giovedì 21 dicembre 2023

LECTIO: NATALE DEL SIGNORE (Anno B)

Lectio divina su Lc 2,1-14
 

Invocare
Signore, Dio onnipotente, che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3 Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4 Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5 Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6 Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
8 C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10 ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11 oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». 
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Siamo verso la fine del "vangelo dell'infanzia" nella versione lucana. I versetti 15-20 chiuderanno il racconto. Il vangelo dell’infanzia non fa altro che prepararci all’evento salvifico già annunziato dai profeti. In questo periodo di avvento abbiamo visto il parallelismo che Luca fa tra Giovanni Battista e Gesù e tra l’ambiente, i personaggi e le prospettive dell’uno e dell’altro, con la tensione dinamica del compimento delle attese dell’antico popolo alle realtà del nuovo popolo di Dio.
Il brano lucano è semplice, suggestivo, pieno di spunti teologici costruito sul modello dell’annuncio missionario.
Punto centrale della narrazione sono le parole dell’angelo ai pastori, che riguardano il senso gioioso dell’avvenimento e la professione di fede in Gesù Salvatore e la universalità della sua salvezza. Dio entra nella vita degli uomini fuori dal tempio, dai suoi incensi e dalle case degli uomini, sente di dover chiamare a raccolta gli uomini per questo avvenimento in un luogo lontano e fuori dalla “Città”. Dio non va pensato come uno che si compiace della bontà dell'uomo ma piuttosto come uno che infonde la bontà nell'uomo attraverso la sua divina elezione e misericordia.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
vv. 1-3: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 
Luca è l’unico evangelista che fa delle ricerche accurate e ci presenta il contesto storico mostrando l’azione di Dio all’interno di una storia profana: di un decreto di Cesare.
La salvezza è storia, avviene nella storia e si inserisce nella storia, perché la stessa storia è il luogo della salvezza. E la storia si ricollega con Cesare Augusto e i suoi decreti.
Negli Atti, Dio si servirà ancora delle stesse leggi romane per condurre Paolo a Roma per annunciare il vangelo. Infine, e soprattutto, ciò offre un pretesto per il viaggio: un pretesto, poiché tali censimenti si fanno sempre nella località di residenza, non in quella di origine.
Le parole di Luca hanno però un senso teologico. Gesù doveva essere compreso nel censimento di tutta la terra, anche lui ormai faceva parte dell'umanità. Anche lui era all'interno della grande pax romana, prefigurazione della vera pace che egli era venuto a portare sulla terra.
Ciò che è importante è che in un contesto storico vi è un annunzio di salvezza. Origene scrive: "In questo censimento del mondo intero Gesù doveva essere incluso... affinché potesse santificare il mondo e trasformare il registro ufficiale del censimento in un libro di vita".
vv. 4-5: Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 
Anche Giuseppe e Maria obbediscono alle leggi, non si ribellano e partono verso Betlemme. Essi accolgono quelle leggi che sono per il bene comune. Luca qui sottolinea la “casa” e la “famiglia”  cioè l’origine davidica di Giuseppe. Di Maria é detto per la prima volta, che é incinta ma la chiama “fidanzata” “promessa sposa”.
In Mt 1,18-25 sappiamo che Giuseppe ha condotto Maria nella propria casa ed ha giá superato i suoi dubbi personali sulla strana gravidanza. Ma Luca presentando una fidanzata incinta in viaggio vuole lanciare una provocazione scioccante, forse invitare a leggere e cercare.
La prospettiva provvidenziale di Luca nel raccontare i fatti emerge anche dal fatto che Giuseppe porta con sé Maria: le donne non dovevano farsi registrare, dunque la giovane puerpera avrebbe potuto rimanere a Nazaret. Luca, però, vuole mostrare che ella è considerata a pieno titolo legale membro della famiglia davidica.
Tutte queste indicazioni preliminari permettono, comunque, a Luca di affermare due elementi molto importanti riguardo la nascita di Gesù: egli era discendente di Davide e nacque a Betlemme, così che si compisse la profezia di Michea (5,2): “E tu Betlemme di Efrata... da te uscirà per me colui che deve essere il capo d'Israele”.
vv. 6-7: Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. 
Il luogo è Betlemme. Nell’AT é importante soprattutto come luogo dell’origine della stirpe di David. In questo luogo Luca ci ha condotti senza però precisare nulla. Qualcosa però ci riconduce a capire che si realizza quanto previsto in 1,26-38 ed il bambino giudeo é integrato nel popolo della promessa tramite la circoncisione (2,21).
Maria dà alla luce il suo primogenito. Il termine “primogenito” non indica che Maria abbia avuto altri figli dopo la nascita di Gesù. Il primo figlio - anche se non ne fossero nati altri in seguito – era sempre chiamato primogenito, per designare i diritti e i doveri che lo riguardavano (cfr. Es 13,12: “Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli”; Es 34,19: “Ogni essere che nasce per primo nel seno materno è mio”).
Il versetto presenta dei “movimenti” che fa Maria: lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, sono gli stessi movimenti che si faranno alla morte di Gesù. Gesù sarà segnato fino alla morte da questa estrema povertà. Non si tratta solo dell'indigenza materiale della sua famiglia. C'è molto di più. Gesù, il Verbo fatto carne, "venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11). E la mangiatoia ne è il simbolo: “il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. (Is 1,3). C'è qui il grande mistero dell'incarnazione. Paolo dirà che "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor 8, 9).
Questo segna il rifiuto di Dio. Per Dio non c’è nessun luogo: l’unico luogo, l’unico tempio è quello, la carne di quel piccolo, in cui abita corporalmente la pienezza della divinità.
Inoltre, l’alloggio (= Katàljma) di cui si parla, diviene simbolo di una povertà e di un rifiuto che troverà il suo culmine nel rifiuto assoluto di lui nel processo davanti a Pilato (cfr. Gv 18,28-19,16). Più tardi Gesù dirà “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Katàljma ricorda anche quel luogo ove Gesù mangerà la Pasqua con i discepoli (Lc 22,11; Mc 14,14; cfr. anche: Lc 9,12; 19,7; 22,14).
Possiamo aggiungere che i versetti richiamano esattamente la scena della morte di Gesù, e spiego. Gesù verrà fasciato e bendato e messo nel sepolcro. Di fatto quando uno nasce, nasce già mortale e c’è già quel lenzuolo che ti prende e che poi ti avvolgerà alla fine.
v. 8: C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 
Cambia la scena, è notte. Questa ambientazione notturna (cfr. Sap 18,14-15) ha dato supporto alla tradizione che Gesù fosse nato a mezzanotte. 
Luca è sensibile nel mettere in evidenza che Dio consegna se stesso ai semplici; pensiamo a Maria in Lc 1,48: “alla bassezza della sua schiava”; Lc 6,20: “beati voi poveri”; Lc 10,21: “ti benedico o Padre che ti sei rivelato a piccoli e ti sei nascosto ai sapienti”.
Nel versetto, Luca indica dei pastori che vegliano il proprio gregge. Questi sono coloro che godono di una cattiva reputazione: sono spesso considerati ladri e disonesti. I pastori, sono coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale, sono i primi ad essere coinvolti dalla nascita di colui che ha per madre un'umile donna (1,48) ed è "inviato a portare ai poveri il lieto annunzio" (4,18).
Il neonato è già colui che sarà accessibile ai peccatori e mangerà alla loro tavola (15,2). Proprio queste persone sono coloro i quali vegliano per sorvegliare il gregge. C’è una capacità di attenzione in loro che in altri non si riscontra.
vv. 9-10: Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. 
Gli angeli sono quelli che annunciano, che portano un messaggio. E noi tutti siamo arrivati alla fede tramite qualche angelo. Qui un angelo del Signore annuncia la Parola che dà il significato al fatto.
L’annuncio ai pastori è motivato dal fatto che anche Davide era pastore prima di diventare re di Israele. Quindi la presenza dei pastori, come la città di Betlemme e la discendenza Davidica, sottolinea nuovamente la messianicità di Gesù.
Proprio a queste persone capaci di vegliare il gregge, il vero Guardiano e Pastore del gregge li chiama (1Pt 2,20-25, Gv 10,1-10). Questi avvolti dalla gloria di Dio, cioè dalla sua Presenza, dalla sua Rivelazione sono riempiti interiormente dall’amore di Dio, dalla sua stessa passione.
La luce non sta semplicemente davanti a loro ma li avvolge, entra nella loro vita, essi accolgono quell’annuncio che non è per loro soli, ma è una luce che è per tutto il popolo.
Custodi di un gregge ora sono custodi di un mistero da conoscere e poi irradiare a tutti.
Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo. 
I pastori sono presi da timore perché si trovano di fronte a qualcosa, non solo d’imprevedibile e impensabile, ma anche ad un’azione che riscontriamo solamente nelle teofanie dell’AT, specie ad Is 6,1-5 ed Ez 1; 3,12.23.
L'angelo li rassicura, come Gabriele ha rassicurato Zaccaria (Lc 1,13) e Maria (1,30). L’espressione “non temete”, nella Bibbia ricorre 365 volte, possiamo dire “una volta al giorno” e questo perché fin dall’inizio, l’uomo si è nascosto, perché “aveva paura” (cfr. Gen 3,10).
Il Signore è Colui che abita questa storia tra paura, nascondimento e verità e rassicura, conforta con la sua Parola di salvezza. Quel timore che coinvolge immediatamente ed emotivamente ora trova un’apertura di significato grazie all’angelo del Signore, interprete luminoso dei fatti oscuri conducendo alla gioia vera.  
Luca utilizza poi per la prima volta il termine evanghelizesthai (da cui deriva il termine vangelo), che è il verbo caratteristico della predicazione e anche degli annunci di nascita di un principe o di un imperatore.
L'annuncio è di gioia, la gioia caratteristica dei tempi nuovi e che percorre tutto il vangelo. La gioia presente in tutto il vangelo lucano é una caratteristica della fede nell’itinerario salvifico. È una gioia che non si affievolisce e non si stabilizza, ma cresce all’infinito perciò l’angelo dice: vi evangelizzo, c’é qui qualcosa proprio per voi, vi immergo in una realtà per voi assolutamente inedita, una realtà che ha il suo culmine a Gerusalemme, sotto la croce (Lc 23,35).
v. 11: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 
Si rinnova quel prodigio, ma Luca scrive “oggi”, “semeron” è un termine teologico e difficilmente cronologico. Luca non fa altro che farci entrare nel “tempo di Dio”. Il tempo di Dio è oggi, non 2020 anni fa!
Alcuni episodi del Vangelo e dell’intera Sacra Scrittura ci testimoniano l’oggi di Dio: “oggi è entrata in questa casa la salvezza” (Lc 19,9), “ascoltate oggi la voce del Signore” (Sal 95,7), “oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4,21), “oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43), “oggi ti ho generato” (Sal 2,7), “siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi” (Es 14,13). L’autore della lettera agli Ebrei ci invita ad affrettarci ad entrare nell’oggi di Dio (cfr. Eb 4,11).
C’è un “oggi” che si relaziona nel qui ed ora con ciascuno e con tutti, una storia che diventa storia di salvezza.
Qui è il centro del racconto: l’iniziativa di Dio non è parola ma “Carne”, “Corpo”, presenza incarnata, profondamente dentro la storia: la mia, la tua, la nostra storia. Egli è Dio, l’annuncio si presenta ancora difficile per molti.
Nei versetti precedenti abbiamo appreso il nome del bambino, qui l’angelo del Signore, annunciando la nascita di Gesù non lo chiama con il nome proprio ma con tre titoli teologici: Salvatore; Cristo; Signore. In questi titoli teologici è racchiusa una professione cristologica riassunta dall’angelo stesso.
Salvatore: è la funzione principale del Messia, liberazione e remissione dei peccati (cfr. Lc 1,68-79). È un titolo divino che viene applicato al Messia (cfr. Lc 1,47). 
Cristo Signore: Cristo è la parola greca che traduce l’ebraico Messia, l’Unto. Il Messia è colui che realizza la libertà dell’uomo e che è il Signore. Il Cristo Signore è il condensato della confessione di fede cristiana: “Dio ha costituito Cristo e Signore quel Gesù che voi avete crocifisso!” (At 2,36). Per Luca, come per ogni credente, la realtà messianica di Gesù è inseparabile dalla sua risurrezione.
Luca non fa altro che insistere sulla signoria di Gesù e sulla sua missione di salvezza. In altre parole, la sua signoria è la nostra salvezza. 
vv. 12-14: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. 
L’annuncio dell’angelo ai pastori è accompagnato da un segno, come per l’annuncio a Maria: la cugina Elisabetta al sesto mese; il bambino nella mangiatoia per i pastori, è il segno di Dio: della fragilità, della debolezza, della mortalità. Questi sono i segni che accompagnano la fede di chi ha il desiderio di ascoltare, trovare, vedere, incontrare, servire il vangelo che è lieta notizia. È il mistero di un Dio che non detiene il potere come Cesare ma si avvicina all'umanità nel bisogno, un segno che prefigura l'insegnamento, il comportamento e la morte di Gesù. Un segno che mette l'uomo davanti alla scelta di convertirsi. È la predicazione dell’evento da accogliere e da testimoniare.
E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
La scena dell’annunciazione termina con un inno di lode cantato dalle schiere angeliche: il cantico nuovo della liturgia celeste che celebra la nascita del Messia, sul modello della lode che nella letteratura giudaica accompagna l'opera divina della creazione. Un inno che manifesta la potenza divina e svela finalmente la sua misericordia.
Già nei salmi gli uomini sono invitati a partecipare alla lode degli angeli (Sal 148,1-2). 
La gloria che annunciano gli angeli è il peso, la consistenza. E Gesù lo rivela: “Gesù, sapendo che era venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi fino alla fine, mentre cenava con loro, lavò loro i piedi” (cfr. Gv 13,1-5). Questa è la gloria di Dio: amore, servizio; un Dio che si fa servo dell’uomo, si fa
piccolo, ultimo di tutti.
Chi non vede la gloria di Dio in questo non ha conosciuto Dio. Ha l’immagine diabolica di Dio, ha un’immagine distorta di Dio come lo ha l’imperatore di turno.
La parola "pace" esprime tutto il contenuto della salvezza che ha incominciato a compiersi a Betlemme. Non è assenza di guerra, ma comunione piena con Dio che si è fatto bambino, che si ripercuote in rapporti giusti e pieni tra gli uomini e con sé stessi. Questo inno di gloria che si traduce in pace, si rivela nella povertà terrena.
Questa pace comincerà a concretizzarsi quando Gesù entrerà a Gerusalemme in groppa all’asinello, simbolo del servizio, e sarà acclamato Messia. Accogliere il Messia umile e povero è accogliere Dio.
La pace scende sugli uomini che Dio ama, cioè coloro che Dio ha scelto, non solo l'Israele storico, ma tutto il popolo di Dio desideroso di aderire alla sua gloria nel cielo (cfr. Liturgia, Colletta). 
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi sento parte della storia universale che si sta compiendo parallelamente alla mia vita?
C'è posto per Gesù nella mia vita? Quali segni mi sta offrendo Dio della sua presenza? 
Cerco Dio nei palazzi o nella mangiatoia, nella ricchezza o nella povertà, nella grandezza o nella piccolezza, nel dominio o nel servizio?
Gesù è nato per portare gioia e pace. Quanto caratterizzano la mia vita questi doni? 
Sono portatore di gioia e di pace per gli altri?
Cosa significa per me la parola Salvatore, da cosa vorrei essere salvato?
Credo che sia possibile anche per me diventare “complice di un nuovo annuncio”?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
 
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
 
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
 
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. (Sal 95).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Lasciamoci sorprendere da un Dio che abita la notte, così che anche la notte del dolore si apra alla luce pasquale del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché, conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all'amore delle realtà invisibili.


martedì 19 dicembre 2023

LECTIO: IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

Lectio divina su Lc 1,26-38
 
 
Invocare
Dio grande e misericordioso, che tra gli umili scegli i tuoi servi per portare a compimento il disegno di salvezza, concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull’esempio di Maria accolga il Verbo della vita e si rallegri come madre di una stirpe santa e incorruttibile. 
Per Cristo nostro Signore. Amen
 
In ascolto della Parola (Leggere)
26 Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
In questa IV Domenica di Avvento, ritroviamo l’annunzio della nascita di Gesù a Maria di Nazareth. Esso costituisce il centro del Vangelo dell’infanzia secondo la narrazione lucana. 
L'evangelista Luca ci presenta la Vergine Maria in quell'atteggiamento relazionale. Ella fa un dialogo interiore, un cammino di riflessione per capire il senso della Parola udita. Un atteggiamento che la distingueva dalle altre persone e che Luca sottolinea altre volte: «Maria custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19.51). Quello che per gli altri era motivo di stupore (cfr. Lc 2,18: i pastori; Lc 2,47: i dottori della legge) per lei era oggetto di meditazione.
Di Maria l’evangelista Luca ama sottolineare la povertà della sua condizione: è una donna (quindi socialmente debole), è vergine, priva dell’unico valore socialmente riconosciuto alla donna nella società antica: la maternità; vive a Nazareth (oscuro villaggio di una regione religiosamente infida). Nonostante tutto questo, Dio ama compiere le meraviglie della sua opera proprio nella debolezza della condizione umana. San Paolo ricorda che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza (cfr. 2Cor 12,7-10). Così Maria diventa la “proclamazione della grazia di Dio”; niente in lei è grandezza puramente umana; tutto è opera di Dio nella creatura umana.
Nel brano dell'annunciazione abbiamo il mistero dell’incontro tra l’uomo e Dio che non si può spiegare. Avviene e basta. È un incontro che lascia il segno: qui sta la grandezza.
La lectio ci concede di tenere presente anche l'annuncio a Zaccaria (Lc 1,5-20), in quanto l'evangelista li ha composti in coppia, con evidente parallelismo, per metterne in risalto gli elementi caratteristici: far emergere la distanza tra i due nascituri, Giovanni e Gesù, e le diverse risposte dei rispettivi genitori, Zaccaria e Maria.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 26: Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret
La Parola porta un evento, un annuncio, qualcosa di nuovo, di bello, di inaudito. È il "sesto mese" del concepimento del Battista (vedi brano precedente). Un dato cronologico di cui Luca accuratamente ci da delle indicazioni sui personaggi, luogo e tempo.
Luca ci presenta Maria al “sesto mese”, cioè in quell’umanità imperfetta e fragile. Non è ancora sette, cioè perfetto, non è matura la promessa. La Parola di Dio avviene in questo nostro tempo che è sempre incompleto, non devo aspettare tempi migliori per dire “Sì”.
Ora, in questa cifra vi è racchiusa la vocazione di Maria, la sua umile e “potente” comparsa sulla scena della salvezza, segno dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Dio si fa presente proprio in questo contesto per mezzo dell’angelo Gabriele. Egli viene ricordato solo due volte nell'AT. È il messaggero che svela a Daniele i tempi della fine, che annuncia il tempo della salvezza (cfr. Dn 8,16-17; 9,21-27). Egli è l'angelo che apre il tempo del compimento delle promesse divine; precedentemente dopo aver annunciato a Zaccaria la nascita di Giovanni si era presentato con il suo nome e il suo rango (1,19; cfr. Tb 12,15).
Nazareth è il luogo dove si svolge la scena. Non è Gerusalemme, la città santa, la città del culto, dove avvenne l’annunzio a Zaccaria. Nazareth è un villaggio di una regione disprezzata, infedele e semipagana: la Galilea. Infatti, più tardi quando si descriveranno le origini di Gesù a Nazareth saranno motivo di derisione da parte di taluni scettici sulla sua missione (Gv 1,46).
Il luogo della Parola è ora e qui dove mi trovo: la mia Nazareth. E non luoghi particolari come i santuari dove abitualmente ci rechiamo, ma nella vita vita quotidiana: è lì che vivo da figlio di Dio e ascolto la Parola.
v. 27: a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
La prima parola con cui l’autore del Vangelo qualifica Maria è: “vergine, promessa sposa”. 
La parola "vergine", in greco parthenos mentre in ebraico 'almah, designa sia una ragazza vergine e sia una donna appena sposata. Senza esplicitare ulteriormente il termine greco vuole anche indicare una fanciulla che non ha avuto rapporti sessuali (cfr. tradizione patristica). Nella Bibbia, inoltre, indica una vita sempre disposta ad accogliere.
Questa descrizione dell’Evangelista, come una intuizione, ci trasporta nelle pagine dell’AT che aveva visto e desiderato per la donna sterile un destino di grazia: “Beata la sterile non contaminata… avrà il suo frutto alla rassegna delle anime” (Sap 3,13). Maria rappresenta, nella prospettiva del Vangelo, la novità compiuta dalla grazia di Dio.
La menzione di Giuseppe, discendente di Davide, serve a giustificare, sul piano storico, e legale, la promessa riguardante il figlio di Maria: Dio gli affiderà il trono di Davide suo antenato (v. 32).
Luca riporta anche il nome della Vergine, ma non la sua discendenza: Maria, il cui nome significa “amata”.
Il nome della Vergine Maria, importante per la nostra vita, assume un ruolo misterioso, ma eminente. L’ebraico Mirjam va tradotto con “Illuminatrice del mare” o con “Stella del mare”.
v. 28: Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
Quì l’Angelo del Signore entra nella casa, entra nella vita di Maria e instaura un dialogo. Questo dialogo è composto da un saluto (“Rallegrati”) e un appellativo (“piena di grazia”), seguiti dalla garanzia della protezione divina (“Il Signore è con te”). 
Nel saluto viene omesso il nome di Maria, infatti nel testo originale greco suona: “Kaire kekaritoméne”; cioè: “rallegrati tu che sei stata trasformata (o ricolma) dalla grazia” (cfr. Sof 3,14ss.; Zc 2,14), è un implicito riferimento al testo di Sof 3,14 (anche Zc 9,9), dove la figlia di Sion, visitata dal suo Signore, è invitata a rallegrarsi; è pure un rimando alla gioia del vangelo, la gioia messianica, a cui Luca fa spesso riferimento nei capitoli 1 e 2 del suo vangelo.
Possiamo leggere questo saluto con queste parole: “rallegrati, Dio ti ha guardato con favore, con benevolenza, ti ha guardato con la ricchezza della sua generosità e ha trasformato la tua vita con il suo dono di grazia; per cui la forma che la tua vita ormai ha assunto è la forma prodotta in te dalla grazia di Dio, dal dono di Dio”.
Maria, in questo momento, è identificata dall’inviato di Dio come colei che è totalmente avvolta da suo amore gratuito e benigno.
Come nei racconti di vocazione dell’Antico Testamento (Es 3,12; Gdc 6,12; Ger 1,8.19; Gen 26,24), questo saluto si conclude con la protezione divina: “Il Signore è con te”. È una espressione familiare che troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento e ricorda il patto veterotestamentario tra Dio e l’umanità (attesa messianica da parte di Israele) ma da collocare nella novità dell’evento cristiano. L'Evangelista, infatti, intende narrare la vocazione di Maria sulla falsariga delle grandi figure bibliche della tradizione messianica.
Questo saluto si conclude con la protezione divina: “Il Signore è con te”.
v. 29: A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 
Qualcosa di nuovo e di grande sta accadendo e Maria rimane sconvolta, turbata. Un turbamento importante, che in altri due versetti leggeremo così: “Maria da parte sua meditava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,19.51).
Luca per descrivere questa reazione, usa un verbo più incisivo rispetto a quello usato per Zaccaria in 1,12. Se Zaccaria appare timoroso, dubbioso, Maria invece è nell’atto di chi si ferma a riflettere a contemplare il senso profondo dell'inatteso messaggio che ha appena ricevuto. Il turbamento che troviamo nella vita di Maria possiamo leggerlo come un “sconvolgere profondamente” e fa parte del genere letterario delle annunciazioni (cfr. Lc 1,12) corrispondendo alle perplessità che avviene in ciascun chiamato ancora oggi (nella Bibbia possiamo vedere la chiamata di Mosè, Gedeone, Geremia, etc.). 
In questo turbamento, Maria è alla presenza di Dio e si interroga, fa il suo discernimento. Anche noi quando leggiamo la Parola di Dio, la prima cosa che sentiamo è turbamento e poi ci domandiamo: Cosa vuol dire questo?
Ecco cosa fa Maria e il suo atteggiamento è di esempio, modello e icona del cammino di fede di ciascun cristiano.
vv. 30-31: L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 
Pur riprendendo il v. 28, non abbiamo un saluto, ma una realizzazione messianica. Queste parole ci presentano come avviene l’incontro fra Dio e l’uomo. Ciò che è avvenuto a Maria è ciò che avviene a ciascuna persona che ascolta la Parola e quindi ci viene detto come accostarci alla Parola.
Maria è una donna raggiunta dalla grazia del Signore: “è graziata”. La grazia per prima cosa crea turbamento e interrogativi, riempie di domande, dà le vertigini. La grazia divina, inoltre, sceglie la via del dialogo, perché la grazia si fida e si affida.
Maria è la donna che, nella routine della vita ordinaria, si trova davanti al piano divino (elezione) che Dio intende realizzare per mezzo della sua persona a favore del popolo (vocazione e missione).
Il v. 31 inizia con una espressione tipicamente biblica (cfr. Gen 16,11; 17,19; Gdc 13,5-7). La stessa cosa annuncerà il profeta Isaia (7,14), con l'indicazione del nome del bambino che a differenza di quanto avviene in Mt 1,21 non viene spiegato; Luca però dirà più avanti (vedi 2,11) che egli è il salvatore. Maria sarà la madre del Messia atteso e annunciato. È la donna che fa passare Dio nel suo cuore (re-cor-dare) per concepire un figlio, darlo alla luce e chiamarlo Gesù.
vv. 32-33: Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo
Questa descrizione è la spiegazione del mistero, l’identità del nascituro. Anzitutto "sarà grande" (lo stesso titolo è dato a Giovanni Battista: 1,15). “Figlio dell'Altissimo”, un'espressione che anzitutto è in riferimento a Dio e che in secondo luogo indica il re davidico; Gabriele ricorda implicitamente la promessa divina di un trono eterno a Davide, fatta dal profeta Natan al re (2Sam 7,12-16; Sal 2,7; 89,27) all'origine delle attese messianiche.
il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Un'indicazione nazionale che verrà però superata subito dopo (vedi 2,32): il figlio sarà dunque Re universale ed eterno. Tutti questi nomi attribuito a Gesù sono la conferma che in lui si compiono le promesse di Dio ad Israele che costellano la Scrittura.
Queste parole prese dall’Antico Testamento avranno compimento nel Nuovo Testamento ed assumeranno un significato pienamente teologico nell’espressione “Figlio di Dio” del v. 35.
Il Vangelo ci rivelerà come Gesù è Messia, come Cristo è liberatore. Di quella libertà che porta solo amore, servizio, solidarietà, verità.
v. 34: Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
Maria inizia a fare il suo discernimento, interviene chiedendo la dinamica di quanto dovrà accadere, in quanto ella è una vergine, che è l’espressione della radicale povertà e disponibilità nella fede al progetto di Dio.
In questa domanda troviamo sempre quell'opposto con Zaccaria che cercava un segno. Maria, invece, cerca la sua obbedienza in Dio in maniera cosciente e responsabile. È una ricerca di come dovrà svolgere il suo ruolo, di come collocarsi nel piano di Dio, di come realizzare i Suoi disegni.
Quanto Maria considerava come un ostacolo per questa maternità gloriosa è, nel pensiero divino, la condizione necessaria. Se Dio prima le ha ispirato di rimanere Vergine, ora le domanda di diventare madre.
Maria in questa sua ricerca comincia a dare corpo a questa chiamata divina, a capire che “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is 49,1).
Ora, la Parola del Signore è in grado di far sbocciare un nuovo germoglio di vita nel seno di una vergine senza alcun concorso umano.
v. 35: Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
L’Angelo promette la Forza, la potenza dell’Altissimo ed utilizza l’immagine dell’ombra tratta da Es 33,7-11 dove, dopo la costruzione della tenda del convegno, una nube scendeva sull'arca dell'alleanza per indicare la presenza di Dio (cfr. Es 40,45; Nm 9,18.22). Maria sta per diventare la dimora di una speciale presenza divina.
Episkiazein, in ebraico hammishkan, da shakan che significa abitare e che i LXX hanno tradotto con skēnē, parola formata dalle stesse consonanti della radice ebraica; dallo stesso gruppo deriva la parola shekinà che nel Giudaismo posteriore indicherà l'abitazione divina e sostituirà lo stesso nome di Jahvé.
Maria è la prima casa del Dio fatto uomo; Maria è l'arca di quella alleanza definitiva che sarà ratificata sulla croce e che, sacramentalmente, noi riviviamo nella Celebrazione eucaristica.
L'espressione richiama dunque la presenza misteriosa di Dio nei luoghi a lui consacrati: la tenda del deserto e il tempio di Gerusalemme (cfr. 1Re 8,10).
Maria, quindi, trova la sua risposta nella Parola di Dio. Il linguaggio usato è quello della Sacra Scrittura ben comprensibile ad ogni pio israelita. È l'azione dello Spirito Santo, della forza divina creatrice, quella potenza che fin dal principio aleggiava sulle acque (Gen 1,2) e che ora sta per realizzare un nuovo atto creativo.
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 
Sono le parole dell’Angelo. “Santo” è un termine che indica un'esclusiva appartenenza a Dio ed è una delle espressioni più antiche per indicare la divinità di Gesù (vedi At 3,14; 4,27.30; Lc 4,34). Infine, Gesù è detto esplicitamente “Figlio di Dio”, per indicare il singolare rapporto che intercorre tra Gesù e Dio, riflettendo in questa natura divina, tutti i suoi comportamenti di carità e di amore fino a perdonare gli stessi crocifissori, un grado di perfezione che solo Dio sa avere (cfr. Mt 5,48).
vv. 36-37: Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile. Nulla è impossibile a Dio.
Con l’esempio della gravidanza di Elisabetta, l’Angelo chiude il discorso mettendo davanti una garanzia, un altro atto creativo e vivificante di Dio (cfr. Gen 1,2; Sal 104,30) che si fa garanzia di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Garanzia che riscontriamo in altri personaggi: i tre angeli a Mamre (Gen 18,14); a Giobbe (Gb 42,2); a Geremia (Ger 32,27).
La sterilità indica che il futuro è sempre un dono, come la vita è un dono di Dio che ci apre all’impossibile, perché per Dio nulla è impossibile.
Maria ha meditato l’Inaudito! Ha ricordato, fatto passare Dio nella sua vita, nel suo cuore, più volte. Lo ricorderà in seguito davanti a Elisabetta (vv. 46-55). La novità di Dio sarà la sua gioia per sempre e di quanti riporranno fiducia in Dio (2Tm 1,12).
v. 38: Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
La risposta di Maria è una sua qualifica, la ritroviamo frequentemente: circa 200 volte, perché Dio passa sempre dalla vita dell'uomo, lo chiama. L’espressione “schiava (o serva) del Signore” è di colui o colei che ripone fiducia in Dio, che si mette a completa disposizione per compiere la sua volontà. È un'espressione di grande fede e di amore, in quanto essere servo di Dio nella Bibbia è un titolo di gloria (cfr. Rut 3,9; 1Sam 25,41), come i numerosi personaggi che nell'AT furono scelti per una missione particolare in favore del popolo eletto.
Il “sì” di Maria è un sì gioioso (ghénoito) è il primo sì alla consegna che Dio fa di se stesso nelle mani di ogni uomo e di ogni donna. Gesù è il consegnato dal Padre nelle mani dell’altro. E Maria, attraverso il suo sì, permette questo: permette che attraverso di lei abbia inizio la consegna di Gesù. 
Ora che Maria ha pronunciato il suo “sì”, non importa più la presenza dell'Angelo. È lei il nuovo Angelo, titolo riservato ai grandi personaggi di fede e che ora è chiamata a donare il Verbo all'umanità!
Maria in piena umiltà si rende disponibile con tutta se stessa all'azione efficace della Parola di Dio, perché sia essa a plasmare la sua vita, presentandosi come modello dell'ascolto di tale Parola e di obbedienza della fede (cfr. Rm 16,25-27).
Su suo esempio, questa sarà la via del discepolo di Cristo di ogni tempo, di ogni epoca: accettare tutto da Dio, e solo da Dio, «secondo la sua Parola» e rendersi disponibili, cuore e corpo, perché la Parola si faccia carne. È questa la vera beatitudine del credente: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45).
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi metto in ascolto, pieno e totale, della Parola di Dio?
Percepisco nella mia vita lo stato di grazia, il favore, della benevolenza di Dio?
Mi sono mai sentito coinvolto in una missione che sembrava più grande delle mie forze e delle mie intenzioni? Come è stata la mia reazione?
Cosa significa per me essere "la serva, il servo del Signore"?
Accetto tutto da Dio, secondo la sua Parola?
Vivo con coscienza e responsabilità generando Dio nel mio cuore?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione 
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
 
«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».
 
«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele». (Sal 88).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Impariamo, sull’esempio di Maria, ad ascoltare il Signore che ci parla nelle piccole cose di ogni giorno. Ogni giorno fermiamoci a dialogare con il Signore ascoltando la sua Parola, perché possiamo conoscere, accogliere e vivere pienamente la chiamata all’amore per l’altro.