martedì 20 giugno 2023

LECTIO: XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A)

Lectio divina su Gv 10,26-33

 
Invocare
O Dio, che affidi alla nostra debolezza l’annunzio profetico della tua parola, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con tutta franchezza il tuo nome davanti agli uomini, per essere riconosciuti da te nel giorno della tua venuta. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola
(Leggere)
26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Dopo aver fatto il grande «discorso della montagna» (Mt 5,1-7,29), Gesù adesso fa il suo «discorso apostolico» che prende quasi tutto il capitolo 10. L’evangelista Matteo per questo discorso attinge da Marco (nei cc. 3.6.13).
Gesù istruisce i suoi discepoli sul comportamento che devono adottare nell’esercizio della loro missione e della persecuzione. Testimonianza profetica e persecuzione sono realtà indissolubili nella vita del popolo di Dio e nell'esperienza dei profeti: è propria del cristiano, in quanto Cristo stesso è stato chiamato a vivere la persecuzione in prima persona per la salvezza dell’uomo.
Nel suo discorso Gesù usa quattro immagini tratte dal creato per poter vivere meglio e pienamente la missione.
Nel brano colpisce maggiormente due avvertenze: (1) la frequenza con cui Gesù allude alle persecuzioni e alle sofferenze che dovranno sopportare; (2) quattro volte è ripetuto al discepolo di non avere paura: paura degli uomini; paura di chi uccide il corpo; paura di non valere abbastanza; paura di perire nella eterna Geenna.
Fede e fiducia in Dio per impegnarsi come Gesù e con Gesù per portare a compimento, pieni di fede e di amore, l’opera iniziata. Lì accade il vero miracolo.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 26: Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.
“Non abbiate paura”, “non temete”, sono inviti che riscontriamo nelle pagine della Bibbia. Ricordiamo Abramo, Mosè, i Profeti, Maria, la madre di Gesù, a tutti è risuonato nel cuore quest’invito. Anche per la missione non occorre avere paura. Qui i discepoli appaiono paurosi, temono qualcosa, diversamente, non avrebbero ricevuto quest’invito da Gesù.
Quindi, la paura, di cui qui si parla, non è la paura naturale che ogni uomo avverte di fronte agli avvenimenti imprevisti della sua vita ma quella che accompagna i cristiani nel corso della loro missione evangelizzatrice.
Il tempo della missione, è il tempo dell’apocalisse. Non nel senso catastrofico, ma nel senso di rivelazione. Una rivelazione fatta in pieno giorno (cfr. Mt 13,35; Sal 78,2) in quella contingenza dell’agire e delle strategie nascoste di chi si vuole sostituire alla potestà di Dio, di chi si affida ai semplici poteri umani, inconsistenti e illimitati.
Il discepolo di Cristo immerso in queste realtà non deve temere anche se la fatica della persecuzione e della missione lo possano far apparire come perdente e sconfitto, perché la forza della sua parola e della sua testimonianza viene dal Signore, dalla sua fedeltà e dal suo amore misericordioso.
C’è un velo che verrà tolto e svelato. Quel velo tolto è la rivelazione di Dio e Dio si rivela sulla Croce. Sulla Croce Egli mostra il suo grande amore per l’umanità. Questa manifestazione divina legata al velo ci rimanda a quel velo squarciato, dall’alto in basso, alla morte di Gesù (Mt 27,51) per indicare che sulla Croce Dio si rivela totalmente come amore e con la sua Croce ha vinto non è sconfitto.
Allora “non temete” perché Gesù è il nuovo velo che rivela l’amore.
v. 27: Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
Gesù sta istruendo i suoi discepoli e lo sta facendo in privato, di nascosto, in quella tenebra che ognuno sta vivendo, sussurrando all’orecchio del cuore il grande mistero del Regno. Ora, avvertendo l’esigenza di annunciare a tutti il messaggio evangelico, invita a dirlo apertamente, alla luce del sole, con molta trasparenza e rispetto umano perché il Vangelo entri in ogni cuore.
v. 28: E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo.
Aver paura della morte è puramente umano. Ma il cristiano non è per la morte ma per la vita. Egli è il discepolo che deve far risplendere la Parola con coraggio. Questa è una lotta continua, con la stessa forza che viene da Dio, combattendo l’idolatria che lo seduce. E la parola che proclama è dýnamis (cfr. Rm 1,16), è forza che attraversa la storia umana senza impedimenti, in una sorta di corsa (cfr. 2Ts 3,1). La vita terrena non è nulla in confronto alla vita imperitura che il Padre darà loro in cielo.
Anche se la vita del cristiano è provata, faticosa, pesante mai può sconvolgere la sua vita sino a togliere la speranza che viene dal sentirsi amato e sostenuto dall’amore misericordioso di Dio.
vv. 29-31: Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Il versetto assomiglia a quel proverbio: "Non si muove foglia che Dio non voglia!". Una lettura diversa del versetto, può aiutarci ad entrare dentro: “Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il Padre vostro”. Con il paragone dei passeri, Gesù mette in evidenza quanto l’amore del Signore sia concreto e attento alla vita di ciascuno e in particolare in chi soffre a causa del suo nome (cfr. Lc 21,17-18).
Dio è Colui che non abbandona nel momento del dolore, della sofferenza, della catastrofe. Dio è lì, presente. Nel mondo creato ci sono delle “imperfezioni”ma sono realtà, realtà spesso create da noi. Dio di tutto questo non ha colpa. Tutto però è sotto il suo sguardo, persino quei capelli che cadono senza che ce ne accorgiamo. Dio non abbandona chi ha fede in Lui: in Cristo ci ha salvato dalla morte eterna.
Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
I discepoli non sono chiamati a vivere nella disperazione ma in quel santo timore e non quella paura che invade ogni giorno il nostro cuore. Essi sono più preziosi dei passeri, più preziosi dei capelli. Possono essere perseguitati e messi a morte, ma anche nella loro morte il Padre è là; nelle loro tentazioni il Signore è là, nelle loro sofferenze è Cristo a soffrire.
La paura è una cattiva consigliera: frena lo slancio del cuore, toglie l'audacia e la razionalità.
Il discepolo è colui che rimane sempre ancorato a Cristo, non teme la persecuzione, il dolore, la sofferenza, perché sa che Lui, è solidale compagno di viaggio per quelle vie impervie e difficili.
Questo è il timore di Dio, sapere che Dio mi è Padre e io gli sono figlio.
vv. 32-33: Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Riconoscere il Signore, dice il v. 32. Ciò implica la conoscenza, la testimonianza. Il discepolo è uno che lo testimonia in due modi: il primo nella vita quotidiana mentre il secondo nella persecuzione.
Questa conoscenza di Lui parte dagli ultimi. Qui la realizzazione piena della nostra vita in quanto figli, che è la nostra essenza: riconoscere i fratelli e riconoscere nei fratelli il mio Signore. Sgorga, allora, l’invito a prendere la croce e vivere la fedeltà a Cristo fino in fondo, uscendo dalla mediocrità e dal compromesso, che svuotano di autenticità la vita cristiana. Quindi l’orientamento pieno della nostra esistenza cristiana è proprio il riconoscere il Signore presente nella carne dei fratelli, dei poveri, dei piccoli, degli ultimi, degli esuli; è lì che si gioca la testimonianza e lì è realmente presente il Signore, con la coscienza di averlo fatto a Lui (Mt 25,40). Da qui sgorga l’esortazione a vivere con coerenza la scelta di Cristo, poiché dall’atteggiamento che avremo assunto nei suoi confronti durante la nostra esistenza terrena, dipende l’eredità eterna.
Nei versetti troviamo anche il contrario di riconoscere: “rinnegare”. Il termine ci riporta allo stesso dramma che visse Gesù nella sua passione: trovare il discepolo che non si riconosce in lui.
In questo la croce rimane il segno inimitabile della fedeltà di Dio a tutti coloro che lo rinnegano; che nessuno lo ha accettato e lui resta fedele. (cfr. 2Tim 2,11-13). Quindi l’ultima parola spetta sempre alla Sua fedeltà.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi sento prezioso/a agli occhi di Dio? Ho fiducia in Lui?
Sono coerente nel proclamare la mia appartenenza alla Chiesa? oppure vivo una situazione di comodo?
Testimonio con coraggio la Parola di Dio? Oppure ho paura?
Sono perseguitato/a a causa dell’annuncio del Vangelo?
Cosa significa per me oggi riconoscere o, al contrario, rinnegare il Signore?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.
 
Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
 
Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
non disprezza i suoi che sono prigionieri.
A lui cantino lode i cieli e la terra,
i mari e quanto brùlica in essi. (Sal 68).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Siamo ancora sulla strada giusta. Proseguiamo perciò a testimoniarlo con coraggio anche in mezzo alle prove, anche a prezzo della vita. La mèta che ci attende lo merita: è il Cielo, dove Gesù, che amiamo, ci riconoscerà davanti al Padre suo per tutta l’eternità (Chiara Lubich).