Lectio divina su Mt 1,18-24
O Dio, Padre buono, tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi di accoglierlo e generarlo nello spirito con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
La liturgia della Parola di questa IV di Avvento, ruota attorno ad un segno e ad una promessa: la nascita di un bambino, a cui sarebbe stato posto il nome Gesù. Troviamo questo compimento nel Vangelo, nel segno profetico dell’Emmanuele, Dio-con-noi, il secondo nome di Gesù. Egli è il segno della fedeltà di Dio: la sua venuta inaugura un tempo nuovo. Per Matteo questo tema verrà ripreso anche alla fine del suo Vangelo quando il Risorto promette ai suoi: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20).
Il personaggio centrale di questo racconto di Matteo è Giuseppe, mentre per Luca è Maria. Dopo aver stabilito la paternità davidica legale di Gesù attraverso Giuseppe, Matteo spiega anche come fosse possibile che Gesù oltre ad essere figlio di Davide fosse anche figlio di Dio, e questo sin dal concepimento.
In quest’annunciazione a Giuseppe, viene indicato a noi un modello di vera e attiva collaborazione con il disegno di Dio. La nostra attesa di Colui che viene, però, non può essere attesa oziosa e passiva, richiede disponibilità e accoglienza.
v. 18: Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Abbiamo appena terminato con la genealogia (i primi 17 versetti), dove con il lungo elenco dei nomi ci viene svelato il volto del Signore. È una vera e propria rivelazione dell’identità del Dio di Gesù Cristo.
Da questo versetto vengono messi in luce i fatti, viene messo in luce il concepimento di Gesù più che la sua nascita. Anzitutto Matteo non fa altro che mettere in primo piano la persona di Giuseppe e narrare gli avvenimenti secondo il modo di pensare di Giuseppe.
In questo versetto Maria viene già descritta come madre. C’è un dono che Maria riceve dall’Alto un dono da custodire e da vivere. Questa maternità è opera dello Spirito Santo. Ciò appare prima che Ella vada a convivere con Giuseppe, il suo promesso sposo.
Per Matteo e per noi la causa della maternità di Maria è ormai un dato assodato, ma ciò non era così ovvio per Giuseppe. Qui non abbiamo una descrizione dell’animo di Giuseppe, però abbiamo una definizione che lo stesso Evangelista fa di Giuseppe: “uomo giusto”. Egli è come l’orante (del Salmo 119) che cerca Dio e ordina la propria vita secondo la sua volontà e con intima gioia la sua Legge. Nell’Antico Testamento l’uomo giusto è colui che è accetto a Dio. E Giuseppe rientra in quell’ideale di uomo giusto. Forse ancora non coglie il mistero in profondità ma il suo cuore è grande e da uomo giusto, non volendo esporre all’infamia Maria, non obbedisce alle esigenze delle leggi della purezza (cfr. Dt 22,23-27). La sua giustizia è maggiore. Più tardi Gesù dirà: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20).
La grandezza umana di Giuseppe, preferendo Maria alla propria discendenza, scegliendo l’amore invece della generazione, ci dice che è possibile amare senza possedere.
vv. 20-21: Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.
Giuseppe continua a pensare, agisce in base a ciò che ha dentro, e che nel sonno emerge in libertà: Giuseppe, l’uomo giusto ha i sogni stessi di Dio: la sua parola parla nel sonno delle altre parole. Entrare nel sogno di Dio fa scoprire di essere figli. È scoprire la dimensione più profonda della vita e degli eventi.
Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù
Lo Spirito Santo è la vita di Dio, è l’amore stesso tra Padre e Figlio. A noi viene dato l’amore tra Padre e Figlio: viene comunicato a tutti. Quindi noi riceviamo il dono dello Spirito, il frutto di questo dono è Gesù, che ci inserisce nel dono stesso.
Giuseppe è chiamato a dare il nome al bambino: Gesù. Sarà lui a dare un nome al bambino, a prendersi cura di lui come il padre legale. In questo modo assicurerà a Gesù anche la discendenza davidica, che si trasmetteva tramite il padre.
Il versetto indica il significato del nome ebraico Yeshua o Yeshu, che sono la forma abbreviata di Joshua che significa “il Signore salva, aiuta”. È il nome di Dio, la sua realtà per chi lo invoca (cfr. At 2,21; 4,12), perché è il nome dal quale ogni nome prende vita.
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati
Quest’espressione va interpretata alla luce degli insegnamenti contenuti nell’AT, nel quale troviamo tale espressione, “salverà il suo popolo”, con riferimento a Dio stesso. Infatti, nel libro del profeta Zaccaria leggiamo: «Il Signore loro Dio in quel giorno salverà come un gregge il suo popolo, come gemme di un diadema brilleranno sulla sua terra» (Zc 9,16). La frase di Matteo, inoltre, intende affermare che in questo Bambino che sta per nascere sarà presente Dio stesso.
vv. 22-23: Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.
Matteo poi rettifica la profezia che riporta il nome di Emmanuele, ricordandone il significato: Dio è al fianco dell’uomo. Questo «Dio con noi» (Is 8, 8-10) è il punto di partenza dell'arco che abbraccerà tutto il vangelo di Matteo fino a 28,20 «Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo».
Emmanuele è il nome più bello di Dio, perché Dio nella sua essenza che è amore, che è compagnia si manifesta nella sua essenza a noi, entrando in nostra compagnia: Dio con noi. L’essere con è la sua qualifica fondamentale; «con» significa relazione, intimità, unione, consolazione, gioia, sforzo. Lui è sempre con noi, in nostra compagnia (28,20). Dio come compagnia, come dono, come vittoria sulla solitudine, come comunione, come amore: è il Dio-con-noi.
v. 24: Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Il sonno di Giuseppe si trasforma. La Parola del Signore trasforma i dubbi e i sogni: è il segno di un risveglio, di una resurrezione.
La resurrezione nasce dopo una lunga prova. Di Giuseppe non sapremo più nulla. Egli farà quanto “gli aveva ordinato l’angelo del Signore”. Imita la sua sposa: scava nel pozzo del cuore per accogliere il Bambino. L’accoglienza del bambino è l’accoglienza della madre. Maria lascia la casa del sì detto a Dio e va nella casa del sì detto a un uomo. Maria è la donna del sì, ma il suo primo sì l’ha detto a Giuseppe, l’angelo la trova già promessa, già legata, già innamorata.
Come rispondo a Dio che cambia direzione ai miei progetti (anche nella vita di coppia), come ha fatto con Giuseppe?
Mi è abituale, nelle vicissitudini più o meno importanti della vita, di fermarmi a pensare che cosa fare, come ha fatto Giuseppe?
Sono convinto che sono chiamato alla paternità (o maternità) di Dio?
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. (Sal 23).
Con l’incarnazione di Gesù, Dio si è fatto prossimo agli uomini e si è reso presente nella Storia. Riconosciamolo all’opera nella nostra quotidianità e chiediamogli di aiutarci ad essere come lui ci vuole.