Lectio divina su Gv 20,1-9
O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto.
Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Il cap. 20 del vangelo di Giovanni (è l'ultimo capitolo, poiché il 21° è stato aggiunto in un secondo momento in una successiva redazione) contiene l'episodio della tomba vuota e tre apparizioni: la prima a Maria di Magdala (20,11-18); la seconda ai discepoli senza Tommaso (20,19-23); la terza ai discepoli con Tommaso (20,24-29).
Il capitolo, poi, si conclude con una breve appendice (20,30-31) con la quale l'evangelista ci informa sia delle modalità con cui il vangelo è stato scritto che delle sue finalità.
Nessuno dei quattro evangelisti descrive il fatto in sé della risurrezione perché nessuno vi assistette personalmente. Comunque, i vangeli e 1Cor 15, 4-7 rendono testimonianza al fatto della risurrezione affermando che la domenica mattina la tomba fu trovata vuota e che il Cristo risorto apparve ai suoi discepoli.
I racconti pasquali contengono un grande movimento attorno all'evento. La scoperta del sepolcro vuoto e dell’incontro con il Risorto, la varietà dei personaggi implicati e dei percorsi con cui arrivano a credere. Questo movimento serve al nostro credo, per illustrare le nostre condizioni di accesso alla fede pasquale.
Dopo la risurrezione gli apostoli cominciano a comprendere, anche se in maniera confusa, ciò che le Scritture avevano profetizzato intorno al Cristo e ciò che Gesù stesso aveva loro detto di sé.
Secondo il racconto di Giovarmi, Maria di Magdala è la prima a scoprire il sepolcro vuoto e ad avvertire gli apostoli. Di lei l'Evangelista trascrive solo il movimento fisico e psicologico di una donna fedele, la Maddalena, e quello quasi solo fisico di due discepoli, che poi rientrano a casa (Gv 20,1-9). La tomba è vuota ed è iniziata la corsa della fede! Gesù risorto vive ora una condizione nuova e per incontrarlo l’unica strada è quella della fede.
v. 1: Il primo giorno della settimana,
Nel contesto pasquale, l’espressione “il primo giorno” suggerisce che è iniziato per il mondo un giorno nuovo. Ci sta anche un richiamo a quel "primo giorno" in cui le comunità cristiane si riunivano per celebrare la cena del Signore e la sua risurrezione, come ci ricorda At 20,7. Ci sta anche un chiaro richiamo a quel «principio», a quel «primo giorno» della creazione quando si apre l'atto creativo di Dio: la luce (Gen 1,3).
La risurrezione di Gesù costituisce l'inizio di una nuova "settimana" creativa, da cui defluisce una nuova luce, quella del Cristo risorto, che illumina nuovamente la creazione e l'intera storia dell'uomo orientandole verso Dio.
Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio.
Giovanni modifica la nota dei sinottici sull’ora: non dopo l’alba (Mc) né all’aurora (Lc), ma quando la notte non è ancora terminata. Il greco usa qui il termine skotìa (la tenebra), tipico del linguaggio giovanneo. L’annotazione suggerisce la fretta di Maria nell’andare alla tomba, ma lascia anche intendere la portata simbolica della tenebra.
Infatti, dice che è ancora buio: il mattino di Pasqua si presenta come un mattino pieno di incertezze. È ancora buio. Poi, invece, questa annotazione è preceduta da questo ‘buon mattino’. Colei che ha la percezione che questo mattino sia un buon mattino è colei che sa uscire anche di notte, quando era ancora buio. Questo lo possiamo legare all’importanza che nel vangelo di Giovanni ha il tema della luce. C’è una condizione che Maria di Magdala vive: è un buon mattino. Il presagio che sia un buon mattino ti fa vincere anche le tenebre. La Parola ti fa precedere l'aurora. C'è l'ansia dell'incontro come tra innamorati, che precede il mattino di Pasqua. A volte, il legame con il Signore è un legame al buio, nel quale la sua presenza è una presenza assente. La fede è vivere questo legame personale con il Signore anche al buio. Ci sono persone che non si rassegnano al loro legame con il Signore, un Signore che tante volte si vedono sottrarre. A volte, la percezione di coloro che soffrono, dei poveri, è quella che venga tolto loro il Signore. In realtà, a noi è chiesto di non rassegnarci alla morte e di vivere quell’unico atteggiamento che ci rimane: il rapporto di amore con il Signore, in attesa della luce (cfr. Sal 17,29).
Anche questo verbo ha lo stesso significato del precedente, ma con un invito a leggere in quella pietra tolta l'intervento di Dio, un intervento talmente potente che non si esaurisce nell'istante in cui si compie, ma perdura nel tempo, cioè sempre.
v. 2: Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo.
Maria ci dà una indicazione preziosa di come cioè tutto ciò che accade nei pressi del sepolcro sia da vivere come evento di chiesa. Nei gesti di Maria, che corre da Simon Pietro e da Giovanni e riferisce ciò che ha visto, si coglie come lo smarrimento di coloro a cui viene a mancare il rapporto con il Signore sia una condizione da vivere nella chiesa. Coloro, infatti, la cui vita è spesso una vita al buio devono poter sentire la necessità di condividere con la chiesa la vicenda della loro fede. Il plurale utilizzato incarna tutta la vicenda della chiesa dei poveri, di una chiesa che cammina al buio, che ha perso di vista il Signore, ma non ha perso di vista il legame con lui. La chiesa di Pietro, la chiesa di Giovanni non è la chiesa che si è alzata di buon mattino; è una chiesa animata dalla fede nel momento in cui prende atto della risurrezione, ma non è la chiesa dei poveri, che si incarna in Maria di Magdala.
quello che Gesù amava.
Se la tradizione identifica questo discepolo con Giovanni, egli rimane però nel quarto vangelo senza nome, qualificato solo dall’amore di Gesù per lui. Egli è il modello del credente che conosce l’amore di Gesù, che si lascia amare dal Signore senza scandalizzarsi della debolezza della sua passione. Per questo lo segue fin sotto la croce, senza rinnegarlo e sarà il primo a riconoscere il mistero della risurrezione.
Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!
Maria Maddalena è mostrata come esempio vivente di fede nella divinità di Cristo, anche se crocifisso e deposto in un sepolcro. Ella scopre la tomba vuota e lo dice ai due discepoli. Anche se la fede di Maria di Magdala è al buio, la sua fede in Dio, in Cristo Maestro è viva. Le parole usate sono: "Signore"; non solo Gesù, ma il Kyrios.
Per Maria Gesù, anche se morto, è il Kyrios, cioè il Dio della gloria e perciò immortale. Quel "non sappiamo", poi, indica l'impotenza umana di fronte al mistero di Dio; esprime tutta la fragilità del sapere umano di fronte alle cose che vengono dall'Alto, che soltanto l'intelligenza di Dio, cioè il dono del suo Spirito, può rendere comprensibili.
Maria Maddalena, in questo brano del quarto evangelista è descritta come la donna ‘innamorata’ del Cantico, che va in cerca del suo Diletto e, dopo varie peripezie e avventurose ricerche, finalmente lo trova e lo stringe a sé.
vv. 3-4: Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro.
L'annuncio scuote i discepoli e inizia il "movimento", inizia un cammino interiore verso la Luce. Il versetto indica la meta del cammino il sepolcro: un luogo di morte. Il cammino verso la Luce non è ancora aperto: c'è il buio della morte. I testi della risurrezione sono strettamente legati ai testi della passione, sono con questi un tutt’uno. E, in fondo, nei pressi del sepolcro non c’è nessuno che venga escluso, c’è tutta la chiesa. C’è chi corre più forte e chi corre più adagio: una chiesa che si rivela in tutti i suoi tratti, una chiesa che non si può permettere di perdere nessuno, una chiesa nella quale ci si aspetta, ma ci si aspetta per entrare e cominciare a credere al Risorto.
Forse le nostre comunità hanno bisogno di lasciarsi dire da coloro che vivono l’insonnia, che è necessario che vivano il mistero tutti, che nessuno è escluso da questo, che di fronte alla risurrezione del Signore non c’è motivo per non aspettarsi; che bisogna cominciare a credere, ma che la vera fede nasce dalla comprensione delle Scritture e che la comprensione delle Scritture è frutto della risurrezione. Dal credere al comprendere c’è di mezzo un rapporto tra Scrittura e risurrezione che è tutto da scoprire, da cogliere e da vivere.
Correvano insieme tutti e due,
C'è qui l'ansia inquieta di una chiesa nascente. In questa chiesa nascente, c'è chi corre più forte e chi corre più adagio: una chiesa che si rivela in tutti i suoi tratti, una chiesa che non si può permettere di perdere nessuno, una chiesa nella quale ci si aspetta, ma ci si aspetta per entrare e cominciare a credere al Risorto. È la corsa della fede ma è anche la corsa della comunione e non della rivalità. insieme vanno verso quel mistero che tanto li turba.
In questo mistero tutti siamo chiamati a vivere, nessuno è escluso da questo, che di fronte alla risurrezione del Signore non c’è motivo per non aspettarsi; che bisogna cominciare a credere, ma che la vera fede nasce dalla comprensione delle Scritture e che la comprensione delle Scritture è frutto della risurrezione. Dal credere al comprendere c’è di mezzo un rapporto tra Scrittura e risurrezione che è tutto da scoprire, da cogliere e da vivere.
ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Il discepolo amato giunge prima di Pietro al sepolcro; se ha corso più in fretta, se è arrivato per primo, deriva dal fatto di essere il discepolo che Gesù amava. Chi corre con Pietro è il discepolo il cui slancio e la cui intuizione amorosa fanno sì che arrivi per primo.
L’arrivare prima di Giovanni nei confronti di Pietro non vuol dire entrare. Non è il primo colui che entra, si entra se ci si aspetta. Non si entra se non insieme, nel cammino impegnativo, lungo, appassionante dell’incontro con il Risorto. Questo cammino non lo si vive se non insieme. D’altra parte, non vale solo l’aspettarsi, ma l’aspettarsi è funzionale a ciò che si vuole fare insieme. Non c’è un’attesa se non relativa a un camminare verso il Risorto.
v. 5: Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
L’intuire dell’altro discepolo non significa comprendere pienamente il mistero. Infatti, il verbo vedere messo qui è lo stesso del v. 1, un vedere imperfetto, nel senso fisico. Si ferma ma non entra nel mistero.
vv. 6-7: Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Anche Pietro vede, ma il verbo usato è diverso per quello usato per Maria di Magdala e Giovanni. Per loro, infatti, viene usato "blepei", cioè vedono con uno sguardo imperfetto che non sa andare oltre le apparenze fisiche, Pietro, invece, "zeorei", vede in modo più attento e più riflessivo. Quello di Pietro è un vedere che si fa attenta e acuta osservazione.
«C’è un significato in questo fatto del sudario del capo trovato avvolto: l’eccelsa, divina natura non ebbe principio né fine e non conosce il limite delle cose che hanno inizio nascendo o che hanno termine. (...) Le bende attorno al corpo di Cristo indicano i vincoli della fatica che avvolgono tutti gli eletti, cioè le sue membra» (Gregorio Magno).
v. 8: entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Finalmente, l'altro discepolo può entrare nel mistero. Anche Maria, all'inizio del racconto, aveva "visto", cioè “vide e cominciò a credere”. Ci sta uno sviluppo spirituale di questo “vedere” (il testo originale usa tre verbi theorein per Pietro; blepein per l'altro discepolo e Maddalena; idein, qui, per l'altro discepolo): da un semplice vedere a un contemplare il mistero. Il suo è un vedere spirituale. È il vero e proprio sguardo della fede, che va oltre alle apparenze e che sgorga da un'attenta riflessione che apre alla comprensione del mistero.
v. 9: Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Manca un tassello importante. la Sacra Scrittura, che avrebbe dato loro una completa e più profonda comprensione del mistero, di cui furono inconsapevoli testimoni. La testimonianza che la Scrittura dà della Resurrezione del Cristo è in sé stessa e per se stessa sufficiente a generare la fede. Per questo si dovrà attendere il dono dello Spirito nella Pentecoste (Gv 16,13).
Quale dolce rimprovero può venire dalla Parola. La testimonianza che la Scrittura dà della Resurrezione del Cristo è in se stessa e per se stessa sufficiente a generare la fede. La Scrittura dice infatti che il Messia, “deve” risorgere dai morti; la Scrittura nella sua globalità, non in uno o in un altro luogo citato nella Scrittura. Dice che deve risorgere, perché dice che è il vittorioso, che è il trionfante, e dice che è il morto, il trafitto, l’ucciso, l’umiliato, il reietto, verme e non uomo (Sal 22,7). Anche per coloro che avevano vissuto accanto a Gesù, dunque, è stato difficile credere in Lui e per loro, come per noi, l'unica porta che ci permette di varcare la soglia della fede autentica è la conoscenza della Scrittura (cfr. Lc 24,26-27; 1Cor 15,34; At 2,27-31) alla luce dei fatti della resurrezione. Bisognerà che per questo lo spirito di ogni discepolo si apra all’intelligenza delle Scritture, che veda il Signore in persona e riceva da lui il dono dello Spirito santo. A queste condizioni solamente il discepolo raggiungerà la pienezza della fede pasquale.
Che significa per me "credere in Gesù il Risorto"? Quali difficoltà incontro?
Sono qualificato dall'amore di Gesù o dal mio dire "sono cristiano/a"?
Anche io corro verso la tomba di Gesù o son rimasto nella mia? Il legame che ho con il Signore è ancora al buio?
Sono ancora tra coloro che non comprendono la Sacra Scrittura?
La resurrezione riguarda solo Gesù o è veramente il fondamento della mia fede?
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. (Sal 117).
Usciamo dal nostro sepolcro per “incontrarci” con la Sacra Scrittura, per incontrare il Risorto. Egli ci coinvolge nella sua Pasqua. Lasciamoci ancora una volta chiamare da Lui per nome, diamo la nostra risposta personale, della nostra conformazione a Cristo Risorto.