sabato 21 dicembre 2024

LECTIO: NATALE DEL SIGNORE (ANNO C - MESSA DI MEZZANOTTE)

Lectio divina su Lc 2,1-14
 

Invocare
O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 13Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
8C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11og­gi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
In questo tempo di avvento abbiamo meditato i fatti che hanno preceduto il Natale del Signore. I giorni che hanno preceduto il ricordo di questo evento sono stati segnati dalla persona del figlio di cui Maria di Nazareth è venuta misteriosamente incinta.  
Siamo verso la fine del "vangelo dell'infanzia" nella versione lucana. Il vangelo dell’infanzia non fa altro che prepararci all’evento salvifico già annunziato dai profeti.
La liturgia, nella notte di Natale, ci presenta solo 14 versetti. La nascita di Gesù è in 40 versetti. In questi 40 versetti ci sta un confronto tra questa scena e la precedente: riguardo al Figlio di Maria, l'obiettivo è puntato in primo luogo sulla scena della nascita, mentre per Giovanni si dà risalto alla circoncisione e all'imposizione del nome. Ma è la notte di Natale. Una notte che nei Vangeli prende forma riflessa per la nostra vita.
Il brano lucano è semplice, suggestivo, pieno di spunti teologici costruito sul modello dell’annuncio missionario.
Punto centrale della narrazione sono le parole dell’angelo ai pastori, che riguardano il senso gioioso dell’avvenimento e la professione di fede in Gesù Salvatore. Dio entra nella vita degli uomini fuori dal tempio, dai suoi incensi e dalle case degli uomini, sente di dover chiamare a raccolta gli uomini per questo avvenimento in un luogo lontano e fuori dalla “Città”. Dio non va pensato come uno che si compiace della bontà dell'uomo ma piuttosto come uno che infonde la bontà nell'uomo attraverso la sua divina elezione e misericordia.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
vv. 1-3: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Con questi primi versetti, Luca vuole indicare il contesto storico-teologico della nascita di Gesù mostrando che l'azione divina si serve dell’uomo, si serve di un decreto di Cesare. L’indicazione cronologica che apre il racconto tende al compimento definitivo dell’evento, la nascita di Gesù (v. 6).
L’imperatore di cui si parla è Ottaviano Augusto. Egli aveva ottenuto il titolo di “Cesare” che lo indicava degno di adorazione, innalzandolo al rango divino. L’evangelista Luca sottolinea così la contrapposizione tra il regno umano e il regno di Dio. L’uomo esalta la sua grandezza, Dio la sua piccolezza.
Negli Atti, Dio si servirà ancora delle stesse leggi romane per condurre Paolo a Roma per annunciare il Vangelo. Infine, e soprattutto, ciò offre un pretesto per il viaggio: un pretesto, poiché tali censimenti si fanno sempre nella località di residenza, non in quella di origine.
Ciò che è importante è che in un contesto storico vi è un annunzio di salvezza. Origene scrive: "In questo censimento del mondo intero Gesù doveva essere incluso... affinché potesse santificare il mondo e trasformare il registro ufficiale del censimento in un libro di vita".
Il censimento di cui si parla è strumento di carattere economico e politico, in funzione delle tasse e degli impegni militari. Esso indica il potere dell’uomo sull’uomo. Il Messia entra e nasce in questa storia di male: «la luce nelle splende nelle tenebre» (Gv 1,5).
vv. 4-5: Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
L'evangelista Luca ci dice che la storia universale è al servizio della storia della salvezza; il decreto di Augusto è soggetto al piano di Dio. Per questo i due santi sposi si incamminano verso Betlemme per il censimento. Il profeta Michea aveva infatti profetato: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele…» (Mi 5,1). E in questi versetti, Luca sottolinea il casato e l’origine davidica di Giuseppe. Di Maria é detto per la prima volta, che é incinta ma la chiama “fidanzata” “promessa sposa”. In Mt 1,18-25 sappiamo che Giuseppe ha condotto Maria nella propria casa ed ha già superato i suoi dubbi personali sulla strana gravidanza. Ma Luca presentando una fidanzata incinta in viaggio vuole lanciare una provocazione scioccante, forse invitare a leggere e cercare. La prospettiva provvidenziale di Luca nel raccontare i fatti emerge anche dal fatto che Giuseppe porta con sé Maria: le donne non dovevano farsi registrare; dunque, la giovane puerpera avrebbe potuto rimanere a Nazareth. Luca, però, vuole mostrare che ella è considerata a pieno titolo legale membro della famiglia davidica.
v. 6-7: Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
Quindi il luogo è Betlemme.  Nell’Antico Testamento è importante soprattutto come luogo dell’origine della stirpe di Davide. Il luogo è la casa, è la famiglia parole sottolineate dall’evangelista Luca. In questo luogo Luca ci ha condotti senza però precisare nulla. Tutto converge verso «il tempo in cui colei che deve generare avrà generato» (Mic 5,2), si realizza quanto previsto in Lc 1,26-38 ed il bambino giudeo é integrato nel popolo della promessa tramite la circoncisione (Lc 2,21).
La nascita del figlio di Dio è descritta nel modo più spoglio, semplice e umano. Maria dà alla luce il suo primogenito. Il termine “primogenito” non indica che Maria abbia avuto altri figli dopo la nascita di Gesù. Il primo figlio - anche se non ne fossero nati altri in seguito – era sempre chiamato primogenito, per designare i diritti e i doveri che lo riguardavano (cfr. Es 13,12: “Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli”; Es 34,19: “Ogni essere che nasce per primo nel seno materno è mio”).
I movimenti che fa Maria (lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia), sono gli stessi movimenti che si faranno alla morte di Gesù. Gesù sarà segnato fino alla morte da questa estrema povertà. Non si tratta solo dell'indigenza materiale della sua famiglia. C'è molto di più. Gesù, il Verbo fatto carne, "venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11). E la mangiatoia ne è il simbolo: “il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. (Is 1,3). C'è qui il grande mistero dell'incarnazione. Paolo dirà che "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor 8, 9).
Anche un alloggio (Katàljma) diviene simbolo di una povertà e di un rifiuto che troverà il suo culmine nel rifiuto assoluto di lui nel processo davanti a Pilato (cfr. Gv 18, 28-19, 16). Più tardi Gesù dirà “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Katàljma ricorda anche quel luogo ove Gesù mangerà la Pasqua con i discepoli (Lc 22,11; Mc 14,14; cfr. anche: Lc 9,12; 19,7; 22,14).
v. 8: C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.
Lo scenario cambia. Siamo nella regione dove un tempo Davide pascolava il gregge. In questo luogo vivono ancora i pastori. Come al solito, di notte si radunano e, a turno, vegliano il gregge.
Luca indica i pastori perché questi sono coloro che godono di una cattiva reputazione: sono spesso considerati ladri e disonesti, anche se il loro mestiere tornava utile anche al tempio per l’offerta dell’agnello. I pastori sono coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale, sono i primi ad essere coinvolti della nascita di colui che ha per madre un'umile donna (1,48) ed è "inviato a portare ai poveri il lieto annunzio" (4,18). Ecco Dio si rivolge proprio a loro, perché Egli «ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato per ridurre a nulla le cose che sono» (1Cor 1,28).
Il neonato è già Colui che sarà accessibile ai peccatori e mangerà alla loro tavola (15,2). Proprio queste persone sono coloro i quali vegliano per sorvegliare il gregge. C’è una capacità di attenzione in loro che in altri non si riscontra.
Luca è sensibile nel mettere in evidenza che Dio consegna sé stesso ai semplici; pensiamo a Maria in Lc 1,48: «alla bassezza della sua serva»; Lc 6,20: «beati voi poveri»; Lc 10,21: «ti benedico o Padre che ti sei rivelato a piccoli e ti sei nascosto ai sapienti».
Questi pastori sono presentati mentre fanno la veglia, ed è l’atteggiamento giusto per accogliere Dio. E la liturgia «ci invita a preparare con gioia il suo Natale, ci trovi vigilanti nella preghiera, esultanti nella lode» (Messale Romano, Prefazio dell’Avvento II).
vv. 9-10: Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo.
Un angelo del Signore che appare ai pastori indica l’intervento di Dio. Proprio a queste persone capaci di vegliare il gregge, il vero Guardiano del gregge li chiama (1Pt 2,20-25, Gv 10,1-10). Questi avvolti dalla gloria di Dio, cioè dalla sua Presenza, dalla sua Rivelazione sono riempiti interiormente dall’amore di Dio, dalla sua stessa passione.
La luce non sta semplicemente davanti a loro ma li avvolge, entra nella loro vita, essi accolgono quell’annuncio che non è per loro soli, ma anche per tutto il popolo.
Custodi di un gregge ora sono custodi di un mistero da conoscere e poi irradiare a tutti.
I pastori sono presi da timore perché si trovano di fronte a qualcosa, non solo d’imprevedibile e impensabile, ma anche ad un’azione che riscontriamo solamente nelle teofanie dell’AT, specie ad Is 6,1-5 ed Ez 1; 3,12.23.
Però il Signore rassicura, conforta con la sua Parola di salvezza. Quel timore che coinvolge immediatamente ed emotivamente ora trova un’apertura di significato grazie all’angelo del Signore, interprete luminoso dei fatti oscuri conducendo alla gioia vera.  
La gioia presente in tutto il vangelo lucano é una caratteristica della fede nell’itinerario salvifico. È una gioia che non si affievolisce e non si stabilizza, ma cresce all’infinito perciò l’angelo dice: vi evangelizzo, c’é qui qualcosa proprio per voi, vi immergo in una realtà per voi assolutamente inedita.
v. 11: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Si rinnova quel prodigio, ma Luca scrive “oggi”, un termine teologico e difficilmente cronologico. Luca non fa altro che farci entrare nel “tempo di Dio”, puntualizzando l’era messianica.
Lungo le pagine della Bibbia questo «oggi» si rinnova: “oggi è entrata in questa casa la salvezza” (Lc 19,9), “ascoltate oggi la voce del Signore” (Sal 95,8), “oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4,21), “oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43), “oggi ti ho generato” (Eb 1,5).
C’è un “oggi” che si relaziona nel qui ed ora con ciascuno e con tutti, una storia che diventa storia di salvezza.
Qui è il centro del racconto: l’iniziativa di Dio non è parola ma “Carne, Corpo”, presenza incarnata, profondamente dentro la storia, la mia, la tua, la nostra storia. Egli è Dio, l’annuncio si presenta ancora difficile per molti.
Nei versetti precedenti abbiamo appreso il nome del bambino, qui l’angelo del Signore, annunciando la nascita di Gesù non lo chiama con il nome proprio ma con tre titoli teologici: Salvatore; Cristo; Signore. In questi titoli teologici è racchiusa una professione cristologica riassunta dall’angelo stesso.
Luca non fa altro che insistere sulla signoria di Gesù e sulla sua missione di salvezza. In altre parole, la sua signoria è la nostra salvezza. Non solo opera, fa salvezza, salva, ma é salvezza. 
vv. 12-14: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
L’annuncio dell’angelo ai pastori è accompagnato da un segno salvifico, come per l’annuncio a Zaccaria (cf. Lc 1,18-20), a Maria (cf. Lc 1,36); la cugina Elisabetta al sesto mese, il bambino nella mangiatoia per i pastori, sono i segni che accompagnano, per sempre, la fede di chi ha il desiderio di ascoltare, vedere, incontrare, servire il Vangelo che è lieta notizia. Tutto questo è un segno paradossale, misterioso. San Paolo lo definirà «scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1Cor 1,23). L’evangelista Luca ce lo ricorda, perché questo è il cuore di tutto, della rivelazione di Dio, della storia, della vita dell’uomo. È la predicazione dell’evento da accogliere e da testimoniare così come cantano gli angeli confermando il messaggio salvifico: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace tra gli uomini, che egli ama». Questo è un inno che acclama Dio per il dono del Messia che lo glorifica. Non è una semplice lode ma rivelazione che è in atto l’evento della salvezza, che manifesta la potenza divina e svela finalmente la sua misericordia, svela un nuovo arcobaleno (cf. Gen 9,11), una nuova alleanza tra Cielo e terra mediante il «principe della pace». E noi possiamo incontrarlo, possiamo conoscerlo, possiamo farne esperienza.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
C'è posto per Gesù nella mia vita? Quali segni mi sta offrendo Dio della sua presenza?
Gesù è nato per portare gioia e pace. Quanto caratterizzano la mia vita questi doni? Sono portatore di gioia e di pace per gli altri?
Cosa significa per me la parola Salvatore, da cosa vorrei essere salvato?
Credo che sia possibile anche per me diventare complice di un nuovo annuncio?
Con quale gesto concreto posso accogliere il Signore nella mia vita, nella mia storia, per poi testimoniarlo?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
 
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
 
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
 
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. (Sal 95).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
In questa pausa meditativa, accogliamo con tutta la tenerezza del nostro cuore il Neonato che viene a noi e avvolgiamolo di amore lasciandoci rapire da Lui.

lunedì 16 dicembre 2024

LECTIO: IV DOMENICA D'AVVENTO (Anno C)

Lectio divina su Lc 1,39-45
 


Invocare
O Dio, che hai scelto l'umile figlia di Israele per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l'obbedienza del Verbo, venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
La Liturgia della Parola di questa domenica, nei rispettivi tre cicli dell’anno liturgico, ha come protagonista Maria che porta in grembo il Verbo Incarnato e che è prossima al parto.
Le tre letture invitano a meditare, a contemplare e ad attualizzare, oltre a quella di Maria, anche l'azione di altri tre “protagonisti” del grande Mistero e il loro concorso per portare appunto a compimento la salvezza dell'umanità: Dio - Gesù - lo Spirito Santo.
Questi elementi fanno della Visitazione un mistero di fede, di gioia, di servizio, di annuncio missionario. Maria, premurosa nel viaggio (v. 39), portando in grembo Gesù, è immagine della Chiesa missionaria, che porta al mondo l'annuncio del Salvatore.
La Parola di Dio ci offre oggi le chiavi per comprendere, gustare ed annunciare ad altri il mistero che celebriamo.
Il testo del vangelo di questa quarta domenica di Avvento non include il cantico di Maria (Lc 1,46-56) e traccia solamente la visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-45). Maria va da Elisabetta per rendersi utile, non resta ripiegata su di sé, a godersi il dono ricevuto ma aiuta Dio a realizzare le sue promesse portandolo e lasciandosi portare da Lui, non solo verso Ain Karem ma anche nelle piccole cose della quotidianità con quella lode che scaturisce dal suo cuore e dalle sue labbra. Questo atteggiamento costituisce la sua fede.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
vv. 39-40: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Il versetto 39 inizia con una indicazione di tempo, che lega il concepimento di Giovanni e quello di Gesù: «Dopo quei giorni (l’annuncio dell’angelo a Zaccaria), Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi» (v. 24); «Nel sesto mese (dal concepimento di Giovanni), l’angelo Gabriele fu mandato… a una vergine… Maria» (Lc 1,26-27). La visita di Maria a Elisabetta si pone sotto questa prospettiva.
All’indicazione di tempo segue un movimento, una indicazione di viaggio, un cammino di cui l'evangelista Luca ne attribuisce una grande importanza e interpreta tutto il mistero di Gesù come un cammino, un andare decisamente non solo verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,52), ma verso il Padre. Infatti, il verbo “alzatasi” è un verbo particolare che facilmente lo si ingloba nel viaggio di Maria ma non va trascurato il senso originario, in quanto “anìstēmi” è uno dei verbi usati per la resurrezione e può significare: tornare alla vita, risorgere.
Qui guardiamo particolarmente alla risolutezza di Maria. È lei che decide di mettersi in viaggio. Luca, poi negli  Atti degli Apostoli, mostrerà grande interesse per i viaggi missionari; anche il viaggio di Maria viene descritto come viaggio missionario.
Il viaggio di Maria si presenta scomodo, faticoso per una gestante, lontano, ma è un viaggio di carità verso l’anziana parente incinta e nel bisogno. È la missione di Maria: il suo “sì” si è mutato in servizio portando in grembo Colui che è la Vita vera, la Salvezza, la Luce.
Questo cammino è fatto «in fretta». Luca mette l’accento nella prontezza di Maria nel rispondere alle esigenze della Parola di Dio. Ella esce di casa, da Nazareth per percorrere le montagne della Giudea percorrendo circa 150 km.
La fretta di Maria è piena di significato sotto tutti i punti di vista, psicologico-narrativo e teologico: quando si manifesta negli eventi l’opera di Dio non si può rimanere inerti o pigri. Così fa Abramo quando corre a preparare per i tre ospiti, così fa Zaccheo quando scende dal sicomoro, così fanno i pastori quando si affrettano a Betlemme. Scriveva sant’Ambrogio che “la grazia dello Spirito non ammette ritardi” (ambrogio, dal «Commento su san Luca» 2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42).
Probabilmente Maria lega la gravidanza di Elisabetta con la sua. Legge il disegno divino che sta per realizzarsi e, forse, aveva bisogno di conferme a quanto l'angelo le aveva detto o, meglio, voleva condividere la propria straordinaria esperienza con qualcuno che stava vivendo una situazione abbastanza simile. È naturale, perciò, che Maria corra verso la casa di Zaccaria per comprendere meglio il mistero che la riguarda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Maria arriva in una città della Giudea identificata col villaggio di Ain Karim, situato sulla montagna, a 6 km a ovest di Gerusalemme. Ella è il nuovo Angelo del Signore (cf. v.38) che saluta la parente Elisabetta come l’Arcangelo fece con lei.
Le due donne in questo incontro scoprono, l’una nell’altra, un mistero che non conoscevano ancora e che le riempie di molta gioia. Certamente i “Due corpi di donna, gravidi di teneri germogli di vita, si incontrano nello stesso spazio sacro dell’onnipotenza divina che li ha visitati e che ora vuol farsi sentire attraverso un evento epifanico, una manifestazione chiara di Dio: della sua presenza di Padre che parla, di Figlio che viene a visitare il suo popolo, di Spirito Santo che vuole effondersi nei cuori” (Rosalba Manes).
Il testo non dice il contenuto del saluto. Ogni ebreo salutava con il termine “shalom” che significa pace; Maria, quindi, entrando nella casa di Elisabetta porta la pace, segno della visita del Signore; offre giustamente agli altri il dono che gratuitamente, senza alcun merito, le è stato dato.
v. 41: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo
La sola voce di Maria, fa sussultare Giovanni nel grembo materno. Questo movimento di Giovanni nel seno di sua madre (che più sotto è interpretato da Elisabetta come un salto di gioia) è un gesto profetico. Esso ha un precedente nell’AT, dove si parla della nascita di Esaù e Giacobbe (Gen 25,22-23): anche lì i figli saltellano (il verbo usato nella versione greca dei LXX è lo stesso), e anche lì la madre intende il sussulto come un messaggio profetico. Si adempie così la parola dell’angelo che aveva detto a Zaccaria: “[tuo figlio] sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre” (v. 15). Esultando nel grembo della madre, Giovanni dà inizio alla propria missione di profeta, che è quella di riconoscere il Messia.
Lo spirito profetico del bambino è comunicato alla madre perché possa tradurre in parole il sussulto che ha sentito dentro di sé.
Nella Parola vi è l’azione dello Spirito Santo. La gioia e la Sua presenza ne caratterizza i tempi messianici, incominciano a colmare i cuori dei personaggi di questa vicenda: Maria, Giovanni, Elisabetta, Zaccaria, i pastori, Simeone. Poi alla Pentecoste investirà tutti i credenti. La prima lettera di Pietro, infatti, descrive il credente come abitato da questa gioia: «Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove… Esultate di gioia indicibile e gloriosa» (1Pt 1,6.8).
v. 42: ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! Finito il tempo del nascondimento, ora Elisabetta può gridare l’opera del Signore.
Lo Spirito Santo fa esclamare a gran voce Elisabetta. È un superlativo. Ogni maternità nella Bibbia è una benedizione, ma la maternità di Maria è unica e procura la più grande delle benedizioni. Era l'atteggiamento di esultanza del popolo di Israele davanti all'arca dell'Alleanza. Maria porta in grembo Gesù, è arca della presenza del Signore.
Per opera dello Spirito Santo Elisabetta comprende non solo che Maria è incinta, ma che il bambino che porta è fonte di benedizione. Non siamo in presenza di due distinte persone (Maria e il bambino), ma Maria è benedetta sopra tutte le altre donne a causa della benedizione che proviene dal frutto del suo grembo. Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr. Ef 1,3).
In questo versetto risuonano le parole di Ozia a Giuditta: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra» (Gdt 13,18).
v. 43: A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
Elisabetta esprime con gioia la sua meraviglia, quasi incredula, per la visita del Signore. Anche se si ritiene indegna di fronte a Dio, accetta umilmente, ma contenta, il dono, gratuito e immeritato, del suo amore.
Tale dichiarazione è sorprendente se si considera che Elisabetta è più anziana e moglie di un sacerdote, mentre Maria non possiede alcun rango sociale ed è molto più giovane di lei.
La frase di Elisabetta trova la sua giustificazione nel fatto che riconosce in Maria la madre del Messia: dichiara la presenza del Signore nella carne di chi non solo ha ascoltato la Parola ma ha anche creduto nel suo compimento.
Il titolo di Signore che Elisabetta usa per indicare il bambino che Maria ha in seno, è uno dei principali titoli messianici attribuiti a Gesù nel NT, e trova il suo appoggio scritturistico nel salmo 110 (cfr. Mt 22,41-45; At 2,34-36; Rm 8,34). L’evangelista Luca ce lo ricorda perché Gesù è il Signore fin dall'inizio della sua vicenda terrena.
v. 44: Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
Il sussulto di Giovanni nel grembo materno esprime l’esultanza di tutti per la salvezza promessa e donata da Dio mediante Gesù. Letteralmente è “ha saltellato” di gioia. Nella Bibbia si parla di danza che di sussulto. In questo versetto abbiamo una specie di danza che Giovanni Battista compie nel seno di sua madre. Sua madre l’ha interpretata così, l’ha sentita come una danza, come un movimento gioioso.
Giovanni sta vivendo il primo incontro con Gesù e gli rende testimonianza. L'evangelista sottolinea questa testimonianza nella gioia, come una eterna danza divina.
L’incontro delle due donne è più propriamente l’incontro dei loro figli. Giovanni è la sintesi e la conclusione dell’Antico Testamento: egli – secondo le parole di Gabriele a Zaccaria – è il nazireo come Sansone e Samuele, è il profeta pieno di Spirito Santo, è il nuovo Elia, il profeta degli ultimi tempi (cfr. Ml 3,23-24).
v. 45: E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
È il versetto conclusivo e più importante che sintetizza il motivo della gioia di Elisabetta. Elisabetta, e con lei tutta la Chiesa, riconosce che Dio è presente in modo privilegiato in Maria. Elisabetta riconosce Maria dapprima come Madre del Signore e poi come credente.
Nelle parole di Elisabetta troviamo la lode che esalta Maria. Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28).
La prima beatitudine del vangelo di Luca è l'esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio.
Maria è beata non perché ha generato fisicamente il Cristo come intendeva la donna della folla, ma, come ha replicato Gesù, è beata perché è la credente che ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha messa in pratica (cfr. Lc 11,27-28). Per questo è il punto di riferimento continuo dei Vangeli e della tradizione cristiana.
La condizione beata è l’effetto stabile della benedizione di Dio, è la benedizione accolta e divenuta permanente. La beatitudine di Maria riposa sulla fede con cui si è affidata alla parola del Signore. Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. È il messaggio di Luca alle Comunità: credere nella Parola di Dio, che ha la forza di realizzare ciò che ci dice. È Parola che crea. Genera vita nuova nel seno di una vergine, nel seno del popolo povero e abbandonato che l’accoglie con fede. Questo elogio che Elisabetta fa a Maria si completa con l’elogio che Gesù fa di sua madre: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).
In questo contesto Maria esplode nel cantico di esultanza, il suo magnificat per le grandi cose che l’Onnipotente ha compiuto in lei sua piccola e umile Serva (cf. Lc 1, 46-55).
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Dio sceglie anche me per compiere una parte del suo progetto. Ho paura che sia troppo piccolo, oppure mi metto con entusiasmo a fare la volontà di Dio sapendo che lui valorizza ogni dono vero?
Come vivo nella mia vita la “fretta di Maria”?
Maria è la donna del "si compia in me..."; è così anche per la mia vita? So essere disponibile anche nelle piccole cose a realizzare il dono di Dio?
La mia gioia è superficiale, di circostanza, di facciata, oppure ha radici profonde, si nutre del frutto della vita che è maturato anche nel grembo e nel cuore della Vergine Maria?
Il mio andare verso le persone esprime il movimento di Dio, della sua carità verso loro?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci.
 
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
 
Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome (Sal 79).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Nel silenzio del cuore incontra il Signore. Ripeti spesso e vivi questa Parola: Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore.