sabato 2 settembre 2017

LECTIO: XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

 Lectio divina su Mt 16,21-28


Invocare
Rinnovaci con il tuo Spirito di verità, o Padre, perché non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo, ma come veri discepoli, convocati dalla tua parola, sappiamo discernere ciò che è buono e a te gradito, per portare ogni giorno la croce sulle orme di Cristo nostra speranza.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere
21Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. 28In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno».

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Continuiamo la lettura evangelica di domenica scorsa. Gesù, a Cesarea di Filippo, luogo pagano per eccellenza, ha fatto una piccola indagine tra i suoi discepoli chiedendo che cosa dicesse la gente sulla sua identità e poi chiedendo direttamente chi fosse Lui per loro. Questo ha dato a Pietro l'occasione di riconoscere Gesù come il Cristo, il figlio del Dio vivente. Si tratta della prima pietra su cui Gesù comincia a costruire la sua Chiesa.
Nel brano di questa domenica Gesù continua la sua costruzione, annunciando ai suoi discepoli che è necessario per lui andare a Gerusalemme, soffrire a causa dei capi di Israele, essere ucciso e poi risorgere. La nascita della Chiesa deve passare attraverso il dono della vita di Gesù, dono che avverrà in modo cruento. Un linguaggio troppo duro per i discepoli, soprattutto per Pietro, che nonostante la grande rivelazione ricevuta, rifiuta questo annuncio troppo sconvolgente, troppo lontano dalle logiche umane. Gesù rimprovera Pietro e fa seguire al rimprovero alcuni insegnamenti per i discepoli. Le logiche degli uomini vengono totalmente ribaltate dal messaggio e dalla vicenda di Gesù.
La liturgia domenicale chiude il brano al v. 27. Noi chiudiamo la lectio al v. 28, ultimo versetto del cap. 16 del vangelo di Mt che completa la conclusione del discorso di Gesù.

Meditare
v. 21: Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Se ricordiamo, Pietro aveva appena riconosciuto che Gesù era il Cristo, il Messia atteso da Israele. Adesso Gesù spiega qualcosa che sconvolgerà la vita di Pietro e dei discepoli: il modo in cui avrebbe realizzato la sua messianicità, il suo essere discendente di Davide.
Qui il verbo “è necessario” (tradotto con doveva andare), in greco si usa una parola dal significato “era un disegno di Dio”, che “era il compimento della volontà di Dio”, «per lui, andare a Gerusalemme».
Egli salirà sul trono di Davide, ma questo trono significherà soprattutto la sofferenza. Anche Davide dovette soffrire molto, ma non fu ucciso in modo violento. Gesù sarà ucciso invece perché egli non solo è re dei Giudei, ma anche profeta (cfr. “Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti” Mt 23,37). Questo è il modo in cui Gesù realizzerà il suo essere Messia.
Il versetto sottolinea le tre classi sociali: gli anziani, i capi dei sacerdoti e gli scribi: sono le tre categorie di persone che componevano il sinedrio, cioè il massimo organo giuridico di Israele. Ma la sua morte non è quello che sconvolge di più Pietro e i discepoli. Il fatto più sconcertante, l'annunzio più strano è il «risorgere il terzo giorno», qualcosa di assolutamente incomprensibile.
v. 22: Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».
Pietro prende in disparte Gesù, lo afferra e lo porta verso di sé, dice il testo, e lo rimprovera. Pietro usa uno scongiuro biblico , che si adoperava per quanti hanno abbandonato Dio. Se qualcuno abbandonava Dio gli si diceva l’espressione "che Dio ti perdoni", perché nessuno ti può perdonare questo grave crimine.
Pietro non ha ancora capito cosa significhi per Gesù essere il Cristo, anzi considera Gesù posseduto dal demonio, abbandonato da Dio.
v. 23: Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Gesù intima subito a Pietro di tornare al suo posto: dietro di me. Per farlo, Gesù adopera lo stesso imperativo “vattene” che nel deserto ha adoperato nei confronti di satana, quando gli ha detto «vattene satana» (Mt 4,10). Qui però ci sta una differenza: a satana ha detto «vattene satana» e basta, a Pietro Gesù dice «vattene dietro di me». Il discepolo non può dirigere il maestro secondo il suo modo di vedere le cose. La realtà della sofferenza e della morte fa parte dell'opera di Cristo, che Pietro lo voglia o no.
Gesù capovolge la situazione anche nei confronti di Pietro. Se prima lo ha definito pietra di fondamento della sua Chiesa, ora lo chiama satana, colui che fa inciampare, colui che non permette di realizzare il disegno di Dio.
Proprio Pietro che aveva ricevuto dal Padre la rivelazione sulla vera identità di Gesù, in questo momento non pensa come Dio, ma pensa come gli uomini. È proprio di Pietro comportarsi così. È proprio dell’uomo questa manifestazione, sia in male che in bene.
Questo ci ricorda che il vero fondamento della Chiesa è Gesù stesso, l'interpretazione del messianismo che lui stesso ci ha dato con il suo insegnamento, ma soprattutto con la sua morte e risurrezione. Non si può costruire su un fondamento diverso (1Cor 3,11). È Cristo la pietra preziosa posta a fondamento della città di Sion, «una pietra d'angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso...ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d'angolo e sasso d'inciampo, pietra di scandalo. Essi v'inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati» (1Pt 2,6-8).
v. 24: Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso
Gesù ha parlato del suo destino e poi coinvolge nella stessa sorte anche i suoi discepoli. Non c'è altra via se non quella tracciata dal proprio maestro.
Attenzione. Gesù usa il condizionale: “se”. Non obbliga nessuno a seguirlo. Però chi intraprende la sua strada deve vivere come Lui, seguire Lui. Non deve fare come Pietro che avendo riconosciuto in Gesù il Figlio del Dio vivente, era stato proclamato come una pietra adatta per costruire la comunità, quando invece è radicato nella sua tradizione del Messia vincitore diventa immediatamente una pietra d’inciampo. Gesù dice a Pietro: vattene dietro a me. Ora ritorna l’espressione con quell’aggiunta: “rinneghi se stesso”, rinunciare alle proprie idee riguardo a Gesù (cosa che Pietro evidentemente non aveva fatto) e seguire il suo esempio.
prenda la sua croce e mi segua.
Prendere la propria croce non significa frustrare la propria esistenza, ma rinunciare a questi ideali di ambizione, «sollevi la sua croce e mi segua». Nel linguaggio comune diciamo che la croce è “data da Dio”. Non è così. La croce è “scelta dagli uomini”. La croce è il patibolo, il supplizio, che non è che Dio dà a tutti quanti, ma coloro che liberamente, volontariamente, per amore, vogliono seguire Gesù, la devono sollevare, da sé. La croce non viene data ma viene presa per seguire Gesù.
Allora che cos’è questa croce? La croce non sono le sofferenze o le malattie, che la vita inevitabilmente ci fa portare. Nel linguaggio biblico significava, essendo una pena di morte riservata ai rifiuti della società, la perdita totale della propria reputazione. Allora Gesù a quanti vogliono seguirlo dice: “se qualcuno consegue desideri di successo, di ambizione, non pensi a venirmi dietro, perché seguire me significa perdere completamente la propria reputazione”.
Con queste parole Egli indica ai suoi discepoli la propria sofferenza salvifica, che dovrà essere anche la loro.
v. 25: Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Qui troviamo la spiegazione di quello che Gesù intende per seguire Lui: fare della propria esistenza un dono per gli altri. Questo è il significato di perdere la vita per Gesù; la vita la troverà in pienezza. Invece, chi vorrà salvare la propria vita , chi adopererà gli altri per sé, costoro la perdono definitivamente.
Il verbo “trovare” (heurisko) è ancora quello dell'uomo che trova il tesoro nel campo o la perla preziosa (cfr. Mt 13,44-52). Tutto questo è legato a un senso di gioia, quella gioia ineguagliabile che solo Gesù può portare. Una gioia che ti spinge a fare delle scelte drastiche, irrevocabili.
Questa gioia è lo sperimentare la beatitudine promessa a chi accetta tutto ciò per lui. La verità della «legge del perdere e trovare» non si manifesta solo nell'eschaton, ma già nell'oggi del discepolo: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato.
v. 26: Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
In questo versetto una ulteriore spiegazione completa il senso delle parole di Gesù.
Per capire troviamo due verbi: guadagnare e dare. Il primo verbo ci conduce alle tentazioni di Gesù nel deserto (Mt 4,8). Anche il rimprovero fatto a Pietro: “vattene dietro a me, Satana”, rimanda al modo con cui il Signore ha vinto il tentatore e in fondo l'ultima tentazione di Gesù è stata proprio quella di potersi salvare la vita da solo, scendendo dalla croce.
Il verbo “dare” in riferimento alla vita lo si trova nel Sal 49,8-9, che nella versione TILC suona così: “Nessuno può redimere un altro uomo o pagare a Dio il proprio riscatto. Troppo alto è il prezzo di una vita e il denaro non basterebbe mai”.
L'uomo non è padrone della sua vita: se la perde, inseguendo vantaggi fasulli, non è in grado di "riscattarla", di riaverla indietro, pagasse anche tutto l'oro del mondo.
v. 27: Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli
Questo versetto in greco inizia con un “infatti”, ma non si capisce bene cosa lo colleghi al versetto precedente. Là si parlava di sequela, qui invece si tratta di una profezia del ritorno del Figlio dell'uomo in veste di Giudice. La figura del Figlio dell’uomo, descritta in Dn 7,13-14, viene qui identificata con Gesù, il quale un giorno ritornerà nella gloria; il vegliardo della visione viene identificato con il Padre, mentre i membri della corte celeste sono i suoi angeli (cfr Zc 14,5). In quanto giudice escatologico Gesù applicherà il principio formulato nel Sal 62,13, in forza del quale ciascuno sarà retribuito secondo il suo operato.
e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In questo contesto l'agire richiesto è uno solo: seguire Gesù. E' stato appena detto che l'uomo non può pagare il prezzo per il riscatto della sua vita. Qualunque cosa faccia, l'uomo non è in grado di salvarsi. Non è un problema di “buone opere”. È uno degli aspetti più profondi dell'amore di Dio. Egli ti ama e perciò ti lascia libero, ti giudica secondo il grado di libertà che tu puoi esercitare.
Il problema non è di prevedere le conseguenze del sì, ma di come mantenerci nell'amore che ci ha spinto a dire quel sì, di mantenere la luce di Dio dentro i nostri cuori, di rimanere figli di Dio posseduti dal suo amore.
Il giudizio di cui si parla è il momento della verità, nel quale apparirà a tutti il valore supremo della sequela che i discepoli hanno adottato nella loro vita, accettandone di buon grado le prove e le sofferenze.
v. 28: «Vi assicuro, vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il figlio dell'uomo venire nel suo regno».
Con il v. 28 si chiude il cap. 16. Nel successivo capitolo, l’Evangelista presenta la trasfigurazione di Gesù. Infatti, il versetto fa da cerniera.
A questi discepoli, a Pietro che non comprende Gesù perché pensa che la morte sia la fine di tutto, nella trasfigurazione Gesù mostra qual è la condizione dell'uomo che passa attraverso la morte. Non è vero che la morte diminuisce le persone ma le potenzia, non è vero che la morte distrugge le persone ma la morte è quel momento della propria esistenza che consente alla persona di liberare tutte quelle energie, quelle capacità che aveva ma che nella vita terrena non gli è stata data la possibilità di esprimere. La morte per Gesù è un dormire e il dormire è un aspetto dell'esistenza che consente quasi di prendere con più vigore la vita.
Questo versetto può aiutare a percepire la venuta di Gesù, Giudice, nei fatti della vita. Alcuni, infatti, pensavano che Gesù sarebbe venuto dopo (1Ts 4,15-18). Ma Gesù, di fatto, era già presente nelle persone, soprattutto nei poveri (cfr. Mt 25,34-45).

La Parola illumina la vita
Chi è il mio modello di vita? Chi sto seguendo?
Sono consapevole dell’amore di Dio per me? Sono consapevole che Gesù è morto e risorto anche per me?
Che ruolo ricopre Gesù nella mia vita? E nelle mie scelte?
Qual è la mia “croce”? Cosa penso di farne o come la sollevo?
Chi voglio seguire? Cosa desidero per il mio futuro?
Con quale atteggiamento mi pongo nei confronti dei fatti della mia vita? Che valore attribuisco ad essa?

Pregare  Rispondi a Dio con le sue stesse parole…
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.   

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.     

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene. (Sal 62).

Contemplare-agire
Accogliamo nel silenzio questa Parola di salvezza. Solleviamo la nostra croce e seguiamo Gesù sulla via della croce, per essere suoi compagni nella gloria della risurrezione.