SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO C)
Beato chi abita nella tua casa, Signore
Lectio divina su Lc 2,41-52
Beato chi abita nella tua casa, Signore
Lectio divina su Lc 2,41-52
Invocare
O Padre, nell'esemplarità della santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe ci educhi a vivere un vero mistero di comunione. Inonda la nostra vita con il tuo Spirito perché sappiamo vivere in atteggiamento di ascolto adorante al tuo volere per personalizzare sempre meglio il misterioso progetto di salvezza che hai predisposto per ognuno di noi. Sorretti dalla tua divina potenza potremo crescere verso la pienezza del volto del tuo Cristo per noi morto e risorto. Amen.
Leggere
41I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; 43ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero le sue parole. 51Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
- Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
- Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
Meditare
Siamo di fronte alla prima pagina del Vangelo che in modo assai forte e quasi scandaloso ci presenta la somma libertà di Gesù nei confronti della sua famiglia. Certo non è l'unico aspetto che può essere considerato da questa pagina biblica. Ma è una verità importante per noi e può gettare molta luce sui nostri rapporti famigliari.
La pericope di Luca, tradizionalmente intitolata “Gesù tra i dottori”, è l’unico episodio della vita del Signore, tra la nascita e l’inizio della vita pubblica, raccontato dai vangeli canonici (gli apocrifi invece sovrabbondano di narrazioni fantasiose, evidentemente per rispondere a una insopprimibile curiosità devota). Luca riempie il lungo silenzio degli anni nascosti di Gesù con due frasi molto simili che descrivono sommariamente il suo svilupparsi come uomo (2,40. 52). Incorniciato dai due ritornelli sta il racconto del viaggio a Gerusalemme; il suo scopo è come quello di pilone di sostegno di un ponte dall’arcata troppo lunga: interrompe il salto sul vuoto e proietta profeticamente verso gli sviluppi futuri. Dodici anni indica l’uscita dalla fanciullezza, l’inizio della maturità. Questo primo viaggio di Gesù a Gerusalemme prefigura l’altro viaggio, “l’esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9,31), il cammino verso la croce, che occupa la seconda parte del Vangelo di Luca (in 9,51 è sottolineata con forza la svolta nella narrazione).
v. 41: “I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua”. Tre volte all'anno c'erano celebrazioni che richiamavano a Gerusalemme i pellegrini, secondo il comando del Signore: "Tre volte all'anno farai festa in mio onore: Osserverai la festa degli azzimi...Osserverai la festa della mietitura...la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. Tre volte all'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio" (Es 23,14-17). La Santa Famiglia di nazaret fece più di quanto esigeva la legge. Infatti anche Maria compiva il pellegrinaggio, sebbene non fosse obbligatorio per le donne. Gesù viene dunque condotto a Gerusalemme affinché si abitui a osservare la Legge.
v. 42: “Quando egli ebbe dodici anni...”. A dodici anni, Gesù attraversa quella cerimonia che si chiama Bar Mitzvah (significa letteralmente: figlio del comandamento). È la cerimonia della maturità religiosa; da quel momento il ragazzo può leggere la Parola di Dio nella sinagoga, solennemente, nelle riunioni della comunità di Israele. Quindi diventa religiosamente maggiorenne.
“...il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero”. La festa pasquale durava sette giorni. La partenza avveniva solo dopo il secondo giorno festivo. Alla fine della settimana Giuseppe e Maria partirono e si viaggiava suddivisi in gruppi di parenti e conoscenti Gesù si sottrae all'attenzione premurosa e si ferma nel tempio, nella casa di suo Padre. E nel dialogo e nel rapporto che si sviluppa con i suoi genitori emerge una paternità divina che prevale sui rapporti umani.
v. 44: "Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, poi si misero a cercarlo tra parenti e conoscenti".
I suoi genitori non possono non pensare che lui sia nel "cammino con gli altri", così come le donne al sepolcro cercheranno tra i morti colui che è vivo (Lc 24.5). Ma "le sue vie non sono le nostre vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri" (Is 55.8). Gesù non si trova tra i "parenti " secondo la carne perché i sui parenti "sono coloro che ascoltano la Parola di Dio" (Lc 8,21). Non si trova neppure tra i "conoscenti" (che può essere inteso anche come "quelli che conoscono") perché il suo mistero, che solo il padre conosce è nascosto a coloro che sanno e rivelato ai bambini (Lc 10,21).
v. 45: “non avendolo trovato, tornarono in cerca...”. Tutto il cammino di Maria è essenzialmente di distacco da Gesù. Il distacco vuol dire che pian piano il Bambino appare come colui che non appartiene a lei, di cui lei è la madre che ha generato non per se stessa, ma per Dio e per il mondo, perché faccia la volontà di Dio e compia la sua missione nel mondo. Quello che è significativo è questo: il distacco di Gesù da Maria non vuole dire per Maria una perdita di significato e di fecondità, anzi, vuol dire che questa fecondità diventa ancora più grande. In realtà, la maternità di Maria viene dilatata, affiliata e diventa maternità ecclesiale. Ogni distacco che ci viene chiesto nella vita è solo l’occasione per una dilatazione della nostra vita. Di fronte al distacco una persona ha l’impressione che la vita diventi più stretta, misera, povera, perché perdiamo qualcosa di bello. La legge del vangelo è che ogni distacco, in realtà, arricchisce la vita, perché: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
v. 46: “Dopo tre giorni...”. Almeno cinque volte nel Vangelo e un’altra negli Atti, Luca usa l’espressione “tre giorni” o “terzo giorno” in relazione alla morte e resurrezione di Gesù. Poiché l’episodio di “Gesù tra i dottori” è ricco di segnali e riferimenti alla vita adulta di Gesù, non è azzardato vedere nei tre giorni di ricerca di Gesù da parte di Maria e Giuseppe una allusione alla scomparsa di Gesù per tre giorni nella morte e al suo ritrovamento nella risurrezione.
La vicenda di Maria è quella di ogni credente che “trova Gesù nella casa del padre dopo tre giorni”. Il terzo giorno nella teologia neotestamentaria è il giorno della risurrezione. Ritrovare Gesù nella casa del padre dopo tre giorni è, quindi, lo sbocco ultimo della fede, è un annuncio pasquale, è un invito a cercare sempre Gesù dove realmente è.
“lo trovarono nel tempio, seduto...”. Il tempio di Gerusalemme è la meta finale del viaggio di predicazione di Gesù, è la “casa di preghiera” (Lc 19,46), il luogo il cui negli ultimi giorni della sua vita “insegnava ogni giorno” (Lc 19,47) e “annunciava la parola di Dio” (Lc 20,1). Nel tempio si conclude il vangelo di Luca, con gli Undici che vi “stavano sempre lodando Dio” (24,53) e ancora nel tempio troviamo numerose volte gli apostoli agli inizi della Chiesa (Atti 2,46; 3,1ss; 5,20ss). Facendoci vedere Gesù giovinetto che sta seduto nel tempio ad insegnare, Luca anticipa il punto d’arrivo della missione del Signore e il punto di partenza della missione della Chiesa.Gesù è trovato seduto e non, come di consuetudine per i discepoli, ai piedi dei rabbini: li ascolta, li interroga e risponde alle loro domande. Gesù è un fanciullo sapiente e intelligente riguardo alle Sacre Scritture; in lui è nascosta e presente la volontà di Dio. Gesù al tempio preannuncia il suo ruolo di maestro escatologico venuto a esporre in maniera perfetta la volontà del Padre, così come il ritrovamento dopo tre giorni nella casa di suo Padre è un accenno che prefigura il mistero pasquale, la risurrezione al terzo giorno alla destra del Padre.
v. 47: “E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte”. Il dialogo con i dottori del tempio, in cui Gesù “li ascoltava e li interrogava”, sta a significare il legame di continuità tra l’Antico Testamento e il Vangelo, il loro continuo interrogarsi e rispondersi. Nello stesso tempo, però, lo stupore che coglie i maestri di Gerusalemme “per la sua intelligenza e le sue risposte” mostra la superiorità della parola di Cristo su quella custodita dai dottori e testimonia la sua conoscenza profonda della Legge. Più avanti sarà chiamato e ritenuto maestro (10,25) e il popolo si meraviglierà della sua dottrina e dichiarerà che egli insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi (Mt 7,28ss)
v. 48: "al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: figlio perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo".
“Al vederlo i suoi rimangono colpiti” (Lc 24,22) e gli raccontano tutto il loro dolore della perdita e l'ansia della ricerca.
Le parole di Maria sono l'espressione spontanea del dolore e dell'angoscia di quelle lunghe ore di ricerca. Maria da vera madre, parla a Gesù come se fosse un bambino ma in realtà è un ragazzo. Comincia ad appianarsi il mistero che circonda Gesù. Egli ha la coscienza che supera quella di ogni altro uomo.
v. 49: “devo occuparmi delle cose del Padre mio...”. La prima parola che i vangeli riportano sulla bocca di gesù è una parola di altissima coscienza di sé, una parola che indica il corso della sua vita. Gesù ha la coscienza di essere Figlio di Dio secondo la Scrittura: “Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara figlio del Signore” (Sap 2,13).
Gesù chiama Dio “Abba” “Padre”. C’è questo: “Padre mio” che sembra incominciare a costituire una forza di attrazione più grande che non la famiglia, la casa di Nazaret e i suoi genitori; c’è qualcosa che pian piano allontana Gesù. È vero che dopo Gesù ritorna con i genitori e “stava loro sottomesso”, però, intanto, questa piccola frattura si è manifestata. Quella piccola frattura diventerà più grande al momento del ministero pubblico, perché, a questo punto, Gesù si distacca dalla famiglia e incomincia un nuovo modo di vivere: incomincia a fare il predicatore, quindi a spendere la sua vita per il compimento di un disegno del Padre su di Lui. Gesù ha percepito la sua vita è dominata da un “io devo” che guida la sua vita consacrata al regno di Dio (4,43). È un’attrazione fortissima nei confronti della sua vita, tanto da diventare tutto l’orizzonte del suo mondo e la motivazione delle sue scelte.
v. 50: “Ma essi non compresero le sue parole”. Maria e Giuseppe non compresero le parole del figlio. Maria è cresciuta nella conoscenza del Figlio, per mezzo dell'angelo, dei profeti e della Sacra Scrittura. Ma qui, nonostante tutto rimane un enigma. Per Maria e Giuseppe, non comprendere l’agire del loro figlio equivale a non comprendere l’agire di Dio. Ogni rivelazione presenta nuovi enigmi: la nascita in una mangiatoia, la sua infanzia, la sua vita coi parentie col popolo, il suo fallimento, la sua morte in croce. Abbiamo sempre bisogno della parola rivelatrice e della meditazione su Gesù e sugli eventi salvifici. Anche se Gesù ci fosse del tutto familiare, rimarrebbero ancora oscurità e misteri.
Maria e Giuseppe come i discepoli di Emmaus Maria e Giuseppe non capirono che bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua Gloria (24,26) Maria e Giuseppe sono un modello perché si mantengono costanti e fedeli alla loro vocazione anche quando non comprendono.
v. 51: “stava loro sottomesso...”. Gesù ritorna a Nazaret e sta sottomesso i genitori; questi non sanno qual è la missione di quel bambino; lui la conosce, sa quello che loro non sanno, però si sottomette a loro. Ma si sottomette a loro con una missione nuova e grande, quella missione che lo pone in un rapporto unico ed esclusivo con Dio.
L’esperienza cristiana è fondamentalmente un fatto di sottomissione, a partire dalla grande subordinazione a Dio. Un restare soggetti che si concretizza nell’obbedienza alla Parola, ove “obbedire” significa “ascoltare la voce ponendosi sotto”. Mediante l'obbedienza si prepara alla glorificazione dopo il battesimo. «E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui» (At 5,32). Una sottomissione, e in questo sta il paradosso della esperienza cristiana, concepita come evento di liberazione e di fruttificazione. Come la terra produce il suo frutto non rifiutandosi all’acqua e al suolo, così la creatura che non si pone a lato (= disobbedienza) della Parola inviata da Dio viene sottratta alla molteplicità degli idoli e dischiusa ai frutti dello Spirito. In fondo, la sottomissione è una legge fondamentale della vita cristiana.
“Sua madre serbava...”. Maria capisce ora che anche per lei deve iniziare quel faticoso itinerario di fede che le farà scoprire il mistero del suo Figlio e che le farà perdere sempre più il Figlio come possesso per averlo come dono salvifico di Dio ai piedi della croce. Maria inizia a comprendere che il suo distacco dal Figlio non è segno di lontananza ma di vicinanza perché con la fede ella entra sempre più nel progetto di salvezza che il Cristo sta attuando.
“...nel suo cuore”. Questi avvenimenti riempiono lo spirito di Maria e diventano luce della sua vita. Nella storia ci sono i segni del compimento della volontà d Dio, ma sono velati e possono essere colti solo attraverso una rivelazione di luce interiore. Parte essenziale della vita spirituale è il silenzio, perché solo nel silenzio si può cogliere il mistero delle cose. La superficie delle cose la si coglie immediatamente perché bastano i sensi degli occhi o degli orecchi. Ma il mistero delle cose e degli avvenimenti richiede uno svelamento. Maria ha custodito e amato “queste cose” nel suo cuore e pian piano dentro di lei le hanno rivelato il disegno di Dio: il loro pieno e vero significato.
San Luca pensa a maria, poiché segue tutto fin dal principio (cfr. 1,1-4).
v. 52: "E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" .
L'evangelista conclude annotando che Gesù "progrediva in sapienza e in statura e in grazia presso Dio e uomini".
L'evangelista Luca usa per Gesù l'esperienza del giovane Samuele: “Andava crescendo e avvantaggiandosi presso Dio e presso gli uomini” (1Sam 2,26). Infatti “tutti i profeti, quanti parlarono da Samuele in poi, anche essi annunziarono questi giorni (di Gesù Cristo)” (At 3,24; cfr. 13,20).
Gesù però deve attendere che giunga la sua ora, l'ora in cui la crescita sarà compiuta; allora si presenterà come il profeta che supera tutti i profeti per la sapienza della sua conoscenza di Dio.
Adesso sappiamo qual è la sua sapienza: compiere la volontà del Padre e resistere a Gerusalemme. La sua statura è quella che assumerà crescendo nel cuore dei credenti fino alla consegna definitiva del Regno al Padre. La sua grazia è il suo essere insieme presso il Padre e presso di noi.
Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa
Di tanto in tanto Gesù nel tempio interrogava i dottori, di tanto in tanto rispondeva. E sebbene fossero straordinarie le sue domande, tuttavia molto più straordinario è ciò che egli rispondeva. Se vogliamo dunque anche noi ascoltarlo, se vogliamo che egli proponga anche a noi delle domande che lui stesso risolverà, supplichiamolo, e cerchiamolo con tutta la fatica e il dolore: così potremo trovare colui che cerchiamo. Infatti, non a caso sta scritto: io e tua madre addolorati ti cercavamo. E’ necessario che colui che cerca Gesù, lo cerchi non in modo negligente e trascurato e con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: “Ti cerchiamo addolorati” (Origene, Commento al vang. di Luca).
È necessario che coloro che cercano Gesù lo cerchino non in modo negligente e trascurato, è con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: Ti cerchiamo addolorati. (…) Dove lo trovano dunque? Nel tempio; lì si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, e lì troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio (Origene, Omelie su Lc 18.5-19.6).
Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il più grande si sottomette al più piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è più anziano di lui, Gesù lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l’autorità paterna. Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesù, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore? Penso che Giuseppe comprendeva che Gesù era a lui superiore, pur essendogli sottomesso; e, sapendo che il sottoposto era maggiore di lui, gli dava ordini con timore e moderazione. Rifletta ciascuno su tutto questo: spesso un uomo di poco valore è posto al di sopra di persone migliori di lui, e talvolta accade che l’inferiore vale più di colui che sembra comandarlo. Se chi detiene elevate dignità comprenderà tutto questo, non si gonfierà d’orgoglio a causa del suo rango più alto, ma saprà ce il suo inferiore può essere migliore di lui, nello stesso modo in cui Gesù era sottomesso a Giuseppe (Origene, Omelie su Lc 20,5).
- Alcune domande per la riflessione personale e il confronto:
Prova a cogliere per la tua vita il culmine e il centro del brano?
Cosa o chi diventa più importante ad un certo punto della mia esistenza?
Sono capace sull'esempio di Gesù a vivere sottomesso?
Mi preoccupo spesso di più dei progetti sui figli, che di quelli di Dio?
Vi è nella mia famiglia il senso del sacro?
Vi è ancora quel rispetto al piano di Dio, che è in ogni uomo, e quindi una attenzione da parte dei genitori perché questo "piano", attraverso la fede, la preghiera, una pedagogia fondata sulla Parola di Dio prenda corpo?
Pregare
Raccogliamoci in silenzio ripercorrendo la nostra preghiera e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 83 / 84):
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
Contemplare-agire
Nel silenzio del cuore incontra il Signore. Ripeti spesso e vivi questa Parola: io devo occuparmi delle cose del Padre mio.
La pericope di Luca, tradizionalmente intitolata “Gesù tra i dottori”, è l’unico episodio della vita del Signore, tra la nascita e l’inizio della vita pubblica, raccontato dai vangeli canonici (gli apocrifi invece sovrabbondano di narrazioni fantasiose, evidentemente per rispondere a una insopprimibile curiosità devota). Luca riempie il lungo silenzio degli anni nascosti di Gesù con due frasi molto simili che descrivono sommariamente il suo svilupparsi come uomo (2,40. 52). Incorniciato dai due ritornelli sta il racconto del viaggio a Gerusalemme; il suo scopo è come quello di pilone di sostegno di un ponte dall’arcata troppo lunga: interrompe il salto sul vuoto e proietta profeticamente verso gli sviluppi futuri. Dodici anni indica l’uscita dalla fanciullezza, l’inizio della maturità. Questo primo viaggio di Gesù a Gerusalemme prefigura l’altro viaggio, “l’esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9,31), il cammino verso la croce, che occupa la seconda parte del Vangelo di Luca (in 9,51 è sottolineata con forza la svolta nella narrazione).
v. 41: “I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua”. Tre volte all'anno c'erano celebrazioni che richiamavano a Gerusalemme i pellegrini, secondo il comando del Signore: "Tre volte all'anno farai festa in mio onore: Osserverai la festa degli azzimi...Osserverai la festa della mietitura...la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. Tre volte all'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio" (Es 23,14-17). La Santa Famiglia di nazaret fece più di quanto esigeva la legge. Infatti anche Maria compiva il pellegrinaggio, sebbene non fosse obbligatorio per le donne. Gesù viene dunque condotto a Gerusalemme affinché si abitui a osservare la Legge.
v. 42: “Quando egli ebbe dodici anni...”. A dodici anni, Gesù attraversa quella cerimonia che si chiama Bar Mitzvah (significa letteralmente: figlio del comandamento). È la cerimonia della maturità religiosa; da quel momento il ragazzo può leggere la Parola di Dio nella sinagoga, solennemente, nelle riunioni della comunità di Israele. Quindi diventa religiosamente maggiorenne.
“...il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero”. La festa pasquale durava sette giorni. La partenza avveniva solo dopo il secondo giorno festivo. Alla fine della settimana Giuseppe e Maria partirono e si viaggiava suddivisi in gruppi di parenti e conoscenti Gesù si sottrae all'attenzione premurosa e si ferma nel tempio, nella casa di suo Padre. E nel dialogo e nel rapporto che si sviluppa con i suoi genitori emerge una paternità divina che prevale sui rapporti umani.
v. 44: "Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, poi si misero a cercarlo tra parenti e conoscenti".
I suoi genitori non possono non pensare che lui sia nel "cammino con gli altri", così come le donne al sepolcro cercheranno tra i morti colui che è vivo (Lc 24.5). Ma "le sue vie non sono le nostre vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri" (Is 55.8). Gesù non si trova tra i "parenti " secondo la carne perché i sui parenti "sono coloro che ascoltano la Parola di Dio" (Lc 8,21). Non si trova neppure tra i "conoscenti" (che può essere inteso anche come "quelli che conoscono") perché il suo mistero, che solo il padre conosce è nascosto a coloro che sanno e rivelato ai bambini (Lc 10,21).
v. 45: “non avendolo trovato, tornarono in cerca...”. Tutto il cammino di Maria è essenzialmente di distacco da Gesù. Il distacco vuol dire che pian piano il Bambino appare come colui che non appartiene a lei, di cui lei è la madre che ha generato non per se stessa, ma per Dio e per il mondo, perché faccia la volontà di Dio e compia la sua missione nel mondo. Quello che è significativo è questo: il distacco di Gesù da Maria non vuole dire per Maria una perdita di significato e di fecondità, anzi, vuol dire che questa fecondità diventa ancora più grande. In realtà, la maternità di Maria viene dilatata, affiliata e diventa maternità ecclesiale. Ogni distacco che ci viene chiesto nella vita è solo l’occasione per una dilatazione della nostra vita. Di fronte al distacco una persona ha l’impressione che la vita diventi più stretta, misera, povera, perché perdiamo qualcosa di bello. La legge del vangelo è che ogni distacco, in realtà, arricchisce la vita, perché: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
v. 46: “Dopo tre giorni...”. Almeno cinque volte nel Vangelo e un’altra negli Atti, Luca usa l’espressione “tre giorni” o “terzo giorno” in relazione alla morte e resurrezione di Gesù. Poiché l’episodio di “Gesù tra i dottori” è ricco di segnali e riferimenti alla vita adulta di Gesù, non è azzardato vedere nei tre giorni di ricerca di Gesù da parte di Maria e Giuseppe una allusione alla scomparsa di Gesù per tre giorni nella morte e al suo ritrovamento nella risurrezione.
La vicenda di Maria è quella di ogni credente che “trova Gesù nella casa del padre dopo tre giorni”. Il terzo giorno nella teologia neotestamentaria è il giorno della risurrezione. Ritrovare Gesù nella casa del padre dopo tre giorni è, quindi, lo sbocco ultimo della fede, è un annuncio pasquale, è un invito a cercare sempre Gesù dove realmente è.
“lo trovarono nel tempio, seduto...”. Il tempio di Gerusalemme è la meta finale del viaggio di predicazione di Gesù, è la “casa di preghiera” (Lc 19,46), il luogo il cui negli ultimi giorni della sua vita “insegnava ogni giorno” (Lc 19,47) e “annunciava la parola di Dio” (Lc 20,1). Nel tempio si conclude il vangelo di Luca, con gli Undici che vi “stavano sempre lodando Dio” (24,53) e ancora nel tempio troviamo numerose volte gli apostoli agli inizi della Chiesa (Atti 2,46; 3,1ss; 5,20ss). Facendoci vedere Gesù giovinetto che sta seduto nel tempio ad insegnare, Luca anticipa il punto d’arrivo della missione del Signore e il punto di partenza della missione della Chiesa.Gesù è trovato seduto e non, come di consuetudine per i discepoli, ai piedi dei rabbini: li ascolta, li interroga e risponde alle loro domande. Gesù è un fanciullo sapiente e intelligente riguardo alle Sacre Scritture; in lui è nascosta e presente la volontà di Dio. Gesù al tempio preannuncia il suo ruolo di maestro escatologico venuto a esporre in maniera perfetta la volontà del Padre, così come il ritrovamento dopo tre giorni nella casa di suo Padre è un accenno che prefigura il mistero pasquale, la risurrezione al terzo giorno alla destra del Padre.
v. 47: “E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte”. Il dialogo con i dottori del tempio, in cui Gesù “li ascoltava e li interrogava”, sta a significare il legame di continuità tra l’Antico Testamento e il Vangelo, il loro continuo interrogarsi e rispondersi. Nello stesso tempo, però, lo stupore che coglie i maestri di Gerusalemme “per la sua intelligenza e le sue risposte” mostra la superiorità della parola di Cristo su quella custodita dai dottori e testimonia la sua conoscenza profonda della Legge. Più avanti sarà chiamato e ritenuto maestro (10,25) e il popolo si meraviglierà della sua dottrina e dichiarerà che egli insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi (Mt 7,28ss)
v. 48: "al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: figlio perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo".
“Al vederlo i suoi rimangono colpiti” (Lc 24,22) e gli raccontano tutto il loro dolore della perdita e l'ansia della ricerca.
Le parole di Maria sono l'espressione spontanea del dolore e dell'angoscia di quelle lunghe ore di ricerca. Maria da vera madre, parla a Gesù come se fosse un bambino ma in realtà è un ragazzo. Comincia ad appianarsi il mistero che circonda Gesù. Egli ha la coscienza che supera quella di ogni altro uomo.
v. 49: “devo occuparmi delle cose del Padre mio...”. La prima parola che i vangeli riportano sulla bocca di gesù è una parola di altissima coscienza di sé, una parola che indica il corso della sua vita. Gesù ha la coscienza di essere Figlio di Dio secondo la Scrittura: “Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara figlio del Signore” (Sap 2,13).
Gesù chiama Dio “Abba” “Padre”. C’è questo: “Padre mio” che sembra incominciare a costituire una forza di attrazione più grande che non la famiglia, la casa di Nazaret e i suoi genitori; c’è qualcosa che pian piano allontana Gesù. È vero che dopo Gesù ritorna con i genitori e “stava loro sottomesso”, però, intanto, questa piccola frattura si è manifestata. Quella piccola frattura diventerà più grande al momento del ministero pubblico, perché, a questo punto, Gesù si distacca dalla famiglia e incomincia un nuovo modo di vivere: incomincia a fare il predicatore, quindi a spendere la sua vita per il compimento di un disegno del Padre su di Lui. Gesù ha percepito la sua vita è dominata da un “io devo” che guida la sua vita consacrata al regno di Dio (4,43). È un’attrazione fortissima nei confronti della sua vita, tanto da diventare tutto l’orizzonte del suo mondo e la motivazione delle sue scelte.
v. 50: “Ma essi non compresero le sue parole”. Maria e Giuseppe non compresero le parole del figlio. Maria è cresciuta nella conoscenza del Figlio, per mezzo dell'angelo, dei profeti e della Sacra Scrittura. Ma qui, nonostante tutto rimane un enigma. Per Maria e Giuseppe, non comprendere l’agire del loro figlio equivale a non comprendere l’agire di Dio. Ogni rivelazione presenta nuovi enigmi: la nascita in una mangiatoia, la sua infanzia, la sua vita coi parentie col popolo, il suo fallimento, la sua morte in croce. Abbiamo sempre bisogno della parola rivelatrice e della meditazione su Gesù e sugli eventi salvifici. Anche se Gesù ci fosse del tutto familiare, rimarrebbero ancora oscurità e misteri.
Maria e Giuseppe come i discepoli di Emmaus Maria e Giuseppe non capirono che bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua Gloria (24,26) Maria e Giuseppe sono un modello perché si mantengono costanti e fedeli alla loro vocazione anche quando non comprendono.
v. 51: “stava loro sottomesso...”. Gesù ritorna a Nazaret e sta sottomesso i genitori; questi non sanno qual è la missione di quel bambino; lui la conosce, sa quello che loro non sanno, però si sottomette a loro. Ma si sottomette a loro con una missione nuova e grande, quella missione che lo pone in un rapporto unico ed esclusivo con Dio.
L’esperienza cristiana è fondamentalmente un fatto di sottomissione, a partire dalla grande subordinazione a Dio. Un restare soggetti che si concretizza nell’obbedienza alla Parola, ove “obbedire” significa “ascoltare la voce ponendosi sotto”. Mediante l'obbedienza si prepara alla glorificazione dopo il battesimo. «E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui» (At 5,32). Una sottomissione, e in questo sta il paradosso della esperienza cristiana, concepita come evento di liberazione e di fruttificazione. Come la terra produce il suo frutto non rifiutandosi all’acqua e al suolo, così la creatura che non si pone a lato (= disobbedienza) della Parola inviata da Dio viene sottratta alla molteplicità degli idoli e dischiusa ai frutti dello Spirito. In fondo, la sottomissione è una legge fondamentale della vita cristiana.
“Sua madre serbava...”. Maria capisce ora che anche per lei deve iniziare quel faticoso itinerario di fede che le farà scoprire il mistero del suo Figlio e che le farà perdere sempre più il Figlio come possesso per averlo come dono salvifico di Dio ai piedi della croce. Maria inizia a comprendere che il suo distacco dal Figlio non è segno di lontananza ma di vicinanza perché con la fede ella entra sempre più nel progetto di salvezza che il Cristo sta attuando.
“...nel suo cuore”. Questi avvenimenti riempiono lo spirito di Maria e diventano luce della sua vita. Nella storia ci sono i segni del compimento della volontà d Dio, ma sono velati e possono essere colti solo attraverso una rivelazione di luce interiore. Parte essenziale della vita spirituale è il silenzio, perché solo nel silenzio si può cogliere il mistero delle cose. La superficie delle cose la si coglie immediatamente perché bastano i sensi degli occhi o degli orecchi. Ma il mistero delle cose e degli avvenimenti richiede uno svelamento. Maria ha custodito e amato “queste cose” nel suo cuore e pian piano dentro di lei le hanno rivelato il disegno di Dio: il loro pieno e vero significato.
San Luca pensa a maria, poiché segue tutto fin dal principio (cfr. 1,1-4).
v. 52: "E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" .
L'evangelista conclude annotando che Gesù "progrediva in sapienza e in statura e in grazia presso Dio e uomini".
L'evangelista Luca usa per Gesù l'esperienza del giovane Samuele: “Andava crescendo e avvantaggiandosi presso Dio e presso gli uomini” (1Sam 2,26). Infatti “tutti i profeti, quanti parlarono da Samuele in poi, anche essi annunziarono questi giorni (di Gesù Cristo)” (At 3,24; cfr. 13,20).
Gesù però deve attendere che giunga la sua ora, l'ora in cui la crescita sarà compiuta; allora si presenterà come il profeta che supera tutti i profeti per la sapienza della sua conoscenza di Dio.
Adesso sappiamo qual è la sua sapienza: compiere la volontà del Padre e resistere a Gerusalemme. La sua statura è quella che assumerà crescendo nel cuore dei credenti fino alla consegna definitiva del Regno al Padre. La sua grazia è il suo essere insieme presso il Padre e presso di noi.
Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa
Di tanto in tanto Gesù nel tempio interrogava i dottori, di tanto in tanto rispondeva. E sebbene fossero straordinarie le sue domande, tuttavia molto più straordinario è ciò che egli rispondeva. Se vogliamo dunque anche noi ascoltarlo, se vogliamo che egli proponga anche a noi delle domande che lui stesso risolverà, supplichiamolo, e cerchiamolo con tutta la fatica e il dolore: così potremo trovare colui che cerchiamo. Infatti, non a caso sta scritto: io e tua madre addolorati ti cercavamo. E’ necessario che colui che cerca Gesù, lo cerchi non in modo negligente e trascurato e con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: “Ti cerchiamo addolorati” (Origene, Commento al vang. di Luca).
È necessario che coloro che cercano Gesù lo cerchino non in modo negligente e trascurato, è con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: Ti cerchiamo addolorati. (…) Dove lo trovano dunque? Nel tempio; lì si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, e lì troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio (Origene, Omelie su Lc 18.5-19.6).
Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il più grande si sottomette al più piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è più anziano di lui, Gesù lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l’autorità paterna. Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesù, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore? Penso che Giuseppe comprendeva che Gesù era a lui superiore, pur essendogli sottomesso; e, sapendo che il sottoposto era maggiore di lui, gli dava ordini con timore e moderazione. Rifletta ciascuno su tutto questo: spesso un uomo di poco valore è posto al di sopra di persone migliori di lui, e talvolta accade che l’inferiore vale più di colui che sembra comandarlo. Se chi detiene elevate dignità comprenderà tutto questo, non si gonfierà d’orgoglio a causa del suo rango più alto, ma saprà ce il suo inferiore può essere migliore di lui, nello stesso modo in cui Gesù era sottomesso a Giuseppe (Origene, Omelie su Lc 20,5).
- Alcune domande per la riflessione personale e il confronto:
Prova a cogliere per la tua vita il culmine e il centro del brano?
Cosa o chi diventa più importante ad un certo punto della mia esistenza?
Sono capace sull'esempio di Gesù a vivere sottomesso?
Mi preoccupo spesso di più dei progetti sui figli, che di quelli di Dio?
Vi è nella mia famiglia il senso del sacro?
Vi è ancora quel rispetto al piano di Dio, che è in ogni uomo, e quindi una attenzione da parte dei genitori perché questo "piano", attraverso la fede, la preghiera, una pedagogia fondata sulla Parola di Dio prenda corpo?
Pregare
Raccogliamoci in silenzio ripercorrendo la nostra preghiera e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 83 / 84):
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
Contemplare-agire
Nel silenzio del cuore incontra il Signore. Ripeti spesso e vivi questa Parola: io devo occuparmi delle cose del Padre mio.