martedì 27 dicembre 2022

LECTIO: MARIA, MADRE DI DIO (Anno A)

Lectio divina su Lc 2,16-21

 
Invocare
Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori.
19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.
 
Silenzio meditativo lasciando risuonare nel cuore la Parola di Dio
 
Dentro il Testo
Il Vangelo che ci viene proposto nella solennità della Madre di Dio, un dogma di fede affermato nel concilio di Efeso del 431, ci riporta al giorno di Natale, nella scena della visita dei pastori al bambino Gesù.
Il brano contiene, in questa celebrazione, due variazioni: viene eliminata la menzione degli angeli che si allontanano dopo aver dato l'annuncio ai pastori e al termine viene aggiunto il v. 21, che parla della circoncisione del Bambino e dell'imposizione del nome. I bambini ebrei, infatti, venivano sottoposti a questa pratica che era il segno della loro appartenenza al popolo di Israele e insieme ricevevano il nome con cui sarebbero stati riconosciuti per tutta la vita.
Perché quest’annuncio ai pastori? Perché erano gli ultimi, gli esclusi; erano ignoranti della legge e impossibilitati a praticarla; erano esclusi dal tempio e dalla sinagoga. Nei racconti rabbinici, venivano messi sullo stesso piano dei briganti e dei malfattori. Non solo, ma nei tribunali il Talmud afferma che la loro testimonianza non era accettata, al pari dei ladri e degli estorsori.
Dopo l’annuncio dell’angelo, i pastori ebbero una immediata reazione: è scritto che andarono a Betlemme “senza indugio”, quindi senza tener conto del gregge, unica cosa che possedevano. “Vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”, parole che denotano quanto siano inutili e dannosi i preconcetti umani, quella suddivisione in categorie che fa il mondo. Ciò che conta non è la classe sociale ma la disposizione del cuore, l’anima e lo spirito della persona.
Questo brano è illuminato da due nomi: il nome del Signore Gesù, al di là del quale non si dà altro nome né nel secolo presente né in quello futuro, e il nome della sua vergine Madre Maria, memoria della nostra autentica identità, posta come modello e riferimento per dare speranza e senso ai giorni del nuovo anno che incomincia.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 16: Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
Il versetto è riferito ai pastori che durante la loro veglia vennero rallegrati per la nascita del Redentore, vengono invitati dall’angelo del Signore a farne verifica.
Questi li troviamo in cammino e come per abitudine, Luca li descrive con una certa fretta, simile alla fretta di Maria nell’andare a visitare la parente Elisabetta.
“Andare”…, un verbo che allude a un attraversamento, un verbo che richiama a quel bisogno di colmare le distanze … fino ad andare a Betlemme. C’è un annuncio ricevuto, ma ci sta una esigenza oculare! Il viaggio dei pastori ... il nostro viaggio della vita, del nostro quotidiano con la fretta di Maria ... il coraggio di mettersi in viaggio anche se è notte, anche se non si conosce l’itinerario, anche se non si sa la meta, anche se c’è la fatica, la stanchezza, il sonno, il dubbio, il timore ... È il viaggio all’interno di noi stessi: un viaggio faticoso.
Cosa trovarono i pastori a Betlemme? Gente semplice: Maria, Giuseppe e il bambino che giace in una mangiatoia. La sottolineatura di questo segno dato da parte degli angeli, e il suo riscontro da parte dei pastori, vuole essere un elemento che evidenzia ancora di più l’aspetto umano di colui che è il Figlio di Dio.
I pastori sono modelli di fede. I pastori fanno propria l’attesa dei poveri, di quei poveri di Javhè della Scrittura. Si tratta di un lieto messaggio atteso, dato ai poveri in una stalla, dato a chi ha dimestichezza con queste cose, con le stalle, le mangiatoie.
Quest’incontro con il Verbo della vita è sottolineato dai verbi classici: “trovarono...videro”.
v. 17: E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
L'atteggiamento dei pastori è molto dinamico: prima ascoltano (vv. 10-11 e v. 15), poi si muovono e trovano il segno (v. 16), lo guardano e diventano a loro volta messaggeri, riferendo quanto avevano visto e udito. Il contenuto del loro annunzio è ciò che del bambino era stato detto loro. Sulle labbra dei pastori è la testimonianza che Dio rende del suo Figlio. È il mistero di una povertà che non va risolta ma ascoltata, una povertà che rende testimonianza a un Cristo povero.
Si profila la dinamica missionaria della Chiesa: l’annuncio porta all’ascolto, l’ascolto alla visione. A sua volta chi ha visto porta ad altri l’annunzio perché attraverso l’ascolto giungano alla visione. In seguito, l’evangelista Giovanni dirà: «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,2).
Coloro che udivano è la stessa comunità cristiana che riflette sul fondamento della propria fede. Anch’essa vive nello stupore. Lo stupore è la reazione dell'uomo dinanzi alle meraviglie di Dio, davanti all'azione di Dio che improvvisamente diventa manifesta nell'esistenza degli uomini.
v. 18: Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 
La lieta notizia suscita meraviglia nei cuori. Lo stupore è la reazione dell'uomo dinanzi alle meraviglie di Dio, davanti all'azione di Dio che improvvisamente diventa manifesta nell'esistenza degli uomini. Il vangelo annunciato non può che destare meraviglia. Anche i Genitori del Bambino si trovano lì in adorazione del Mistero, e nel silenzio, vivono di meraviglia. Anche nel silenzio dei pastori vi è meraviglia, una meraviglia che si fa condivisione di vita, perché Dio ha acceso nei cuori la fiamma del suo amore!
I pastori non si rendono conto che ciò di cui sono stati resi depositari aveva creato stupore negli altri. Essi trovano la testimonianza della fede e imparano a lodare Dio, suscitando negli altri lo stupore, la meraviglia... e aiutando gli altri a imparare a lodare Dio per le meraviglie che Egli ha compiuto.
v. 19: Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Alcuni traducono: “custodiva tutte queste parole”. Il cuore di Maria, sede di parole ricordate a approfondite nello Spirito, è pertanto un cuore di sapienza simile a quello dello scriba che dal suo tesoro sa trarre e comporre cose antiche e cose nuove; è anticipazione e figura del cuore dei figli della sapienza (Lc 7,35), della chiesa dell’ascolto accolto, custodito, meditato e pregato perché si affretti il tempo in cui il non chiaro sia reso trasparente. Luca sottolinea la meditazione di Maria sui fatti il cui senso sarà manifestato solo nella rivelazione pasquale. Maria è tutta raccolta e concentrata in se stessa per penetrare più a fondo nel significato degli avvenimenti in cui si è trovata coinvolta. Appare così come colei che è madre e sa interpretare gli eventi del Figlio.
Maria diventa, così, simbolo e modello della comunità cristiana che, in atteggiamento sapienziale e contemplativo, cerca di assimilare interiormente il mistero inesauribile del Verbo Incarnato.
 v. 20: I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
L’evangelista Luca abitualmente termina il racconto con la partenza dei protagonisti: prima gli angeli adesso i pastori. I pastori tornando alla loro quotidianità e glorificano Dio per quello che hanno udito. Questa è la forza e l’umiltà che proviene dalla Parola, che è dono di Dio. In Essa i poveri trovano la loro forza e la loro umiltà.
“Vedere” e “udire” sono i verbi della fede. Proprio il binomio, akùein e idèin, che tante volte ricorre negli Atti degli Apostoli, configura i pastori come i primi testimoni-apostoli. Potremmo osservare che l'esperienza cristiana, in questo brano, è espressa da pochi verbi che interagiscono tra loro: ascoltare, ubbidire, trovare, vedere, testimoniare, lodare. È importante verificare se e come li coniughiamo nella nostra vita, se e in quale misura sappiamo annunciare la gioia d'avere incontrato il Salvatore.
v. 21: Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Questo versetto apre un nuovo paragrafo nei racconti dell'infanzia. Il testo evangelico fa riferimento al rito della circoncisione (attraverso il quale il Bambino è inserito ufficialmente nel popolo di Dio) e l'imposizione del nome (cfr. Gen 17,12; Lv 12,3), a cui Luca dà un risalto particolare: è Dio che ha voluto tale nome e quindi la missione che esso esprime. Al quarantesimo giorno verrà portato al Tempio di Gerusalemme per la purificazione.
Il nome nella Bibbia dice l’identità e la missione di chi lo porta. Infatti, il nome di Gesù in ebraico è: Yehôsua‘ che noi traduciamo con “Dio salva” oppure “Il Signore è la salvezza”. Tale nome era corrente nell’Antico Testamento e all’epoca della nascita di Gesù. Era strettamente legato al nome di Giosuè. Per questa ragione la figura di Giosuè, nell’Antico Testamento (specie nel libro dei Numeri) è spesso considerata una prefigurazione di Gesù, che condurrà il Popolo di Dio nella terra promessa.
Questa attenzione da parte dell'Evangelista sta ad indicare che il nome imposto è il Nome innominabile, origine di ogni nome. Ora possiamo nominarlo, perché Dio si è donato a noi.
Il nome di Dio per l’uomo non può essere che Gesù, cioè “Dio salva”. Dio è per noi, perduti e lontani da lui, perché si chiama Gesù, Dio-con-noi e Salvatore.
«Il nome di Gesù significa che il nome stesso di Dio è presente nella persona del suo Figlio fatto uomo per la redenzione universale e definitiva dei peccati. È il nome divino che, solo, porta la Salvezza e che ormai può essere invocato da tutti, perché egli si è unito a tutti gli uomini mediante l’Incarnazione, di modo tale che non ci sia sotto al cielo altro nome dato agli uomini mediante il quale possiamo essere salvati» (CCC 432).
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Anche io sono andato senza indugio alla grotta per contemplare con fede l'avvenimento salvifico?
Quale annuncio oggi è capace di mettermi in cammino, di smuovermi?
Come Maria, riesco ad interiorizzare la Parola di Dio per non viverla passivamente?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
 
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
 
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. (Sal 66).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Anche noi, come i pastori, dobbiamo andare alla grotta per verificare e coniugare nella nostra vita i verbi della fede lasciandoci plasmare dalla novità del vangelo. Andiamo per ascoltare cosa ci dice Dio, per essere in sintonia con il suo volere.