Lectio
divina su Mc 6,1-6
O Padre, togli il velo dai
nostri occhi e donaci la luce dello Spirito, perché sappiamo riconoscere la tua
gloria nell’umiliazione del tuo Figlio e nella nostra infermità umana
sperimentiamo la potenza della sua risurrezione. Per Cristo nostro Signore.
Amen.
In ascolto della Parola (Leggere)
1Partì di là e venne nella sua
patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a
insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano:
«Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?
E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il
falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di
Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di
scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non
nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non
poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li
guarì. 6aE si meravigliava della loro incredulità. 6bGesù
percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi
metta delle salde radici.
Dentro
il Testo
Un nuovo capitolo, una nuova
scena all’orizzonte. Il brano lo ritroviamo nei tre vangeli sinottici. Si
tratta del ritorno in patria di Gesù. Nel passo parallelo di Luca (4,16-30)
conosciamo meglio il contenuto di questa presenza di Gesù in patria.
Gesù osserva che la gente
ascolta con stupore il suo insegnamento, ma, ben presto, questo stupore si
tramuta in incredulità. Una chiusura che sembra essere preannunciata nelle
parole che Dio rivolge al profeta Ezechiele.
Il brano fa da cerniera tra
l’istruzione sulla Parola e sul Battesimo (cc. 4-5) e quella sull’Eucarestia
(6,6b-8,30). Mostra la mancanza della fede, causa della morte di Gesù, e
l’incredulità blocca ogni opera salvifica e fa peccare contro lo Spirito Santo.
Il punto però sta proprio qui.
Gesù è il seme della Parola, gettato sotto terra, che diventerà pane di vita,
spezzato per tutti noi.
Riflettere
sulla Parola (Meditare)
v. 1: Partì di là e venne nella
sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Gesù lascia Cafarnao e fa
ritorno “nella sua patria”. La patria è la terra degli antenati. Marco però non
dice che Gesù venne a Nazaret, perché la patria per Gesù è l’«adamah», la
terra, l’«adam», l’uomo. La patria per Gesù è il popolo giudiaco, la Galilea.
Gesù torna a Nazaret in quella
terra dove volevano ucciderlo, dove è stato etichettato come un pazzo (Mc 3).
In questo luogo non ci torna per una semplice visita, ma con i suoi discepoli,
nella sua qualità di Maestro e Messia.
v. 2: Giunto il sabato, si mise
a insegnare nella sinagoga.
Il far ritorno a casa non è
ferie ma continua il suo rapporto con Dio - com'era suo solito - di sabato
entra nella sinagoga per la preghiera e la liturgia della Parola. Il sabato era
il giorno dedicato alla preghiera e all'istruzione religiosa, che si svolgeva
normalmente nella sinagoga. Gesù approfitta volentieri di questa occasione (qui
è la seconda volta) per annunziare il suo messaggio, per annunziare se stesso
(1,21-39; cfr. Lc 4,16-30).
Il sabato per Gesù sarà sempre
un brutto giorno: è di sabato (il primo) che decidono di ucciderlo. L’ultimo
sabato invece riposerà nel sepolcro. In questo sabato, non gli credono.
La sinagoga di cui si parla rappresenta
tutte quelle della regione, dove Gesù ha esercitato la sua attività (1,39).
E molti, ascoltando, rimanevano
stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella
che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?
A differenza di Luca (cfr. Lc
4,16-30), Marco non specifica né i testi biblici proclamati né il contenuto del
commento di Gesù, ma mette in evidenza la reazione dell’assemblea liturgica che
lo ha ascoltato. Lo stupore dei compaesani è lo stesso degli scribi (1,22-27).
La profondità dell'insegnamento di Gesù e le opere che compie colpiscono e
confondono perché non si capisce la fonte di così grande saggezza e di tanto
potere. Non si riesce a cogliere in Gesù la condizione divina, perché gli
scribi hanno detto che in Gesù c’è una condizione diabolica, loro devono
credere quello che le autorità impongono di credere. La questione è aperta
sull'origine divina di Gesù.
v. 3: Non è costui il
falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di
Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».
Gesù Figlio di Dio, viene
identificato con il falegname, viene identificato con un mestiere. Dio ha
assunto la sua identità da quello che faceva. Inoltre viene identificato come
il figlio di Maria e non di Giuseppe, perché come sappiamo dal Vangelo, è nato
per opera dello Spirito Santo e allora non si dice di Giuseppe.
La domanda ha una
sottolineatura dispregiativa e suona più o meno cosi: “Come mai questo
falegname viene a parlarci in nome di Dio?”. “Come mai uno di noi parla in nome
di Dio?”.
Ed era per loro motivo di
scandalo.
Il fatto che Dio si presenti nella
carne, umile, come qualsiasi umano desta scandalo. Se fosse stato diverso
l’avrebbero accolto, accettato.
Come ieri, anche oggi ognuno di
noi, in base all’esperienza vissuta o a quanto imparato, vive il suo “motivo di
scandalo”, facendosi una propria idea su Dio e aspettandosi che Lui si comporti
in una determinata maniera. Dio invece è sempre imprevedibile e prima o poi si
presenta a noi con modalità inaspettate. Gesù dirà “beato chi non si
scandalizzerà di me” (Mt 11,6).
Nonostante quanto di straordinario
vedono in Gesù, i nazareni non sono capaci di credere che Gesù è l’inviato di
Dio perché, guardando alle sue umili condizioni familiari, non possono credere
che Dio “a uno simile” gli abbia conferito tanta autorità e dignità.
La beatitudine di Gesù è
indirizzata a quanti lo accoglieranno così come Egli è.
v. 4: Ma Gesù disse loro: «Un
profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa
sua».
Gesù si presenta come profeta,
cioè come ispirato dallo Spirito di Dio. L'episodio va al di là del rifiuto di
un piccolo paese della Galilea: prefigura il rifiuto dell'intero Israele (cfr.
Gv 1,11) e anche dell’umanità oggi. Tutti in qualche maniera rifiutiamo un Dio
la cui sapienza e potenza è la follia e l’impotenza è l’amore.
Quante volte vogliamo un Dio
diverso a nostra immagine e somiglianza? Che risponda alle nostre sofferenze o
domande della vita solo quando soffriamo?
Dio è dalla parte dei profeti,
eppure i profeti sono sempre rifiutati; gli uomini di Dio, i giusti, sono
sistematicamente tolti di mezzo, salvo poi costruire loro sepolcri e monumenti
tardivi (cfr Lc 11,47-48).
Bene profetizza in merito il
profeta: “gli Israeliti non vogliono ascoltar te, perché non vogliono
ascoltar me: tutti gli Israeliti sono di dura cervice e di cuore ostinato. Ecco
io ti do una faccia tosta quanto la loro e una fronte dura quanto la loro
fronte. Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte. Non li
temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genia di ribelli” (Ez
3,7-9).
Se avessero ricordato le
antiche parole rivolte a Mosè: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in
mezzo a te, fra i tuoi fratelli un profeta pari a me; a lui darete ascolto”
(Dt 18 15), avrebbero accolto non solo le parole ma lo stesso Gesù come inviato
di Dio.
Qui vediamo chi è il profeta
con tutta la sua umanità difficile da accettare, perché in quella umanità vige
la sapienza e la potenza di Dio.
v. 5: E lì non poteva compiere
nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.
Anche qui possiamo cogliere
come il miracolo è legato alla fede. Se Gesù compie qualche miracolo, lo fa
come risposta alla sincerità di fede dell'uomo che cerca la verità e non la
soddisfazione del proprio bisogno. Diversamente dagli uomini, Dio non usa la
violenza per imporre i propri diritti. E neppure fa miracoli per permettere
agli uomini di esimersi dal rischio e dalla fatica del credere.
I Pochi malati guariti sono
coloro che nonostante la sofferenza, cercano Dio e il seme della Parola, viene
accolto da loro ed è lì che trovano la sapienza e la potenza di Dio. Questa è
la fede che produce frutto.
v. 6a: E si meravigliava della
loro incredulità.
Allo stupore dei concittadini,
che si scandalizzano, corrisponde la meraviglia di Gesù. Per Gesù rimane oscura
la loro chiusura di cuore, impenetrabile. Gesù è la trasparenza di Dio, in Lui
Dio abita pienamente. Eppure la gente non ha fede in Lui.
Il non aver fede e come un
campo mai irrorato, irrigato, vangato. È come un corpo privo dei suoi arti. Di
questo Gesù, trovandolo, si meraviglia. Forse è la prima volta.
Qui la conclusione amara di
Gesù che fa eco a quello che c’è scritto nel vangelo di Giovanni “Egli venne
tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
v. 6b: Gesù percorreva i
villaggi d'intorno, insegnando.
Qui una prima icona di Gesù:
che percorre le strade, le città, che insegna. Egli cerca i luoghi dove la
gente abita. Cerca le persone, le incontra, le ascolta, le guarisce, le provoca.
Gesù è Colui che non ha luogo
dove posare il capo (Lc 9,58), la strada è la sua casa. Egli non demorde. Il
suo percorrere infaticabilmente i villaggi è espressione del suo amore che
cerca tutti e lascia l’esempio ai discepoli: “vi ho dato l’esempio, perché
come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15).
Il suo andare per i villaggi dell’uomo
è in vista di un insegnamento. All’uomo non resta che lasciarsi ammaestrare,
accogliendolo come Maestro divenendo “discepolo” del Signore.
Ci
fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il
Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La
Parola illumina la vita e la interpella
Quante volte vogliamo un Dio
diverso fatto a nostra immagine e somiglianza?
Sono consapevole che Dio opera
ancora, anche attraverso i profeti che vivono accanto a me?
Mi lascio mettere in
discussione da loro, provocare dalle loro parole e dai gesti che operano nella
fedeltà di Dio?
La Parola che ascolto riesce a
smuovere la mia fede? Rischio di dire: so tutto di Gesù? e non mi lascio
convertire?
Quale incidenza ha sulla mia
vita quotidiana? Riesco a passare dall’ascolto alla fede?
Sono cosciente che il mio
essere cristiano significa essere altro Cristo che con amore cerca tutti?
Rispondi
a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.
Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore
nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
Pietà di noi, Signore, pietà di
noi,
siamo già troppo sazi di
disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello
scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi. (Sal
122).
L’incontro
con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Contemplare l’amore è
individuare una realtà che mi è di scandalo e pormi davanti ad essa in una
situazione di apertura, per cercare di scoprire cosa il Signore vuole rivelarmi
di se stesso attraverso di essa per il bene di tutti.