sabato 8 dicembre 2018

LECTIO: II DOMENICA D'AVVENTO (C)


Lectio divina su Lc 3,1-6

Invocare
O Dio grande nell'amore, che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, raddrizza nei nostri cuori i tuoi sentieri, spiana le alture della superbia, e preparaci a celebrare con fede ardente la venuta del nostro salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Leggere
1Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 5Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. 6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Le letture di domenica scorsa invitavano all’attesa vigilando e pregando. Prendendo spunto da Is 40, la Parola di Dio di questa domenica fa’ risuonare una voce che dal deserto chiama e invita ad “appianare le strade”.
È la domenica del Battista e l’evangelista Luca ce lo presenta. Il Battista possiamo definirlo il primo discepolo della nuova Alleanza, colui che fa da cerniera alla storia di Israele con il nuovo Israele che sta per nascere con  Cristo Gesù. Egli ci aiuta a dare contenuto all’atteggiamento della vigilanza. Il vigilare trova la sua chiave di lettura nel “convertirsi”. La venuta del Signore esige adeguata preparazione, che passa dalla conversione. Accolta come dono, va vissuta come compito teso ad attuare in ogni rapporto umano la giustizia, la mitezza e la pace, che l’incarnazione del Verbo ha fatto germogliare sulla terra.

Meditare
vv. 1-2a: Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa
Siamo al capitolo terzo, ma vogliamo ricordare lo stile diligente e accurato di Luca riportato 1,1: «un racconto degli avvenimenti che si sono compiuti tra noi».
Il modo in cui Luca introduce la predicazione di Giovanni è molto simile all'inizio dei libri degli antichi profeti. Loro solevano indicare i nomi dei re, durante il cui governo il profeta svolgeva la sua attività. Ricordiamo per esempio Isaia (Is 1,1), Geremia (Ger 1,1-3), Osea (Os 1,1), Amos (Am 1,1) ed altri. Luca fa la stessa cosa per dire che, quasi 500 anni senza avere un profeta, appare di nuovo un profeta che si chiama Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta.
Luca si preoccupa di collocare gli avvenimenti nel tempo e nello spazio. Presenta i nomi dei governanti e descrive i luoghi dove Giovanni agiva. La storia della salvezza, infatti, non è una storia diversa dalla storia umana e dalla nostra storia personale.
A questo evento l'Evangelista da una grande importanza: Giovanni possiede uno statuto unico nella storia della salvezza. I profeti, uno dopo l’altro, sono tanti e costituiscono una serie di messaggeri di Dio. Ma qui c’è “il” messaggero “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero”, cioè l’unico, quello che precede immediatamente la venuta del Messia, “davanti a te”, davanti alla tua faccia, e che gli prepara la strada. Per cui tutta l’opera e la persona del Battista sono così orientate all’opera e alla persona di Gesù, che costituiscono un unico grande inizio, l’origine della salvezza.
L’introduzione del cap. 3 non è solo introduzione all’opera di Giovanni, ma riguarda tutto il vangelo. Il vangelo è l’annuncio della persona e dell’opera di Gesù, ma l’inizio del vangelo è a partire da Giovanni Battista.
v. 2b: la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Luca identifica il precursore solo per mezzo di un avvenimento: la Parola scende su di lui (letteralmente: “la Parola di Dio fu su Giovanni”). Siamo di fronte a una vocazione profetica. Soggetto e protagonista di tutto è la Parola di Dio nella sua sovrana efficacia, ma per realizzarsi essa ha bisogno di un mediatore, della collaborazione di un uomo che acconsenta radicalmente ad essa. Il mistero dell'incontro di Dio con l'uomo, che il vangelo narra, si incarna in una parola e di questa parola divino-umana si fa propagandista Giovanni il Battista.
Tale intervento, che trasforma un uomo in un profeta, in un portavoce di Dio, è un avvenimento chiave nella storia, in quanto questi sono uomini che si lasciano investire dalla parola del Signore.
v. 3: Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati
Giovanni viene presentato come un profeta itinerante. In questo versetto troviamo l'orientamento del Battista. Egli non parla soltanto ma battezza, meglio annunzia e propone un battesimo di penitenza, di ravvedimento, di perdono per un ritorno a Dio. Giovanni è un profeta che deve annunciare il messaggio il più ampiamente possibile, che deve lanciare un appello alla penitenza e alla conversione dovunque, deve raggiungere tutti, tutto il popolo. Questo annuncio di penitenza si collega con il battesimo che ne esprime l’accoglimento. Quando l’appello alla penitenza è accolto, il segno dell’accoglienza è il sottomettersi a questo battesimo. Secondo Luca, la funzione principale di Giovanni non è tanto di amministrare il battesimo, ma di predicare e annunciare il battesimo.
Attraverso la sua azione, Giovanni porta a compimento tutte le profezie, prima dell’inizio dell’eschaton, prima della rivelazione definitiva del Messia. L’aspersione che si ha con il battesimo di Giovanni va unita strettamente alla promessa dell’effusione dello Spirito. Il battesimo dona la conversione e promette il dono dello Spirito. Il battesimo di Giovanni non dona lo Spirito, ma lo promette.
Il battesimo di Giovanni non dà la remissione dei peccati, ma prepara a riceverla. La remissione dei peccati verrà come un dono gratuito legato alla salvezza di Dio, ma questo dono potrà essere ricevuto solo se c’è un animo convertito. Giovanni opera questa conversione: invita, orienta, sollecita a questa conversione, ed esprime questa conversione con il battesimo. Il battesimo di Giovanni, quindi, è ancora un battesimo con acqua; non porta ancora la salvezza, né dona lo Spirito e né procura la remissione dei peccati. Probabilmente è per questo motivo che Matteo toglie il riferimento alla remissione dei peccati; non dice che il battesimo di Giovanni è per la remissione dei peccati, ma solo che è un battesimo di penitenza. Il vangelo di Matteo riporta la remissione dei peccati all’ultima cena. Il sacrificio di Cristo è per la remissione dei peccati. Il battesimo di Giovanni ne è solo preparazione con frutti di penitenza e con la fede.
vv. 4-5: com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Qui Luca cita il profeta Isaia e per essere precisi Is 40,3-5, che a differenza degli altri Sinottici il vangelo lucano è completo. In questo testo, Isaia annunciava il ritorno del popolo dall'esilio verso la Palestina e lo descriveva come se fosse un nuovo Esodo. Era come se la gente, ritornando dalla prigionia di Babilonia, uscisse dall'Egitto ed entrasse di nuovo nel deserto. Per Luca, Gesù inizia un nuovo esodo che era preparato dalla predicazione di Giovanni nel deserto.
Il deserto è, in Luca, il luogo degli asceti, ma è anche il luogo dell’azione della grazia di Dio. Questo è abbastanza comprensibile, perché c’è tutta una lunga tradizione nell’Antico Testamento che vede il deserto come il luogo della formazione del popolo e della sua alleanza con Dio. È nel deserto che Israele si è innamorato del Signore e che il Signore ha condotto con amore e provvidenza il suo popolo. È nel deserto, quindi, che l’uomo può percepire e sperimentare con maggiore intensità la grazia di Dio e l’intimità con lui. È nel deserto che Dio parla al cuore dell’uomo e dove la Parola di Dio può essere effettivamente sentita e percepita viva.
Nella Scrittura la “via del Signore” non rappresenta mai l’itinerario che conduce l’uomo a Dio, bensì al contrario il cammino che il Signore stesso ha percorso per giungere all’uomo (cfr. Es 33,14) e che l’uomo a propria volta deve percorrere al fine di seguire le vie del suo Dio: Ora, Israele, che cosa chiede a te il Signore tuo Dio se non di seguire tutte le sue vie, di amarlo, di servire il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima (Dt 10,12). Mostrami Signore le tue vie, istruiscimi nei tuoi sentieri (Sal 25.4). Preparare vie, raddrizzare sentieri significa predisporre il terreno su cui di nuovo si può imprimere l’orma del camminare di Dio. In tutto ciò sfocia la confessione dei peccati compita da chi presta ascolto alla predicazione di Giovanni.
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
Occorre lasciare che attorno a noi si prepari una strada, abbattendo gli ostacoli frammezzi. Quei monti da spianare, quei sentieri da drizzare, quei burroni da riempire sono il problema che sta tra noi e Dio, siamo noi stessi e la nostra incapacità di scegliere il Padre. Il cammino da intraprendere non mostra subito la liberazione, ma costa lacerazioni e lacrime. Noi possiamo accettare di essere l’uomo che “se ne va e piange” per seminare e che ad un certo momento, che non conosce, si accorgerà con stupore che si trova sulla via del ritorno con la gioia di chi porta il raccolto.
v. 6: Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Nella profezia di Isaia, al v. 6, si dice: “ogni carne” vedrà la salvezza di Dio. “Carne” indica l’uomo nella sua condizione di fragilità, di debolezza, di bisognoso di salvezza; è un bisognoso, un mendicante di salvezza. Questa piccola differenza indica la preoccupazione di Luca nel mostrare alle comunità che l'apertura per i pagani era già prevista dai profeti! Gesù è venuto non solo per i giudei ma affinché "ogni essere umano" potesse vedere la salvezza di Dio. Luca scrive il suo vangelo per le comunità della Grecia che, nella loro maggioranza, erano pagani convertiti. Se è ogni carne che vede la salvezza di Dio, allora la salvezza di Dio è molto vicina al mistero dell’incarnazione. Cosa è, allora, questa salvezza che l’uomo vedrà? Non c’è dubbio: è lo stesso Gesù Cristo. La salvezza non è altro che lo stesso Gesù.
Questo versetto è una parabola della conversione alla fede. La scelta di seguire Dio, però, non si compie mai una volta per tutte, perché il discernimento di ogni passo, come dice Paolo ai Filippesi, è un continuo arricchirsi di elementi. Distinguere il meglio non è un dato acquisito, ma è frutto della crescita, del fatto che le cose da discernere sono sempre diverse e più complesse, senza potersi mai esimere dall’affinare la propria capacità di giudizio.

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

La Parola illumina la vita e la interpella
Sono consapevole che, quando ascoltiamo la Parola di Dio, accade un avvenimento che può cambiare la mia vita e rendermi come Giovanni messaggero del Vangelo?
Cosa ostacola la venuta di Gesù nella mia vita?
Quale conversione nella mia vita? Sono capace di raddrizzare i miei sentieri per poi raddrizzare quelle degli altri?

Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.

Allora si diceva tra i popoli:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.

Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.

Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni (Sal 125).

Contemplare-agire  L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
La fede permette un sapere autentico su Dio che coinvolge tutta la persona umana: è un "sapere", cioè un conoscere che dona sapore alla vita, un gusto nuovo d'esistere, un modo gioioso di stare al mondo. (Benedetto XVI).



martedì 4 dicembre 2018

LECTIO: IMMACOLATA CONCEZIONE (C)


Lectio divina su Lc 1,26-38

Invocare
O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen

Leggere
26Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Una sosta prettamente mariana in questo cammino di Avvento per celebrare l'immacolato Concepimento della Vergine Maria. Il Vangelo è quello dell'annunciazione.
L’annunzio della nascita di Gesù a Maria di Nazareth, costituisce il centro del Vangelo dell’infanzia secondo la narrazione lucana. Il nome della Vergine Maria, importante per la nostra vita, assume un ruolo misterioso, ma eminente. L’ebraico Mirjam va tradotto con “Illuminatrice del mare” o con “Stella del mare”, traduzione, quest’ultima, preferita da san Bernardo.
Di Maria l’evangelista Luca ama sottolineare la povertà della sua condizione: è una donna (quindi socialmente debole), è vergine, priva dell’unico valore socialmente riconosciuto alla donna nella società antica: la maternità; vive a Nazareth (oscuro villaggio di una regione religiosamente infida). Ma Dio ama compiere le meraviglie della sua opera proprio nella debolezza della condizione umana; san Paolo ricorda che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza (Cfr. 2Cor 12,7-10). Così Maria diventa la “proclamazione della grazia di Dio”; niente in lei è grandezza puramente umana; tutto è opera di Dio nella creatura umana.
Nel brano dell'annunciazione abbiamo il mistero dell’incontro tra l’uomo e Dio che non si può spiegare perché è l’incontro dell’amore. Avviene e basta. È un incontro che lascia il segno: qui sta la grandezza.
La novità è questa: la speranza del popolo trova il suo compimento nella Vergine di Nazareth, Maria, che sta per diventare madre del Figlio dell’Altissimo, del Salvatore del mondo.
San Giovanni Crisostomo ci aiuta a capire questa novità con queste parole: “È in te colui che si trova dappertutto; è con te e viene da te, lui che è il Signore in cielo, Altissimo nell’abisso…, Creatore al di sopra dei cherubini…, Figlio in seno al Padre, Unigenito nel tuo ventre, Signore – egli sa come – interamente dappertutto e interamente in te”.

Meditare
v. 26: Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret
La Parola porta un evento, un annuncio, qualcosa di nuovo, bello, inaudito. È il sesto mese. Da cosa? Abbiamo un dato cronologico, un'informazione che ci riporta all'episodio precedente, che racconta del concepimento di Giovanni Battista. Il sesto mese è in riferimento alla gravidanza di Elisabetta. Nel pensiero lucano, presentare Maria al “sesto mese” significa presentarla in quell’umanità imperfetta e fragile. Non è ancora sette, ma in questa cifra vi è racchiusa la vocazione di Maria, la sua umile e “potente” comparsa sulla scena della salvezza, segno dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Dio si fa presente proprio in questo contesto per mezzo dell’angelo Gabriele. Egli viene ricordato solo due volte nell'AT. È il messaggero che svela a Daniele i tempi della fine (Dn 8,16 e 9,21). È l'angelo che apre il tempo del compimento delle promesse divine.
Questo accade a Nazaret. Non è Gerusalemme, la città santa, la città del culto, dove avvenne l’annunzio a Zaccaria (si potrebbe fare una lectio di confronto tra la vita di Maria con quella di Zaccaria) ma un villaggio di una regione disprezzata, infedele e semipagana; un villaggio che non gode di buona fama (cfr. Gv 1,46) e totalmente ignorato dall'AT.
v. 27: a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
La prima parola con cui l’autore del Vangelo qualifica Maria è: “vergine, promessa sposa”.
La parola “vergine” in greco parthenos mentre in ebraico 'almah, designa sia una ragazza vergine e sia una donna appena sposata. Senza esplicitare ulteriormente il termine greco vuole anche indicare una fanciulla che non ha avuto rapporti sessuali (cfr. tradizione patristica). Nella Bibbia, inoltre, indica una vita sempre disposta ad accogliere.
Questa descrizione dell’Evangelista, come una intuizione, ci trasporta nelle pagine dell’AT che aveva visto e desiderato per la donna sterile un destino di grazia: “Beata la sterile non contaminata… avrà il suo frutto alla rassegna delle anime” (Sap 3,13). Maria rappresenta, nella prospettiva del Vangelo, la novità compiuta dalla grazia di Dio.
La menzione di Giuseppe, discendente di Davide, serve a giustificare, sul piano storico, e legale, la promessa riguardante il figlio di Maria: Dio gli affiderà il trono di Davide suo antenato (v. 32).
Luca riporta anche il nome della Vergine, ma non la sua discendenza: Maria, il cui nome significa “amata”.
v. 28: Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
Quì inizia il dialogo. L'ascolto è strutturato da un saluto e un appellativo, seguiti dalla garanzia di protezione divina.
Nel testo originale greco il saluto suona così: Kaire kekaritoméne; cioè: “rallegrati tu che sei stata trasformata (o ricolma) dalla grazia” (cfr. Sof 3,14ss.; Zc 2,14). Possiamo leggere questo saluto con queste parole: “rallegrati, Dio ti ha guardato con favore, con benevolenza, ti ha guardato con la ricchezza della sua generosità e ha trasformato la tua vita con il suo dono di grazia; per cui la forma che la tua vita ormai ha assunto è la forma prodotta in te dalla grazia di Dio, dal dono di Dio”.
Il participio greco usato indica una condizione permanente, quindi sostituisce il nome. Maria è identificata dall’inviato di Dio come colei che è totalmente avvolta da suo amore gratuito e benigno.
Questo saluto si conclude con la protezione divina: “Il Signore è con te”. È una espressione familiare che troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento e ricorda il patto veterotestamentario tra Dio e l’umanità (attesa messianica da parte di Israele) ma da collocare nella novità dell’evento cristiano.
vv. 29-33: A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.
Qui inizia il messaggio dell’angelo Gabriele, al quale fanno da contrappunto una riflessione e una domanda di Maria. Maria rimane turbata: è il suo travaglio che si pone davanti al suo Signore con timore. Il turbamento di Maria, più che per l'apparizione, come accade a Zaccaria, è per il senso del saluto rivoltole. Ella continua a stare alla Sua presenza, diventa modello e icona del cammino di ciascun cristiano.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Non è un saluto, ma una realizzazione messianica. Maria sarà la madre del Messia atteso e annunciato. Il turbamento che troviamo nella vita di Maria non è un semplice “turbare”, ma un perturbare, sconvolgere profondamente e fa parte del genere letterario delle annunciazioni (cfr. Lc 1,12) corrispondendo alle perplessità che avviene in ciascun chiamato ancora oggi (nella Bibbia possiamo vedere la chiamata di Mosé, Gedeone, Geremia, etc.).
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Espressione tipicamente biblica (cfr. Gen 16,11; 17,19; Gdc 13,5-7). Il profeta Isaia aveva annunciato: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14). Maria è la donna che, nella routine della vita ordinaria, si trova davanti al piano divino (elezione) che Dio intende realizzare per mezzo della sua persona a favore del popolo (vocazione e missione).
Maria è la donna che fa passare Dio nel suo cuore (re-cor-dare) per concepire un figlio, darlo alla luce e chiamarlo Gesù; accoglie i segni della realizzazione di quanto le viene prospettato nell’evidente miracolo del concepimento di Elisabetta e finalmente pronuncia il suo fiat.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Questa descrizione è la spiegazione del mistero. Fa riferimento ad una serie di titoli messianici ("sarà grande", lo stesso titolo è dato a Giovanni Battista); "Figlio dell’Altissimo" nel suo grembo l'Altissimo stava per assumere forma umana.
In queste parole pronunciate vi è una composizione teologica postpasquale, che Luca mette sulla bocca del Messaggero di Dio. Ogni parola fa riferimento all'AT. Possiamo cogliere la profezia di Isaia (cfr. Is 9,5-6); l'oracolo di Natan a Davide (2Sam 7,12-17).
Nel NT troviamo un'applicazione in Lc 6,35) che prepara al significato teologicamente più pregnante che avrà l’espressione Figlio di Dio del v. 35.
v. 34: Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
In questa domanda troviamo sempre quell’opposto con Zaccaria che cercava un segno. Maria, invece, cerca la sua obbedienza in Dio in maniera cosciente e responsabile. È una ricerca di come dovrà svolgere il suo ruolo, di come realizzare i disegni di Dio.
Maria in questa sua ricerca comincia a dare corpo a questa chiamata divina, a capire che “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is 49,1).
v. 35: Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
La risposta dell’angelo del Signore affonda sull’azione dello Spirito Santo, potenza creatrice, fonte di vita, che aleggiava sulle acque (Gn 1,2), atteso per i tempi finali e che rinnova tutto, dato alla Chiesa il giorno di Pentecoste, ma già operante nella vita pubblica di Gesù.
Lo Spirito opera in Maria il grande intervento divino della salvezza. Egli è Colui che copre, adombra come una nube.
L'ombra, la nube nell'AT, sono i segni della presenza divina (cfr. Es 13,21; 19,16; 40,34-35). Anche nel NT viene ripreso con lo stesso significato (cfr. Lc 9,34-35). Non si tratta di una presenza qualunque, come quella che nell'AT Dio riservava ai grandi uomini, ma di una presenza divina speciale (cfr. Es 40,35).
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.
Gesù nascerà santo, nella santità che si addice a Dio solo, e per questo motivo sarà chiamato Figlio di Dio, sarà riconosciuto come tale. Luca si fa portavoce di ciò che la comunità cristiana aveva accolto a riguardo della figura di Gesù: lo aveva riconosciuto come il Messia davidico atteso. Egli è figlio di Dio sia in quanto Messia, sia in forza della novità creatrice con cui è stato generato da una vergine.
vv. 36-37: Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile:  nulla è impossibile a Dio».
È la conclusione del discorso che si fa garanzia di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Garanzia che riscontriamo in altri personaggi: i tre angeli a Mamre (Gen 18,14); a Giobbe (Gb 42,2); a Geremia (Ger 32,27).
Per Maria non è una novità quel “nulla è impossibile a Dio”, l'ha meditato! Ha ricordato cioè ha fatto passare Dio nella sua vita, nel suo cuore, più volte.
In questa garanzia vi è la fede di un popolo, la gioia di chi ripone fiducia in Dio (2Tm 1,12).
v. 38: Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore
La risposta di Maria, eccomi, la ritroviamo frequentemente circa 200 volte, perché Dio passa sempre dalla vita dell'uomo, lo chiama. L'espressione infatti è di colui o colei che ripone fiducia in Dio, che si mette a completa disposizione per compiere la sua volontà.
Anche in questo versetto troviamo ancora una qualifica di Maria: “serva del Signore” o “schiava”.
avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei.
Il sì di Maria è un sì gioioso (ghénoito) è il primo sì alla consegna che Dio fa di se stesso nelle mani di ogni uomo e di ogni donna. Gesù è il consegnato dal Padre nelle mani dell’altro. E Maria, attraverso il suo sì, permette questo: permette che attraverso di lei abbia inizio la consegna di Gesù.
Al sì di Maria, non importa più la presenza dell'Angelo. È lei il nuovo Angelo, l'ancella, titolo riservato ai grandi personaggi di fede (e solo uomini) e che ora è chiamata a donare il Verbo all'umanità!

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

La Parola illumina la vita e la interpella
▪ Mi metto in ascolto, pieno e totale, della Parola di Dio?
▪ Percepisco nella mia vita lo stato di grazia, il favore, della benevolenza di Dio?
▪ Mi sono mai sentito coinvolto in una missione che sembrava più grande delle mie forze e delle mie intenzioni? Come è stata la mia reazione?
▪ Cosa significa per me essere "la serva, il servo del Signore"?
▪ Mi chiedo come vivo e lascio passare di Dio nel mio cuore generandolo con coscienza e responsabilità.

Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! (Sal 97).

Contemplare-agire  L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
Impariamo, sull’esempio di Maria, ad ascoltare il Signore che ci parla nelle piccole cose di ogni giorno. Ogni giorno fermiamoci a dialogare con il Signore ascoltando la sua Parola, perché possiamo conoscere, accogliere e vivere pienamente la chiamata all’amore.