Lectio divina su Mt 24,37-44
O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell’eterna gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Nella liturgia della prima domenica di Avvento, la Chiesa ci pone dinanzi uno dei cinque discorsi di Gesù. Il brano si inserisce nella lunga risposta che Gesù dà ai discepoli, sollecitato dalla loro domanda: «Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: "Di' a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo"» (24,3). Da questo momento, l’Evangelista include nel suo Vangelo un “discorso escatologico” centrato sulla rivelazione da parte di Gesù circa la sua prossima venuta, la parousìa, termine che nel mondo greco indicava la venuta e presenza dell’imperatore o di un’alta autorità in un determinato luogo. Ripreso nel NT, ove sta a indicare la venuta di Gesù alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio.
vv. 37-39: Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo.
In questi versetti, Gesù risponde a coloro che della vita fanno il fondamento della propria sicurezza e, rifacendosi alla Sacra Scrittura, cita la generazione di Noé, ai tempi del diluvio, che passò alla storia come la più corrotta di tutte: «la malvagità degli uomini era grande sulla terra e ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male; la terra per causa loro era piena di violenza» (cfr. Gen 6,5-8,14; 1Pt 3,20) e alla visione del profeta Daniele per “la venuta del Figlio dell’uomo”: «Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui» (Dan 7,13).
In questo paragone troviamo una vita non dedita “alle cose di lassù”, una mancanza di presa di coscienza interiore per poter accogliere la grazia divina. Un vivere troppo sicuri di sé. Solo Noè era uomo di fede!
Anche oggi, in qualche modo, succede la stessa cosa: viviamo una certa sicurezza di noi stessi, ci arrampichiamo alla cieca e continuiamo a sopravvivere.
Gesù invita a fare attenzione, la storia si ripete e il pensare umano si rivela stoltezza (cfr. 1Cor 1,18-2,5). Dice l’Orante: «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella» (Sal 127 [126],1).
Nelle parole del Salmista, abbiamo un ammonimento per indicare che senza Dio non è possibile la sicurezza e il benessere. Sì, il progresso va avanti ma manca un vivo orientamento a Dio. «Senza il Signore non possiamo fare nulla» (Gv 15,5). Noi siamo l’edificio di Dio, così come dice Paolo (1Cor 3,9) non un semplice edificio umano.
Questo sconvolgimento naturale è un richiamo alla vigilanza e a una profonda conversione interiore che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. C’è da interrogarsi: come vivo il mio quotidiano? Ai tempi di Noè vi era una vita piena di egoismo. Lo è ancora oggi per me?
Noè entra nell’arca e indica la via per entrarci. Noè riceve da Dio il comando di preservare la vita in un contesto di morte e di giudizio divino sul male. Inoltre, manifesta il permanente amore di Dio per il creato, suggellato dall’alleanza finale.
vv. 40-41: Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Gesù aveva detto: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso» (Lc 21,34).
Oggi invece dice che alcuni saranno presi, cioè riceveranno quella salvezza, entreranno nell’arca, che sempre hanno accolto nella loro vita, mentre coloro che hanno condotto una vita senza senso, non vi entreranno, non la riceveranno.
In questi personaggi possiamo leggere i due aspetti della vita che conduciamo: contare su sé stessi, l’altra invece su Dio e sulla sua venuta; al lavoro da soli, al lavoro insieme con Dio; addormentati interiormente, vigilanti.
Modi diversi di vivere la vita. Il discepolo però deve gettare nel Signore il suo affanno (Sal 55,22) che è un umiliarsi: «Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi innalzi a suo tempo, gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi» (1Pt 5,6-7).
L’umiltà è data come referenza in questo passaggio: affrontare la vita di ogni giorno con i suoi affanni e gettare tutte le nostre preoccupazioni su Dio, perché Egli è il nostro Pastore.
v. 42: Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Questo versetto, simile al v. 44 (“tenetevi pronti”), nelle pagine del Vangelo lo troviamo più volte in bocca a Gesù. La non sicurezza è stata sempre messa in guardia da Gesù. Persino la morte può essere per noi motivo di rifiuto e quindi vivere come se non esistesse. Eppure, lo sappiamo che dobbiamo morire. È la nostra cecità che in questo momento viene ammonita. Il nostro essere duri nel cuore.
Questa attenta e costante sottolineatura sulla vigilanza, è illustrata dall’Evangelista in tre parabole: quella del servo fidato e prudente (24, 45-51), la parabola delle ragazze sagge e delle stolte (25, 1- 13), e la parabola dei talenti (25, 14-30), dove l’evangelista Matteo ci dice che il servo vigile e fedele è colui che della sua vita ne fa un atto concreto e generoso superando paure e falsità. Mentre ci rimane inerte e pauroso, chiuso in se stesso, gli sarà tolto anche quello che ha (25,29).
v. 43: Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
La parte finale di questo versetto ci obbliga a metterci in ricerca interiore e non ad aspettare gli eventi della vita che ci distruggono (descritti qui con il ladro). Gesù forse parla di se stesso che si paragona a un ladro nella notte. C’è una tensione verso “quella notte” ma c’è anche una casa, che è la cella del nostro cuore, dove possiamo riscoprire e orientare le nostre scelte di fede, riscoprire la sobrietà della vita: vivere la purità di cuore che è legata fondamentalmente alla vita spirituale per la beatitudine che gli è associata: “perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
Uno deve custodire i doni che ha, coltivarli, lasciarli crescere e proteggerli. Saperli leggere alla luce del Vangelo. Per questo si mette qui a confronto l’atteggiamento del padrone di casa con il servo fedele. Il primo ama possedere ma perde la propria vita. Il secondo invece volge il suo sguardo, la sua attenzione, sulla sapienza e su una vita all’insegna dell’amore per questo entra in quell’arca, entra nella gioia del Signore.
v. 44: Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
Essere pronti vuol dire conoscere di disegno salvifico di Dio, vuol dire una vita veramente umana, che risponda alla volontà e alla vocazione del Creatore.
L’ora, invece, di cui parla Matteo richiama il giorno e il tempo di cui Paolo parla ai Romani. Non un semplice tempo cronologico, ma un kairos, un rivestirsi della luce di Cristo (cfr. Rm 13,11-14).
Nella Bibbia il tempo è visto come dono di Dio ed è posto sempre in relazione all’uomo e alla storia. Per questo la vigilanza è vivere ogni frammento di vita come fosse prezioso, il solo a disposizione.
In questo momento Gesù rivolgendosi a noi continua a chiederci di vigilare attentamente conducendo una vita serena verso la perfezione. La vigilanza è la matrice di ogni virtù umana e cristiana, è il sale di tutto l’agire, è la luce del pensare, ascoltare e parlare di ogni umano e in quanto tale bisogna cogliere, capire il presente per scoprirvi il passaggio di Dio, non per ammirarlo, ma come un tempo di grazia per vivere e dare speranza al nostro tempo.
San Paolo esorta: «il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,23). Questo atteggiamento è segno di maturità, in cui vigilanza e pace si mescolano.
Lasciamo allora che la Parola di Dio invada le nostre coscienze e ci riempia della forza dell’amore da poter donare e restare “svegli” per incontrare il Signore che viene nella pace e nella quiete vigile che è la carità!
Come leggo, alla luce del brano evangelico odierno, la realtà che mi circonda?
Come mi guardo attorno, dentro il mio cuore, per rivedere le mie scelte, il mio stile di vita alla luce della Parola di Dio?
Sono vigilante e pronto, vivendo ogni frammento di vita come fosse prezioso, il solo a disposizione?
Quale è il mio modo di aspettare la venuta di Gesù? Sono pronto ad entrare nella sua “arca”?
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene. (Sal 121).
Vigilate sulla vostra vita: che le vostre lampade non si spengano e non si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l'ora in cui nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente, per cercare insieme ciò che più conta per le vostre anime; a che cosa vi gioverà il tempo vissuto nella fede, se, all'ultimo momento, non sarete trovati fedeli? (Didaché).