Lectio divina su Lc 1,39-45
O Dio, che hai scelto l'umile figlia di Israele per
farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché
imitando l'obbedienza del Verbo, venuto nel mondo per servire, esulti con Maria
per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode.
Per Cristo nostro Signore. Amen.39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in
una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò
Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il
bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed
esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo
grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia
nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di
ciò che il Signore le ha detto».
La Liturgia della Parola di questa domenica, nei
rispettivi tre cicli dell’anno liturgico, ha come protagonista Maria che porta
in grembo il Verbo Incarnato e che è prossima al parto.
Le tre letture invitano a meditare, a contemplare e ad
attualizzare, oltre a quella di Maria, anche l'azione di altri tre “protagonisti”
del grande Mistero e il loro concorso per portare appunto a compimento la
salvezza dell'umanità: Dio - Gesù - lo Spirito Santo.
Questi elementi fanno della Visitazione un mistero di
fede, di gioia, di servizio, di annuncio missionario. Maria, premurosa nel
viaggio (v. 39), portando in grembo Gesù, è immagine della Chiesa missionaria,
che porta al mondo l'annuncio del Salvatore.
La Parola di Dio ci offre oggi le chiavi per
comprendere, gustare ed annunciare ad altri il mistero che celebriamo.
Il testo del vangelo di questa quarta domenica di
Avvento non include il cantico di Maria (Lc 1,46-56) e traccia solamente la
visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-45). Maria va da Elisabetta per rendersi
utile, non resta ripiegata su di sé, a godersi il dono ricevuto ma aiuta Dio a
realizzare le sue promesse portandolo e lasciandosi portare da Lui, non solo
verso Ain Karem ma anche nelle piccole cose della quotidianità con quella lode
che scaturisce dal suo cuore e dalle sue labbra. Questo atteggiamento costituisce
la sua fede.
vv. 39-40: In quei giorni Maria si alzò e andò in
fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Il versetto 39 inizia con una indicazione di tempo,
che lega il concepimento di Giovanni e quello di Gesù: «Dopo quei giorni (l’annuncio dell’angelo a Zaccaria), Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne
nascosta per cinque mesi» (v. 24); «Nel
sesto mese (dal concepimento di Giovanni), l’angelo Gabriele fu mandato… a una vergine… Maria» (Lc 1,26-27).
La visita di Maria a Elisabetta si pone sotto questa prospettiva.
All’indicazione di tempo segue un movimento, una
indicazione di viaggio, un cammino di cui l'evangelista Luca ne attribuisce una
grande importanza e interpreta tutto il mistero di Gesù come un cammino, un
andare decisamente non solo verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,52), ma verso il
Padre. Infatti, il verbo “alzatasi” è un verbo particolare che facilmente lo si
ingloba nel viaggio di Maria ma non va trascurato il senso originario, in
quanto “anìstēmi” è uno dei verbi usati per la resurrezione e può significare:
tornare alla vita, risorgere.
Qui guardiamo particolarmente alla risolutezza di
Maria. È lei che decide di mettersi in viaggio. Luca, poi negli Atti degli Apostoli, mostrerà grande interesse
per i viaggi missionari; anche il viaggio di Maria viene descritto come viaggio
missionario.
Il viaggio di Maria si presenta scomodo, faticoso per
una gestante, lontano, ma è un viaggio di carità verso l’anziana parente
incinta e nel bisogno. È la missione di Maria: il suo “sì” si è mutato in
servizio portando in grembo Colui che è la Vita vera, la Salvezza, la Luce.
Questo cammino è fatto «in fretta». Luca mette
l’accento nella prontezza di Maria nel rispondere alle esigenze della Parola di
Dio. Ella esce di casa, da Nazareth per percorrere le montagne della Giudea percorrendo
circa 150 km.
La fretta di Maria è piena di significato sotto tutti
i punti di vista, psicologico-narrativo e teologico: quando si manifesta negli
eventi l’opera di Dio non si può rimanere inerti o pigri. Così fa Abramo quando
corre a preparare per i tre ospiti, così fa Zaccheo quando scende dal sicomoro,
così fanno i pastori quando si affrettano a Betlemme. Scriveva sant’Ambrogio
che “la grazia dello Spirito non ammette ritardi” (ambrogio, dal «Commento su san Luca» 2, 19. 22-23.
26-27; CCL 14, 39-42).
Probabilmente Maria lega la gravidanza di Elisabetta
con la sua. Legge il disegno divino che sta per realizzarsi e, forse, aveva
bisogno di conferme a quanto l'angelo le aveva detto o, meglio, voleva
condividere la propria straordinaria esperienza con qualcuno che stava vivendo
una situazione abbastanza simile. È naturale, perciò, che Maria corra verso la
casa di Zaccaria per comprendere meglio il mistero che la riguarda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Maria arriva in una città della Giudea identificata
col villaggio di Ain Karim, situato sulla montagna, a 6 km a ovest di
Gerusalemme. Ella è il nuovo Angelo del Signore (cf. v.38) che saluta la
parente Elisabetta come l’Arcangelo fece con lei.
Le due donne in questo incontro scoprono, l’una
nell’altra, un mistero che non conoscevano ancora e che le riempie di molta
gioia. Certamente i “Due corpi di donna, gravidi di teneri germogli di vita, si
incontrano nello stesso spazio sacro dell’onnipotenza divina che li ha visitati
e che ora vuol farsi sentire attraverso un evento epifanico, una manifestazione
chiara di Dio: della sua presenza di Padre che parla, di Figlio che viene a
visitare il suo popolo, di Spirito Santo che vuole effondersi nei cuori”
(Rosalba Manes).
Il testo non dice il contenuto del saluto. Ogni ebreo
salutava con il termine “shalom” che significa pace; Maria, quindi, entrando
nella casa di Elisabetta porta la pace, segno della visita del Signore; offre
giustamente agli altri il dono che gratuitamente, senza alcun merito, le è
stato dato.
v. 41: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di
Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito
Santo
La sola voce di Maria, fa sussultare Giovanni nel
grembo materno. Questo movimento di Giovanni nel seno di sua madre (che più
sotto è interpretato da Elisabetta come un salto di gioia) è un gesto
profetico. Esso ha un precedente nell’AT, dove si parla della nascita di Esaù e
Giacobbe (Gen 25,22-23): anche lì i figli saltellano (il verbo usato nella
versione greca dei LXX è lo stesso), e anche lì la madre intende il sussulto
come un messaggio profetico. Si adempie così la parola dell’angelo che aveva
detto a Zaccaria: “[tuo figlio] sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua
madre” (v. 15). Esultando nel grembo della madre, Giovanni dà inizio alla
propria missione di profeta, che è quella di riconoscere il Messia.
Lo spirito profetico del bambino è comunicato alla
madre perché possa tradurre in parole il sussulto che ha sentito dentro di sé.
Nella Parola vi è l’azione dello Spirito Santo. La
gioia e la Sua presenza ne caratterizza i tempi messianici, incominciano a
colmare i cuori dei personaggi di questa vicenda: Maria, Giovanni, Elisabetta,
Zaccaria, i pastori, Simeone. Poi alla Pentecoste investirà tutti i credenti. La
prima lettera di Pietro, infatti, descrive il credente come abitato da questa
gioia: «Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’
afflitti da varie prove… Esultate di gioia indicibile e gloriosa» (1Pt 1,6.8).
v. 42: ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le
donne e benedetto il frutto del tuo grembo! Finito il tempo del nascondimento,
ora Elisabetta può gridare l’opera del Signore.
Lo Spirito Santo fa esclamare a gran voce Elisabetta.
È un superlativo. Ogni maternità nella Bibbia è una benedizione, ma la
maternità di Maria è unica e procura la più grande delle benedizioni. Era
l'atteggiamento di esultanza del popolo di Israele davanti all'arca
dell'Alleanza. Maria porta in grembo Gesù, è arca della presenza del Signore.
Per opera dello Spirito Santo Elisabetta comprende non
solo che Maria è incinta, ma che il bambino che porta è fonte di benedizione.
Non siamo in presenza di due distinte persone (Maria e il bambino), ma Maria è
benedetta sopra tutte le altre donne a causa della benedizione che proviene dal
frutto del suo grembo. Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le
benedizioni che sono in Cristo (cfr. Ef 1,3).
In questo versetto risuonano le parole di Ozia a
Giuditta: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le
donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo
e la terra» (Gdt 13,18).
v. 43: A che cosa devo che la madre del mio Signore
venga da me?
Elisabetta esprime con gioia la sua meraviglia, quasi
incredula, per la visita del Signore. Anche se si ritiene indegna di fronte a
Dio, accetta umilmente, ma contenta, il dono, gratuito e immeritato, del suo
amore.
Tale dichiarazione è sorprendente se si considera che
Elisabetta è più anziana e moglie di un sacerdote, mentre Maria non possiede
alcun rango sociale ed è molto più giovane di lei.
La frase di Elisabetta trova la sua giustificazione
nel fatto che riconosce in Maria la madre del Messia: dichiara la presenza del
Signore nella carne di chi non solo ha ascoltato la Parola ma ha anche creduto
nel suo compimento.
Il titolo di Signore che Elisabetta usa per indicare
il bambino che Maria ha in seno, è uno dei principali titoli messianici
attribuiti a Gesù nel NT, e trova il suo appoggio scritturistico nel salmo 110
(cfr. Mt 22,41-45; At 2,34-36; Rm 8,34). L’evangelista Luca ce lo ricorda
perché Gesù è il Signore fin dall'inizio della sua vicenda terrena.
v. 44: Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei
orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
Il sussulto di Giovanni nel grembo materno esprime
l’esultanza di tutti per la salvezza promessa e donata da Dio mediante Gesù. Letteralmente
è “ha saltellato” di gioia. Nella Bibbia si parla di danza che di sussulto. In
questo versetto abbiamo una specie di danza che Giovanni Battista compie nel
seno di sua madre. Sua madre l’ha interpretata così, l’ha sentita come una
danza, come un movimento gioioso.
Giovanni sta vivendo il primo incontro con Gesù e gli
rende testimonianza. L'evangelista sottolinea questa testimonianza nella gioia,
come una eterna danza divina.
L’incontro delle due donne è più propriamente
l’incontro dei loro figli. Giovanni è la sintesi e la conclusione dell’Antico
Testamento: egli – secondo le parole di Gabriele a Zaccaria – è il nazireo come
Sansone e Samuele, è il profeta pieno di Spirito Santo, è il nuovo Elia, il
profeta degli ultimi tempi (cfr. Ml 3,23-24).
v. 45: E beata colei che ha creduto nell'adempimento
di ciò che il Signore le ha detto».
È il versetto conclusivo e più importante che
sintetizza il motivo della gioia di Elisabetta. Elisabetta, e con lei tutta la
Chiesa, riconosce che Dio è presente in modo privilegiato in Maria. Elisabetta riconosce
Maria dapprima come Madre del Signore e poi come credente.
Nelle parole di Elisabetta troviamo la lode che esalta
Maria. Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di
Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il
seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà
l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la
parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28).
La prima beatitudine del vangelo di Luca è
l'esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria
nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio.
Maria è beata non perché ha generato fisicamente il
Cristo come intendeva la donna della folla, ma, come ha replicato Gesù, è beata
perché è la credente che ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha messa in pratica
(cfr. Lc 11,27-28). Per questo è il punto di riferimento continuo dei Vangeli e
della tradizione cristiana.
La condizione beata è l’effetto stabile della
benedizione di Dio, è la benedizione accolta e divenuta permanente. La
beatitudine di Maria riposa sulla fede con cui si è affidata alla parola del
Signore. Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio.
È il messaggio di Luca alle Comunità: credere nella Parola di Dio, che ha la
forza di realizzare ciò che ci dice. È Parola che crea. Genera vita nuova nel
seno di una vergine, nel seno del popolo povero e abbandonato che l’accoglie
con fede. Questo elogio che Elisabetta fa a Maria si completa con l’elogio che
Gesù fa di sua madre: “Beati coloro che
ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).
In questo contesto Maria esplode nel cantico di
esultanza, il suo magnificat per le grandi cose che l’Onnipotente ha compiuto
in lei sua piccola e umile Serva (cf. Lc 1, 46-55).
Ci
fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il
Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
Dio sceglie anche me per compiere una parte del suo
progetto. Ho paura che sia troppo piccolo, oppure mi metto con entusiasmo a
fare la volontà di Dio sapendo che lui valorizza ogni dono vero?
Come vivo nella mia vita la “fretta di Maria”?
Maria è la donna del "si compia in me..."; è
così anche per la mia vita? So essere disponibile anche nelle piccole cose a
realizzare il dono di Dio?
La mia gioia è superficiale, di circostanza, di
facciata, oppure ha radici profonde, si nutre del frutto della vita che è
maturato anche nel grembo e nel cuore della Vergine Maria?
Il mio andare verso le persone esprime il movimento di
Dio, della sua carità verso loro?
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci.
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome (Sal 79).
Nel silenzio del cuore incontra il Signore. Ripeti
spesso e vivi questa Parola: Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle
parole del Signore.