giovedì 7 gennaio 2021

LECTIO: BATTESIMO DI GESÙ Anno B

Lectio divina su Mc 1,7-11
 
Invocare
O Padre, il tuo Figlio unigenito si è manifestato nella nostra carne mortale: concedi a noi, che lo abbiamo conosciuto come vero uomo, di essere interiormente rinnovati a sua immagine.
Egli è Dio, e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
7 E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». 9 Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11 E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Marco in modo conciso presenta tre episodi introduttivi: predicazione del Battista, battesimo di Gesù e tentazioni nel deserto di Giuda. Si tratta, poiché attestati da tutti i vangeli canonici, di fatti storici che assumono anche un forte valore teologico per la loro grande importanza in riferimento alla figura e all'opera di Gesù e per la vita della comunità cristiana.
Il nostro brano è inserito nel contesto dell’annuncio fatto dal Battista presso il Giordano del “più forte” che si immergerà nelle acque del Giordano, affogato nel peccato delle folle che continuamente accorrono.
Dietro le parole vi è il desiderio di Dio di incontrare e stare con l’uomo e per presentarsi si metta in fila coi peccatori.
Qui la rivelazione: Gesù, il Figlio, va coi fratelli più bisognosi e il Padre approva solennemente.
Notiamo che il brano del battesimo viene introdotto e collegato al brano su Giovanni Battista (primi due versetti della pericope di questa domenica), fatto che permette di evidenziare alcuni tratti caratteristici del battesimo di Gesù e del successivo battesimo cristiano (sacramento).
Anche il battesimo di Gesù descrive nel modo più divino ciò che è del mistero dell’incarnazione: Lui si è fatto uomo, solidale con noi in tutto, perché anche noi potessimo avere la stessa vita divina, solidali in tutto con Lui.
Il Battesimo di Gesù ha un carattere passionale. Rivela quella passione di Dio per noi che si fa compassione e non ci abbandona mai.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 7: E proclamava: Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali.
Giovanni identifica Gesù come il veniente. Al suo venire deve corrispondere il nostro attendere. Chi? “uno più forte”, Colui che è il Messia, il Maestro. La sua maestà è talmente grande, che neanche il più grande dei profeti non è degno di prestargli il più umile servizio. Il Battista attende questa novità: la stessa vita di Dio. Noi cosa attendiamo?
L’evangelista Marco indica con semplicità ma con forza il primato di Gesù che introduce il successivo confronto tra i due riti di immersione.
v. 8: Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo.
Questo versetto mette in luce la differenza sostanziale tra il battesimo di Giovanni e quello che darà Gesù: il battesimo di Giovanni è di tipo rituale, esteriore, quello di Gesù sarà un battesimo con Spirito Santo, il dono dei tempi escatologici atteso dagli ebrei (Gl 3,1) che Ez 36,15s descrive proprio come una purificazione mediante l’acqua. Colui che viene battezzerà nello Spirito Santo. Lo Spirito é la vita. Santo é di Dio, ossia ci immergerà nella vita stessa di Dio. Qui il desiderio più profondo dell’uomo: quello di vivere la vita stessa di Dio (cfr. Sal 41,3).
v. 9: Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea  
Il versetto ha la sua ambientazione “in quei giorni”. Quali sono questi giorni? Guardando i versetti precedenti sono i giorni dell’annuncio di Giovanni, però possiamo anche coglierli come i giorni del desiderio di Dio, della conversione e dell’attesa. Il Veniente, Gesù, venne. Il suo nome, abbastanza comune, significa “Dio salva” e corrisponde a ciò che lui è e fa.
Egli viene all’improvviso. Con Marco non abbiamo i racconti dell’infanzia di Gesù ma il suo entrare nella scena del mondo, mentre dei peccatori fanno il loro battesimo di purificazione.
Di Gesù viene indicato il luogo di provenienza: un paese piccolo, senza gloriose tradizioni: Nazareth (cfr. Gv 1,46). In questo paese sperduto della Galilea – luogo pagano – (cfr. Is 8,23), Gesù visse circa trent’anni tra il silenzio e il lavoro per condividere la quotidianità, la fatica di un mestiere.
Forse può apparire normale tutto questo, ma è il luogo privilegiato per l’incontro con lui.
fu battezzato nel Giordano da Giovanni.
Gesù si mescola, anzi fa la fila (cfr. v. 2; Is 40,9s) con i peccatori e si fa battezzare. È la solidarietà di Dio. È lo scandalo degli uomini. Ma egli è l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Il suo battesimo è figura della sua morte. Nell’acqua del Giordano egli si immerge nel peccato di tutti quelli che vi accorrono. Colui che non conobbe peccato, si è fatto per noi peccato e maledizione (2Cor 5,21; Gal 3,13). Questo è il luogo di Gesù: stare con l’uomo, con il suo limite, con il suo peccato.
L’incontro con Gesù avviene propria in questa situazione negativa, perché se la sua potenza ci ha creati, la sua impotenza ci ha salvati.
Giovanni assiste a tutto questo e si ritrova spiazzato. Ma senza la rivelazione dello Spirito Santo, nessuno riuscirà a cogliere il mistero della debolezza di Dio.
v. 10: E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli 
Il battesimo è introdotto con un "e subito", intercalare tipico di Marco (che lo usa 42 volte nel vangelo, "euthys") e che corrisponde all'ebraico "ed ecco"; la discesa dello Spirito segue il rito battesimale ed è dunque indipendente da esso.
L'acqua è simbolo della morte. Quindi immergendosi ci si immerge nella morte,  e riemergendo simboleggia la vita nuova, oltre la morte. Gesù non fa altro che uscire dalla morte per entrare nella vita.
Mentre accade questo, abbiamo un'epifania: i cieli si aprono (Is 63,19) ossia Dio si fa presente, si fa vicino, superando la barriera posta tra cielo e terra, la sua solidarietà Lo rende presente ovunque.
lo Spirito discendere verso di lui come una colomba.
La discesa dello Spirito Santo indica che Dio abita la terra e restituisce all’uomo il suo volto di figlio. Tutto ciò che di buono viene da Lui, in Gesù è ormai presente tra di noi. Egli fa bella e nuova ogni cosa (cfr. Sir 28,1-7): da un cuore nuovo e fa’ rivivere le nostra ossa aride (Ez 36,26;37,1ss).
Lo Spirito di Dio scende aleggiando come colomba. Così come avvenne nei giorni di Noè (Gn 8,8ss), che segno l’inizio di una vita salvata dalle acque.
Ora il suo aleggiare al Giordano richiama ai primordi della creazione (Gn 1,2); il suo guidare Israele attraverso il mar Rosso (Es 19,4), perché il battesimo di Gesù è principio di una vita oltre la morte, di una creazione nuova e dell’esodo definitivo.
Dio raffigurato da una colomba sta indicare non solo il popolo ad immagine di Dio, ma Egli stesso che giorno e notte canta il suo amore per l'uomo. Che lo rende libero dal peccato; che lo fa uscire dalla schiavitù e ridonargli la vita, un mondo nuovo.
v. 11: E venne una voce dal cielo
“Non ti farai immagine alcuna di Dio”, così la Sacra Scrittura insegna (cfr. Es 20,2-17; Dt 5,8-10), perché Dio non ha un volto ma una voce, una rivelazione (Ap 4,1). Il suo volto è di chi ne ascolta la Parola. Colui che si mette in ascolto della sua Parola deve fare bene attenzione, perché Dio ama parlare a bassa voce.
La voce è indirizzata a Gesù (anche se Mt e Lc indicano i presenti, sarà in Mc 9,7 che l’evangelista userà l’espressione per i presenti).
«Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
La voce del Padre dice che questo è mio Figlio, lui è il mio volto. Il Padre parla pochissimo, solo due volte in tutto il Vangelo: qui nel battesimo e a metà Vangelo (Mc 9,7) sempre per invitare all’ascolto del Figlio.
Qui abbiamo un'investitura ufficiale (unzione del Messia vedi Is 11,1-2; 61,1), ma prima che riferita al suo compito, essa indica la sua identità (Sal 109,4; At 13,33; Eb 1,5.5,5.7,28; 2Pt 1,17).
In queste parole risuona il Sal 2,7, che parla dell’intronizzazione regale. Gesù, con la sua scelta, è il re voluto da Dio – Dio stesso che regna e salva l’uomo.
Il termine Figlio, è di grande rilevanza nel vangelo di Mc (cfr. 1,1; 8,29; 15,39) sottolinea il legame unico con Dio e l'importanza per l'autocoscienza di Gesù, del battesimo al Giordano. Questo figlio è il diletto, l’amato cioè l’unico e ci ricorda Gn 22,2 dove si parla del sacrificio del figlio Isacco.
Nel compiacimento di Dio vi è la consacrazione di Gesù come Messia. Queste parole le ritroviamo in una forma simile al calvario, sulla bocca del centurione, quando confesserà: “davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39). 
L’Evangelista rimarca ancora il senso del battesimo di Gesù: anticipa quello che è il momento della morte. Mentre per il popolo il battesimo era morire al passato, per Gesù il battesimo è l’accettazione di morte al futuro, ma la risposta di Dio a questo suo impegno è la pienezza dello Spirito, la forza di Dio, una vita che lo renderà capace di superare la morte.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Chi è per me Gesù? 
Sono anch’io tra coloro che accorrono, nel deserto, presso il Giordano, per essere immerso nella morte di Gesù e rinascere a nuova vita?
Come vivo il mio essere battezzato in Cristo?
Misuro i miei desideri profondi con l’attesa biblica di giustizia e libertà?
Chiedo di conoscere il mistero profondo di Dio?
Com'è la mia docilità all'azione dello Spirito?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
 
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
 
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele. (Da Is 12)
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Sentiamoci a ben ragione inseriti nella vita di Dio che sempre rinnova incessantemente l’umanità, prolungando la sua lode senza fine e cantando inni al Signore per il dono di sé. 

 

lunedì 4 gennaio 2021

LECTIO: EPIFANIA DEL SIGNORE Anno B

 Lectio divina su Mt 2,1-12

Invocare
O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo Figlio unigenito, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la bellezza della tua gloria.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2 e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3 All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele». 7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». 9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Epifania è una parola che viene dal greco e vuol dire: “manifestazione”. In questo giorno celebriamo infatti la certezza che il Signore Dio manifesta il suo Amore ad ogni persona, cioè si fa vedere e conoscere agli uomini e alle donne di ogni parte del mondo. Scrive san Paolo che “si è manifestata la misericordia e l’amore di Dio per gli uomini”. Questa è l’Epifania che celebriamo: la rivelazione di Dio nella carne umana, cioè la rivelazione dell’interesse e dell’amore di Dio per l’uomo.
L'Epifania del Signore con la narrazione dei Magi è solo dell'evangelista Matteo. Questa pericope ci offre il bel racconto del percorso dei magi, che vengono da lontano, perché vogliono cercare e accogliere, amare e adorare il Signore Gesù. Il loro lungo viaggio, la loro ricerca instancabile, la conversione del loro cuore sono realtà che parlano di noi, sono già scritte sul rotolo della nostra stessa storia.
La pagina dei Magi è una solenne dichiarazione di missionarietà e di universalismo. 
Questo episodio richiama la conclusione dell’intero Vangelo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). 
Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Cristo, con una differenza: nell'episodio dei Magi sono le genti che arrivano a Gerusalemme, alla fine del vangelo è la Chiesa inviata al mondo. 
Questa seconda annotazione esprime più profondamente la concezione della missione come servizio, come un uscire da sé per andare alla ricerca degli altri.
L'Epifania che oggi celebriamo è aprire la nostra vita all'incontro con Cristo aprendo tutti gli spazi possibili, perché egli prenda possesso del nostro cuore e della nostra mente, per assaporare la gioia di appartenergli e di vivere per Lui, con Lui ed in Lui.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 1: Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode
I capitoli 1-2 di Matteo raccolgono l'infanzia di Gesù. L'evangelista subito dopo la nascita di Gesù, fa seguire l'adorazione dei Magi a Betlemme, luogo di nascita di Davide e luogo di origine del futuro re messia. A conferma di ciò Matteo cita Mi 5,1-3.
Al contrario di Lc 2,1-7, Matteo fa solo un breve accenno alla nascita di Gesù e al suo luogo: Betlemme. Betlemme era la città natale di Davide, e perciò il racconto della nascita di Gesù riprende il motivo del "Figlio di Davide" dal capitolo 1.  
Inoltre, in questa paese della Giudea vi possiamo cogliere l'aspetto teologico raccolto in una benedizione descritto dall'autore del Libro della Genesi: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli" (Gen 49,10).
L’Evangelista rende noto la collocazione storica dell'evento: “al tempo del re Erode”. Erode non è di discendenza davidica e neppure giudeo, egli è un idumeo che ha ricevuto il titolo di “re della Giudea” (Lc 1,5) dai romani. Erode regnò a Gerusalemme dal 37 al 4 a.C., Gesù nacque almeno un paio d'anni prima della morte di Erode, cioè attorno al 6 o 7 a.C.  
alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme
 Il termine greco magoi (con la traduzione italiana di magi) raccoglie diversi significati: sacerdoti persiani, detentori di poteri soprannaturali, astrologi. "L'ambivalenza del termine 'mago', che troviamo qui, mette in luce l'ambivalenza della dimensione religiosa come tale. la religiosità può diventare una via verso una vera conoscenza, una via verso Gesù Cristo" (Benedetto XVI). 
La tradizione cristiana ha identificato questi magi con sovrani provenienti dall'Oriente (ciò lascia pensare alla Mesopotamia, la patria dell’astrologia del mondo greco) e ha fissato il loro numero a tre, ispirandosi ai doni da essi offerti. L’oro, l’incenso e la mirra riecheggiano il Sal 72,10; Is 60,6.Questi non erano dei semplici astronomi, ma persone capaci di guardare oltre l'orizzonte. 
v. 2: dov’è colui che è nato
La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: “Dove sei?” (Gen 3,9) perché anche l’uomo chiedesse a sua volta a Dio: dove sei? E i due si potessero incontrare.  Anche da parte dei magi c’è un "dove sei?". Nella loro domanda sta nascosto un invito a chiederci chi è questo bambino? dove si trova?
Il re dei Giudei
È un'espressione pagana e non ebraica. In Israele si sarebbe detto re di Israele. Il seguito del Vangelo chiarirà meglio questo: il titolo di re è attribuito a Gesù solo nel contesto della Passione (cfr. Mc 15,9; Gv 19,19-22), dove ricorre con una certa insistenza. È la passione il luogo dove si coglie il vero significato della regalità di Gesù, una regalità diversa da quella a cui gli uomini sono abituati. 
Abbiamo visto spuntare la sua stella
La menzione della “stella” mostra che essi sono esperti in astrologia. La stella nell'antico Oriente era il segno di un dio e, di conseguenza, di un re divinizzato. Matteo ci riferisce questo fatto, non perché è interessato dal fatto che una stella abbia confermato la nascita del messia, ma perché esiste una profezia messianica esplicita nel libro dei Numeri (La profezia di Balaam: 24,17), che parla di una stella.
Stando a una nota linguistica, possiamo leggere questo "spuntare" col sostantivo greco "anatolè" dal verbo "anatello", che significa stella, sole, dente, germoglio come il germoglio profetato da Isaia (Is 11,1-11).
Ma al di là di tutto questo, vi è non solo nelle persone ma in tutto il cosmo un movimento verso Cristo quasi a riprendere le parole dell'evangelista Giovanni: "tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste" (Gv 1,3).
L’arrivo dei Magi è il segno che Gesù compie le promesse antiche, ma il compimento è accompagnato dal giudizio su Israele: i lontani accolgono il Messia e i vicini lo rifiutano: il Messia è il segno di contraddizione. 
Tutto il Vangelo di Matteo è segnato da questa sorpresa: basti pensare alla parabola dei vignaioli omicidi (21,33ss.) o alla parabola del banchetto di nozze (22,1-14), ambedue mostrano che il regno passa da Israele ai pagani, e che questo passaggio rientra nel disegno di Dio.
e siamo venuti ad adorarlo
 Il termine greco proskyneó si riferisce a un atto di sottomissione (inchino profondo, prostrazione) davanti a una persona di grande dignità o autorità. In questo caso si tratta del “re dei Giudei”. Matteo descrive l'atteggiamento più appropriato degli uomini davanti a Dio per tre volte  (Mt 2,2.8.11). 
Questo gesto sembra anticipare quanto l'evangelista dirà in seguito: “Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e riceveranno a mensa...” (8,11). 
Dopo l'adorazione, scatta l'intimità espressa attraverso il simbolo del banchetto. Purtroppo l'umanità spesso “ha venerato e adorato la creatura al posto del Creatore” (Rm 1,25). “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” dice Pietro nella sua lettera (1Pt 3,15). Tuttavia l'adorazione non è solo un atto di timore, è anche espressione di adesione gioiosa, di libertà, di intimità. 
v. 3:  All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
Matteo ha cura di collocare il titolo di re in un contesto di opposizione. Accanto al re Messia c’è il re Erode. E il secondo ha paura del primo.  Erode con il suo orgoglio non entra in questa dimensione della regalità di Gesù. Si crede l'unico re assoluto, altri non sono che usurpatori. Si sente disturbato.  Dio viene a disturbare chi si sente troppo sicuro di sé  San Paolo dirà: "chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere" (1Cor 10,12).
Nel turbamento del re abbiamo una contrapposizione con una grande gioia nei magi (cfr. v. 10). Inoltre, questo turbamento per Gesù che entra nella storia dell'uomo ritornerà per la città di Gerusalemme, quando Gesù farà il suo ingresso trionfale (21,10).
v. 4:  Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo .
Erode si informa. Anche lui si mette in agitazione, in movimento. C'è un informarsi che significa ricerca. Ma attenzione, la ricerca di Erode, nonostante è presso sacerdoti e scribi, cioè presso altri poteri, quindi risulta negativa e non coglie la presenza della Luce. Paradossalmente può accadere quello che dice il Vangelo: i vicini non colgono la presenza della luce. Erode abitava a otto chilometri di distanza da Betlemme, quindi vicino; poteva facilmente trovare il bambino. Non lo ha trovato. I Magi sono lontani dal punto di vista fisico, spirituale e morale; eppure camminano; la luce è sufficiente per dare a loro un itinerario di salvezza. 
In questo versetto possiamo osservare le due convocazioni: quella di Cristo (fede suscitata) che chiama a sé per dare la vita, per dare la luce, per dare amore. Quella di Erode che chiama a sé per orgoglio, quell'orgoglio cieco che non ha né sapore e né amore, ma soltanto morte. A tutti viene data la possibilità di trasformare il proprio vagabondaggio in pellegrinaggio, il proprio camminare senza meta in un itinerario che ha come meta l’amore di Dio, il luogo dove l’amore di Dio si è manifestato. Per questo il Natale è il mistero paradossale che dobbiamo accogliere e fare nostro.
v. 6:  E tu, Betlemme, terra di Giuda
Erode viene a conoscere il luogo dove è nato (o nascerà) il Messia per mezzo della profezia del profeta Michea: Betlemme era davvero uno dei più piccoli villaggi della Giudea al tempo di David e dei profeti. In realtà la citazione è una combinazione di Mi 5,1 e di 2Sam 5,2. 
In questo versetto viene evidenziato la discendenza del Messia da Giuda, antenato di Davide (Mt 1,1-2).
non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda
La citazione vuole negare l'insignificanza di Betlemme. L'espressione della piccolezza indicata dal profeta Michea, allude ai pochi abitanti di Betlemme. Viceversa, l'Evangelista pensa alla grandezza morale del borgo, che ha la gloria di dare i natali a colui che sarà la guida vigile e sicura di Israele, del nuovo popolo di Dio.
da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele
La prima parte di questo versetto è una variante di una radice ebraica che vuol tradurre "capo" anche con "clan", quasi ad indicare la nascita di un nuovo popolo.
La citazione finale è presa da Mi 5,3 e 2Sam 5,2.  Dunque è Betlemme il luogo in cui deve nascere il Messia, poiché viene dalla stirpe di David “e pascerà con la forza del Signore” (Mi 5,3).
v. 7: Allora Erode, chiamati segretamente i Magi
Erode si sente detronizzato e rimanendo turbato fa le cose di nascosto. Chi è agitato si muove di nascosto, senza dare nell'occhio. Ha paura di mettersi in gioco, di accettare la realtà.
si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella.
In questa parte di versetto si vede chiaramente che Erode è interessato più al Chronos che al Kairos.
Anche lui, come israelita, era a conoscenza delle antiche profezie riguardo al Cristo, l'Unto di Dio. Il suo è un sapere che non ama, un sapere che è al servizio solo di ciò che a lui interessa: il potere. Anche lui, come i suoi connazionali, lo immaginava, tuttavia, come un capo politico, rivestito di forza e potere, un pericoloso concorrente, dunque, che occorreva eliminare prima che fosse troppo tardi.
v. 8: Andate e informatevi accuratamente sul bambino
L'indagine meticolosa del sovrano, travestita di devozione, cela, in realtà, gli interessi meschini dell'uomo preoccupato di salvaguardare il suo potere. Il re dei giudei, infatti, era lui; egli riteneva di essere il punto di riferimento e di unità del suo popolo. 
Ora questa "stella", apparsa improvvisamente nel cielo, viene a sconvolgere le sue prospettive, viene a competere con la sua autorità, la sua ricchezza, il suo prestigio.
v. 9: Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Ricompare la stella (notiamo che questa riappare, dopo che "si allontanano" da Erode e da Gerusalemme), che si muove insieme ai magi e li conduce fino al luogo preciso della presenza del Signore Gesù.
Quando Dio entra nella vita degli uomini lo fa sempre utilizzando un "linguaggio" che il destinatario può comprendere, rivelando così la sua condiscendenza: non dobbiamo, dunque, cercare i segni della presenza del Signore al di fuori della nostra storia, ma leggere il nostro quotidiano alla luce della Parola di Dio per scoprire le "stelle" e le "mangiatoie" in cui il Signore si fa trovare.
v. 10: Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima....
Viene sottolineata questa gioia immensa. La presenza del Signore ci riempie il cuore fino a farlo trasalire di gioia. La sua vista li riempie di una gioia profonda, quella che solo Dio può dare all'uomo, ai popoli; quella che ci rende capaci di uscire da noi stessi, superando ostacoli e contraddizioni, per comunicare ad altri ciò che è avvenuto nel nostro incontro con la Luce.
Gli annunzi profetici del Salvatore sono carichi di parole gioiose e di trasalimenti di felicità. "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda... Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine" (Is 9,1-6; cfr. Mt 4,14-15 ).
v. 11: entrati nella casa
Non ci meravigliamo se troviamo tradotto con casa e non grotta. Le abitazioni di campagna, avevano delle stanze ricavate dalla roccia tanto da formare delle grotte. Esse servivano come deposito oppure alloggio degli animali. Per casa qui si può intendere che Maria e Giuseppe avevano già una propria casa al tempo della visita dei magi, fu dopo che dovette vivere la precarietà dell'emigrazione in Egitto.
Mettiamo anche attenzione al verbo "entrare". Per adorare il bambino, bisogna entrare dentro la casa, dentro il suo mistero.
videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono.
Qui troviamo ancora un'altro verbo: vedere;  entrare e vedere sono i verbi di chi si mette in ascolto di Dio per poi portarlo a tutti.
I Magi esprimono un gesto davanti a Colui che ritengono superiore: prostrati, caduti per baciare i piedi o la terra vicina ai piedi. È la loro sottomissione, l'omaggio speciale dovuto al re. Così i Magi fanno appunto quello che erano venuti a fare (cfr. 2,2) e quello che Erode fingeva di voler fare (cfr. 2,8).  
I magi in altre parole, aderiscono al progetto di Dio che salva le persone a partire dal piccolo e dal povero e non dai potenti e violenti come Erode.
aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
I magi offrono doni significativi, i doni più apprezzati in Oriente che ci permettono di cogliere il mistero in tutta la sua profondità: l'oro di Ofir, l'incenso dell'Arabia e la mirra dell'Etiopia.  
Di per sé quelle offerte sono il simbolo del riconoscimento di Gesù come messia, a cui si presenta un tributo di venerazione, come suggerisce la Bibbia: Sal 72, 10-11 (offerto dalla liturgia), come pure Gen 49,10; Num 24,17; Mi 5,1-3; Is 49,23; 60,1-6.
Per sant'Ireneo di Lione nel II secolo, queste ricchezze, tributate a Gesù, simboleggiano la regalità (oro), la divinità (incenso) e la passione di Gesù (mirra). In altre parole, i magi - simbolo di quanti accettano il potere di Dio manifestato nel bimbo Gesù - in primo luogo si donano al servizio del Salvatore (= si prostrano) e poi, mettono a disposizione di Gesù il meglio di ciò che hanno, i loro doni.
Questo atto di omaggio richiama il cristiano all'esistenza quotidiana da vivere con le buone opere, con l'orazione e col sacrificio.
v. 12: Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Anche i magi come Giuseppe, vengono avvertiti in sogno e come lui obbediscono prontamente alla volontà di Dio, per un’altra strada. C'è una strada nuova da percorrere e non per la semplice paura di un Erode. Dio si rivela perché l'incontro con Lui li ha reso uomini nuovi, capaci di avere in sé un nuovo cielo e una nuova terra. Uomini capaci di non alzare gli occhi verso una stella, ma di puntare lo sguardo oltre l'orizzonte.
Questi uomini, sono liberi dagli inganni dell'Erode del mondo e perciò ritornano alla vita per una via tutta nuova, che il discernimento aveva loro indicato (cfr. 1Re 13,9-10). 
Una volta incontrato Cristo, non si può più tornare indietro per la stessa strada. Cambiando la vita, cambia la via. L'incontro con Cristo deve determinare una svolta, un cambiamento di abitudini. Con san Giovanni possono ripetere: "Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi" (1Gv 1,1-2).
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Come vivo il mio pellegrinaggio verso Cristo?
Mi lascio disturbare da Dio oppure lo tengo distante da me?
Ne so abbastanza del Messia e di dove dovrà nascere?
Quale difficoltà incontro nella conoscenza profonda di Cristo Gesù? Come le supero?
Nella mia ricerca della verità so affidarmi, mettermi in cammino e in ascolto di Dio?
Posso dire che la “gloria di Dio” trasfigura la mia esperienza concreta, il mio modo concreto, di pensare e di vivere?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.
 
Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
 
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.
 
Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. (Sal 71)
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Cercherò di vivere la giornata di oggi nella certezza che il Signore è presente nel mio quotidiano: nelle persone che incontro, nel lavoro che svolgo, nella mia famiglia... 
Ripeterò spesso questa Parola per poterla vivere: Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce.