giovedì 17 ottobre 2019

LECTIO: XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / C


Lectio divina su Lc 18,1-8

Invocare
O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo, guarda la tua Chiesa raccolta in preghiera: fa’ che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo, nell’attesa dell’ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti che gridano giorno e notte verso di te. Per Cristo nostro Signore. Amen.

In ascolto della Parola (Leggere)
1Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario". 4Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Silenzio meditativo lasciando risuonare nel cuore la Parola di Dio

Dentro il Testo
Nel capitolo 18 del vangelo di Luca, l’autore conclude il lungo insegnamento sulla fede, che aveva iniziato nel capitolo precedente con la richiesta dei discepoli a Gesù “Accresci la nostra fede”. Su questa domanda Luca compone diverse dichiarazioni singole per una triplice risposta: essa è misteriosa; visibile solo alla fede; sopravverrà all’improvviso e inaspettata; verrà come risposta di Dio all’incessante chiamata del suo prescelto.
La parabola odierna ha la funzione di invitare a mantenersi costanti e fedeli nella preghiera, senza cadere nella tentazione dello sconforto e della demotivazione.
Sullo sfondo abbiamo una persecuzione ai danni dei cristiani. Gli “eletti”, cioè quelli che Dio ha scelto per essere suoi, stanno soffrendo la persecuzione e gridano al Signore perché faccia loro giustizia. Luca racconta questa parabola per aiutare a perseverare nel momento della difficoltà e a chiedere con insistenza al Signore che faccia loro giustizia.
Quindi il fine di questo brano è la giustizia e il mezzo è la preghiera.

Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 1: Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai.
Quest’introduzione ha lo scopo di collegare la parabola con la «piccola apocalisse» precedente, suggerendo un comportamento adatto al tempo dell’attesa. Il tema centrale qui non è la preghiera come può far intendere il versetto, ma la richiesta di giustizia. La preghiera è introdotta come terapia per non incattivirsi.
La raccomandazione di "pregare senza stancarsi" appare molte volte nel NT (cfr. 1Tes 12,12; Ef 6,18). Era una caratteristica della spiritualità delle prime comunità cristiane. Ed anche uno dei punti in cui Luca insiste maggiormente nella sua unica opera.
Questa esortazione a chi è rivolta? A coloro che stanno subendo persecuzioni (ancora oggi) a causa della fede. Gesù rivolge loro parole di incoraggiamento – senza stancarsi – vivendo questo tempo con la preghiera.
Giobbe ricorda che la vita dell’uomo sulla terra è una continua tentazione (Gb 7,1) per questo occorre vigilare e pregare (cfr. 1Pt 5,8).
vv. 2-3: In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario".
Qui vengono delineate le caratteristiche dei due protagonisti della parabola: un giudice e una vedova. Il giudice è descritto in modo breve e incisivo come la figura tipica dell’empio, che non teme Dio e non si cura del suo prossimo. È un oppressore nel campo della giustizia sociale.
La vedova viene descritta in modo conciso. Nella Bibbia le vedove, insieme agli orfani, rappresentano una categoria indifesa ed esposta all’oppressione, perché prive di protezione contro gli sfruttatori e i prepotenti (cfr. Es 22,21-23; Is 1,17.23; 9,16; Ger 7,6; 22,3). La protagonista del racconto appartiene a questa categoria, ma non è disposta ad accettare il sopruso di cui è vittima, perciò si rivolge al giudice per avere giustizia.
In questo atteggiamento insistente abbiamo un esercizio a vivere un’esistenza contrassegnata da quella che i Padri chiamavano «memoria di Dio», di ricordare cioè che Dio è costantemente all’opera nella nostra esistenza e nella storia: questo ci condurrà a familiarizzarci con lui fino a discernere come vivere in modo conforme alla sua volontà.
vv. 4-5: Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi".
Il giudice non vorrebbe interessarsi di un caso per lui totalmente insignificante e rimanda a tempo indeterminato il suo intervento. Ma la donna non si rassegna alla situazione e fa ricorso all’unica arma in suo possesso, l’insistenza. Il giudice è una persona cinica alla quale interessa soltanto il proprio interesse e non i bisogni delle persone. Ma all’insistenza della donna cambia pensiero. L’evangelista usa il termine “importunarmi”. È curioso il termine che adopera l’evangelista, che letteralmente è “a farmi un occhio nero”. Fare un occhio nero non significa tanto il ricevere un pugno in un occhio, ma è un’espressione che significava “danneggiare la reputazione”. Alla fine il giudice, se non altro per liberarsi di tale molestia, cede e fa giustizia alla donna: ciò che prevale in lui non è il senso del dovere, ma il desiderio di non essere più importunato.
vv. 6-7: E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo?
Qui Gesù propone la sua interpretazione della parabola. Egli richiama l’attenzione dei discepoli non tanto sull’insistenza della donna, a cui sembrava rimandare l’introduzione, ma piuttosto sul giudice.
Nelle sue parole Gesù esprime il pensiero fondamentale della parabola. Se un giudice disonesto per motivi egoistici acconsente alle richieste insistenti di una vedova, quanto più Dio, che è padre buono, ascolterà le grida di implorazione dei suoi eletti. È l’atteggiamento del giudice il punto sul quale Gesù fa leva per illustrare il comportamento di Dio. Egli esprime il suo punto di vista con una domanda: «Ma Dio non farà giustizia per i suoi eletti che gridano a lui giorno e notte?»
In base al metodo rabbinico chiamato qal wahomer (ragionamento a fortiori), egli afferma che, se un giudice, per di più empio, alla fine si decide a fare giustizia alla vedova, maggior ragione Dio farà giustizia per i suoi eletti, dal momento che è un Padre premuroso e giusto.
L’espressione «fare giustizia (ekdikêsin)», usata sia per il giudice che per Dio, significa difendere i diritti di una persona, darle ragione, garantirle quello che le spetta. Per gli eletti, anche quando non sono oggetto di persecuzione, ciò significa proclamare pubblicamente, mediante l’attuazione piena del regno, che le loro scelte erano giuste e conformi alla volontà di Dio. Proprio la certezza che ciò avverrà rappresenta il punto saliente della parabola.
C’è ancora una domanda di Gesù: «E tarderà nei loro riguardi?». Egli dice che il tempo dell’attesa sarà breve: Dio farà presto giustizia agli eletti che gridano a lui. Questa idea però non è in sintonia con quanto l’evangelista intende dire nel suo vangelo, e cioè che la venuta finale del regno di Dio non è imminente. Perciò è più conveniente leggere queste parole non come una domanda, ma come una frase concessiva: «Anche se egli ha pazienza con loro». Questa interpretazione è più verosimile: Gesù esorta gli eletti a non spaventarsi per il fatto che Dio tarda a intervenire. Dio ha pazienza, prende tempo, ma al momento opportuno interverrà.
v. 8: Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?.
Gesù conclude rassicurando i suoi discepoli: «Dio farà giustizia con celerità (en tachei)». L’espressione en tachei non significa «con celerità», ma «improvvisamente». In altre parole il ritardo della parusia è una realtà con cui bisogna fare i conti, nella certezza che Dio, dopo aver lungamente pazientato, interverrà quando meno gli uomini se lo aspettano e farà giustizia ai suoi eletti.
La parte finale del v. 8 che chiude con una domanda è una aggiunta posteriore, che ha lo scopo di inculcare la perseveranza nella fede. Il ritardo della parusia, l’ostilità e le persecuzioni crescenti avevano provocato un raffreddamento nella fede dei credenti. La comunità deve quindi ritornare a un genuino atteggiamento di vigilanza, perché Gesù al suo ritorno non la trovi impreparata. È necessario avere molta fede per continuare a resistere e ad agire, malgrado il fatto di non vedere il risultato. Chi aspetta risultati immediati, si lascerà prendere dallo sgomento.
La preghiera è ciò che mantiene viva la fede del credente nel tempo che lo separa dal ritorno del Figlio dell’uomo. Per fede qui si intende l’esistenza del cristiano vissuta nella vigilanza e nella fedeltà, fedeltà al Vangelo che viene mantenuta nel momento della prova.

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

La Parola illumina la vita e la interpella
Avverto Dio come un Padre che si prede cura anche di me? Nei momenti di difficoltà con quanta convinzione e pazienza lo invoco?
Pregare sempre: come attuo questo comandamento nella mia vita? Come vivo la mia preghiera? Quali fatiche provo e quali attenzioni metto in campo per superarle?
Quando il Figlio di Dio verrà, mi troverà addormentato, avvilito, riunito in seduta permanente, oppure sveglio, attivo e vigilante?
Riesco a pensare alla mia vita come a un itinerario che mi porterà all’incontro con Gesù?

Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Alzo gli occhi verso i monti:da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. (Sal 120).

L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Accogliamo dentro il nostro cuore il sano rimprovero di Gesù, il suo sano realismo, la sua sconcertante provocazione. Conserviamo la fede nelle avversità, non demordiamo, non molliamo; ma continuiamo con costanza la disarmata e disarmante battaglia del Regno. Amen.