martedì 7 gennaio 2025

LECTIO: BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C)

Lectio divina su Lc 3,15-16.21-22


Invocare
Padre santo, che nel battesimo del tuo amato Figlio hai manifestato la tua bontà per gli uomini, concedi a coloro che sono stati rigenerati nell’acqua e nello Spirito di vivere con pietà e giustizia in questo mondo per ricevere in eredità la vita eterna.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

In ascolto della Parola (Leggere)
15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 
21Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».

In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
La festa del Battesimo di Gesù è stata sempre l'occasione per riflettere sul nostro battesimo. Scendendo nel Giordano, dicevano i Padri, Gesù ha idealmente santificato le acque di tutti i battisteri del mondo. «Oggi la Chiesa lavata dalla colpa nel fiume Giordano si unisce a Cristo, suo Sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia» – così recita l’antifona delle lodi del giorno dell’Epifania.
Il brano odierno è narrato dall’evangelista Luca e nel Tempo di Avvento è stato oggetto di meditazione. Tra tutti i personaggi abbiamo il Battista che possiamo approfondire la sua figura al Giordano confrontando i Testi di Mt 3,11-17; Mc 1,7-11; Lc 3,10-22. Nel contesto dei Sinottici troviamo la gente che scende nella parte più bassa della terra (397 metri sotto il livello del mare). Questo scendere è il simbolo dello scendere nella parte più bassa della propria esistenza per poter fare l’incontro vero.
Luca, nel vangelo, pone in parallelo il battesimo di Giovanni con quello di Gesù perché appaia chiaramente la continuità che li lega e nello stesso tempo la distanza che li distingue. Uno è il battesimo “con acqua” amministrato dal precursore; l’altro è il battesimo “in Spirito Santo e fuoco” amministrato dal più forte, da “colui che deve venire”.
Il battesimo in Spirito Santo e fuoco è quello che deve inaugurare l’esistenza della chiesa. È importante notare che il battesimo cristiano, che segna la nascita della chiesa, è preceduto dal battesimo di Gesù stesso.
Dal punto di vista esegetico, l’evangelista Luca, a differenza degli altri Sinottici, si manifesta sospettoso verso un tentativo del cristianesimo primitivo di presentare il Battista come un rivale o addirittura come un dichiarato oppositore di Gesù.
Il vangelo di Giovanni (1,8.19-34) è più esplicito (lo abbiamo già ascoltato in questo tempo natalizio) nel far rilevare che Giovanni il Battista non è il Messia. A Luca non sembra interessare il battesimo di Gesù in quanto tale (di fatto non lo descrive), ma quello che è avvenuto “dopo” il battesimo. Il battesimo di Gesù viene per ultimo, dopo quello di tutto il popolo; diventa così il battesimo amministrato da Giovanni l’ultimo atto del “tempo d’Israele”, tempo della preparazione. Da allora inizia un nuovo periodo della storia di salvezza, il “tempo di Gesù”, tempo del compimento.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 15: Poiché il popolo era in attesa
Luca ama far emergere la problematica che investiva la predicazione e l'opera del Battista. La predica del Battista accresce nel popolo l'attesa messianica, tempo in cui Dio avrebbe realizzato le promesse.
Luca mette in risalto è l'attesa del popolo, come se tutti si interrogassero sull'identità di Giovanni, e come se tutti fossero in attesa del Cristo. Sullo sfondo sta una convinzione profonda: l'uomo attende un compimento, porta con sé una domanda profonda, che spesso resta inespressa, una domanda di pace, di giustizia, un desiderio di instaurare relazioni positive e riconciliate. In modo particolare una simile attesa è condivisa da Israele, popolo scelto da Dio per avviare la storia della salvezza. Infatti, l’attesa non ha nulla di passivo perché ha un suo dinamismo nel cuore che richiama alla conversione continua. San Paolo poi ci dona un atteggiamento da vivere questa attesa: «rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi (...) Il Signore è vicino!» (Fl 4, 1.5).
tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo 
Nel quindicesimo anno di Tiberio (Lc 3,1-6), probabilmente il 28 d.C., quando l’asceta ebreo Giovanni soprannominato il Battista, a motivo di quanto faceva al Giordano, attirò grandi folle, compreso Erode Antipa, che poi lo fece arrestare e uccidere.
Per le folle, impressionate dall’autorità morale di Giovanni, subito cominciarono a chiedersi se non era proprio lui il Messia. Di fatto, dice il Vangelo di Luca che il popolo sta vivendo un’attesa ansiosa, febbrile e piena di desiderio nei confronti del Cristo. “Cristo” è la traduzione dell’ebraico Messia. Di per sé Messia viene dalla radice che significa “ungere”, “consacrare”; quindi, il Messia è un consacrato: consacrato da Dio e inviato. Consacrato vuol dire che ha una missione da parte di Dio. E la missione è la restaurazione di Israele.
v. 16: Giovanni rispose a tutti dicendo: Io vi battezzo con acqua
Giovanni risponde anzitutto a sé stesso, come i sacerdoti e i leviti gli chiesero (cf. Gv 1,22) poi a tutti, nessuno escluso. La voce che si alza nel deserto della vita arriva all’orecchio di tutti coloro che erano scesi nella parte più bassa della crosta terrestre.
Il suo battesimo è con acqua: elemento naturale per la purificazione. Il battesimo di Giovanni non rimetteva i peccati, ma chi lo riceveva esprimeva la volontà di fare penitenza. Se fosse servito a rimettere i peccati, Gesù non l’avrebbe richiesto, perché Egli era “il Santo”, come lo ha definito l’arcangelo Gabriele (cf. 1,35) e come lo chiamava satana (cfr. 4,34).
 ma viene colui che è più forte di me,
“Viene” vuol dire che sta entrando, che è entrato nell’esperienza di Israele. Il testo dice letteralmente: “viene il più forte di me”, non “uno più forte”, ma “il più forte”. C’è l’articolo “il” che indica una persona precisa, conosciuta come tale, attesa e preannunciata. Il profeta Isaia applicava al re-messia «forte, potente come Dio» (9,5) e che nell'AT costituiva uno degli attributi del Creatore, considerato sovrano dell'universo e della storia: «Il Signore regna, si ammanta di splendore, si cinge di forza» (Sal 93,1).
Quindi, Giovanni si presenta come un forte perché è mandato da Dio, è un profeta, ha una missione, deve realizzare un compito; ma la forza di Giovanni è solo una preparazione o un’attesa di una forza più grande legata ad un altro personaggio. Del quale dice semplicemente: “viene uno” di cui un canto processionale dice: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Sal 118). Tale canto viene applicato da Luca a Gesù durante il suo ingresso a Gerusalemme. Anche il famoso annuncio messianico nel libro del profeta Zaccaria riporta lo stesso messaggio: «Ecco, Sion, a te viene il tuo re» (Zc 9,9).
a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali.
Qui abbiamo un riferimento alla legge del levirato. La legge del levirato consisteva in questo: quando una donna rimaneva vedova, senza un figlio, il cognato – da qui il termine “levirato”, “levir” significa cognato – aveva l’obbligo di metterla incinta. Quando, per qualche motivo il cognato rifiutava, colui che aveva diritto dopo di lui, procedeva alla cerimonia dello scalzamento, scioglieva il sandalo della persona che doveva mettere incinta questa vedova, ci sputava e questo significava “il tuo diritto di mettere incinta questa donna passa a me” (cf. Dt 25; Rt 4).
In altre parole, il Battista dice “non sono io colui che deve fecondare questa vedova”, “ne avrei diritto io, ma lascio la precedenza a te”.
Il rapporto tra Dio e il popolo era raffigurato come quello tra uno sposo e una sposa; quindi, la vedova a cui si riferisce è la sposa che non ha marito, una sposa infedele. Il Battista riconosce in Gesù lo sposo di Israele. Sarà l’evangelista Giovanni a sviluppare bene questo concetto.
Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 
Il Messia porta lo Spirito Santo in misura sovrabbondante a coloro che sono disposti alla penitenza; agli impedimenti invece porta la condanna, il fuoco della perdizione. Il battesimo in Spirito e fuoco è un’immersione interiore, intima, profonda, dell’amore di Dio che rende poi capace l’uomo di trasformare la propria esistenza. Esso ha anche un riferimento al giudizio escatologico (si veda il battesimo amministrato da Giovanni) con riferimento ad Ez 36,25ss. Molto presto però questo testo è stato cristianizzato: per Luca il più forte è Gesù Cristo e il riferimento al fuoco, più che all’escathon è riferito alla Pentecoste. È interessante notare che questa espressione è ripresa dall’evangelista nel testo degli Atti (1,5 e 11,16) e attribuita a Gesù stesso. Ma che cosa vuol dire in “Spirito Santo e fuoco”? Che rapporto c’è tra questi due elementi, nei quali si compie il battesimo di Gesù? Qualcuno dice: il fuoco, non è altro che il fuoco dello Spirito Santo, perché “lo Spirito Santo è sceso sugli Apostoli sotto forma di lingue di fuoco” (At 2,3); quindi Spirito Santo e fuoco non sono due cose diverse, sono il dono della forza che viene da Dio e il segno di questa forza nell’immagine del fuoco. Le ipotesi però sono varie. Ma possiamo chiudere il pensiero così: “Lo Spirito Santo allude alla forza creatrice e rinnovatrice che il Messia riverserà sui credenti per renderli uomini «nuovi». Il fuoco allude non solo alla purificazione che opererà il Battesimo, così come si purifica l’oro nel crogiuolo, ma anche al suo significato escatologico, di separazione definitiva tra bene e male.
v. 21: Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 
È il momento atteso da Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19), preghiera da lui innalzata. Si tratta di un versetto in cui l’orante chiede a Dio di riaprire il cielo, di manifestarsi e di scendere in mezzo al popolo, così da attuare un nuovo esodo. Questo suggerimento al passo di Isaia suggerisce un significato importante al battesimo di Gesù: dopo un lungo periodo di silenzio da parte di Dio e da parte del suo Spirito, ora inizia il tempo atteso, nel quale Dio di nuovo si dona agli uomini e torna a parlare.
Al Giordano, si aprì come si apre una porta o una diga, come una breccia nelle mura. Il cielo si apre per permettere la comunicazione tra il mondo del divino e gli uomini. L’apertura dei cieli è un motivo ricorrente nei testi di rivelazione, e prelude sempre a una visione, così per esempio: Is 6,1; Ez 1,1 e anche At 7,56.
Nel nostro episodio, però, l’apertura dei cieli non prelude a una visione del mondo celeste, bensì alla discesa dello Spirito Santo. «Spirito» è parola che significa «vita», dal primo soffio di Dio che accende la fiamma misteriosa nel guscio d'argilla che è Adamo. «Santo» significa «di Dio» (Silvano Fausti). Vivere la «Vita di Dio», soffio che rianima la fiamma smorta, vitalità nuova per ogni battezzato.
v. 22: e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba,
Dal diluvio in poi Israele è stata raffigurata dalla colomba. Lo ricordano le tradizioni più antiche (Os 11,11; Sal 68,14), simbolo di gentilezza e del popolo di Israele. Luca intende dire che Gesù poteva quasi stendere la mano e toccare la nuova comunità che si stava formando attorno a lui, il che sarebbe stato possibile in un modo del tutto speciale quando la Pentecoste avrebbe realizzato la promessa del battesimo di Gesù.
Gesù è il nido della colomba ricolmo dello Spirito Santo.
e venne una voce dal cielo
Dire che la voce viene “dal cielo” non significa tanto la provenienza quanto l’autorevolezza. È uno stile biblico comune che ricorre sotto varie forme, e si riferisce a un messaggio o a un'azione che esprime le speranze di Dio e la sua determinazione (Es 19,9; 1 Sm 3,4 ss; 7,10; Sal 29).
La voce indica una presenza. Questa è più che una presenza perché è la presenza del Padre. Il testo indica non colui che emette questa voce, ma piuttosto colui che ne è il destinatario. Il destinatario è Gesù. Quante volte non siamo semplicemente voce e il nostro servizio è molto diverso dall’essere voce. Invece rimanda, il nostro servizio, a chi lo compie, non a colui che ne è il destinatario. Il Padre dà del ‘tu’ al Figlio, ne rivela la predilezione, ma senza nominarsi, quasi che il Figlio esaurisca completamente la paternità di Dio.
«Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Questa parte del versetto, esprime quella che è l’identità personale di Gesù. Identità personale che vuol dire il suo rapporto con il Padre, il suo essere una cosa sola con il Padre; questa identità è manifestata nello Spirito.
Gesù è in pienezza quel figlio “unico/amato/yāîd (cf. Gen 22,2.16), Isacco/il Sorriso di Dio, il figlio della promessa donato da YHWH ad Abramo, che arriverà fino allestremo limite di offrirlo in olocausto al suo Donatore.
Le parole "Figlio mio" sono una deliberata sostituzione neotestamentaria dell'ebraico "ebed" (servo). Poiché il servo del Signore è sia un individuo ideale, sia il rappresentante dell'intera comunità (Is 42,1). Gesù è completamente incarnato nella comunità escatologica, fino al punto da essere battezzato come tutti gli altri uomini, ma egli incarna pure nella unicità singolare della sua persona i loro ideali più sublimi e le loro speranze.
A motivo della sua unione totale con ogni debolezza, Gesù incorpora in sé, infine, la figura del misterioso Servo di YHWH che vive totalmente a disposizione di YHWH e del suo popolo, fino a offrire la propria vita (cf. Is 42,1) in modo da poter infondere la vita in ogni sfera dell'esistenza umana.
Questa associazione del battesimo di Gesù con la sua futura morte e risurrezione emerge chiaramente in Lc 12,50 (Mc 10,38). Sembra che in Luca l'espressione "Figlio mio" completata dal precedente riferimento allo Spirito Santo. Lo Spirito è forza di unione, è forza di comunione; se l’uomo Gesù può essere una cosa sola con il Padre è perché in lui c’è lo stesso Spirito di Dio, c’è quella presenza personale dell’amore di Dio che fa di lui una cosa sola con il Padre. 

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
▪ Io, oggi, nella vita, cosa aspetto?
▪ Torno all’essenziale, a fare memoria viva e grata del mio Battesimo?
Questa verità di Gesù Figlio di Dio, l'amato, è una convinzione consapevole per me?
Il battesimo di Gesù mi rivela che Dio non è lontano, chiuso nella sua trascendenza e indifferente al bisogno di salvezza dell'umanità?
▪ Gesù chiama alla condivisione. Sono una persona che condivide? Che porta “i pesi gli uni degli altri”?
▪ Sono discepolo dell’amore di Gesù o un discepolo del chiacchiericcio?
Tante volte ho sentito dire che anche io sono figlio di Dio oppure tante volte l’ho affermato, ma lo sono veramente nel cuore e nella vita? oppure mi fregio del nome e il mio comportamento è solo di facciata?  

Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Come una cerva assetata
desidera l'acqua,
così anch'io anelo
a te, mio Dio.

Io ho sete del mio Dio,
del Dio vivente:
quando potrò vedere
il volto di Dio?

Sono mio pane le lacrime
di giorno e di notte,
mentre mi si dice tutto il giorno:
«Dov'è il tuo Dio?».

E ora mi sento commuovere
nel ricordo di un tempo,
quando andavo alla casa di Dio
fra moltitudini in festa.

Perché sei triste, anima mia
perché ti agiti in me?
Spera in Dio, ancora lo proclamerò:
mia salvezza e mio Dio! (Sal 42).

L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Rallegriamoci nel Signore e viviamo in profonda umiltà la nostra vita di fede. Solo l’umiltà e la consapevolezza della nostra fragilità ci dischiudono il cuore di Dio. Con Cristo, per Cristo ed in Cristo, annunciamo anche noi quella Buona Novella del suo Regno che è gioia, pace, serenità, condivisione ed amore attorno all’Emmanuele, il Dio con noi.