascoltato? La comprensione delle parabole da parte dei discepoli è fondamentale. Essi devono comprendere "tutte queste cose", cioè i misteri del regno, i suoi umili inizi, le diverse reazioni, la straordinaria pienezza del regno nascosto ma rivelato in parabole e il giudizio che alla fine si avrà.
La loro risposta affermativa significa impegno e coerenza di vita a quanto hanno ascoltato e compreso.
v. 52: Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
In questo versetto, sembra che vi sia un’allusione o autoritratto dell’evangelista Matteo grazie all'assonanza tra Matteo e mathéteutehis che significa “discepolo” o “che è stato addestrato”.
Matteo è lo scriba, l'uomo di cultura e di lettere, che è diventato discepolo del regno dei cieli. È lui che con le sue conoscenze della religione ebraica e con la sua frequentazione della predicazione di Cristo sa fare sintesi tra cose vecchie e cose nuove.
Chi ha inteso veramente è lo scriba divenuto discepolo di Gesù. Egli possiede un grande tesoro: il tesoro della sapienza (cfr. Sap 8,17-18; Pr 2,1-6), tesoro inestimabile e inesauribile (cfr. Sap 7,14). Se un discepolo è consapevole di questo tesoro, riconosce in lui il dono di Dio e può estrarre da esso cose nuove e cose antiche, perché riconosce in ogni parola dell’Antico e del Nuovo Testamento “Gesù Cristo, Sapienza di Dio” (1Cor 1,24). “In Cristo”, infatti, “sono nascosti tutti i tesori della sapienza di Dio” (Col 2,3).
Chi comprende la parola di Gesù è il vero discepolo tra la folla, rivelatore della realtà segreta del regno di Dio. Per questo può essere definito nuovo maestro della Legge: nuovo perché discepolo di Cristo e come tale partecipe della rivelazione ultima del Padre da lui fatta.

La Parola illumina la vita
Riconosco che sono stato comprato a caro prezzo?
Ho lasciato perdere la ricchezza terrena per guadagnare quella eterna?
Vivo nell’umiltà o mi sento migliore degli altri?
Attingo al grande tesoro, la Sapienza di Dio, giorno dopo giorno, senza stancarmi?
Con che dinamica vivo le tre parabole? Ho capito “tutte queste cose”?

Pregare  Rispondi a Dio con le sue stesse parole…
La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.  

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici. (Sal 118).

Contemplare-agire
Chi si accosta alla Parola di Dio senza desiderio, ne esce vuoto - e condannato. Prepariamo l'ascolto coltivando la fame della Parola, per poterne apprezzare tutto il valore (Ugo di S. Vittore).