Lectio divina su Lc 1,1-4; 4,14-21
O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza. Per Cristo nostro Signore. Amen.
1,1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Luca è il solo evangelista che premette al suo scritto un prologo nel quale dichiara, nei primi due versetti, le fonti a cui attinge: “Coloro che furono testimoni e divennero ministri della parola” (gli apostoli) e nei due versetti successivi, lo scopo e le caratteristiche del lavoro che intraprende: “Ho deciso di fare ricerche accurate e di scriverne un resoconto ordinato … ”, perché il suo lettore, Teofilo, colui che ama Dio, possa rendersi conto della fondatezza degli insegnamenti che ha ricevuto, quindi delle solide ragioni della nostra fede. Inoltre, l’unico Evangelista che premette al suo racconto un prologo simile a quelli usati dagli storici dei suoi tempi.
Tale introduzione è di rilevante interesse storico, perché ci informa che, all’epoca in cui Luca scrive, (a) esisteva una tradizione su Gesù risalente a testimoni oculari; (b) esistevano vari racconti scritti sulle vicende riguardanti Gesù; (c) l’ambiente in cui Luca viveva sentiva la necessità di un nuovo “resoconto ordinato”, frutto di “ricerche accurate”, che confermasse la “solidità degli insegnamenti” ricevuti nella catechesi orale della chiesa.
In questo prologo, Luca adotta un classico stile greco e un vocabolario che si ritrova identico in trattati ellenistici dell'epoca, in cui si dichiarano le finalità per cui si scrive un libro e il metodo che si è seguito. In questo modo, egli rivela chiaramente che il suo libro è un'opera di attualità, destinata ai suoi contemporanei non giudei.
Al prologo viene cucito nella meditazione liturgica la scena che dà inizio alla predicazione pubblica di Gesù (4,14-21) che conduce Gesù a Gerusalemme, per mettere in evidenza il punto culminante del rifiuto da parte dei giudei e l'inizio di un apostolato su scala mondiale a favore dei pagani. L'espansione universale del regno ha inizio il giorno di Pentecoste (At 2).
Abbiamo qui un'indicazione dei motivi per cui Luca fa un uso selezionante di Marco. Benché il ministero galilaico in Luca (4,14-9,59) riproduca quello di Marco (1,14-9,39), tuttavia Luca omette liberamente il ministero di Gesù nel territorio pagano, presente in Marco (6,45-8,26), perché il suo intento è quello di voler comporre la narrazione di un ministero ininterrotto in Galilea, per dare il massimo risalto al rifiuto incontrato da Gesù a Gerusalemme.
1, 1-2: Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi
L'evangelista ci fa entrare nel suo resoconto con un prologo, che poi vuole essere unico, in quanto Luca scrivendo il Vangelo scrisse anche gli Atti degli Apostoli facendo un’unica opera.
Tutto questo lo fa con ordine, con un certo stile. La Parola stessa lo richiede. Questo stile è nella fede e Luca non fa altro che dare corpo al suo raccontare Gesù alla luce della fede, collocandola nel contesto più ampio del piano salvifico di Dio.
Luca partendo dalla Pasqua di Gesù, descrive gli eventi che hanno portato a compimento un processo già iniziato o una promessa annunciata. Il participio tradotto riduttivamente con “successi” viene dal verbo pleroforeo, molto simile al verbo pleroo, che troviamo nel Vangelo di oggi, quando Gesù dirà nella sinagoga “Oggi si è adempiuta questa Scrittura” (4,21) e che ritroveremo alla fine della lectio.
come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola
Luca è il solo evangelista che inizia il prologo dichiarando le fonti, riferendosi a un gruppo di persone ben definito: gli apostoli (cfr. At 1,21s), coloro che stanno all’inizio dell’evangelizzazione. I testimoni oculari (alla lettera: “vedenti con i propri occhi”). Coloro che si sono messi al servizio della Parola, come fedeli operai (“ministri” traduce una parola che significa in primo luogo “rematori di una nave” e più genericamente “servitori”, “gregari obbedienti”). Questi sono coloro che si sono messi a servizio della predicazione “fin da principio” (cfr. At 1,21-23). Qui viene messo in risalto “la Parola” quasi a dominare la scena. I ministri devono trasmetterla con una massima fedeltà senza modificarla.
vv. 3-4: così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Luca non è il primo a raccontare Gesù. Qui descrive il suo stile. Ne elenca le caratteristiche: ricerche accurate su ogni circostanza, senza tralasciare nulla e verificando i dati raccolti. Lo fa partendo dagli inizi e le indirizza a Teofilo (= amico di Dio), a colui che ama Dio, a chiunque cerca Dio, mostrando i fatti della vita e dell'insegnamento di Gesù in cui Dio è all'opera. Perché tu capisca una cosa più profonda, non che tu ami Dio ma che Dio ama te.
Teofilo significa anche “amato da Dio” e difatti uno degli intenti principali di Luca che è discepolo di Paolo, è
mostrare che non la nostra osservanza della Legge ci salva, ma il Suo amore gratuito.
Il versetto si chiude dicendo il fine delle ricerche: perché tu ti renda conto, tu in prima persona ti devi rendere conto. Non si crede perché un altro te lo ha detto, ma perché ne fai esperienza della realtà: siamo chiamati a riconoscere se è vera o meno, la solidità di questa Parola.
4,14: Gesù ritornò in Galilea
In Galilea ha inizio il ministero di Gesù. Questa era una regione di nessuna importanza dal punto di vista religioso: era stata pagana fino a 150 anni prima di Cristo, poi si era reintrodotta nella vita religiosa di Israele, ma aveva conservato alcune infiltrazioni di paganesimo; a Gerusalemme era considerata con un po’ di disprezzo. Molto spesso Dio preferisce scegliere strumenti di poco conto, in modo che si riveli con maggiore evidenza la sua azione di salvezza. Per questo probabilmente Gesù ha scelto la Galilea, la periferia, un paese religiosamente sottosviluppato. Il Signore sceglie le cose piccole, le cose insignificanti agli occhi della gente, in modo che si riveli con maggiore evidenza la Sua azione di salvezza.
con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
L'Evangelista sottolinea per noi che questo ministero è guidato dall'azione dello Spirito Santo che aveva precedentemente ricevuto (3,22) e “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8,14).
Il tema dello Spirito Santo-guida non è nuovo nella Scrittura. In Isaia tutto il cammino del popolo nel deserto viene attribuito alla guida dello Spirito. “Lo Spirito del Signore li guidava al riposo” (Is 63,14). Gesù stesso fu “condotto dallo Spirito nel deserto” (Mt 4,1).
Gli Atti degli Apostoli ci mostrano una Chiesa che è, passo passo, “condotta dallo Spirito”. Lo stesso disegno di san Luca di far seguire al vangelo gli Atti degli Apostoli, ha lo scopo di mostrare come lo stesso Spirito che aveva guidato Gesù nella sua vita terrena, ora guida la Chiesa, come Spirito “di Cristo”. Inoltre, lo Spirito ordina a Pietro di andare verso Cornelio e i pagani? (cfr. At 10,19;11,12); a Gerusalemme, gli Apostoli prendono delle decisioni importanti. È lo Spirito che le ha suggerite (15, 28)!
v. 15: Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
L’attività principale di Gesù è insegnare. Ed è lo stesso Spirito che conduce all'insegnamento e a rendere lode. Luca qui anticipa il ministero di Gesù (vedremo versetti successivi), diciamo con una certa insistenza in quanto lo vuole collocare nella tradizione di Israele, ma che apre ad una dimensione nuova.
Lo Spirito Santo conduce Gesù nella sua città natia, Nazaret... tra i suoi. Ritorna nella comunità, dove ha partecipato fin da piccolo per una trentina di anni (cfr. Lc 2,51-52).
Luca presenta Gesù adulto, trentenne (più o meno) come un pio israelita osservante: egli si recava regolarmente al culto (secondo il suo solito, cfr. At 17,2) di sabato per partecipare alla celebrazione e si mette in piedi per fare la lettura.
La sinagoga è il luogo da cui parte l'annuncio per estendersi alle città di Giuda e di Galilea, a tutto Israele e fino agli estremi confini della terra. In genere ci stava sempre qualcuno per la proclamazione del brano profetico e se ne era capace, ne dava anche spiegazione. Gesù si alza in piedi per andare a proclamare la Parola.
v. 17: Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto…
Il v. 17 è accompagnato da tre verbi: dare, aprire, trovare come tre sono i verbi fondamentali che reggono la proclamazione della Parola: leggere, spiegazione del senso, comprensione.
Gesù non fa altro che applicare questi tre verbi alla Parola e li vuole indicare come un nuovo modo (anche se ricalca l'antica tradizione rabbinica) di poter ascoltare la Parola di Dio.
Luca qui non fa altro che descrivere un Gesù figlio di Israele esperto nella lettura e interpretazione della Torah e dei Profeti che poi rivedremo meglio coi discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35).
Luca, descrivendo il rituale del culto sabatico, presenta Gesù che legge il testo di Isaia che parla di poveri, carcerati, ciechi e oppressi, di salvezza, di ritorno, di gioia restituita. Nel rotolo di Isaia, il brano, così com’è riportato da Luca, non si poteva trovare. La citazione del profeta è costruita sulla base di Is 61,1, ma modificata con il taglio di alcune parole significative e l’inserimento di una frase tratta da Is 58,6. Qui commenta la Parola appena proclamata.
v. 18: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione
Nell’AT troviamo un’altra formula: «la Mano di Dio fu su di me» (cfr. Ez 37,1), dove la Mano è metafora per indicare lo Spirito, la Potenza operatrice di Dio.
Lo Spirito del Signore è sempre sopra di Gesù, non ha mai cessato la Sua presenza. Egli è l’Unto di Dio.
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
Qui inizia la citazione dei profeti che descrivono le funzioni dell'Unto di Dio. Chi sono questi “poveri”? Sono gli “anawim”, coloro che sono messi ai margini della società, alla mercé dei potenti, senza forze e protettori, presa facile delle menzogne e della violenza. Gesù si allea con queste persone e li libera: ecco la Buona Notizia. Scorrendo il vangelo di Luca vedremo sempre questa alleanza di Gesù con i poveri (cfr. 14,13.21; 16,20; 18,22; 19,8; 21,3).
a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi
In Israele questo significava un indulto per i debitori, il possesso della terra ipotecata o rubata dai latifondisti; tutti cominciavano una nuova vita, perché la condivisione dei beni tornava a regolare le relazioni sociali. La Parola libera qui le sue energie e diventa l'evento più grande della storia. Questa è la buona notizia: liberarci dalla schiavitù; quelle interiori, che sono le più dure a perire, e quelle esteriori degli altri che provocano le nostre schiavitù interiori.
v. 19: a proclamare l'anno di grazia del Signore.
Questa espressione vuole dire che c’è una presa di posizione di Dio a favore dell’umanità e di ogni uomo, sulla quale tu puoi contare, la puoi prendere come fondamento della tua vita. Prima ancora di quello che tu riesci a fare, a possedere, a capire e a realizzare, tu parti con questo patrimonio di partenza: il sì di Dio, l’approvazione di Dio, l’amore, il perdono, la riconciliazione di Dio. Gesù esprime essenzialmente questo: Gesù di Nazaret nella sua vita, con le sue parole e con i suoi gesti non è altro che la parabola del sì di Dio.
In tutta la vita di Gesù l’amore di Dio è stato rivelato e comunicato all’uomo; il perdono e la riconciliazione sono stati offerti gratuitamente. La parola “perdono”, poi, contiene il termine “dono”; potremmo allora dire che il perdono potrebbe essere considerato come un “superdono”, qualcosa che in modo sovrabbondante viene regalato da Dio all’uomo, perché l’uomo, in forza di ciò, possa vivere la sua esistenza in pienezza.
Grazia è una delle parole importanti nella teologia del Nuovo Testamento. La grazia in origine era il favore con cui un re guardava un suddito. Il re ha dei poteri e delle possibilità straordinarie: da lui dipendono la ricchezza o la miseria, la fortuna o la disgrazia dei suoi sudditi. Quando il re guarda qualcuno con occhio benevolo si dice che gli ‘usa grazia’.
Un anno di grazia del Signore vuole significare allora un momento in cui il Signore ci guarda con benevolenza, con occhio amorevole. Se Dio ci guarda con occhio buono è capace di rendere buono il nostro cuore, di rendere buona la nostra coscienza, quindi anche l’interno dell’uomo. Questo è l’anno di grazia del Signore: l’anno in cui Dio guarda con benevolenza tutti quelli che ne hanno bisogno e li rifà nuovi, li rigenera con una forza d’amore e di grazia.
v. 20: Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
In questo versetto leggiamo i tre verbi della Parola da vivere: “arrotolò consegnò e sedette”. Sono i verbi che devono riposare nel cuore, verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio di Dio, per arrivare a volgere lo sguardo su Cristo che unisce Parola e vita. Ecco perché l'evangelista Luca aggiunge che "gli occhi di tutti stavano fissi sopra di Lui".
La Parola di Dio infatti è tale che non solo fa conoscere la verità nella mente, ma stimola gli occhi del cuore a “vederla” nel caldo lume dell'amore. Così, a chi si apre con una coscienza umile e pura, rende percepibile la Presenza di Dio, l'adorabile Volto di Gesù. Senza la parola che è Gesù ogni altra parola è un sacco vuoto: non sta in piedi.
v. 21: Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Assumendo le parole di Isaia come parole sue, Gesù da ad esse un senso pieno e definitivo e si dichiara messia che viene per adempiere la profezia. L’ “oggi” di cui si parla è l’ “oggi” di Cristo, il tempo in cui la grazia di Dio visita la terra. “Oggi” è la novità di Gesù. È la parola che risuona ancora molte volte in Luca, quando la salvezza è offerta ai peccatori: per Zaccheo (“Oggi la salvezza è entrata in questa casa”, Lc 19,9) come per il ladrone pentito (“Oggi sarai con me in paradiso”, Lc 23,43).
“Oggi” è un termine caratteristico di Luca (2,11; 3,22; 4,21; 5,26;13, 22-23; 19,5; 23,43), indica che gli ultimi tempi sono iniziati, che il tempo adatto è in svolgimento, che la storia degli uomini sta attraversando un momento eccezionale di grazia. L’ “Oggi” è il tempo per ascoltare la voce del Signore per poter entrare nella Terra promessa (Sal 95,8). Se oggi non ascoltate non entrate. Per cui tutto dipende: se oggi ascoltiamo o non ascoltiamo. Tutto dipende da quale parola oggi mettiamo dentro. Noi diventiamo contemporanei alla parola che ascoltiamo.
Questo modo di attualizzare il testo provoca una reazione di discredito da parte di coloro che si trovano nella sinagoga. Restano scandalizzati e non vogliono saperne nulla di lui. Non accettano che Gesù sia il messia annunciato da Isaia. Dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?” Rimangono scandalizzati perché Gesù parla di accogliere i poveri, i ciechi e gli oppressi. La gente non accetta la proposta di Gesù. E così nel momento in cui presenta il progetto di accogliere gli esclusi, lui stesso è escluso.
Quell’“oggi” è la parola fondamentale. La presenza di Gesù, con le sue opere e la sua predicazione, realizzano le promesse di Dio, trasformano il mondo e il tempo, e introducono nel tempo la salvezza di Dio. Oggi Dio nelle orecchie, ossia tramite l'ascolto qualificato, adempie la Scrittura portata dal Figlio.
Ho stupore, attesa, ogni volta che sono chiamato ad ascoltare la Parola di Dio?
Faccio riposare il mio cuore in Lui, nella sua Parola?
Che posto occupa lo Spirito nella mia vita? Lo invoco? Conto su di lui?
Faccio del programma di Gesù il mio programma?
Vivo la mia fede accogliendo tutti o escludo qualcuno?
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
davanti e i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore. (Sal 18).