Lectio
divina su Lc 9,11-17
Invocare
Dio Padre
buono, che ci raduni in festosa assemblea per celebrare il sacramento pasquale
del Corpo e Sangue del tuo Figlio, donaci il tuo Spirito, perché nella
partecipazione al sommo bene di tutta la Chiesa, la nostra vita diventi un
continuo rendimento di grazie, espressione perfetta della lode che sale a te da
tutto il creato.
Per Cristo
nostro Signore. Amen.
Leggere
11Ma le folle
vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del
regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12Il giorno
cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la
folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e
trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. 13Gesù disse loro: “Voi
stessi date loro da mangiare”. Ma essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani
e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa
gente”. 14C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai
suoi discepoli: “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. 15Fecero
così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i
due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò
e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti
mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Silenzio meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando
di ricordare quanto letto o ascoltato
Dentro il Testo
La festa denominata “Corpus
Domini” fu istituita ed estesa a tutta la Chiesa dal Papa Urbano IV (in seguito
al miracolo eucaristico di Bolsena - 1263) con la Bolla "Transiturus"
del'11 Agosto 1264. Ebbe subito una grande popolarità che si accrebbe col
Concilio di Trento quando si diffusero le processioni eucaristiche e il culto
del Santissimo Sacramento al di fuori della Messa.
Il contesto del nostro brano evangelico è caratterizzato
dalla missione nei villaggi della Galilea e dall’invio dei dodici ad aiutarlo (9,1-6).
Nel Vangelo ci viene presentata una folla bisognosa,
affamata. Dinanzi a questa situazione della folla, Gesù reagisce come il
"buon pastore", orientando e guarendo la folla con la sua Parola ed
alimentandola con dei pani e dei pesci (Mc 6,34ss).
Al termine del racconto ci viene detto: “Tutti mangiarono
e si saziarono”. Come è accaduto questo? Constatato il bisogno, i discepoli
hanno proposto due soluzioni: o congedare la folla perché ciascuno si potesse
procurare il cibo, o andare loro stessi a comperare del cibo. Di fronte
all’ampiezza della necessità, infatti (cinquemila uomini), essi si trovano del
tutto inadeguati poiché possono contare solo su cinque pani e due pesci.
Sembra dunque insensato il comando di Gesù: “Date loro voi
stessi da mangiare” (9,13), cioè “fatevi voi cibo”. Eppure proprio a
questo vuole condurci il racconto, a comprendere come quel poco possa arrivare
a sfamare una folla. È un poco che si fa “un capitale”: Gesù dona se stesso
fino a farsi mangiare da tutti nella SS. Eucarestia, simboleggiata dalla
moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Meditare
v. 11: Ma le folle vennero
a saperlo e lo seguirono Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a
guarire quanti avevano bisogno di cure.
Gesù si era ritirato a Betsaida
coi discepoli, fuori dal territorio giudeo e il particolare arrivò subito
all’orecchio delle folle. Questi sono attratte dal messaggio di Dio perché
dentro sentono quel bisogno di pienezza che viene da Dio e non dagli uomini. La
folla, quindi, la troviamo stanca, affamata e ammalata, bisognosa della
misericordia del Signore.
C’è un bisogno enorme di Gesù e
della misericordia divina. Gesù vedendo quella folla, l'accoglie, le stringe a sé,
parla del Regno. Egli infatti è venuto per questo motivo: inaugurare il Regno
di Dio che non ha confini, non ha barriere. Inoltre, cura i malati. La gente è
bisognosa di essere liberata dal male e dal peccato e Gesù, dice l’evangelista,
non usa parole di consolazione ma azioni che guariscono. Infatti, nel Regno di
Dio il bene delle persone sono al primo posto.
v. 12: Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si
avvicinarono dicendo: congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne
dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta.
Il versetto ci dice che non siamo più a Betsaida ma in un
luogo deserto, allusione probabile a quel deserto in cui il popolo di Israele è
stato nutrito del pane del cielo (cfr. Dt 8,1-3).
Al tramonto, ci sta una preoccupazione da parte dei discepoli:
è l’ora del pasto serale. Luca riprenderà questa ora con i viandanti di Emmaus
che inviteranno il pellegrino sconosciuto a cenare con loro nel pasto serale e
poi lo riconosceranno nello spezzare il pane (cfr. Lc 24,29).
Qui abbiamo una forma negativa di coloro che si mostrano
distanti da Gesù e dalla situazione. Si avvicinano e negativamente chiedono a
Gesù di congedare la folla.
C’è un particolare che viene sottolineato e che è da ritenere
importante per la vita spirituale: per poter stare con Gesù, la gente
dimentica di mangiare. Ma nel discepolato forse questo non lo avvertiamo, tanto
è vero che desideriamo che “la folla” vada via, che torni alle proprie case,
che si arrangi in questo momento bisogna pensare alla propria pancia. Ma questo
non rientra nella logica di Gesù. Egli è stato capace di attrarre la folla,
fino al punto che questa dimentica tutto nel seguirlo per il deserto.
v. 13: Gesù
disse loro: Voi stessi date loro da
mangiare. Ma
essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non
andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente”
Una proposta particolare quella di Gesù che non è
un consiglio, ma un comando: “fatevi voi stessi cibo per loro”.
Questo comando lo ritroviamo nel profeta Eliseo in
2Re 4,42ss.
I discepoli non sono dentro questa logica di Gesù e
sono spaventati di questo, poiché hanno solo cinque pani e due pesci e non sono
capaci di essere solidali, di condividere la propria vita.
I discepoli non hanno capito che per essere
discepoli non occorre il pensiero materiale ma quello interiore, occorre saper
guardare oltre l’orizzonte. Se l’uomo volesse operare solo con quello che egli
possiede andrebbe poco lontano. L’uomo ha dei desideri che i suoi beni non
riescono a soddisfare; se tiene per sé quello che possiede, se lo gestisce in
modo autonomo, sarà costretto a confessare la propria impotenza. Ma se egli è
disposto a mettersi in gioco deponendo nelle mani di Gesù “i pani e i pesci”
che possiede, se affida a lui la gestione delle sue capacità, se agisce non
secondo solo il proprio interesse, ma piuttosto secondo la volontà di Gesù,
allora quel poco che egli possiede diventa capace di saziare la fame, il
bisogno.
vv. 14-15: C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai
suoi discepoli: “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. Fecero così e li
fecero sedere tutti quanti.
Molta gente è presente. Il numero corrisponde alla primitiva
comunità composta da 5000 persone. E qui viene fatta una sottolineatura legata
alla suddivisione di queste 5000 persone in gruppetti di 50. Una suddivisione
che evoca Mosè. È lui infatti che, per primo, dà da mangiare alla folla
affamata nel deserto dopo l'uscita dall'Egitto (cfr. Num 1-4). Successivamente
troviamo il profeta Eliseo che fa bastare pochi pani per sfamare cento persone
e perfino avanzano (2Re 4,42-44). Gesù però da’ da mangiare a cinquemila
persone.
La sottolineatura di questo versetto conferma che Gesù non
esclude l’azione dell’uomo, piuttosto se ne serve per portare a compimento la
sua azione propria.
Il fatto che li fecero sedere, sdraiati per terra, indica che
Gesù trattò queste persone come dei signori. Una cosa che viene omessa è la
purificazione prima del pasto. Ma non occorre perché chi accoglie nella propria
vita il Signore Gesù è già purificato da Lui in persona.
v. 16: Egli prese i cinque
pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione,
li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Questo versetto fa risaltare la lettura eucaristica che Luca
fa della benedizione e della distribuzione dei pani e accentuano la
corrispondenza sia col racconto dell’ultima cena del Signore – narrata da lui
stesso al cap. 22,19ss e trasmesso da Paolo: «Ogni volta che mangiate di
questo pane e bevete a questo calice, voi annunciate la morte del Signore
finché egli venga» (1Cor 11,23-26). Nell’Eucaristia noi annunciamo la morte
del Signore; ma l’annunciamo non come la morte di un morto bensì come la morte
di colui che ora è vivo per sempre. Sarà, invece, come vuol sottolineare Luca, il
dono che egli farà di se stesso ai discepoli: “Questo è il mio corpo (cioè
la mia vita) che è per voi”.
I verbi evidenziati dall’Evangelista:
“prese il pane”, “rese grazie”, in greco eucharistèsas
da cui «eucaristia», termine che esprime e realizza il dono totale di Gesù per
noi nei segni del pane e del vino, “lo spezzò”.
Ciò significa che non possiamo
disgiungere il dono del “Pane di vita” dalla passione, morte e risurrezione, il
banchetto conviviale dal banchetto sacrificale. La celebrazione eucaristica è
banchetto, è convivialità, ma resta sempre banchetto sacrificale, Mistero
pasquale.
È questo mistero pasquale che i
discepoli sono chiamati a vivere. Infatti, a loro è chiesto di distribuire
nella misura in cui la distribuzione dà ciò che è dato a loro. È come se Gesù
dicesse: voi date da mangiare se, dando da mangiare, date me. Voi siete in
grado di dare da mangiare se, dando da mangiare, date me da mangiare. In
realtà, è ciò che vi do io da mangiare ciò che vi permette di essere voi a dare
da mangiare. La carità è di Dio; il dono è del Signore: è lui che dona. A noi
cosa compete? Distribuire. Abbiamo il dono nelle nostre mani perché il Signore
ci ha costituito destinatari del dono. Quanto più siamo nutriti da lui, tanto
più siamo chiamati a dare quanto ci è stato dato.
v. 17: Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via
i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Un versetto conclusivo con una soluzione
inattesa. Ancora un numero per descrivere ciò che realizza Gesù partendo dal
cuore della folla, partendo dal niente.
Un numero che avanza ma molto
importante nelle pagine bibliche. Un numero che indica anche le dodici tribù
d’Israele, indica quell’elezione del popolo di Dio. Le prime comunità cristiane
hanno preso lo stesso numero per indicare l’elezione degli apostoli da parte di
Gesù, e i suoi multipli per mostrarne la sua dinamicità in rapporto all’umanità
intera.
Questo avanzare dei dodici cesti,
dopo che cinquemila persone hanno mangiato cinque pani e due pesci e sia la
sazietà, rimandano ancora una volta al mistero dell’Eucaristia. Gesù, il Figlio
di Dio che sta donando se stesso in quel pane che anticipa il memoriale
eucaristico. Si tratta di un pane che sazia, in quanto abbondante, perché dona
la vita stessa di Dio (cfr. Sal 132,15; 37,19; 81,17; cfr. anche Gv 21,6).
Ci fermiamo in
silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio
sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La Parola illumina la
vita e la interpella
Quando celebro l’Eucarestia riesco
a percepire la misericordia del Signore?
Personalmente dove mi colloco: tra
la folla assetata di ascoltare la Parola di Gesù? Tra quanti avevano bisogno di
guarigione? Tra i discepoli che cercano la soluzione dei problemi in una
scorciatoia? O tra i discepoli che si lasciano coinvolgere da Gesù e mettono a
disposizione il poco che hanno e la loro stessa disponibilità?
Di cosa sono stanco, di cosa ho
fame? Sento il bisogno di essere nutrito e guarito da Gesù?
Mi sento associato alla missione
di Gesù e corresponsabile della sua riuscita. Avrò fede in questo impossibile
che Egli realizza nella mia vita?
Pregare Rispondi a Dio con le
sue stesse parole
Oracolo del Signore al mio
signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
Il Signore ha giurato e non si
pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek». (Sal
109).
Contemplare-agire L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
Lasciamo che
lo Spirito Santo, illumini le nostre azioni e ci comunichi
la forza per fare quello che la Parola ci ha fatto vedere o meditare oggi. Lo
vogliamo fare insieme alla Vergine Maria perché ci aiuti a praticare la Parola,
“a essere io stesso cibo per gli altri!”.