O Dio, Padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia agli oppressi, sostieni la speranza del povero che confida nel tuo amore, perché mai venga a mancare la libertà e il pane che tu provvedi, e tutti impariamo a donare sull'esempio di colui che ha donato se stesso, Gesù Cristo nostro Signore.
Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Il brano del Vangelo di Marco di questa domenica è la conclusione di un lungo capitolo nel quale Gesù, dopo il suo ingresso trionfale a Gerusalemme (c. 11), è ormai nel Tempio, centro religioso del popolo d'Israele e il cuore di tutta la sua vita. Esso è il luogo del culto pubblico e solenne, ma anche del pellegrinaggio, dei riti tradizionali, e delle dispute rabbiniche, come quelle riportate nel Vangelo tra Gesù e i rabbini di quel tempo, nelle quali, però, Gesù insegna con una singolare autorevolezza, quella del Figlio di Dio.
In questa città, dove hanno deciso di catturarlo e metterlo a morte, è sottoposto ad una serie di domande da parte di diversi gruppi di persone autorevoli: farisei ed erodiani, sadducei, farisei, uno degli scribi, mandati a lui per cercare di coglierlo in fallo e metterlo a morte.
Gesù, avendo una disputa con gli scribi, rivolge a tutti ancora un insegnamento per rispondere alla fedeltà a Dio: i criteri di discernimento tra i veri e i falsi maestri attraverso due categorie sociali: gli scribi e una vedova contrapponendo due tipi di comportamento religioso: quelli che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi valere.
Alla fine del cap. 12, l’evangelista Marco mette in evidenza, con una sua importanza, la scena della “vedova povera” che, agli occhi degli uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei, carico di conseguenze, in quanto si priva di ciò di cui ha assolutamente bisogno.
vv. 38-40: Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
L’evangelista Marco continua a presentare Gesù nell’atto di insegnare e lo presenta nella qualità di Maestro.
“Nel suo insegnamento” Gesù invita i discepoli a “guardarsi” dagli scribi, cioè a stare attenti, in guardia, dalla condotta degli scribi, cioè da coloro che tenevano il magistero religioso dell’epoca e ostentano atteggiamenti religiosi che non sono autentici mettendo con orgoglio in mostra la loro esteriorità. Dovevano essere ossequiati per i loro titoli onorifici con tanto di rituale e se ciò non fosse accaduto, si sarebbero indignati. Questo era un pericolo subdolo che riscontriamo ancora oggi con certe classi sociali: non esiste rispetto maggiore e minore secondo la classe sociale, tutti abbiamo bisogno del maggior rispetto. Infatti, Gesù invita a stare con gli occhi aperti davanti agli scribi, perché teme che il loro comportamento sia ripreso dai discepoli. E guardando a noi stessi dice che la salvezza non è una questione di successo, e ancor meno di parvenze.
L’amore che hanno gli scribi e quanti come loro non è per Dio, ma per il proprio io, si servono di tutto e di tutti, anche del Signore e della sua parola per primeggiare, la loro era una commedia religiosa. Scrive san Paolo: «Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato» (Gal 6,7).
Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa.
Questo è un atteggiamento più grave, rispetto a quelli citate prima. Il loro è un atteggiamento ipocrita, sfruttano i beni della povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano: sono gente che procurano morte (“divorano”). Eppure, nella Sacra Scrittura, la stessa studiata dagli scribi, Dio ha comandato che la vedova fosse considerata parte della comunità dell’alleanza. Il popolo di Dio deve estendere a lei la stessa protezione misericordiosa che concede agli orfani e agli stranieri indifesi (Dt 14,29; 16,11.14).
A questi Gesù parla di “condanna più severa” che sarà quella di togliere la vigna che Dio ha loro affidato (12,1-12).
Attenzione: essere scriba non è un reato, non è un male. Tanto è vero che Gesù descriverà uno scriba ideale ripreso molto bene da Ben Sira in Sir 38,24-39,11 e trova conferma nel NT, in ciò che spesso viene chiamato l'autoritratto di Matteo: “ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Inoltre, ricordiamo che in Mc 12,34 Gesù riconosce saggio proprio uno scriba.
v. 41: Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte.
Gesù è seduto. È il Maestro per eccellenza. Egli fa parlare i fatti. Da qui inizia la parabola dell’obolo della vedova. Nel Tempio si trovava la stanza del tesoro che serviva alla raccolta delle offerte fatte dal popolo per la manutenzione del Tempio di Gerusalemme e non solo: serviva particolarmente per i poveri. Ciò avveniva in pubblico e quindi un osservatore poteva farsi un'idea di quanto ciascuno offriva.
Commenta il secondo Libro dei Maccabei: «il tesoro di Gerusalemme era colmo di ricchezze immense tanto che l'ammontare delle somme era incalcolabile» (3,6). Ecco il vero Dio del tempio, ecco il vero Dio degli scribi.
Gesù assiste che tanti ricchi gettavano la loro offerta e danno molti soldi per sostenere l’istituzione religiosa che adorano lo stesso dio: il denaro. Qui si capisce perché i ricchi fanno delle offerte generose.
v. 42: Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Nel Tempio vi era una cassa per le offerte libere. Viene al tempio anche una vedova. Con gli orfani e gli stranieri le vedove vivevano, all’epoca di Gesù, in una condizione di grande miseria (cfr. Lc 20,47; 21,2-4; At 6,1; Gc 1,27). Qui la vedova dà il suo obolo proprio in quella cassa: una miseria che consiste in due monetine dal valore più basso. Marco si premura di tradurre per i suoi ascoltatori romani il loro valore in termini per loro comprensibili: Kodràntes (quadrante, quattrino), il valore più basso per poter comprare un etto di pane. Oggi corrisponderebbe a meno di 10 centesimi di euro.
La vedova compie quel gesto senza farsi notare ma non per umiltà ma per vergogna perché non poteva dare di più rispetto agli altri che ne gettavano molte di più. Ma lei quel giorno ha rinunciato a un etto di pane.
L’osservare di Gesù è l’osservare di Dio: “l’uomo guarda le apparenze, Dio guarda il cuore” (1Sam 16,7).
vv. 43-44: Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
L'inizio del v. 43 è solenne, Marco lo usa 12 volte. Gesù Maestro, prima di morire, chiama per l’ultima volta i discepoli. Ciò indica che siamo di fronte ad un insegnamento diretto ed inizia con la formula in verità che indica la capacità di Gesù di valutare il valore del comportamento delle persone.
Già il giudaismo sosteneva che il valore dell'offerta (che deve essere proporzionata ai beni che ciascuno possiede) non era dato dall'entità materiale, ma qui Gesù sottolinea la grande generosità di questa donna, che se pur povera, non esita a dare quanto aveva per vivere.
Possiamo vedere in questa donna uno degli anawim (poveri) descritti nelle beatitudini di Mt 5,3.
Presentare la vedova una “anaw” è sinonimo di “cercare” il Signore così come sottolinea il profeta: “cercate l’anawah” (Sof 2,3; cfr. Sal 27,28; 105,104; Mt 6,33 [il cercare Dio è molte volte citato sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento]), quasi ad indicare di cercare Dio nel povero, quello stesso Dio di cui siamo creati ad immagine e somiglianza (Gen 1,27), perché “dove è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore” (Mt 6,21).
Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
L’atteggiamento della vedova è interiore, al contrario degli scribi citati poco sopra. La vedova è animata da una grande fede e da un autentico spirito di sacrificio. In linea generale, nei vangeli, troviamo i poveri che domandano qualcosa anche supplicando. La vedova, il povero presentato in questi versetti, non chiede nulla per sé, ma è capace di dare tutto se stessa.
Gesù descrive la vedova come colei che dona se stessa. Nella versione greca si dice: «tutta la sua vita (bios)»; la donna ha espresso il dono totale di sé, togliendosi il "pane di bocca" per darlo al tesoro del tempio.
Le parole di Gesù più che di lode sembrano un lamento; poco dopo, nel racconto di Marco, mentre i discepoli lo invitavano ad ammirare le belle costruzioni del tempio, egli esplode in una tremenda profezia: “Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta” (13,2).
Il vero Dio del Tempio era diventato il denaro. Non regnava Dio e il suo amore per la creatura ma solo l’ingiustizia religiosa. Ecco perché di tutto questo non rimarrà pietra su pietra. L’amore non si prostituisce.
Non è questo il Tempio che desidera Gesù. Il Tempio ha un senso più profondo dal mondo del denaro, del cellulare (diremmo oggi, visto che disturba ogni istante). Il Tempio è casa di preghiera ed è legato al compimento del mistero della sua morte e risurrezione, nella quale Egli stesso diventa il nuovo e definitivo Tempio, il luogo dove si incontrano Dio e l'uomo, il creatore e la sua creatura.
Ognuno deve dare se stesso a Dio: questo è il vero Dio del Tempio.
Il mio atteggiamento religioso è autentico e sincero o falso come quello degli scribi?
Come guardo ai poveri che incontro nel quotidiano? Sono attento alle varie situazioni, anche nuove, di disagio delle persone vicine a me? Mi rendo solidale o rimango spettatore distratto, o giudice degli altri?
Spezzo il pane quotidiano che chiedo nella preghiera? Partecipo alla provvidenza di Dio verso i suoi figli, e miei fratelli?
Cosa posso imparare dalla vedova indicata da Gesù nel testo evangelico?
Come vivo il Tempio?
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. (Sal 145).