martedì 8 agosto 2023

LECTIO: XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A)

Lectio divina su Mt 14,22-33
 

Invocare
Onnipotente Signore, che domini tutto il creato, rafforza la nostra fede e fa’ che ti riconosciamo presente in ogni avvenimento della vita e della storia, per affrontare serenamente ogni prova e camminare con Cristo verso la tua pace. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
22 Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23 Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24 La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25 Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26 Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27 Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28 Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29 Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30 Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31 E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32 Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33 Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
In queste domeniche, Gesù propone l’annuncio del Vangelo nel segno del pane. Domenica scorsa, per via della domenica della Trasfigurazione del Signore, non abbiamo ascoltato il brano. Infatti, il Vangelo che precede questo nostro brano domenicale ci ricordava la moltiplicazione dei pani per “cinquemila uomini, senza contare donne e bambini” (v. 21) e l’avanzo delle dodici ceste (v. 20).
Ora, dove sono andati a finire queste 12 ceste? I discepoli sono 12 perché fanno riferimento alle dodici tribù di Israele e sono chiamati da Gesù perché stessero con lui. Il discepolo è colui che porta con sé una cesta, perché tutti possano accogliere la proposta di Gesù.
Nel brano corrente, Gesù continua a mostrarsi il Messia (cui obbediscono gli elementi creati) camminando sopra le acque. Il racconto è presente in parallelo in Mc 6,45-52 e in Gv 6,16-21, con una propria versione. E nei tre vangeli, il fatto segue immediatamente quello della “moltiplicazione” dei pani.
Nel racconto comune si avvertono flash tematici ricavati dall'Antico Testamento: a proposito del camminare di Dio sulle acque del mare (cfr. Sal 77,20; Gb 9,8) e soprattutto nell’auto rivelazione divina. 
Il brano riporta per tutti noi l'amore universale di Dio comunicato a tutti, anche ai pagani, nonostante le resistenze dei discepoli.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
vv. 22-23: Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla.
Il versetto fa supporre che ci sia stato un ordine da parte di Gesù a cui i discepoli hanno posto “resistenza”. Quindi Gesù costringe i discepoli a prendere la barca e precederlo sull'altra riva, presso la terra dei pagani, la terra delle tenebre.
I discepoli fanno fatica ad accettare che la proposta del Vangelo sia fatta anche ai pagani, fanno fatica a portare quella cesta di pane che è Cristo, in terra tenebrosa. Isaia aveva profetato: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1; Mt 4,16)). Matteo ripresenta, ancora oggi, questa missione di Gesù in mezzo a questo popolo che cammina nelle tenebre, perché possano vedere per lasciarsi rischiarare mente e cuore e saziarsi di quel pane che è Cristo.
Gesù, sa bene di questa fatica da parte dei discepoli ad andare in terra pagana, ma li invia ugualmente. Da parte sua vuole rimanere solo con la folla per poi "congedarla".
Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
C'è una ricerca graduale di solitudine profonda che Gesù ottiene dopo aver congedato una folla entusiasta per i miracoli, ritirandosi su un monte a pregare, da solo.
La preghiera è fatta sul monte, su un luogo elevato, simbolo della rivelazione divina, mettendo in luce l'origine soprannaturale del suo potere e il suo rapporto speciale con Dio (cfr. Mt 5,1). Ecco il ponte tra Dio e gli uomini, il mediatore unico: "l'uomo Gesù Cristo" (1Tim 2,5).
Gesù cerca il silenzio della preghiera, quella preghiera unica che può fluire soltanto tra lui e il Padre. Non è la preghiera fatta poco prima per benedire i cibi, ma l'ineffabile comunione di vita tra lui e il Padre.
La preghiera, la sera, la solitudine di Gesù sono quei simboli che indicano la fine della missione di Gesù, ha donato la sua vita facendosi pane spezzato per l’altro, passando e risanando ogni infermità. Ora, Gesù è pienamente nella gloria di Dio e non più fisicamente coi discepoli.
v. 24: La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario.
Un altro simbolo che troviamo è la barca, simbolo della Chiesa. Questa barca, questa comunità dei discepoli, è la Chiesa nelle sue situazioni: molto fragile, collocata tra due poli: la terra e il cielo, sospesa nel vuoto, insidiata dall’abisso della notte, avvolta dal nulla, avvolta dall’incertezza. Essa naviga nel mare e il mare è il simbolo di quanto si oppone alla vita e l’Evangelista mette in evidenza quegli elementi, quelle difficoltà, quelle resistenze della vita.
Il versetto descrive la barca agitata dalle onde, con il vento contrario, non è una cosa simpatica (cfr. Sal 48; 107), ed è questa la vita cristiana quando comincia ad essere distante da Dio: è agitata dalle onde, simbolo di una fede fragile, di una fede insidiata dall’oscurità.
La tenebra che stanno affrontando i discepoli in questo momento è il simbolo del disorientamento. È la notte oscura, le notti dell’abbandono, dello scoraggiamento, delle varie angosce che ancora oggi viviamo ove la nostra fede vacilla ed entriamo in quella crisi che ci pone quella tentazione: vale la pena continuare a vivere secondo il Vangelo?
vv. 25-27: Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare.
Il versetto dice che siamo alla quarta vigilia della notte. Le quattro vigilie della notte si chiamavano: sera, mezzanotte, canto del gallo, mattino. L'inizio della sera era verso le nostre ore 18 e le veglie duravano circa tre ore. Siamo dunque alla vigilia del mattino (dalle 3 alle 6).
Qui la notte sta per finire, è l'alba di un nuovo giorno e inizia il giorno di Dio. Il camminare di Gesù sulle acque è un gesto simbolico, che richiama l'immagine biblica di Dio che «cammina sulle onde del mare» (Gb 9,8; cfr. Sal 77,20), imponendo ad esse il suo dominio, e guida gli Israeliti attraverso il mar Rosso, destinando gli Egiziani alla distruzione (cfr. Es 14). Non abbiamo altre immagini nell’Antico Testamento di un profeta o di un uomo di Dio che camminasse sulle acque ma di Dio sì. Dio cammina sul mare della nostra vita perché vuole essere un tutt’uno con noi (Gb 9,8).
Qui Gesù, camminando sulle acque, manifesta pienamente il suo essere Dio!
Vedendolo camminare sul mare i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura.
I discepoli, in questo momento, sono coloro che non hanno ancora capito il messaggio divino, nonostante tutto non hanno capito chi è Gesù: è impossibile per un uomo avere la condizione divina. È più facile per loro aggrapparsi alla paura che alla fede. Infatti, credono di vedere un fantasma e gridano dalla paura. Il loro spavento li separa da Dio atteggiamento che accadrà anche alla risurrezione (Lc 24,37).
C’è una crescita della fede ancora aperta ma bloccata dalla paura. Qui manca la coscienza reale della presenza del Risorto nella propria vita. Anche per noi, oggi, è la stessa cosa. Sentendoci soli, ci spaventiamo e “vediamo fantasmi” come i discepoli. Occorre imparare a gettare il proprio cuore in Dio, lo stesso Dio che abbiamo conosciuto e restargli fedele.
Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Gesù dà corpo al coraggio e allontana ogni paura. Il coraggio è il contrario della paura, come la paura è il contrario della fede. I discepoli sono invitati ad avere fede, a crescere in essa. Infatti, il coraggio è il frutto della fede. La fede è il valico dell’orizzonte, perché riguarda ciò che è possibile a Dio. Mentre la paura riguarda il limite creaturale.
L'espressione «sono io» (egô eimi, “io sono”) è il nome di Dio, è il nome con il quale Dio ha risposto a Mosè nell’episodio del roveto ardente e quando dice «Vedrete che Io Sono e nessun altro Dio è accanto a me» (cfr. Dt 32,39; Es 3,14; Lv 19,1.4; Is 43,10; 51,12).
Con quest’espressione Gesù rivela la sua identità divina manifestando il potere di Dio.
v. 28: Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».
Da qui Matteo inserisce degli incisi petrini e presenta il discepolo come una testa dura, che si ferma all’esteriorità, che non esita a lanciarsi verso il Maestro con l’entusiasmo e la forza di tutti, così come la paura è di tutti.
Questa testardaggine di Pietro lo fa parlare come il diavolo nel deserto: "se sei tu...". Pietro sarà anche l’unico discepolo che meriterà da Gesù l’epiteto “satana” a cui Gesù ordinerà: “Satana, torna a metterti dietro di me!” (Mt 16,23).
In Pietro ci sta il coraggio e il dubbio e vuole una prova della presenza di Dio, vuole essere come Dio, vuole come Lui camminare sulle acque. Forse Pietro dimentica che quella facoltà consiste nell’amare tutti, di essere pane spezzato per l’altro, pane condiviso e non un segno miracolistico.
vv. 29-30: Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
Gesù lo invita; Pietro allora scende dalla barca, lascia quella barca a cui è stato messo a capo e, camminando anch’egli sulle acque, va verso Gesù. Il suo camminare sull'acqua lo conforma al Maestro, perché si espone sino in fondo. Viene così a stabilirsi uno stretto rapporto tra il ministero di Gesù e la funzione del capo degli apostoli (cfr. 16,18). Questo dipende sempre dalla fede: un buttarsi, uno scendere dalla barca per ascoltare la Parola e donare la vita come fece Gesù.
Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».
Il vento però è forte, uguale a quello indicato da Gesù nella parabola della casa costruita sulla roccia (Mt 7,21-27) come avversità normali che piombano sulla vita del credente, ma se la casa è fondata sulla roccia, questa rimane salda.
La paura, la mancanza di fiducia in Gesù fa crollare Pietro nel suo niente gridando e invocando la salvezza. Questo grido è ripreso dall'Antico Testamento, dal Sal 69,3 dove il protagonista riferisce la propria esperienza di quando stava per affogare: «l'acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e l’onda mi travolge». In tale situazione il protagonista lancia un grido: «Salvami, o Dio!» (v. 2) e «Non mi sommergano i flutti» (v. 16).
Pietro è l’immagine della nostra condizione. Preghiamo, guardiamo Gesù ma non siamo così pienamente fiduciosi, di fare come Gesù, di arrivare alla fine. Abbiamo fede ma non così tanta da fidarci pienamente di Gesù fino al punto di lasciare la barca, lasciare la nostra comunità, fuggire dalla realtà.
v. 31: E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»
Pietro è il pescatore pescato e Gesù lo pesca secondo la Bibbia: «Stendi dall'alto la tua mano, scampami e salvami dalle grandi acque» (Sal 144,7; vedi anche i Sal 18,17; 107,28.30): è una mano sempre tesa quella di Dio!
Gesù lo rimprovera chiamandolo uomo di poca fede. Quest’appellativo di "uomo di poca fede" è un termine tecnico che in Matteo è usato spesso da Gesù per indicare la poca fiducia dei discepoli nei suoi confronti (cfr. 6,30; 8,26; 16,8; 17,20). È la fragilità umana che anche alla passione di Gesù si rivelerà tale!
Nelle tempeste della vita cristiana non siamo soli, occorre accogliere Cristo nella propria vita. Dio non ci abbandona in quei momenti. Quella apparenza in cui sembra assente succede ogni volta che voltiamo lo sguardo “verso il vento forte”. Chiediamoci allora dove è posato il nostro sguardo?
vv. 32-33: Appena saliti sulla barca, il vento cessò.
La presenza divina mette a tacere tutto. Come nel caos primordiale le acque sono state placate dalla Parola divina (Gen 1,1-3) anche adesso, sotto la potenza della stessa Parola divina, la creazione si fa ancora più docile al suo Signore. Quando nella comunità c’è la presenza di Gesù risorto ed è lui a guidare, a dirigere la comunità, le ostilità cessano.
Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Questa è l’esperienza della fede, quella fede che ti fa immergere nella morte e risurrezione di Cristo Gesù (il battesimo). Quest’esperienza ci dice che bisogna restare nella barca al di là delle ostilità, non bisogna uscire come fece Pietro ma continuare a starci sopra e lì accogliere il Maestro.
Quest’esperienza è quella che ti porta a professare la tua fede. Il verbo «prostrarsi» è usato in Mt 2,2.8.11; 8,2; 9,18; 15,25; 20,20; 28,9.17. Con questa espressione essi sono interiormente rinnovati, hanno capito chi stesse davanti a loro e proclamano la messianicità di Gesù, anticipando così la professione di fede che verrà fatta da Pietro a Cesarea di Filippo (cfr. Mt 16,16). Sarà anche conosciuta dai discepoli e anche dai soldati al Calvario (Mt 27,55).
Qui c'è una certezza: Gesù è il Figlio di Dio, il Risorto, sta in mezzo a loro, sta in mezzo a noi. Ed è una professione di fede!
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Quale posto ha nella mia vita la preghiera personale, il dialogo con Dio?
Su che cosa sto costruendo i miei progetti, le mie scelte, il mio stile? Su quali basi si reggono?
Nei momenti di buio, di tempesta, come reagisco? Riesco a cogliere la presenza di Gesù nella mia vita?
Sono testardo come Pietro oppure ho piena fiducia? Mi getto sulla Parola del Signore?
Faccio esperienza di Dio? Professo apertamente la mia fede, riconoscendo Gesù Figlio di Dio?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
 
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
 
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. (Sal 84)
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
"Esci e fermati alla presenza del Signore". (1Re 19,11). È la chiamata di ogni battezzato che si riscopre bisognoso di Dio, che riscopre il gusto della preghiera e che si affida in ogni istante della sua vita, nel bene e nel male, perché gettando il suo cuore nel Risorto, possa ascoltare e rafforzare la sua fede e annunciare Cristo, secondo il cuore di Dio.