Lectio divina su Lc
1,26-38
O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen
Quest’anno, per il ciclo C, la solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, “fa sosta” nella seconda domenica di Avvento.
L’annunzio della nascita di Gesù a Maria di Nazareth costituisce il centro del Vangelo dell’infanzia secondo la narrazione lucana. Il nome della Vergine Maria, importante per la nostra vita, assume un ruolo misterioso, ma eminente. La sua etimologia è stata interpretata in vari modi. Anzitutto dall’ebraico che ha un composto di due radici: "m-r" che significa "amare" e "-y-m" che significa "Dio", quindi il significato del nome originale ebraico è "amata da Dio" o "ambita da Dio". Alcuni rabbini hanno fatto derivare il nome Miryam dalla radice ebraica "mrr" = "essere amaro". Questo ben si collegherebbe alla tradizione di Maria, Madre del dolore.
Tra le ipotesi più accreditate, Maria si fa risalire anche alle radici “or”, luce, più “yam”, mare, e quindi vorrebbe dire “illuminatrice” ma anche “stella del mare”. La Vulgata di san Girolamo, con molta probabilità di equivoco traduce con “stilla” e quindi anche “goccia del mare”, più tardi ricorretta con “stella”. Infatti, come la stella, indica il sereno dopo la tempesta, così la Madonna, entrando nell’anima, allontana il peccato e fa tornare il Signore nel cuore dell’uomo. Quest’ultima traduzione era preferita da san Bernardo e che troviamo in una celebre sua invocazione.
Della Vergine Maria l’evangelista Luca ama sottolineare la povertà della sua condizione: è una donna (quindi socialmente debole), è vergine, priva dell’unico valore socialmente riconosciuto alla donna nella società antica: la maternità; vive a Nazareth (oscuro villaggio di una regione religiosamente infida). Ma Dio ama compiere le meraviglie della sua opera proprio nella debolezza della condizione umana; san Paolo ricorda che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza (Cfr. 2Cor 12,7-10). Così Maria diventa la “proclamazione della grazia di Dio”; niente in lei è grandezza puramente umana; tutto è opera di Dio nella creatura umana.
Nel brano dell'annunciazione abbiamo il mistero dell’incontro tra l’uomo e Dio che non si può spiegare perché è l’incontro dell’amore. Avviene e basta. È un incontro che lascia il segno: qui sta la grandezza.
La novità è questa: la speranza del popolo trova il suo compimento nella Vergine di Nazareth, Maria, che sta per diventare madre del Figlio dell’Altissimo, del Salvatore del mondo.
San Giovanni Crisostomo ci aiuta a capire questa novità con queste parole: “È in te colui che si trova dappertutto; è con te e viene da te, lui che è il Signore in cielo, Altissimo nell’abisso…, Creatore al di sopra dei cherubini…, Figlio in seno al Padre, Unigenito nel tuo ventre, Signore – egli sa come – interamente dappertutto e interamente in te”.
v. 26: Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret
La Parola porta un evento, un annuncio, qualcosa di nuovo, di bello, di inaudito. È il «sesto mese». Da cosa? Abbiamo un dato cronologico, un'informazione che ci riporta all'episodio precedente, che racconta del concepimento di Giovanni Battista. Il sesto mese è in riferimento alla gravidanza di Elisabetta.
Nel pensiero lucano, presentare Maria al “sesto mese” significa presentarla in quell’umanità imperfetta e fragile. Non è ancora sette, ma in questa cifra vi è racchiusa la vocazione di Maria, la sua umile e “potente” comparsa sulla scena della salvezza, segno dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Dio si fa presente proprio in questo contesto per mezzo dell’angelo Gabriele. Egli viene ricordato solo due volte nell'AT. È il messaggero che svela a Daniele i tempi della fine (Dn 8,16 e 9,21). È l'angelo che apre il tempo del compimento delle promesse divine.
Questo accade a Nazaret. Non è Gerusalemme, la città santa, la città del culto, dove avvenne l’annunzio a Zaccaria (si potrebbe fare una lectio di confronto tra la vita di Maria con quella di Zaccaria) ma un villaggio di una regione disprezzata, infedele e semipagana; un villaggio che non gode di buona fama (cfr. Gv 1,46) e totalmente ignorato dall'AT.
v. 27: a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
La prima parola con cui l’autore del Vangelo qualifica Maria è: «vergine, promessa sposa». La parola “vergine” in greco parthenos mentre in ebraico 'almah, designa sia una ragazza vergine e sia una donna appena sposata. Senza esplicitare ulteriormente il termine greco vuole anche indicare una fanciulla che non ha avuto rapporti sessuali (cfr. tradizione patristica). Nella Bibbia, inoltre, indica una vita sempre disposta ad accogliere.
Questa descrizione dell’Evangelista, come una intuizione, ci trasporta nelle pagine dell’AT che aveva visto e desiderato per la donna sterile un destino di grazia: “Beata la sterile non contaminata… avrà il suo frutto alla rassegna delle anime” (Sap 3,13). Maria rappresenta, nella prospettiva del Vangelo, la novità compiuta dalla grazia di Dio.
La menzione di Giuseppe, discendente di Davide, serve a giustificare, sul piano storico, e legale, la promessa riguardante il figlio di Maria: Dio gli affiderà il trono di Davide suo antenato (v. 32).
Luca riporta anche il nome della Vergine, ma non la sua discendenza: Maria, il cui nome significa “amata”.
v. 28: Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
L’Angelo entra nella casa di Maria, entra nella vita di Maria e qui inizia il dialogo. L'ascolto è strutturato da un saluto e un appellativo, seguiti dalla garanzia di protezione divina.
Nel testo originale greco il saluto suona così: Kaire kekaritoméne; cioè: “rallegrati tu che sei stata trasformata (o ricolma) dalla grazia” (cfr. Sof 3,14ss.; Zc 2,14). Possiamo rileggere questo saluto traducendolo con queste parole: “rallegrati, Dio ti ha guardato con favore, con benevolenza, ti ha guardato con la ricchezza della sua generosità e ha trasformato la tua vita con il suo dono di grazia; per cui la forma che la tua vita ormai ha assunto è la forma prodotta in te dalla grazia di Dio, dal dono di Dio”.
Il participio greco usato indica una condizione permanente, quindi sostituisce il nome. Maria è identificata dall’inviato di Dio come colei che è totalmente avvolta dal suo amore gratuito e benigno.
Questo saluto si conclude con la protezione divina: «Il Signore è con te». È una espressione familiare che troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento e ricorda il patto veterotestamentario tra Dio e l’umanità (attesa messianica da parte di Israele) ma da collocare nella novità dell’evento cristiano.
vv. 29-33: A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.
Al messaggio dell’angelo Gabriele, fa da contrappunto una riflessione e una domanda di Maria. Luca sottolinea che Maria rimane turbata: è il suo travaglio che si pone davanti al suo Signore con timore. Il turbamento di Maria, più che per l'apparizione, come accade a Zaccaria, è per il senso del saluto rivoltole, là dove il “trovare grazia” implica il perdono, la salvezza, il favore di Dio che salva ed elegge a suo giudizio insindacabile. E in virtù di questa grazia che Maria continua a stare alla Sua presenza, divenendo modello e icona del cammino per ciascun cristiano.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Non è un saluto, ma una realizzazione messianica. Maria sarà la madre del Messia atteso e annunciato. Il turbamento che troviamo nella vita di Maria non è un semplice “turbare”, ma un perturbare, sconvolgere profondamente e fa parte del genere letterario delle annunciazioni (cfr. Lc 1,12) corrispondendo alle perplessità che avviene in ciascun chiamato ancora oggi (nella Bibbia possiamo vedere la chiamata di Mosé, Gedeone, Geremia, etc.).
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Espressione tipicamente biblica (cfr. Gen 16,11; 17,19; Gdc 13,5-7). Il profeta Isaia aveva annunciato: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14). Maria è la donna che, nella routine della vita ordinaria, si trova davanti al piano divino (elezione) che Dio intende realizzare per mezzo della sua persona a favore del popolo (vocazione e missione).
Maria è la donna che fa passare Dio nel suo cuore (re-cor-dare) per concepire un figlio, darlo alla luce e chiamarlo Gesù; accoglie i segni della realizzazione di quanto le viene prospettato nell’evidente miracolo del concepimento di Elisabetta e finalmente pronuncia il suo fiat.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Questa descrizione è la spiegazione del mistero. Fa riferimento ad una serie di titoli messianici ("sarà grande", lo stesso titolo è dato a Giovanni Battista); "Figlio dell’Altissimo" nel suo grembo l'Altissimo stava per assumere forma umana.
In queste parole pronunciate vi è una composizione teologica postpasquale, che Luca mette sulla bocca del Messaggero di Dio. Ogni parola fa riferimento all'AT. Possiamo cogliere la profezia di Isaia (cfr. Is 9,5-6); l'oracolo di Natan a Davide (2Sam 7,12-17).
Nel NT troviamo un'applicazione in Lc 6,35) che prepara al significato teologicamente più pregnante che avrà l’espressione Figlio di Dio del v. 35.
v. 34: Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
In questa domanda troviamo sempre quell’opposto con Zaccaria che cercava un segno. Maria, invece, cerca la sua obbedienza in Dio in maniera cosciente e responsabile. È una ricerca di come dovrà svolgere il suo ruolo, di come realizzare i disegni di Dio.
Maria in questa sua ricerca comincia a dare corpo a questa chiamata divina, a capire che “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is 49,1).
v. 35: Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
La risposta dell’angelo del Signore affonda sull’azione dello Spirito Santo, potenza creatrice, fonte di vita, che aleggiava sulle acque (Gn 1,2), atteso per i tempi finali e che rinnova tutto, dato alla Chiesa il giorno di Pentecoste, ma già operante nella vita pubblica di Gesù.
Lo Spirito opera in Maria il grande intervento divino della salvezza. Egli è Colui che copre, adombra come una nube.
L'ombra, la nube nell'AT, sono i segni della presenza divina (cfr. Es 13,21; 19,16; 40,34-35). Anche nel NT viene ripreso con lo stesso significato (cfr. Lc 9,34-35). Non si tratta di una presenza qualunque, come quella che nell'AT Dio riservava ai grandi uomini, ma di una presenza divina speciale (cfr. Es 40,35).
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.
Gesù nascerà santo, nella santità che si addice a Dio solo, e per questo motivo sarà chiamato Figlio di Dio, sarà riconosciuto come tale. Luca si fa portavoce di ciò che la comunità cristiana aveva accolto a riguardo della figura di Gesù: lo aveva riconosciuto come il Messia davidico atteso. Egli è figlio di Dio sia in quanto Messia, sia in forza della novità creatrice con cui è stato generato da una vergine.
vv. 36-37: Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
L’annuncio dell’Angelo a Maria avviene quando Elisabetta, sua parente, giunge al sesto mese di gravidanza. Questa è la conclusione del discorso dell’arcangelo Gabriele che si fa garanzia di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Garanzia che riscontriamo in altri personaggi: i tre angeli a Mamre (Gen 18,14); a Giobbe (Gb 42,2); a Geremia (Ger 32,27).
Per Maria non è una novità quel “nulla è impossibile a Dio”, l'ha meditato! Forse le è venuto in mente Sara, la moglie di Abramo, che espresse dei dubbi in merito alla sua futura gravidanza definendosi “vecchia” e “avvizzita”: «Perché Sara ha riso dicendo «Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia?» C’è forse qualcosa d’impossibile per il Signore?» (Gen 18,12,13). Sicuramente, Maria, ha ricordato chi è Dio nella sua vita, nel suo cuore, più volte. In questa garanzia vi è la fede di un popolo, la gioia di chi ripone fiducia in Dio (2Tm 1,12).
v. 38: Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore
Maria non ha bisogno di segni ma alle ultime parole dell’Angelo risponde: «eccomi». Una parola che ritroviamo per circa 200 volte, perché Dio passa sempre dalla vita dell'uomo, lo chiama. «Eccomi» è un’espressione che appartiene a colui o colei che ripone fiducia in Dio, che si mette a completa disposizione per compiere la sua volontà.
Il versetto, riporta una ulteriore qualifica di Maria: «serva del Signore» o «schiava» che, unica in tutta la Bibbia per una donna, richiama la vicenda di tanti chiamati che avevano accettato di mettersi al servizio del Signore: Abramo, Giacobbe, Mosè, Davide, il Servo sofferente... questo è il terzo nome attribuito a Maria. Il primo, Maria, le è dato dagli uomini, il secondo, «piena di grazia» (kecharitomene), da Dio, e ora il terzo, «Serva del Signore», se lo dà ella stessa.
avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei.
Il sì di Maria è un sì gioioso (ghénoito) è il primo sì alla consegna che Dio fa di sé stesso nelle mani di ogni uomo e di ogni donna. L'espressione "avvenga a me", nel testo originale greco, contiene in sé un desiderio ardente e un entusiasmo vivo di vedere attuato quanto le è stato proposto. Maria ci insegna che la volontà di Dio va accolta con fede ed eseguita con gioia.
Nel “sì” di Maria, troveremo il “sì” di Gesù. Lui è il consegnato dal Padre nelle mani dell’altro. E Maria, attraverso il suo “sì”, permette che attraverso di lei abbia inizio la consegna di Gesù.
L’Angelo si allontana da Maria. La sua presenza non serve più. È lei il nuovo Angelo, il nuovo Messaggero di Dio, l’Ancella.
Al sì di Maria, non importa più la presenza dell'Angelo. È lei il nuovo Angelo, l'ancella, titolo riservato ai grandi personaggi di fede (e solo uomini) e che ora è chiamata a donare il Verbo all'umanità!
Maria è la donna dell’ascolto. Dapprima, infatti, Maria ascolta. Sente di far parte di un popolo in ascolto, anzi di
un popolo di ascolto: «ascolta Israele» (Dt 6,4) è il credo del popolo istruito a sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda divina. Per Maria credere ha coinciso con l'ascoltare, cioè con l'essere da Dio: «Chi è da Dio ascolta le parole di Dio» (Gv 8,47).
▪ Mi metto in ascolto, pieno e totale, della Parola di Dio?
▪ Percepisco nella mia vita lo stato di grazia, il favore, della benevolenza di Dio?
▪ Mi sono mai sentito coinvolto in una missione che sembrava più grande delle mie forze e delle mie intenzioni? Come è stata la mia reazione?
▪ Cosa significa per me essere "la serva, il servo del Signore"?
▪ Mi chiedo come vivo e lascio passare di Dio nel mio cuore generandolo con coscienza e responsabilità.
▪ Che cos'è Maria per me: un'immagine da adorare o un modello al quale avvicinarsi con sensibilità per essere segno di speranza?
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! (Sal 97).