martedì 9 febbraio 2021

LECTIO: VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B

Lectio divina su Mc 1,40-45

 
Invocare
Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l'immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all'opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
Il brano di questa domenica presenta la guarigione del lebbroso, che con l'esorcismo nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-28), indica il potere risanatore di cui Gesù è dotato.
Con questa pericope, si chiude il primo capitolo del vangelo di Marco, per poi passare ad un gruppo di controversie con gli scribi e i farisei (Mc 2,1-3,6), in cui Gesù si pone apertamente in contrasto con le tradizioni del suo popolo (remissione dei peccati, prendere cibo con i peccatori, il digiuno, il sabato).
L’idea di Dio che ruota nel brano in questione è una sua falsa immagine, deturpata, che ancora oggi appare così: Dio ama le persone belle e sane; gli altri che appaiono ripugnanti le scarta, anzi le scomunica.
Un’immagine di cui l’Evangelista vuole sottolineare una buona notizia: Dio non emargina nessuno. È la religione che divide le persone tra puri e impuri, meritevoli e no, ma non Dio (cfr. Mc 7,14-23). Pietro ricorderà: “Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun individuo” (At 10,28).
Quindi, quanto presenta l’evangelista Marco nel capitolo primo con l’episodio del lebbroso non è altro che il volto amabile di Dio.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 40: (In quel tempo) venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Il versetto inizia senza una descrizione di tempo e di luogo e introduce semplicemente un uomo segnato dalla lebbra, che aveva sentito parlare di Gesù, che si avvicina a Lui. L’evangelista omette “l’avviso” che indica il Levitico: “immondo, immondo” (Lev 13,45).
La lebbra a quei tempi era la malattia della pelle in senso ampio, bastava delle macchie bianche, pustole o altre manifestazioni per dichiarare la persona lebbrosa. I lebbrosi vivevano fuori dei centri abitati e venivano considerati dei “morti viventi” e, secondo il pensiero biblico, il loro essere lebbrosi era visto come il castigo per i peccati particolarmente gravi; quindi sul malato gravava anche il peso del senso di colpa.
Al cap 13 del libro del Levitico, troviamo le regole comportamentali del lebbroso, anche nel momento in cui qualcuno gli si facesse vicino. Qui, il versetto, mostra il contrario. Ancora una volta Dio si fa vicino all’uomo sofferente.
Il lebbroso riconosce in Gesù il Signore, egli si perde in questo riconoscimento, si inginocchia e lo supplica, sente il bisogno di Dio e chiede di essere purificato, non solo dalla malattia ma anche dal peccato, da quanto lo tiene lontano da Dio e dagli uomini.
In questa invocazione troviamo la preghiera di chi conosce il male e cerca solo il bene, cerca Dio. Invece nella sinagoga, mentre Gesù insegnava, il male in persona dice: “sei venuto a rovinarci!”.
v. 41: Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!».
Il versetto contiene azione e parola di Gesù, descritti con verbi, assunti dalla liturgia. Anzitutto Gesù ha compassione di lui, letteralmente "ha viscere di tenerezza". È l’attributo materno di Dio, che è amore per l’uomo. Dio si commuove dinanzi al male, si commuove come una madre amorosa per i suoi figli (cfr. Os 11,9; Is 49,15). Gesù si lascia coinvolgere dalla situazione di miseria in cui si trova l'uomo.
La seconda azione è "tese la mano". È il gesto del Dio liberatore nell'Esodo. La mano del Signore che si stende per agire è potente e può compiere grandi cose (cfr. Es 4,4; 7,19; 8,1; 9,22; 14,16; 21,26) un gesto di autorità. Nell’AT, questo gesto incuteva “paura di Dio”. Gesù invece mostra tutto il contrario: Dio è Colui che stendendo la sua mano, stende la sua compassione risanando, purificando, ridonando la vita. Questo suo gesto salvatore, lo porterà a compimento sulla croce stendendo le sue braccia.
Il terzo verbo è "lo toccò". Toccare significa vicinanza estrema e amore. Qui si sperimenta il nostro limite, il nostro male, il nostro peccato: tutto diventa luogo di incontro con Dio, contatto con lui.
Gesù sapeva bene che questo lo avrebbe reso impuro, ma lui va oltre: assume su di sé la malattia, il peso del peccato, l'emarginazione di quell'uomo. È la misericordia di Dio che adombra la nostra miseria.
Ancora un’azione di Gesù che è desiderio, volontà di guarire l'uomo, volontà stessa di Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4).
Gesù reintegra nella società civile e religiosa, ci monda dalla vera lebbra che è la paura stessa della morte, che contagia la nostra vita, ci monda da ogni superficialità, dalle false sicurezze, da ogni tipo di febbre (cfr. Mc 1,29-39).
v. 42: E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Alla grande invocazione che sale dal profondo del cuore, la lebbra scompare subito, la pelle del malato ritorna sana e integra. La guarigione evidenzia la potenza di Gesù sul male, che con il tocco e la parola libera.
L'immediatezza della guarigione sottolinea il carattere straordinario della Parola che libera e che guarisce. La guarigione è immediata e completa, il che è normale per gli esorcismi e le guarigioni di Gesù.
vv. 43-44: E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito
Un gesto strano questo di Gesù. L’atteggiamo lo ritroviamo in Mc 3,12;8,30;10,48. Gesù vuole e cerca segretezza. Cacciò via l’ex-lebbroso. Qui si vuole interpretare quel “gettò fuori”, come Gesù dopo il battesimo, fu “gettato fuori” dallo Spirito nel deserto (Mc 1,12).
e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Colui che guariva dalla lebbra doveva andare dal sacerdote, che costatata la guarigione reintegrava la persona nella sua famiglia e nella vita sociale. E Gesù fa osservare le tradizioni ebraiche: andare dal sacerdote, dal custode della legge (cfr. Lev 13,49). Ma il versetto racchiude anche la missione dell’ex-lebbroso: custodire il segreto messianico. Gesù dice al lebbroso di non raccontare il miracolo di cui è stato beneficiario. La vera identità di Gesù si riconosce sulla croce e non dai suoi miracoli. E di questo lui deve essere testimone.
L’uomo guarito testimonia che c’è qualcuno che va oltre la legge e che alla legge è impossibile. L'uomo dimostrava a tutti di essere stato guarito perfettamente mediante l'opera di Gesù (cfr. Mc 6,11 e Mc 13,9). Questa testimonianza può risultare a favore o a sfavore. Tutto dipende se si accoglie (cfr. Lc 17,11-19).
v. 45: Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto
L’ex-lebbroso disobbedisce a Gesù e proclama apertamente il fatto divulgandolo. Egli ha sperimentato in prima persona la misericordia di Dio, ora la diffonde. È l’annuncio del vangelo da parte di chi non conta nella società perché l’evangelizzatore è come Gesù: pietra di scarto (cfr. Mc 12,10)
tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
In questa parte di versetto, sembra che Gesù faccia il lebbroso: se prima vedevamo il lebbroso ritirato in luoghi deserti, adesso, Gesù, dopo aver assunto su di sé la lebbra, il male, il peccato (cfr. Is 53,3-5) si ritira in luoghi deserti.
Gesù è l’uomo dei dolori che ben conosce il patire (Is 53,3-5), che si fa carico del male, del peso degli altri considerando il loro stato disagevole di abbandono e di sofferenza. Egli fa' propria ciascuna delle malattie che gli vengono presentate nella persona della suocera di Pietro, del lebbroso, degli ammalati e degli indemoniati, sui quali interviene manifestando con il suo atto di guarigione la vittoria di Dio sul male. Per questo è costretto a vivere come se fosse lui il lebbroso.
Però Gesù è il centro di ogni esistenza. Egli è Colui che sarà innalzato e attirerà a sé e chiunque lo vedrà sarà salvo (Gv 12,32; 3,14). Per questo motivo accorrono a Lui chiunque, soprattutto gli esclusi, perché l’azione di Dio si dilati a dismisura.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Ogni parola del Vangelo mi fa vedere un mio bisogno, educa il mio desiderio a formularsi in invocazione?
Mi è mai capitato di considerare una malattia, mia o di altri, come una conseguenza di peccato? Fino a che punto è valida questa mentalità?
L'atteggiamento di Gesù verso il lebbroso cosa mi insegna a riguardo del mio modo di rapportarmi con malattie che anche oggi sono considerate "infamanti"?
Sono stato toccato dalla mano misericordiosa di Dio?
La mia esperienza con Gesù mi porta ad essere portatore della “buona notizia”?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
 
Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
 
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia! (Sal 31).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Nella mia pausa contemplativa, invoco la misericordia del Padre perché mi mondi dal peccato e così comprendendo la visione del Figlio in Croce possa annunciarlo risorto collaborando alla Sua missione.