martedì 24 ottobre 2023

LECTIO: XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A)

Lectio divina su Mt 22,34-40

 
Invocare
O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l'unica legge della vita. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
34 Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37 Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Il vangelo di oggi ci presenta la quarta delle cinque dispute che Gesù sostiene con i rappresentanti delle autorità giudaiche a Gerusalemme nei giorni che precedono il suo arresto. Questa volta sono i farisei i quali, avendo constatato che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, lo mettono alla prova, tentano un’altra volta di coglierlo in fallo attraverso uno dei loro esperti della Torah.
Il dialogo tra Gesù e il dottore della Legge che ci presenta Matteo è molto diverso da quello presentato dall’evangelista Marco (12,28-31) e dall’evangelista Luca (10,25-28). In essi troviamo uno scriba che con Gesù stabilisce un dialogo costruttivo e da Lui viene incoraggiato nel suo cammino verso il Regno di Dio.
Nel caso del vangelo di Matteo, l’Evangelista non riporta nulla circa la reazione del dottore della Legge: vi è un dibattito aperto ma che rimane chiuso. Il dibattito riguarda il comando grande della legge. La legge comprende tutta la Torah con tante prescrizioni oltre il decalogo, da cui sono state estratte 613 norme, con 248 precetti e 365 divieti. In pratica 1226 leggi amministrative e anche più da vivere.
Ci stava anche una ricerca del cuore della Legge che appassionava gli uomini religiosi al tempo di Gesù. Chissà se ancora oggi è così? Chissà se anche noi siamo alla ricerca del cuore della Legge?
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
vv. 34-35: Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova
C’è sempre la tentazione di ridicolizzare Gesù. Qui ancora una volta lo si vuole fare sulla teoria della risurrezione. Ogni volta che vengono sconfitti, trovano un sistema di alleanza per riprovarci, fanno il gioco di satana che ci riprova, fino alla fine. Anzi, provano a non andare allo sbaraglio e inviano un esperto, un dottore della legge, il quale prova anche lui a “tentarlo”. Questo è il verbo usato dall’Evangelista e nelle pagine restanti del vangelo matteano non lo ritroviamo più.
Questa tentazione richiama le tentazioni nel deserto. Il Tentatore ha provato sempre a cambiare maschera. Ora ci proverà anche con il “bacio di Giuda”; poi con le beffe di Caifa; poi con Ponzio Pilato. Intanto ci prova con un dottore della legge.
v. 36: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Il dottore della Legge si rivolge a Gesù chiamandolo Maestro. Per la terza volta appare questo titolo attribuito a Gesù. La domanda che gli viene rivolta è molto fine: serve anzitutto per allontanarlo dalle parole chiare che egli pronuncia nella sua predicazione e per invischiarlo, invece, nel ginepraio dei cavilli, sul quale loro sono più preparati e competenti.
“I rabbini mettevano in luce la molteplicità delle prescrizioni, ripartendo i 613 precetti della thora in 365 proibizioni – numero dei giorni di un anno – e in 248 comandamenti – numero delle componenti del corpo umano” (Jean Radermakers). Ci può sembrare strano, ridicolo ma senza andare tanto lontano anche noi, oggi, siamo inondati da migliaia di leggi.
L’interlocutore non chiede quale sia il primo comandamento ma usando un semitismo, chiede il massimo dei comandamenti e credo anche il principio ispiratore.
A quel tempo era scontato per tutti che il grande comandamento era l'osservanza del sabato, perché è l'unico che anche Dio osserva. Questo perché nella Genesi si dice che il settimo giorno, cioè il sabato per il calendario ebraico, Dio si riposò. Gesù lo evita e risponde in un modo inaspettato.
vv. 37-38: Gli rispose: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento.
Gesù, non si sottrae e spostando la sua risposta al vero problema fondante citando la Sacra Scrittura riporta lo Shema, la professione di fede dell’israelita, (cfr. Dt 6,4-9). Essa è la grande professione di fede nel Signore Dio ripetuta due volte al giorno dal credente ebreo. Qui la grandezza del comandamento: l’amore dell’uomo verso Dio.
Questo amore verso Dio viene descritto in “tre tappe”. Anzitutto si ama Dio “con tutto il cuore”. Dio chiede ai suoi fedeli un cuore indiviso. Ciò significa che in esso non vi deve regnare nessun altro amore, né per le cose e né per le persone. Il nostro cuore Dio lo vuole tutto per sé.
Occorre entrare in relazione con Dio stesso, attraverso l’amore, che giustifica la grandezza del comandamento. Ecco perché aggiunge “con tutta l’anima” perché essa è la vita, il respiro che permette al corpo di muoversi ed operare. Inoltre, ciò che deve caratterizzare l’amore per il Signore è la totalità (“la mente” di cui si parla = pensiero, riflessione, meditazione, luce), perché il desiderio di Dio è imparare a trasformare la nostra vita in amore. È un richiamo alla ricerca del meglio, dell'ottimo, dell'obbedienza ad ogni sua Parola sapendo che l’amore è principio di ogni trasformazione, di divinizzazione dell’uomo.
v. 39: Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Il secondo è simile, cioè, ha la stessa importanza. Gesù rivela qualcosa di inaudito: l’amore dell’uomo è sullo stesso piano dell’amore di Dio. Questa similitudine vuol dire imparare ad avere come motivazione delle nostre scelte l’amore. L’amore verso Dio, primo; l’amore verso il fratello, accanto all’amore verso Dio. Dio deve diventare il riferimento supremo, assoluto della nostra vita. Amare Dio vuol dire: fare entrare concretamente Dio dentro alla nostra vita, in modo che le nostre scelte siano misurate con Lui.
C’è qui una prima annotazione “amerai il prossimo”. Il termine prossimo è il superlativo di vicino. Quanto è difficile amare chi è vicino. È più facile amare chi teniamo alla larga, lontano, che evitiamo di incontrare. Il vicino invece diventa il riflesso dell’umano rivela tutti i miei limiti e i suoi che spesso vanno in collisione, c’è la paura, c’è il contrario dell’amore; lo sa bene chi vive l’esperienza di coppia e sa pure che l’amore non è obbligo ma una scelta per sempre e tiene conto dei limiti e fa del limite il luogo di relazione, di dono reciproco e di comunione.
L’altra annotazione che forse tante volte sfugge o dimentichiamo: “come te stesso”. Se uno non ama sé stesso, per sé non ama né l’altro e né Dio. Questo comandamento così è stato spiegato e sintetizzato da Cristo Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).
Certo, ognuno può chiedersi come imparare ad amare sé stessi. Risponde benissimo la parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37) che addita a una passione incondizionata per ogni fratello e sorella che si incontra nel cammino della vita (cfr. Francesco, Fratelli Tutti, 79). Ciò non si tratta di una semplice generosità ma va oltre, perché mette Cristo al centro di tutto, anzi lo si riconosce in ogni persona (cfr. Mt 25,40.45).
v. 40: Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti.
Matteo nel suo vangelo ha sempre voluto sottolineare che Gesù non è venuto per abrogare la legge o i profeti, ma per dare compimento (Mt 5,17), cioè a “valorizzare”, “realizzare”, “adempiere”... dal verbo greco “pleròo”.
Questa è l’azione di Gesù. Lui è la pienezza del mistero di Dio, “Perché nel donarci, come ci ha dato, il Figlio suo, che è una Parola sua e non ne ha un’altra, ci ha detto tutto ed in una volta sola in questa unica Parola, e non ha più niente da dire” (S. Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, II, 22, 3). Per questo la fede è la ricerca amorosa del “Dio nascosto” che si rivela in Gesù Cristo, l’Amato (cf. S. Giovanni della Croce, Cantico spirituale, I, 1-3.11). Il Verbo fatto carne sarà Lui a realizzare pienamente questa umanità, così gloriosa e al contempo così povera. Ecco perché Gesù non fa altro che mostrare che tutte le esigenze della legge sono concentrate sull’amore, la cui fonte è Dio. Ma Gesù aggiunge anche i profeti. Essi non dicono altro che questa conversione, questo cuore nuovo che il Signore ci dona perché possiamo diventare come Lui capaci di amare. Altrove inviterà ad essere “perfetti” come è perfetto il Padre celeste (cfr. Mt 5,43-48), cioè, amare in modo integro come il Padre celeste.
“Tutta la Legge e i Profeti” sono racchiusi in questi due Comandamenti. Ogni altro comandamento è solo esplicitazione di questi due.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Leggo la Parola di Dio per un tornaconto personale, oppure mi lascio plasmare da Essa?
La ricerca del cuore della Legge mi appassiona?
Per me "Qual è il più grande comandamento?", qual è il nocciolo del vangelo? Volersi bene? Giusto. Ma è tutto?
Amo me stesso per poter amare Dio e il prossimo?
Amare i fratelli in Dio e Dio nei fratelli non è facile. Quali sono gli scogli che trovo nella mia esperienza personale?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.
 
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
 
Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. (Sal 17)
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Mi fermo a rileggere questa pagina e a revisionare la mia vita. Chiedo a Dio che mi faccia dono del suo amore, dell'amore sincero a cominciare da me stesso perché, se non amo me stesso è difficile che amo il prossimo, che amo Dio.