martedì 11 maggio 2021

LECTIO: ASCENSIONE DEL SIGNORE (Anno B)

Lectio divina su Mc 16,15-20
 
Invocare
Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Il vangelo di Marco termina con la scoperta del sepolcro vuoto da parte delle donne che, pur avendo avuta annunciata da un angelo la resurrezione di Gesù, scappano terrorizzate (16,1-8). In seguito Gesù appare anche agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto (v 14).
La pericope proposta per la solennità dell'Ascensione di Gesù al cielo è tratta dalla sezione finale del capitolo 16 di Marco (v. 9-20). Essa è una composizione aggiunta al racconto marciano, ma risalente al II secolo e ritenuta canonica da sempre. Si tratta di una specie di riassunto dei racconti di apparizione del Risorto (dipendente sia da Giovanni che da Luca); si notano nel testo anche collegamenti con il testo degli Atti. Il testo è stato paragonato ad una catechesi pasquale (cfr. 1Cor 15,1-11).
Il brano che abbiamo tra le mani si riferisce alla seconda e terza parte di questo testo conclusivo in cui si parla della missione affidata agli undici (15-18) e della presenza di Gesù glorificato con i suoi (19-20).
La narrazione di Marco è collocata nel nuovo contesto missionario della Chiesa. Nei versetti 15-20 vengono esposti in modo sistematico e preciso gli elementi principali della missione ecclesiale. Il testo presenta somiglianze dottrinali e formali con 1Cor 15,5-7; Mt 28,16-20; Gv 20,19-23; Lc 24,36-49; At 1,6-8.
L'Ascensione di Gesù al cielo ha dei rimandi fondamentali alla Pasqua, ma anche alla Pentecoste ed un forte riferimento alla Chiesa, comunità di coloro che credono e sono testimoni di Gesù risorto. La pericope evangelica si presenta come un riassunto di altri testi (in particolare Giovanni e Luca e per alcuni aspetti Atti) che insiste sull'importanza della fede, intesa come esperienza di incontro con Gesù risorto, per la trasmissione del vangelo.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 15: E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.
Il brano inizia, quasi a riprendere Mt 28,19, con la missione universale. Infatti in Matteo leggiamo che Gesù comandò loro di “ammaestrare”, nel nostro brano troviamo il verbo “predicare”, “proclamare”.
Questo comando è preceduto dal verbo «andate»: è il verbo della missione apostolica (cfr. Mt 10,7; 28,19) che non è più limitata ai confini della Palestina e neppure ai soli figli di Israele (cfr, 6,7-13; 7,27) ma “tòn kósmo” il mondo intero e ad “ogni essere creato” (ktísei).
Il cristiano è colui che va,non rimane fermo. Come Gesù ha predicato il vangelo del Regno in Galilea, così i discepoli devono ora andare e annunziare il vangelo in tutto il mondo, a tutte le creature (umane). Questa espressione è più ampia di quella utilizzata da Matteo, perché in essa i discepoli sono inviati non solo ai gentili, ma a tutta l’umanità. E cosa annunciare? L’amore incondizionato di Dio per l’uomo, per tutti!
v. 16: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
All’invio segue il giudizio che non appare in Mt 28,16-20. Una simile struttura duale la ritroviamo in Gv 20,23: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (cfr. anche Mt 16,19).
Il riferimento a Gesù (la fede) e l’identificazione ecclesiale (il battesimo) sono ora mezzi fondamentali di salvezza. La predicazione apostolica, infatti, non è una questione di formazione delle menti, ma di salvezza mediante la partecipazione al mistero di Cristo.
La reazione all'annuncio, fede o incredulità, con i corrispettivi salvezza e condanna richiama Gv 3,18, mentre per il riferimento al battesimo (cfr. Tt 3,5 e 1Pt 3,21), ma la prospettiva è escatologica, riguarda cioè il giudizio finale.
vv. 17-18: Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
L'annuncio è accompagnato da segni carismatici, ecclesiali, spesso citati dalle testimonianze della Chiesa antica (Mc 6,7-13; 2Cor 12,12; Rm 15,18-19; Lc 10 19; At 28,3-7). Questi segni fanno parte di quella forza trasformatrice racchiusa nel Kerigma marciano (2,21-28) e in particolare nella vita di Gesù esteso agli apostoli e ora a tutti i credenti (cfr. Gv 14,12), purché lo pratichino «nel suo nome» (cfr. 9,38; Lc 10,17) per il rinnovamento e la crescita del genere umano.
I segni menzionati dicono, in fondo, che in un mondo pericoloso (serpenti, veleno, infermità), i discepoli del Signore saranno capaci di diffondere la parola con il linguaggio dell’amore (lingue nuove), vivendo una pentecoste continua (cfr. la glossolalia di At 2), superando così il potere dell’oppositore (esorcismi) e aiutando gli altri a vivere bene (guarigioni).
Dentro quest’ottica vi è l’invito a riconoscersi personalmente interpellati e raggiunti dal dono pasquale in Cristo Gesù. “Nel suo nome” ogni morte è vinta per sempre, e quanti ne sono immersi non mancheranno di toccarne i frutti nei “segni” di redenzione e guarigione che accompagneranno coloro che sono inviati ad annunciarlo.
v. 19: Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Siamo nel pieno dell’ascensione. At 1,9 e Lc 24,51 ne riportano l’episodio. Qui ricordiamo il rapimento al cielo del profeta Elia (2Re 2,11; 1Mac 2,58), così come è ricordato nei LXX; altrove si usano altri termini, come “essere sollevato”, “andare in cielo”, “salire” e “penetrare i cieli” (Gv 6,62; 20,17; At 1,9; Eb 4,14; 1 Pt 3,22).
Il versetto inizia attribuendo a Gesù il titolo di Kyrios; l'espressione Signore Gesù, nei vangeli è presente solo qui ma lo ritroviamo in san Paolo e negli Atti. Per questo motivo Marco lo descrive come Colui che sale nella sfera divina, in quanto Dio, e siede alla destra di Dio (cfr. Sal 110,1).
La destra nel mondo semitico è segno di benessere, di felicità, di onore, di forza: Giacobbe chiamerà il figlio avuto dalla moglie Rachele, Beniamino, che in ebraico significa "figlio della destra", quindi figlio fortunato e amato (Gn 35,18).
La "destra di Dio" è, invece, segno di potenza e di signoria sulla storia. L'espressione appare soprattutto quando si celebra la liberazione dell'esodo (leggi Es 15,6). "Sedere alla destra di Dio" è, invece, una locuzione riservata al re ebraico e significa la sua dignità e concretamente anche la cerimonia di incoronazione con il sovrano insediato alla destra dell'arca (anche il palazzo reale era alla destra del tempio). Si legge, infatti, nel Sal 110: «Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra» (v. 1). Il Sal 16 ricorda che tutti i fedeli saranno ammessi a gustare «la dolcezza senza fine alla destra di Dio» (v. 11).
Cristo con l'ascensione e l'intronizzazione alla destra del Padre si rivela in pienezza come Messia, Figlio e Signore dell'universo.
Questa espressione verrà ripetuta spesso nel NT come professione di fede pasquale nel Cristo. Con la professione di fede nell'ascensione al cielo la prima comunità, così come noi credenti di oggi, professiamo la glorificazione e intronizzazione del Risorto, di Gesù Cristo, uomo e Dio, presso il Padre. Da ora in poi sarà la Scrittura e la testimonianza dei cristiani a rendere presente Cristo sulla terra.
v. 20: Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Qui abbiamo la prontezza di ogni discepolo alla chiamata del Signore, al dono che il Risorto ha fatto a tutti. Qui la promessa della fecondità si compie. Infatti, l’ultima parola non è delle nostre incertezze, ma dell’amorevole e invincibile tenacia di Dio in Gesù.
Gesù è più presente tra noi dopo l'Ascensione che prima; sembra un paradosso, ma è vero. L'assenza visibile accresce la presenza invisibile, l'assenza nella carne intensifica quella nello Spirito.
Il Concilio Vaticano II ha provato a descrive così la presenza di Cristo: «Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, «offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20)» (SC 7).
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Che cosa è per me l’Ascensione: un evento "spettacolare" o un segno di trasformazione interiore?
Cosa noto nell’ascensione di Gesù: un racconto emozionale o una indicazione educativa spirituale?
L’ascensione di Gesù mi conduce a saper leggere concretamente la realtà che mi circonda e a prendere un impegno concreto l'evangelizzazione nella realtà sociale in cui vivo?
Quali sono i segni della presenza di Gesù in me e nella mia comunità? Quale è il significato di ogni segno?
Che cosa chiede oggi il Risorto alla mia vita?
Vivo la presenza di Gesù risorto nella mia vita?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.
 
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
 
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo. (Sal 46).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
“La vera elevazione dell’uomo avviene quando, nel donarsi umilmente agli altri, impara ad abbassarsi totalmente, fino a terra, fino al gesto del lavare i piedi. Proprio questa umiltà che sa abbassarsi porta l’uomo verso l’alto; proprio questo modo di andare verso l’alto vuole farci imparare l’Ascensione” (Card. J. Ratzinger [Papa Benedetto XVI]).