mercoledì 29 ottobre 2025

LECTIO: COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI (Anno C)

Lectio divina su Gv 6,37-40

 
Invocare
Nella tua bontà, o Padre, ascolta le preghiere che ti rivolgiamo, perché cresca la nostra fede nel Figlio tuo risorto dai morti e si rafforzi la speranza che i tuoi fedeli risorgeranno a vita nuova.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. 40Questa, infatti, è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».
 
Silenzio meditativo perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.
 
Dentro il Testo
Il brano del vangelo, nella Commemorazione dei fedeli defunti, è tratto dalla sessione che tratta del ministero di Gesù (Gv 1-12).
Ci troviamo in Galilea, all’altra riva del mare, nel momento in cui «era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei» (Gv 6,1,4). Gesù si accorge che una grande folla lo segue e per loro moltiplica i pani. Purtroppo, succede il caos. La folla voleva proclamare Gesù re ma Egli si ritira sulla montagna tutto solo (Gv 6,15). Dopo una breve pausa che ci fa contemplare “il Signore che cammina sulle acque” (Gv 6,16-21), il racconto prosegue il giorno dopo (Gv 6,22) con la folla che continua ad aspettare e a cercare Gesù. Qui Gesù fa il suo discorso sul pane di vita disceso dal cielo e ammonisce coloro che pensano solamente al pane terreno (Gv 6,27).
Gesù desidera che i suoi interlocutori, i suoi discepoli, facciano un salto di qualità nella fede. Egli sazia non solo con il pane terreno ma desidera ardentemente saziarci del pane celeste, che è Lui stesso, sicuri che quanti verranno a lui non avranno più fame, né sete (Ap 7,16) portando così l’attenzione di tutti verso la conclusione finale: la vita eterna. 
Gesù con il definirsi “il pane della vita”, fa riferimento alla manna data al popolo da Dio tramite Mosè (cf. Es 16,1-36), come una figura del vero pane che scende dal cielo e dà la vita al mondo (Gv 6,30-36).
Nelle parole del brano odierno, troviamo una sintesi della vita in Cristo. È una vita in pienezza con una speranza viva per il futuro: la risurrezione. Questa è la promessa che Gesù fa agli uomini, aiutandoli a vincere la paura della morte e del giudizio (cf. Ap 20,12). Ci aiutano i verbi “vedere” e “credere”, i due verbi della vita, che sconfiggono la morte, la nostra nemica. Con questi verbi siamo chiamati a vivere la bella esperienza dell’amore di Gesù, che è per tutti, anche per il più miserabile e peccatore degli uomini. Vedere l’amore di Gesù ci porta poi a credere. E questa è vita.  
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 37-38: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
In queste parole troviamo l’amore, la dolcezza che Dio ha nei nostri riguardi. Troviamo quell’appartenenza a Cristo. In Cristo ogni anima è custodita da lui in persona, sarà formata, santificata e riconsegnata al Padre per l’eternità. Gesù è il “punto” di incontro: “colui che viene a me, non lo caccerò”. Gesù Lui il centro della storia, la via che conduce alla vita piena. L’espressione “cacciare fuori”, che ritroviamo spesso in Matteo per indicare coloro che sono esclusi dal Regno di Dio e dal banchetto di nozze del Figlio (cf. Mt 22,13), fa pensare al giudizio finale: Gesù promette a quanti credono in Lui di custodirli e di farli entrare nella pienezza di Dio. Lui vuole che nessuno si perda. In queste parole possiamo contemplare l’amore ostinato di Dio Padre, che ritroviamo in Is 55,10-11: la parola di Dio discende dal cielo per fare la sua volontà. Gesù stesso, nel discorso del pane di vita, evidenzierà quest’aspetto (cf. Gv 6,51). E in quest’invio troviamo la motivazione: la vita del mondo che è la volontà del Padre.
v. 39: E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno.
L’Evangelista qui presenta una prima volontà del Padre per coloro che sono dati al Figlio perché siano custoditi da Lui e che Egli li risusciti tutti nell’ultimo giorno. Essi sono completamente liberati dal potere del male ed entrano nella piena benedizione dell’ultimo giorno!
Gesù ha una missione: non perdere nessuno di quelli che il Padre gli ha dato. Le parole del Signore ci assicurano che nessuno di loro è perduto o dimenticato. Gesù è un inviato dal Padre e compie il suo volere, per questo ribadisce che non vuole perdere nessuno di quanto il Padre gli ha dato. Il volere del Padre è che nessuno si perda e che possa vivere in pienezza con il Padre e con il Figlio quando verrà la pienezza dei tempi, il suo ritorno, nell'ultimo giorno. La potenza di risurrezione del Signore sarà la prova finale che Egli non ha perso nessuno. La morte è stata vinta per sempre, perché dal Cielo ci è stata donata una vita che non viene dalla terra, viene da Dio. Quella che noi chiamiamo morte allora è il momento in cui si nasce alla vita definitiva; è il momento in cui si manifesta in pienezza la nostra identità di figli di Dio, che da Lui hanno ricevuto la vita immortale.
L'espressione "nell'ultimo giorno" (vv.39-40) ha un significato preciso: è il giorno in cui termina la creazione dell'uomo e si compie la morte di Gesù; il giorno in cui si celebrerà il trionfo finale del Figlio sulla morte e tutti potranno ricevere lo Spirito che verrà donato all'umanità: il giorno della Pasqua di risurrezione. Allora Gesù porterà a compimento la sua missione tramite la risurrezione e donerà la vita definitiva, che ha inizio già nella vita presente mediante la fede e il suo compimento nella risurrezione alla fine dei tempi (Lino Pedron).
v. 40: Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna
Anche qui, per la seconda volta si ripete la volontà del Padre, che viene presentata in relazione alla responsabilità dell’uomo. È volontà del Padre che il Figlio sia presentato a tutti, e che chiunque lo riconosce come Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna, una vita nella cui pienezza entreremo attraverso la risurrezione.
Il versetto parla di “vedere il Figlio”. Ovviamente ai tempi di Gesù quest’esperienza l’hanno vissuta in tanti. Giovanni stesso nelle sue lettere scrive «ciò che i nostri occhi hanno veduto» (1Gv 1,1) abbracciando così la vita eterna. Noi, oggi, quest’esperienza la possiamo vivere vedendo il volto di Gesù attraverso la sua Parola. Noi possiamo contemplare Gesù, rimanere incantati dalla sua bellezza, possiamo ascoltare la sua Parola che ci apre gli occhi sulla realtà e ci mostra la nostra meta ultima.
La meta ultima è il dono della vita eterna che Dio ha donato a tutti indistintamente. Però sembra che non basti tutto questo: bisogna essere innamorati. Infatti, molti sono coloro che hanno incontrato Gesù lungo le strade della Palestina, eppure non tutti si sono lasciati coinvolgere nella sua proposta di vita, in questo dono d’amore e hanno preferito continuare per le loro strade.
Il versetto usa anche un altro verbo: “credere”. Il contesto generale della tematica di Gv 6 è il rifiuto di credere in Gesù da parte della folla e dei discepoli. Per l'evangelista Giovanni credere in Gesù, Figlio di Dio fatto carne e rivelatore dell'amore del Padre, è l'unica via di accesso alla vita eterna. Il verbo “credere” vuole indicare l’atteggiamento di chi si fida e di chi si affida. Credere in Gesù, significa vivere ogni giorno quell'amore che lui stesso ha vissuto in modo pieno verso Dio e i nostri fratelli.
Questo ci permette di accogliere bene la promessa del dono: la risurrezione, quell’entrare nella gioia del Padre e vivere in pienezza. Se dunque vogliamo vivere in pienezza e giungere alla vita senza fine, dobbiamo riconoscere e accogliere Gesù, il “Verbo della vita” (1Gv 1,1).
A chi crede in lui il Signore assicura la risurrezione e la vita eterna nella casa del Padre. A conferma di questa sua promessa egli, facendo la volontà del Padre suo e Padre nostro, si lascerà innalzare da terra, per attirare tutti a sé (cf. Gv 12, 32-33). Però, una volta risorto e asceso al cielo, «preparerà un posto, per ciascuno di noi, nella casa di suo Padre, dove vi sono molte dimore» (cf. Gv 14, 2-3).
Con questi verbi, “vedere” e “credere”, siamo chiamati a vivere la bella esperienza dell’amore di Gesù, che è per tutti, anche per il più miserabile e peccatore degli uomini. Vedere l’amore di Gesù ci porta poi a credere. E questa è vita.  
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Cosa significa per la mia vita sapere che Cristo è morto per me?
Accetto nella mia vita il Verbo divino che dà la vita eterna?
Cerco di vedere Gesù con gli occhi della fede, ascoltando le sue parole, contemplando il suo modo di essere, testimoniandolo fino in fondo?
Che cosa significa per me la vita eterna?
In che cosa spero?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
 Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
 
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.
 
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. (Sal 26).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
La morte diventa il passaggio verso un'altra dimensione di questa stessa vita, verso la pienezza che Dio desidera darci. Ma Dio ci lascia liberi e possiamo tragicamente rifiutare di essere riempiti dalla sua presenza, tragicamente allontanarci dalla beatitudine (Paolo Curtaz).