martedì 4 febbraio 2020

LECTIO: V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno A


Lectio divina su Mt 5,13-16

Invocare
O Dio, che nella follia della croce manifesti quanto è distante la tua sapienza dalla logica del mondo, donaci il vero spirito del Vangelo, perché ardenti nella fede e instancabili nella carità diventiamo luce e sale della terra. Per Cristo nostro Signore. Amen.

In ascolto della Parola (Leggere)
13 «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Silenzio meditativo lasciando risuonare nel cuore la Parola di Dio

Dentro il Testo
Dopo proclamate le beatitudini, nel suo «discorso della montagna», il Signore prosegue nel definire direttamente quelli che vogliono essere suoi fedeli, con due appellativi, di cui almeno il primo è abbastanza problematico: «sale della terra» e «luce del mondo».
La difficoltà del simbolismo del sale è un primo ostacolo alla giusta comprensione del detto di Gesù; le esperienze di ognuno possono far variare l'opinione che si ha di questo minerale. Prima dell'avvento del frigorifero il sale era considerato un ottimo conservante; è usato per dare sapore ai cibi; gli antichi contadini e nomadi palestinesi nelle vicinanze del mar Morto lo usavano per riscaldarsi a causa della sua combinazione col bitume; per noi moderni (ma già per gli antichi, Esdra (4,14) chiama i funzionari persiani «coloro che mangiano il sale della reggia») indica lo strumento economico della sopravvivenza, «il salario»; molto noto il riferimento del «sale della sapienza», un rito che si era introdotto nel battesimo proveniente dalla superstizione della cultura dei barbari del primo medioevo, ma del tutto sconosciuto al complesso delle Chiese antiche.
Il testo del vangelo mette in evidenza che la continuità e la visibilità di chi opera per il regno di Dio sono ben sottolineate dalle immagini del sale e della lucerna, che non possono mai venir meno alla loro funzione (dare sapore e fare luce). Gesù dunque affida un compito ai discepoli: la terra ha bisogno di sapore e io oggi vi costituisco come sale della terra!

Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 13: Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Nei precedenti versetti avevamo le beatitudini che si concludevano con la persecuzione e la ricompensa che avrebbero ottenuto quanti sarebbero stati investiti da tale persecuzione. Ora con delle immagini Gesù fa capire chiaramente le caratteristiche del discepolo. Anzitutto l’immagine del sale, al quale si associano diverse funzioni: dà sapore e conserva i cibi e nei sacrifici antichi si utilizzava allo scopo di purificare la vittima offerta (cfr. Lv 2,13). Nell’AT il sale per le sue proprietà di conservazione era simbolo dei valori duraturi (Nm 18,19; 2Cr 13,5).
Gesù definisce i suoi discepoli come il sale per la terra, destinato ad esercitare una funzione sulla terra, sugli uomini. Nello stesso tempo da’ un monito a tenere sapore, a non essere scadenti o già scaduti per non rischiare di essere insignificanti per tutti.
L’evangelista Marco ci aiuta a comprendere la funzione che sta qui: “Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri” (9,49-50).  
La triplice insistenza sul sale, e la precisazione di «salare con sale» mostra che il sacrificio d'offerta, «memoriale sull'altare, sacrificio di aroma soave al Signore» (Lv 2,2b), il santo dei santi tra i sacrifici del Signore (Lv 2,3b), deve essere preparato compiutamente, ben condito e ben cotto, per essere vero sacrificio a cui si partecipa prima spiritualmente, e poi nel convito come segno di comunione.
Ogni discepolo deve prepararsi ad essere, con il Signore, questo sacrificio di aroma soave per il Dio dell'alleanza, redenzione della terra e comunione tra gli uomini. Se il sale non esplica tale funzione sacrificale, non avrà nessuna rivalutazione «da fuori ». Occorre avere questo sale sacrificale dentro il cuore, ed allora il sacrificio spirituale sarà pace sulla terra.
C’è quindi una dimensione di responsabilità e consapevolezza vocazionale nella vita del credente. Egli deve misurare la sua vita, il senso delle cose che fa, non solo in riferimento a sé, ma in riferimento al mondo intero con gli occhi di Dio.
vv. 14-15: Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.
Oltre l’immagine del sale, Gesù si serve anche dell’immagine della luce, tema molto presente nei testi del NT in riferimento a Gesù; in Mt 4,12-17; egli era stato indicato come la grande luce che rischiara le terre di Zabulon e Neftali. Anche l’AT ha il suo riferimento in particolare nel profeta Isaia: «Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore» (2,5). In Is 42,6; 49,6 Israele è chiamato ad essere una «luce per le nazioni». Paolo riprende questo tema della vocazione di Israele in Rm 2,19 («luce di coloro che sono nelle tenebre») e dirà che i cristiani devo splendere come astri nel mondo (Fil 2,15) e che sono luce nel Signore, dopo essere stati tratti dalle tenebre (Ef 5,8).
Ancora un messaggio per i discepoli: “Voi siete la luce del mondo”. Come? Siamo luce del mondo non perché produciamo una qualche luce ma perché siamo illuminati da Gesù. Quindi ogni discepolo è luce con tutta la sua povertà e debolezza. Egli è colui che deve essere in grado di trasmettere una luce autentica che permetta al mondo di orientarsi e dirigersi. Se la nostra vita è stata illuminata ciò non è solo in vista di noi e del nostro cammino, ma in vista del cammino di tutti: illuminati dalla luce che è Gesù dobbiamo a nostra volta diventare luce per gli altri.
Cambiando prospettiva, il discepolo qui viene definito una lampada (cfr. Gv 5,35) poiché la luce è Cristo e da lui riceve la luce. Per far capire questo, Gesù usa il paragone del moggio (recipiente per misurare il grano, usato anche come mensola). La luce è posta in alto affinché risplenda in tutta la casa (cfr. Mc 4,21; Lc 8,16; 11,33).
Questa espressione è facilmente comprensibile se facciamo riferimento alle usanze del tempo di Gesù: la fiamma allora si otteneva dai grassi, e spegnere con un soffio una di quelle lampade voleva dire riempire la stanza d'un puzzo insopportabile. Per questo si usava mettere un moggio o un altro recipiente che fosse a portata di mano sulla fiamma, ottenendo che si spegnesse per mancanza di ossigeno senza mandare cattivo odore.
Cristo dice semplicemente che la luce non dev'essere spenta, perché illumini sempre. Deve essere come il faro posto nelle vicinanze del porto che illumina la rotta.
v. 16: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
Il versetto finale di questa pericope racchiude le motivazioni che il Signore dà di questa funzione: tale luce deve sfolgorare davanti agli uomini come esempio efficace (cfr. Rm 14,18; Fil 2,15; Fm 6; Ef 5,8-9; 1 Pt 2.12).
I discepoli non vivono per sé, autosufficienti, in un angolo del mondo, bensì in pubblico, visibili e accessibili agli uomini.
Il testo presuppone una trasformazione della vita cristiana che possa essere in grado di convincere la gente. I discepoli come figli portano così altri figli al Padre, ma seguendo sempre il Figlio Unico. Un vangelo vissuto si esplica nella collettività. Tutto ciò che riguarda la terra, riguarda innanzitutto la coerenza con cui i cristiani vivono la loro presenza nel mondo; ogni terra deve poter contare sul sapore dei discepoli, sul sapore della Chiesa. I discepoli, la Chiesa sono visibili, non nascosti.

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

La Parola illumina la vita e la interpella
Quale riflesso di Dio la mia vita fa vedere?
Cosa significa per me essere “sale”, “luce” nella quotidianità?
Quale senso delle cose, di Dio Amore faccio assaporare a quanti incontro?
Sono lampada per gli altri? Sono davvero capace di opere di bene?

Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria. (Sal 111)

L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Il cristiano non è invitato a cercare successo, ma a vivere la sua identità. Deve essere sale e luce, vivere le opere buone indicate dalle beatitudini, spingendo le persone a glorificare Dio Padre.