giovedì 14 febbraio 2019

LECTIO: VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


Lectio divina su Lc 6,17.20-26 

Invocare
O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa’ che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Leggere 
17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. 20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. 22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. 25Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. 26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agi­vano i loro padri con i falsi profeti.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Le beatitudini in Luca sono diverse da quelle di Matteo. Anzitutto Luca conosce solo quattro beatitudini e le accompagna con altrettanti guai. Ci sono anche due piccole sottolineature che svelano il temperamento dell'evangelista: anzitutto le beatitudini non sono rivolte a tutti ma a "voi", a coloro che Gesù ha davanti, cioè i discepoli coloro che hanno già fatto una scelta.
Nel brano abbiamo due versetti saltati. Essi sono decisivi per la comprensione della novità che Cristo manifesta alla nostra vita: “erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”.
Il significato di questa struttura è evidente: vengono capovolte le situazioni del mondo; quello che nel mondo è cercato, onorato, considerato prezioso viene privato di ogni valore; mentre quello che nel mondo è povero, disprezzato o rifiutato viene riscattato e messo in una posizione di eminenza. Forse non ci sarebbe da stupirsi troppo per questa proclamazione: già l’AT conosceva qualcosa di simile; si pensi al cantico di Anna ripreso poi dal Magnificat. La Bibbia sa bene che Dio è colui che “fa vivere e fa morire”, che “rende povero e arricchisce”. Il capovolgimento delle sorti mondane è piuttosto la manifestazione potente del regno di Dio che viene. La serie oppressiva dei guai vuole rendere gli ascoltatori del Vangelo consapevoli della vanità di ciò in cui mettono la propria fiducia. Alle beatitudini e ai guai di Luca fa eco il testo di Geremia (cfr. Ger 17,5-8). Egli condanna ogni forma di idolatria nella quale l’uomo diventa il dio dell’uomo e le realizzazioni umane diventano il rifugio in cui l’uomo cerca sicurezza. Dio solo è invece una roccia salda alla quale l’uomo possa aggrapparsi e dalla quale ricevere forza e vita.

Meditare
v. 17: Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.  
Gesù durante il suo cammino si ferma in una pianura, quasi ad indicare la pianura come una certa staticità di vita (i versetti omessi dalla Liturgia la indicano), e con lui si raduna una grande moltitudine di gente proveniente dai 4 punti cardinali: dal nord (Galilea), dal sud (Giudea), dall’est (Idumea e Transgiordania), dall’ovest (Tiro e Sidone) e ci sta anche una grande folla di suoi discepoli.
In questo scenario, Luca presenta un discorso di Gesù, distinto un due parti, ciascuna contenente quattro beati voi e quattro guai a voi come i punti cardinali.
v. 20: Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. 
In questo scenario, risuonano alle orecchie dei discepoli la prima beatitudine: “beati voi poveri”. Questa prima beatitudine identifica la categoria sociale dei discepoli di Gesù. Loro sono poveri perché hanno fatto una scelta di vita particolare!
Nella sua accezione originaria la parola “poveri” (ptochoi) indica i mendicanti, coloro che fanno gesti di implorazione, si rannicchiano. Non c’è soltanto il fatto della povertà, ma anche quello di essere trascurati, poveri accanto a gente ricca, oppressi. Sono poveri reali che hanno fame e piangono. La loro beatitudine consiste nel fatto che Dio interviene in loro favore.
Ai discepoli – poveri - Gesù garantisce: "Vostro è il Regno dei cieli!". Attenzione viene utilizzato un verbo al presente. Ciò sta a significare che il Regno è già presente, che già ci appartiene. Quindi non una promessa che riguarda il futuro, ma un Regno che esiste già in mezzo ai poveri.
Secondo il vangelo la povertà diventa un vantaggio; e non perché la povertà di cui parla il vangelo sarebbe una virtù. Il vangelo di Luca non parla della virtù della povertà, di una povertà scelta, liberamente per amore di Dio o per servizio agli altri, ma parla della povertà come una condizione di privazione. Perché allora sono beati i poveri? Semplicemente perché Dio è il difensore dei poveri e dove si trova una condizione di miseria, di bisogno, Dio non rimane indifferente. Dove c’è un uomo che ha bisogno di vita, di gioia e di perdono, Dio non rimane indifferente, ma risponde. Quindi beati voi che sperimentate la debolezza, il bisogno, perché Dio – che viene a regnare – vi risponderà.
v. 21: Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Qui rievocando il profeta Ezechiele che parla delle persone che "sospirano e piangono per tutti gli abomini" compiuti nella città di Gerusalemme (Ez 9,4; cfr. Sal 119,136), la Parola descrive l’attuale situazione di sofferenza e promette un cambiamento radicale attraverso la pratica del messaggio di Gesù. La prima parte di queste frasi è al presente, la seconda al futuro. Ciò che ora viviamo e soffriamo non è definitivo. Ciò che è definitivo sarà il Regno che stiamo costruendo oggi con la forza dello Spirito di Gesù. Costruire il Regno suppone sofferenza e persecuzione, però una cosa è certa: il Regno giungerà e "voi sarete saziati e riderete!".
Nelle parole di questo versetto, viene rievocato il cantico di Maria: "Ha ricolmato di beni gli affamati" (Lc 1,53). è la ferialità della vita, che ci fa considerare la quotidianità come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza. 
La beatitudine ha il suo culmine nel vivere l'abbandono totale nelle mani del Padre, nel cercare la comunione con Dio come l' “ora” del vero e pieno compimento.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete
“Beati voi che piangete” significa che la scelta che il discepolo ha fatto non è un motivo di gioia. Il mondo che il cristiano costruisce, che ha davanti fa piangere. Il pianto non è un fatto di sofferenza ma una grande passione verso la speranza, quella stessa annunciata dai profeti.
vv. 22-23: Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Ancora una beatitudine del discepolato, di colui che ha scelto di seguire Gesù, trovandosi coinvolto nel suo destino di persecuzione. Come discepoli siamo chiamati a seguire le orme dei profeti. Questi furono perseguitati perché erano la bocca di Dio. I discepoli sono chiamati e paragonati a quella comunità dei poveri, a quel piccolo gregge (12,32) impotente, destinato all'opposizione e alla persecuzione. Inoltre, sono beati perché partecipando al mistero di persecuzione e di morte del Cristo sono associati più profondamente alla sua missione di salvezza.
In questa circostanza non devono accontentarsi di avere pazienza o di attendere che passi al più presto il momento della prova, ma devono vivere intensamente in sé, come  pegno di beatitudine eterna, quanto dice il Maestro: “Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché grande è la vostra ricompensa, perché così sono stati trattati i profeti!”.  
v. 24:  Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione
Dinanzi a Gesù, in quella pianura, c'è solo gente povera e malata, venuta da tutti i lati (Lc 6,17-19); cosa succede qui? Perché questi guai se prima si è parlato di felicità? Il messaggio delle beatitudini lucane sembra essere anzitutto un severo giudizio sul mondo ricco (aspetto rafforzato dall’aggiunta delle quattro maledizioni).
Il "guai a voi" non è un grido di vendetta o di minaccia come risuona nel nostro italiano, ma un “ohi” o “ahi” che esprime un estremo grido di compianto, di compassione e di lamento funebre che Gesù rivolge a chi si è rovinato con le sue stesse mani, a chi ha fatto la scelta opposta.
Questo “ohi” è indirizzato a coloro che potevano far qualcosa ma non l’hanno fatto. Essi sono descritti con “ricchi”, perché mettono le cose al posto di Dio e non hanno ancora sperimentato la gioia di colui che vende tutto per acquistare il tesoro che è Cristo (cfr. Mt 13,44).
Gesù ha raccomandato di non maledire e non ha maledetto. Ha maledetto solo un fico, in un'azione simbolica riguardante la terribile futura maledizione eterna. Maledirà come Giudice quando dirà: "Via da me maledetti, operatori di iniquità". Ora, nell'anno della misericordia (Is 61,2; Lc 4,19), si può dire, circa chi ha raggiunto il peccato contro lo Spirito Santo (Mt 12,31), cioè che si è chiuso ad ogni appello alla verità e all'amore, che Cristo, glorioso alla destra del Padre, lo maledice, nel senso che lascia che il Padre consegni il peccatore, morto alla conversione e al pentimento, al proprio dissennato consiglio; ma non esaurisce, Cristo, la volontà di continuare ad agire per la sua conversione.
v. 25:  Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame! Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete!
Queste due minacce indicano che per Gesù la povertà non è una fatalità, né tanto meno il frutto di pregiudizi, bensì il frutto di un arricchimento ingiusto da parte degli altri. Anche qui ricordiamo le parole del cantico di Maria: "Ha rimandato i ricchi a mani vuote!". Parole che ricordano che la ostentata nostra ricchezza e il nostro benessere è uno schiaffo alla solidarietà vera che anima il discepolo di Gesù, soprattutto nei confronti di quei paesi oppressi dalla miseria e dalla malattia. Ma non è questo il punto.
Quante volte la nostra vita è accecata dal benessere, soprattutto indotta dal sistema mass-mediatico e consumistico, ottusa dalle ideologie nichiliste e del culto di sé e continua a mendicare un cibo che non sazia e una "pagnotta" che non nutre?
Coloro che hanno fame del "pane di Vita" sono beati perché riconoscono di avere come centro e come bisogno sostanziale Dio e la vita eterna, per sé e per i proprio fratelli.
v. 26:  Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti!
Ritorna ancora qualcosa per noi che ci dichiariamo cristiani, discepoli, purtroppo è un “guai”. Gesù, sempre rivolto ai discepoli, fa notare come tra coloro che si professano suoi seguaci ci sia qualcuno che crede di poter mettersi alla sua sequela “a buon mercato”, chiudendo un occhio su alcune cose. È il caso di chi pensa che la salvezza sia un premio da ottenere l’osservanza scrupolosa di precetti, una meritata ricompensa ai propri sforzi e non un dono del Signore; di chi pensa che il Vangelo in fondo non possa trasformare le sue logiche del mondo, e che al massimo ci può consolare preservandoci (come sotto una campana di vetro) da esse ; di chi pensa che ciascuno deve saper stare in piedi con le proprie gambe, che chi si ferma è perduto ed in fondo questo giova a chi ha un buon passo; di chi condivide le gioie e non i dolori della propria fede con Cristo.
Se è chiaro, infine, cosa significa essere cristiano, e cioè aver incontrato e accolto nel cuore Cristo, che ha parole di vita e di verità, dovrebbe risultare altrettanto chiaro che essere "non cristiano" non significa non essere nulla o semplicemente essere se stessi. Essere "non cristiano" significa esporsi pericolosamente al rischio dell'idolatria. La scelta, dunque, non è tra essere cristiani o non cristiani, ma più precisamente tra essere cristiani ed essere idolatri.

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

La Parola illumina la vita e la interpella
Ascoltiamoci e interroghiamo il nostro cuore. A che punto sono nella vita? Dove mi trovo?
Sono anch’io in pianura, statico, bisognoso di speranza?
Sono un discepolo di Cristo Gesù o un ricco?

Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina. (Sal 1).

Contemplare-agire  L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
Oggi, ascoltando questa pagina delle beatitudini mi sento chiamato ancora una volta ad essere discepolo riconoscendo la mia povertà, riconoscendo che al di fuori del Cristo non sono nulla, e che senza Cristo tutto ciò che ho e che sono non conta niente.