martedì 7 settembre 2021

LECTIO: XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)

Lectio divina su Mc 8,27-35
 
 
Invocare
O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito Santo ci aiuti a credere con il cuore, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
In ascolto della Parola (Leggere)
27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». 34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
 
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
 
Dentro il Testo
La nostra lettura di Marco ci porta alla seconda metà del capitolo 8. Precedentemente a questo brano, Gesù si trovava a Betsaida (8,22-30) dove guarì un cieco. Adesso prosegue il suo cammino verso Cesarea di Filippo e per strada parla con i suoi discepoli.
Protagonisti di questo brano sono i discepoli di Gesù che con lui sono in viaggio verso Gerusalemme.
Questo brano è considerato il culmine del vangelo di Marco, il crinale. Qui Gesù viene riconosciuto da Pietro come il Cristo, il messia atteso. Ora che i discepoli hanno capito questo, Gesù può cominciare ad annunciare loro il futuro che lo aspetta: la passione e la morte. Nonostante che Pietro abbia fatto la sua professione di fede,  non sa accogliere un “Messia sofferente”, per lui e per tanti rimane “follia” e “scandalo” e dà occasione a Gesù di un nuovo insegnamento: cosa significa seguirlo.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 27: Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?».
Gesù, con i suoi discepoli, parte da Betsaida (8,22) e si dirige verso nord. Il termine «villaggi» si riferisce ai piccoli centri abitati (come «sobborghi») intorno a una città più grande.
Cesarea di Filippo, situata sulle falde meridionali del monte Ermon e vicina ad una delle sorgenti del fiume Giordano, rappresenta la punta settentrionale del territorio d'Israele. Anticamente, si chiamava Panias, poiché vi si trovava un tempio dedicato al Dio Pan (oggi la località si chiama Banias). Ai tempi di Gesù era stata ampliata dal tetrarca Filippo e le era stato dato il nome di Cesarea in onore di Augusto.
Questa è una località lontana da Gerusalemme. Sembra Gesù l’abbia appositamente scelta per cominciare a parlare della sua passione.
A partire da Cesarea (il viaggio che Gesù farà sarà da Cesarea (8,27) a Gerusalemme (11,1)), Gesù chiede informazioni sul proprio conto. La sua interrogazione significativa: a lui sta a cuore ogni persona, sta a cuore il cammino di ogni persona e vuol capire a che punto sono del loro cammino.
v. 28: Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti».
I discepoli riportano le opinioni della gente (cfr. 6,14). La gente diceva infatti che Gesù fosse il Battista ritornato dai morti e che per questo motivo compiva miracoli. Altri pensavano a Elia oppure Mosé, o Enoch, tutti personaggi scomparsi in circostanze misteriose, il cui cadavere non è stato più ritrovato e che secondo la tradizione sarebbero ritornati sulla terra in prossimità degli ultimi tempi. Il fatto che i discepoli parlino in generale di uno dei profeti identifica Gesù semplicemente come uno che parla in nome di Dio, come i profeti del passato.
Sembra una risposta appartenente a una religiosità comune, come quella dei nostri giorni. Sappiamo tutto, abbiamo addirittura la verità in tasca, definita! È tipico dell’uomo religioso identificare con il passato, con la tradizione, il tradizionalismo che è l’uccisione di Dio. Gesù fu ucciso perché rompeva le tradizioni. Anche oggi, se uno vive il Vangelo rompe le tradizioni e viene ucciso apposta perché è di inciampo.
v. 29: Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo».
Gesù continua la sua interrogazione e questa volta chiede ai discepoli chi pensino che egli sia. Risponde Pietro come portavoce del gruppo dei discepoli e pronuncia la professione di fede in Cristo. Davanti alle diverse opinioni della gente, Gesù in quanto Cristo, è una personalità profetica che inaugura il tempo della salvezza. Mentre nel giudaismo il Messia davidico era stato spesso definito “l’Unto del Signore” o “il Messia di Israele” qui il Cristo si trova in forma assoluta.
La domanda, però risuona nella nostra vita, oggi, ora, in questo preciso istante. Nella vita di ogni giorno, nel modo di pensare, nel modo di agire, nel modo di vivere chi è Gesù per me?
Forse a metà del cammino ancora non siamo in grado di rispondere. Per questo Pietro prende l’iniziativa e da una risposta, che è quella giusta. Qui è la prima volta che viene nominato “Cristo”. Lo avevano detto anche i diavoli e Gesù disse loro: “tacete!” Ora è Pietro a dirlo: Cristo è il Messia promesso.
v. 30: E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
Dopo una brevissima confessione di fede abbiamo l’ordine di tacere, che è rivolto a tutti i discepoli. Perché? Essa non svaluta la professione di fede nel Cristo, anzi rimanda all’evento della Croce, nel quale la messianicità di Gesù conoscerà la sua spiegazione vera. Tale spiegazione comincerà con l’annuncio della passione: Gesù è un Messia sofferente e va riconosciuto crocifisso e non trionfale sul suo cavallo di battaglia. Pietro stesso dovrà ancora fare del cammino “dietro” a Gesù e seguirlo fedelmente, per comprendere pienamente le sue stesse parole.
v. 31: E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
L’evangelista Marco usa il verbo «cominciare» ventisei volte in tutto l’evangelo: due volte qui in due versetti successivi e poi a Gerusalemme si compirà quanto Gesù insegna.
Preso atto della confessione di Pietro che lui è il Messia, Gesù adesso comincia a spiegare la vera natura della sua messianicità e ciò che essa comporta per i suoi seguaci.
Al destino di sofferenza e di morte del Figlio dell’uomo è dedicato spazio maggiore che alla sua vittoria. Questa però è collocata al termine del suo cammino. L’essere ucciso era la sorte speciale dei profeti; anche in altri contesti del Nuovo Testamento il destino di Gesù viene paragonato a quella sorte.
C’è però una novità: la risurrezione, che non ha nessun prototipo nel destino del giusto. Essa non va vista come atto di Dio compiuto su Gesù , ma come atto di potenza del Figlio dell’uomo che vince la morte per forza propria. Il dopo tre giorni si rifà all’esperienza dell’AT: dopo tre giorni il giusto (o Israele) viene salvato.
v. 32: Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo.
Gesù parla apertamente, con franchezza. Anche in altri passi di Marco si ricorda questa franchezza.
Qui Gesù comincia a parlare di passione e risurrezione. I discepoli, che un giorno dovranno diffondere il
vangelo, devono scorgere in Gesù la sorgente della parola che bisogna portare agli altri.
Anche l’evangelista dice in che cosa consiste l’insegnamento di Gesù. Finora diceva che Gesù insegnava, adesso dicendo che cominciò a insegnar loro, dice in che cosa consiste l’insegnamento: è Lui.
In questo breve episodio Pietro torna in primo piano. Poco prima aveva riconosciuto Gesù come il Cristo, adesso l’idea della passione lo spinge alla protesta. Questo ci rivela che si possono dire delle grandi parole a Gesù, ma dentro queste parole ci sono dei contenuti che non hanno nulla a che vedere con Gesù. Per questo motivo, Pietro prendendo in disparte Gesù, facendo l’opera del diavolo, lo rimprovera.
v. 33: Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Ma Gesù che ha già intrapreso con decisione la strada di Gerusalemme si volta verso i discepoli e a Pietro dice: “vai dietro a me”. Non metterti davanti, ma mettiti dietro tu sei satana, ma non perché sei cattivo, ma perché pensi secondo gli uomini e satana è molto umano. Non è diabolico satana, anzi, pensa come pensano tutti, i ben pensanti, come Pietro, come gli apostoli.
Il Figlio dell’uomo non può più essere distolto dal suo cammino. Satana non solo si oppone, ma distorce la verità e dice la menzogna. Il pericolo più grave per i discepoli è rifiutare il Crocifisso.
In questo modo Gesù non lascia che l’ultima parola sia quella dell’incomprensione del discepolo e continua a dire “va’ dietro a me”. Questa Parola che dice a Pietro è la Parola che Gesù gli ha rivolto quando l’ha incontrato la prima volta, quando l’ha chiamato sul mare di Galilea e gli ha detto: “Venite dietro a me”, a lui e ad Andrea (Mt 4,18-19).
v. 34: Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
La prima cosa che Gesù fa è chiamare (e continua sempre a farlo). Dopo la protesta di Pietro i discepoli sono chiamati nuovamente e messi di fronte a una decisione nuova. Ma chiama anche la folla. Sia i discepoli, sia la folla sono invitati a seguire Gesù buon pastore.
Gesù rivolgendosi a queste due categorie di persone, discepoli e folla, ci interpella. Anche di fronte all’incomprensione, Gesù chiama sempre. Infatti, ogni ascoltatore del Vangelo, folla e discepoli, è chiamato a mettersi dietro a Gesù per ascoltare le Sue parole. Chi si decide per la sequela deve rispondere a due esigenze precise. La prima è rinnegare se stessi, rinunciare a se stessi, porre l’esistenza del discepolo al di sopra dei propri desideri e dei propri progetti. La seconda è la disponibilità ad accettare la croce. Questo rende coscienti i discepoli della serietà della loro appartenenza a Gesù. Il supplizio della croce (con tutti i suoi corollari) era già tristemente noto in Palestina e l’espressione non lasciava il campo a dubbi.
v. 35: Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Segue qui un detto sapienziale paradossale. La vita da ora in poi dipende dall’adesione o meno a Gesù.
Il termine greco psych può significare o «vita» o «anima». Ciò di cui si parla è la sostanza intima della persona, ciò che costituisce l'«io», forse nel contesto marciano in una situazione di potenziale martirio.
La vita che si salva in questo caso è la «psiche», non la vita terrena, ma quella che oltrepassa ogni limite e che è dono di Dio. La terminologia del «salvare» e del «perdere» suggerisce che c'è anche una dimensione escatologica o dell'«aldilà» nel detto (vedi 9,1) e che è in palio qualcosa di più della felicità terrena e della pace del cuore al presente.
I due verbi indicano una vita da riempire d’amore e non a perdere, a lasciarla priva di senso. Don Primo Mazzolari diceva: “Che io lo voglia o no, la mia vita è legata al mio perdermi per coloro che amo”. Una vita persa per Gesù significa una vita persa per amore, non una vita gettata via, una vita senza senso. O viviamo una vita nella consegna di noi stessi o la giocheremo sempre nel privilegio di noi stessi. Queste sono le due logiche: con la seconda ce la guasteremo e la guasteremo anche agli altri. Con la prima la godremo noi e renderemo felici anche gli altri.
Discepolo non è chi riconosce Gesù come il Cristo, ma chi con lui e per lui sa far dono della sua vita.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
La domanda che mi interroga nel profondo: “voi chi dite che io sia?” Mi porta a scoprire il mio essere cristiano/a oppure mi lascia come prima?
La mia è una fede solo a parole, imparate a memoria e recitate nella celebrazione? O una fede vissuta, tradotta in scelte concrete, capaci anche di andare controcorrente?
La Pasqua, mistero di morte e di vittoria, è al centro della fede, stimola la mia vita? Mi sostiene soprattutto quando sperimento anch’io l’opposizione al Vangelo? Mi sento chiamato a vivere ripercorrendo le orme del Cristo, sofferente e vittorioso?
Quanto mi fido di Dio? Arrivo a giocare la mia esistenza su questa scommessa di salvezza attraverso la donazione totale di me stesso?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
 
Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».
 
Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.
 
Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi. (Sal 114).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Nella mia pausa contemplativa mi fermo ai piedi della croce per capire se cerco la fonte viva o quella stagna. Se voglio vivere oppure morire. Mi accompagneranno queste ultime parole: “chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”.