martedì 4 giugno 2024

LECTIO: X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)

Lectio divina su Mc 3,20-35
 

Invocare
O Padre, che hai mandato il tuo Figlio a liberare l'uomo dal potere di satana, alimenta in noi la fede e la libertà vera, perché, aderendo ogni giorno alla tua volontà, partecipiamo alla vittoria pasquale di Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
20Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: "È fuori di sé". 22Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni". 23Ma egli, chiamatili, diceva loro in   parabole: "Come può satana scacciare satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. 26Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa. 28In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna". 30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito immondo". 31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano". 33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri nel tuo cuore e vi metta salde radici
 
Dentro il Testo
Si riprende il Tempo ordinario, si riprende la ferialità dopo aver dato un tempo incisivo per vivere meglio la nostra fede. Si riprende anche la lettura del Vangelo di Marco, iniziando dal capitolo 3°.
La pagina odierna di Marco, ambientata a Cafarnao, è complessa, con parole forti, strane ma certo parole colme di una luce che bisogna saper individuare.
Marco nel suo linguaggio narrativo ci riporta due elementi simili che racchiudono al centro un altro elemento: inizia con le accuse mosse contro di Gesù per continuare con il racconto terribile dei parenti di Gesù che si muovono per andarlo a prendere perché lo vogliono far passare per pazzo e, dopo la polemica degli scribi che muovono accuse a Gesù di collusione con satana.
Lo schema sembra che voglia dirci che tutto si deve inquadrare e comprendere all’interno della relazione con Gesù. È il tipo di relazione con Gesù che salva e dona senso al nostro essere cristiani. Il rifiuto di una vera relazione di fiducia con Gesù è luogo abissale di morte.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 20: Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo.
Ci troviamo a Cafarnao in una casa. Non è la prima volta che Gesù si ritrova in una casa. Ricordiamo quella volta nella casa di Pietro dove guarisce la suocera che poi si mise a servire. Successivamente nella casa di Levi il peccatore dove fa il grande banchetto e ora in una casa, senza dire quale.
La casa qui si presenta come il luogo dell’accoglienza, il luogo delle relazioni, il luogo della famiglia. Questa casa qui è anche simbolo della Chiesa. In questo luogo nasce un problema: a causa della folla radunata attorno a Gesù non possono magiare.
Questa folla che, in modo progressivo, vedremo come popolo in ascolto della Parola non da tregua a Gesù. Ma sarà Gesù stesso che evidenzierà l’importanza dell’ascolto della Parola citando la stessa Parola di Dio: «non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3; 30,20). Per il momento sembra che questa folla sia divisa tra quelli che si limitano alle guarigioni di Gesù e tra quelli che insieme alle guarigioni accolgono il Vangelo.
Ma non tutti possono comprendere l’operato di Gesù, per questo Egli dice: «ho da mangiare un cibo che voi non conoscete … mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,32.34).
Questa incomprensione si è trasformata in follia tanto che la notizia è arrivata alle orecchie dei familiari.
v. 21: Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: "È fuori di sé".
I «suoi» di cui si parla appaiono essere sua Madre Maria, e i fratelli, di cui sappiamo il nome: Giacomo, Joses, Giuda, Simone (cfr. Mc 6, 3). Con buon fondamento, per fratelli si intende il senso largo di cugini, di parenti con legame più o meno stretto. Ma vi è anche un senso metaforico che traspare nel testo: sono gli increduli, di cui Giovanni poté scrivere «i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1, 13).
I familiari tirano le conclusioni su quanto sta accadendo a Cafarnao: “è impazzito” e quindi si sentono in dovere di intervenire per “catturarlo” senza lasciarselo scappare.
La madre Maria viene da Gesù insieme ad altri familiari stimolata da qualche preoccupazione. Questo figlio è così attivo da non avere tempo di mangiare, di riposare. Maria ancora una volta appare come una che non comprende (cfr. Lc 2, 48-50).
C’è una difficoltà a comprendere Gesù. Perché, se da una parte sta emergendo l’identità messianica di Gesù, dall’altra abbiamo la parentela che fanno fatica ad accettare quel ragazzo cresciuto in mezzo a loro e che non è più il figlio di Giuseppe, il falegname ma è il figlio di Dio.
Ma Gesù non si lascia imprigionare dai legami familiari e prosegue nell’annunciare il Vangelo anche a scapito di mettersi contro i suoi, perché Lui non è “fuori di sé” ma solo colmo dello Spirito Santo e qui non fa altro che rivelare con schiettezza quale sia il criterio di autenticità della relazione con Lui.
v. 22: Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni".
Qui entrano in scena gli scribi, i sapienti conoscitori della legge che precedentemente l’avevano accusato di bestemmia quando perdonò i peccati al paralitico (Mc 2,6). Anche questi non riconoscono e non accolgono Gesù. Anzi fanno di peggio: lo accusano di essere indemoniato.
Chi è il Beelzebùl di cui si parla? Beelzebul era una divinità filistea, il Dio delle mosche. I farisei, per impedire il culto verso questa divinità, l'avevano trasformato in Baal zĕbūl, cioè il Dio del letame (non solo non protegge dalle mosche, ma le attira). Per gli scribi Gesù guarisce le persone per infettarle ancora di più.
Quello che fanno gli scribi lo facciamo anche nella nostra vita e nelle nostre dinamiche relazionali: demonizzare l’avversario. Gli scribi non fanno altro che offrire una lettura distorta di Gesù per far perdere completamente stima e credibilità davanti agli occhi di tutti. Di questi oppositori Gesù dice: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei» (Mt 23,2) andando contro la loro ipocrisia che redige leggi sempre più severe per gli altri, mentre loro non le toccano neppure con un dito. E Gesù smaschera le accuse contro di lui perché oltre ad essere ipocriti sono anche invidiosi.
v. 23-26: Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: "Come può satana scacciare satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire.
Gesù cerca di far ragionare coloro che si sono posti come nemici. Il divisore è sempre pronto in ogni momento della vita a voler essere il detentore della storia tenendo sotto il dominio del peccato l’umanità chiusa nell’accusa della propria coscienza. Ma Gesù col suo amore testimonia diversamente. Questo disturba. Questo è follia. Ma Gesù non teme questa follia anche se arriverà a morire in croce per amore.
v. 27: Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa.
E non bastando i ragionamenti, qui Gesù usa una parabola. A prima vista si può leggere questa parabola come se fosse la storia di una sconfitta: Satana, «più forte», può piegare la nostra sicurezza eccessiva, la nostra altezzosa autosufficienza, il nostro orgoglio impudente e imprudente (G. Ravasi).
Questa parabola sembra alludere alla missione di Gesù e a quanto già operava. E questa missione mostra il Regno di Dio che “lega” l'uomo forte, Satana, attraverso la salvezza compiuta da Gesù. Dio, infatti, è «il più forte» e l’espulsione degli spiriti maligni ci mostra che Egli è più forte di Satana.
v. 28-30: In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna". Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito immondo".
Qui Gesù emette la sua sentenza: i peccati frutto di ignoranza, di fragilità saranno perdonati ma non quelli contro lo Spirito Santo. Diverse spiegazioni abbiamo su quest’atteggiamento di coloro che negano l’evidenza. S. Agostino davanti a questo passo evangelico commentava: “Grande è l’oscurità di questo problema. Perciò chiediamo a Dio la luce per esporlo. Confesso alla vostra carità che in tutte le Sante Scritture non c’è forse un problema più grave e più difficile”. Possiamo semplicemente dire che ogni peccato offende Dio, offende lo Spirito Santo. Qui però va al punto, va a quell’ostinazione e cosciente di rifiutare l’azione di Dio anche quando essa è evidente. San Tommaso d'Aquino diceva che si tratta di un rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, operante in virtù del sacrificio della Croce”. Pertanto, con l’espressione «bestemmia contro lo Spirito» non s’intende l’atto di dire alcune parole contro lo Spirito Santo, ma piuttosto un atteggiamento interiore di opposizione allo Spirito Santo e quindi non sentire nessun bisogno di salvezza preferendo le proprie comode sicurezze. Questa è la cecità dei farisei che rimane fino a quando credono di vederci (Gv 9,41).
v. 31-32: Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano".
Al v. 13ss Gesù chiamò i Dodici per mandarli a chiamare tutti a stare con lui. In questi versetti si inverte l’ordine di chiamata e della missione. Quando non si vuol seguire Gesù si inverte sempre l’ordine di chiamata.
I versetti hanno poi questa sottolineatura: chi sta dentro e chi sta fuori: il primo è dentro la casa dove Gesù è seduto e insegna circondato da molta gente; il secondo è fuori dalla casa dove la madre e i suoi familiari lo cercano e lo mandando a chiamare.
La folla qui appare seduta in ascolto di Gesù facendo da muro, da ostacolo verso coloro che stanno fuori. Folla e parenti sono in stretta opposizione perché, se la folla ascolta la Parola che invita a tessere nuove relazioni, i parenti invece vogliono semplicemente impossessarsi di Gesù allontanandolo dal suo operato.
v. 33-35: Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".
La risposta di Gesù spiazza tutti e certamente, ancora una volta, sua madre Maria. In altre parole, Gesù colmo di Spirito Santo dichiara qui il criterio di appartenenza alla sua famiglia, facendo capire che c'è una parentela nella carne che non è una parentela reale nello spirito.
Dal v. 31 al v. 35 più volte vediamo ripetere madre e fratelli, vuol dire che quest’aspetto della parentela tocca tutti noi. Tutti infatti siamo fratelli, sorelle e madri e in Gesù siamo chiamati ad essere madre, a dare la vita a Lui nella nostra vita e diventare noi stessi figli di Dio come Gesù. E come lo si diventa? Gesù volge lo sguardo intorno a quelli seduti in cerchio attorno a lui. Con tale sguardo egli rileva tutta la dignità e la distinzione della nuova famiglia da quella segnata solo dai legami di sangue: con quello sguardo Gesù si identifica in certo qual modo con coloro che sono seduti ai suoi piedi per ascoltare la sua parola. Gesù non vuole disprezzare la sua parentela ma qui mette in risalto la caratteristica della “nuova parentela”.
Gesù fa capire che chi lo ascolta gli è madre, cioè gli dà motivo per vivere in quanto ascoltare uno è farlo vivere in sé, è dargli l'esistenza. Sottolinea che chi ascolta la sua Parola assume il suo stile di vita, il suo modo di pensare, di dire, di amare. Questi si può chiamare fratello ed è il vero parente.
Anche Maria dovrà imparare questo dal Figlio e farà molta strada fino ad arrivare ai piedi della Croce per comprenderlo ed essere poi consegnata a tutti noi come madre (Gv 19,27) rigenerata dalla Parola di Dio viva ed eterna (cfr. 1Pt 1,23).
Chiude questo brano la condizione per far parte della nuova famiglia: «chi compie la volontà di Dio». Si compie la volontà di Dio nell’ascolto di Gesù.
L’ascoltare Gesù, Parola del Padre, ci rende figli come lui e quindi fratelli e sorelle. Ora chi ascolta lui non solo diventa fratello e sorella ma partecipa misteriosamente alla maternità stessa di Maria e non solo secondo la carne ma anche nell’accoglienza della Parola di Dio con disponibilità totale, facendone in ogni ora del giorno sostanza viva della propria esistenza.
 
Fermati in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lascia che anche il Silenzio sia dono perché l'incontro con la Parola sia largamente ricompensato.
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi affido allo Spirito Santo che sempre viene in soccorso delle mie fragilità e alle mie debolezze?
Sono tra quelli che estremizzano le questioni fino a demonizzare chi considero nemico?
Cado nella tentazione di sentirmi “parente” di Gesù quasi che l'accesso a lui sia "naturale" e scontato?
Mi nutro e vivo della Parola di Dio per non essere schiavo delle relazioni di carne e di sangue?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
 
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
 
Io spero, Signore;
spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
 
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe. (Sal 129).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Non basta pensare di essere vicini a Gesù perché coltiviamo una sana tradizione, c’è un rapporto nuovo e una parentela nuova che siamo chiamati a stabilire con Gesù e tutto ciò si compie nel dinamismo della vita spesa negli atteggiamenti della misericordia, della solidarietà e del servizio a quanti il Signore ha posto nel nostro cammino.