Lectio divina su Lc 21,5-19
O Dio, principio e fine di tutte le cose, che raduni l'umanità nel tempio vivo del tuo Figlio, donaci di tenere salda la speranza del tuo regno, perché perseverando nella fede possiamo gustare la pienezza della vita.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
5Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti, infatti, verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Siamo alla penultima domenica dell’anno liturgico e la liturgia ci propone un brano dal linguaggio escatologico, cioè un linguaggio che ha come argomento il fine della nostra storia umana.
Siamo al cap. 21 del Vangelo di Luca dove l’Evangelista presenta, parallelamente a Mc 13 (e Mt 24) l’ultimo grande discorso di Gesù prima della sua passione: il «discorso apocalittico». La parola apocalisse non deve spaventarci, perché nella Bibbia non significa quello che pensiamo noi influenzati magari dal cinema e/o dal comune pensare. La parola apocalisse significa “rivelazione, disvelamento, togliere il velo” che corrisponde all'ebraico galah che significa “rivelare un segreto, un mistero senza nessuna implicazione di occulto, inconoscibile, orrendo”.
In questa parte dell’unità letteraria di 21,5-36, Luca fa riferimento alla fine dei tempi (anche in altre parti: 12,35-48; 17,20-18,18). Eventi da leggere alla luce della Pasqua. L'attenzione non va posta su ogni parola, ma sull'annuncio di capovolgimento totale.
L'Evangelista universalizza il messaggio ed evidenzia il tempo intermedio della Chiesa in attesa della venuta del Signore nella gloria.
I discepoli sono chiamati a vivere nella certezza che il giorno del Signore verrà. Nell’attesa non devono cadere nell’inganno di falsi profeti e profezie.
vv. 5-6: Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi
Il versetto parla del Tempio costruito da Erode il grande, che aveva iniziato i lavori nel 24 a.C. e portato al termine nel 60 d.C. mentre negli anni successivi, fino al 64 d.C. si sono eseguiti altri abbellimenti. Quindi un Tempio splendido e grandioso. Quando Luca scrive il Vangelo, il Tempio, come aveva profetizzato Gesù durante la sua missione, era già stato distrutto del tutto dall’imperatore Tito, dunque le sue parole, perennemente valide, illuminano anche il nostro presente.
Certo ancora oggi è meraviglioso agli occhi di tutti osservare la bellezza artistica delle cose, del lavoro dell’uomo. Lo conferma l’affluire dei turisti nelle nostre chiese che sono diventate dei veri musei. Del resto, la bellezza ci appartiene da sempre. Un episodio nella Bibbia che possiamo ricordare è quello del frutto proibito (la disobbedienza) che sembrava bello da vedere buono da mangiare e desiderabile. Ora l’interesse degli uomini per la bellezza del Tempio viene “attraversato” dall’annuncio di Gesù, che ci fa capire che di tutto questo non ne possiamo fare un idolo, rischieremo sempre che l’opera umana vada in contrasto con l’opera divina. Per questo motivo Gesù risponde con una parola profetica:
Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta.
Dio non vuole edifici singolari che puntellino il potere, ma luoghi funzionali in quanto dono suo. L’uomo spirituale ricerca realizza ed usa tutte le realtà umane senza farne il fine ultimo.
v. 7: Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?».
La domanda è posta dai discepoli che hanno colto il senso delle parole di Gesù. Essa ruota attorno al compimento della profezia delle settanta settimane di Dn 9,24-27, oggi la chiameremmo “la crociata” o “guerra santa”, la rivolta che dovrà culminare con la sconfitta dei pagani (Dn 7,27).
Chissà se ai nostri giorni faremmo una domanda simile? Forse fuggiremo da essa per non sapere la risposta, viceversa magari riceveremo un messaggio da Dio su whatsapp. Al di la della battuta, vi è un atteggiamento ansioso che viviamo ancora oggi: la fuga dal presente per proiettarsi in quel momento critico del futuro e questo grazie a quelle persone che sognano la fine del mondo e che si credono padroni del verbo.
Ancora oggi, gli ascoltatori sono interessati agli sconvolgimenti esteriori che caratterizzeranno questo avvenimento. Quando i potenti sono troppo ben armati per provocare guerre sante, allora organizziamo crociate moraleggianti, campagne per la vita (in astratto), movimenti fondamentalisti, tutto meno il cambiamento radicale della scala dei falsi valori che provocano le crisi mondiali, le guerre civili e i disastri familiari. Manca Dio e la sua Parola al vertice della scala dei valori! Gesù, infatti, non risponde a questa specifica domanda.
v. 8: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti, infatti, verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro!
Gesù raccomanda di non lasciarsi ingannare, di non lasciarsi sedurre da impostori. Ci sono due tipi di falsi profeti: quelli che pretendono di venire in nome di Gesù dicendo "sono io" e quelli che affermano che “il tempo è giunto” (che già si conosce la data, cf. 10,11; 19,11). Forse da noi non è così influente ma in altri continenti le sette proliferano.
Nella comunità di Tessalonica gli abitanti, col pretesto di aspettare l’imminente ritorno del Signore, si erano dedicati ad una spiritualità vuota, solo di attesa, inconcludente, ritenendo inutile ogni progetto ed ogni attività in questo mondo, visto che tutto dovrà scomparire. S. Paolo condanna energicamente la loro condotta e li richiama alla realtà, a vivere il tempo presente con dignità e responsabilità (cf. 2Tes 2,1-17).
Il credente è ottimista nella Parola di Gesù perché si fida della promessa, non segue i consigli degli ingannatori, non si lascia terrorizzare dalla malvagità, ma coglie occasione per dare buona testimonianza.
v. 9: Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine".
Gesù sta parlando della rivolta della guerra di Israele, dal 66 al 70 che portò alla distruzione del tempio, e che Luca già aveva visto. La prima guerra è stata molto semplice, erano solo in due, due fratelli, uno uccide l’altro, come Romolo uccide Remo: è la storia. L’altro è sempre un contendente, è quello che segna il mio limite. O io faccio del limite il luogo di comunione e collaborazione e di fraternità o il limite diventa il luogo di difesa e di aggressione, quindi di morte e di guerra, di confini.
Tutto il male del mondo non costituisce la fine del mondo, il male massimo l’abbiamo già fatto uccidendo Dio. Però, non è stata la fine del mondo (cf. Dn 3,28), è stato l’inizio del mondo nuovo. Così tutto il male del mondo non decreterà la fine del mondo, queste cose avvengono prima, cioè adesso. È il tempo in cui viviamo, è al tempo dal quale dobbiamo uscire noi con la nostra responsabilità smettendo di far le guerre, le lotte, queste cose.
Piuttosto questi avvenimenti devono richiamarci ad una vita più ascetica che a guerre e divisioni anche nel campo della fede. Un richiamo a spandere il profumo di Cristo, il suo amore infinito, la Sua vittoria sul peccato e sulla morte che scaturiscono dalle nostre opere, come un giorno sangue e acqua, battesimo e cibo di vita, zampillarono dal costato di Cristo.
vv. 10-11: Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo.
Qui viene ripreso il discorso dopo gli avvertimenti iniziali. Siamo in pieno linguaggio e immagini apocalittiche (cf. Is 19,2; 2Cr 15,6). Si usano immagini tradizionali per descrivere l'accelerazione del cambiamento della storia (Is 24,19-20; Zc 14,4-5; Ez 6,11-12). L'immaginario catastrofico è come un sipario che vela la bellezza dello scenario che è dietro: la venuta del Signore nella gloria.
Questo velamento è fatto da noi che continuiamo a lottare tenacemente contro l’altro. È fatto dalla natura con l’aiuto dell’uomo. Quindi proprio quando l’uomo vive in lotta con l’altro e non gli interessa l’altro, non gli interessa neanche la natura, gli interessa soltanto il dominio sull’altro e sulla natura, è chiaro che tutto è sconvolto. Così va il mondo; da Caino in poi tutto diventa un povero urlo di disperazione in attesa dell'amore definitivo. Gesù dice diversamente: la storia è il luogo in cui Dio realizza il suo progetto, è – perciò – luogo benedetto e da salvare. La perseveranza, dono celeste, è il nostro sigillo sul mondo, la nostra vita è il fianco squarciato del Signore in croce, la porta spalancata sul cuore di Dio, amore gratuito preparato per ogni uomo. Allora il male, le guerre, non sono la fine del mondo, il male estremo l’abbiamo fatto uccidendo Dio. Però anche questo non è stato la fine del mondo ma il suo inizio a cui ognuno di noi con una coscienza responsabile consegnerà la propria vita a Cristo per la salvezza del mondo.
vv. 12-13: Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
«Ma prima di tutto questo», con queste parole Luca introduce una interpretazione del discorso di Gesù. Si parla di persecuzione. Un dato di fatto che è accaduto ai discepoli dopo la morte di Gesù e in particolare dopo il dono di Pentecoste (che continua ai nostri giorni). Magari, sfogliando le pagine degli Atti degli Apostoli, troveremo ciò che possiamo definire documento su ciò che è persecuzione: la comunità cristiana verrà perseguitata a causa del nome di Gesù.
Non so se ci rendiamo conto di questa ammonizione. Le cose sono due: o non si riesce a vedere la raffinatezza della persecuzione che è in atto contro i cristiani, anche se spesso non cruenta (ci si limita sempre ai fatti di cronaca cruenti), o si è talmente tiepidi che con la nostra fede non provochiamo più nessuno. Infatti, una persecuzione non può spegnere mai l’evangelizzazione ma alimentarla di più.
Istruito con la luce che viene dal Signore, pur perseguitato, il credente proclamerà davanti al mondo una sapienza misteriosa ma capace di contrastare efficacemente gli avversari.
vv. 14-15: Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
In che cosa consisterà questa sapienza? Nel manifestare la falsità del mondo e delle sue promesse, nel rivelare l’amore di Dio presente in mezzo alla storia come segno di speranza per l’uomo. Giunge il momento di riporre la fiducia totale in Dio, solo Dio basta. Gesù sta con chi resiste, offre un linguaggio a cui nessun nemico resisterà. Una resistenza che sia solidaria nella comunità di quanti hanno fede, cioè la nuova famiglia di Gesù, giacché i cristiani corrono il pericolo di essere traditi dai propri familiari.
Gesù si esprimerà per mezzo loro ed essi, pur non essendo colti, difenderanno il suo interesse nel modo giusto, al punto che gli avversari non potranno resistere. La parola e la sapienza di Gesù, è quella della carità, quella di chi vuole fare del bene.
In ogni caso Gesù non promette in linea di principio che salverà i discepoli dagli avversari e del resto essi non si sono mai aspettati da lui un patto del genere. Tuttavia, Dio continuerà a tenere la sua mano sui discepoli di Gesù per cui succederà a loro solo ciò che egli ha stabilito per la loro salvezza.
vv. 16-18: Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Nel Nuovo Testamento abbiamo un vocabolo greco: “upomonè” che viene tradotto con perseveranza, talvolta con pazienza, costanza o fermezza. Questa parola è composta da “upo”, preposizione che si traduce generalmente con “sotto”, in senso metaforico, e “meno”, verbo che significa “stare, dimorare, abitare”. Però la parola “upomeno”, da cui il nostro “upomonè”, vuol significare resistere, perseverare nella fede, nelle vicende del mondo, attendere con desiderio e fiducia la venuta di Cristo mantenendo la fede.
Il nostro versetto ci conserva una domanda di fondo: come attendere quel giorno? Con una spiritualità del quotidiano che Luca delinea così: restare saldi nella «perseveranza», termine che evoca tutta la forza necessaria lungo la via di sofferenza per cui si deve passare, ma che insieme respira la speranza in Colui che ti conta i capelli in capo.
“Perseveranza” è la parola chiave molto carica, una condizione a cui dobbiamo tendere per la salvezza.
La perseveranza (cf. anche At 11,23; 13,43; 14,22) è necessaria e indispensabile quando si soffre, quando si è tentati, quando si è portati allo scoraggiamento, quando si è allettati dalle seduzioni del mondo, quando si è perseguitati: è indispensabile per produrre frutto (8,15). È un continuo "rimanere" in Cristo di cui parla tanto l’evangelista Giovanni.
«Nella vostra perseveranza salverete le vostre anime», ed è come dire «salverete le vostre vite», perché la vita ce l’hai se la sai dare. La vita non è qualcosa da trattenere, come il respiro, se lo trattieni muori. La vita è un dono e bisogna saperla donare per ciò che vale la pena, cioè per l’amore, per la fraternità, per la giustizia nella tenace, umile, quotidianità sicuri che nulla si perde di noi.
La perseveranza di cui parla Gesù, è un modo per discernere tra la logica umana e quella del Vangelo, così facendo otterremo anche la nostra salvezza.
Nei momenti della prova tengo fissa la speranza nell’adempimento del Regno?
Quali sentimenti prevalgono in me: angoscia, spavento, sicurezza, fiducia, speranza, dubbio?
Leggo la storia della mia vita come rilancio la mia fede in Dio mio Salvatore? Oppure sono tra quelli che pensano alla fine del mondo?
Sono convinto/a che la mia quotidianità non è mai sprecata se la vivo con perseveranza, come un dono gioioso, come un servizio a Dio e agli altri?
Come cristiano, mi impegno a fare giustizia, sono disposto a farmi giudicare con rettitudine?
Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.
e i popoli con rettitudine. (Sal 97).
In ogni nostra prova, chiediamo al Signore la forza di perseverare secondo la sua Parola per continuare ad essere testimoni dell’Amore e nell’amore.