martedì 1 ottobre 2024

LECTIO: XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)

Lectio divina su Mc 10,2-16
 

Invocare
Dio, che hai creato l'uomo e la donna, perché i due siano una vita sola, principio dell'armonia libera e necessaria che si realizza nell'amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

In ascolto della Parola (Leggere)
2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.

Dentro il Testo
Siamo al cap.10 del vangelo di Marco in cui si cerca di mettere in luce il concetto di sequela - che dal cap. 8 in poi si va sempre più precisando come un “viaggio verso la Croce” - e, dall'altra, di applicarla a tre situazioni che per la comunità primitiva erano di grande importanza: il matrimonio, la ricchezza e l'autorità.
Gesù lascia Cafarnao e va nella regione della Giudea. Anche qui la folla accorre e Gesù insegna nel modo consueto. Marco non esplicita mai il contenuto dell’insegnamento di Gesù, ma all’interno di questo capitolo affronta questioni relative alla famiglia e alla vita quotidiana: il matrimonio, i bambini, la ricchezza.
Il primo insegnamento che troviamo questa domenica è quello relativo alla prima situazione: il matrimonio, nella prospettiva del divorzio e dell'adulterio per chiudere con un’altra situazione: l’esempio dei bambini.
Un brano evangelico il cui annuncio continua a scandalizzarci e che poi entra nel contesto dell’accoglienza dei piccoli, gli emarginati, gli ultimi.
Abbiamo qui le basi della libertà che richiama a quella legge interna e non esterna, a quella norma interna che da luce al nostro volto proteggendo il sogno di Dio.
Ci mettiamo in silenzio dinanzi a questa Parola perché lo Spirito di Dio ci aiuti a capire questi episodi e a vedere Dio fonte di benedizione, in una continua e straordinaria storia di amore e di salvezza.
 
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 2: Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova
Ci troviamo nella Giudea al di là del Giordano, nella zona della Perea. Lì Gesù ammaestra nuovamente le folle (cfr. v. 1). E mentre Gesù sta insegnando, alcuni farisei che si trovavano tra la folla lo mettono alla prova.
La traduzione del verbo greco peirázō (= tentare) ha un significato cattivo, in quanto si tenta di far cadere nell’errore qualcuno con un tranello tesogli di nascosto (cfr. 8,11; 12,13-15; e in specie Mt 4,1-3 dove il participio peirazon diventa il nome personale di Satana, il tentatore per eccellenza). La trappola che tendono a Gesù serve per vedere se dice qualcosa contraria alla legge di Mosè. È l’antifona alle controversie a cui Gesù verrà sottoposto da parte degli scribi, dei farisei ed erodiani e dei sadducei dopo essere entrato a Gerusalemme (cfr. Mc 12). Anche se tra le pagine del vangelo di Marco questa critica la troviamo già dal secondo capitolo.
gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.
L’evangelista Matteo in 19,3 presenta la domanda con questa aggiunta: "per un motivo qualsiasi. La domanda posta dai farisei, serve da sondaggio per vedere la posizione di Gesù nei confronti della legge. Anzi con una certa finezza pungente, chiedono se "è lecito". Una domanda che si ripete ai nostri giorni: divorzio sì, divorzio no; rapporti prematrimoniali sì, rapporti prematrimoniali no; convivenze sì, convivenze no fino a distinguere i preti moderni e quelli non moderni.
La questione del ripudio era sicuramente un problema che riguardava la comunità di Marco. Ma Gesù non da una risposta alla domanda ma cerca di aiutare e scoprire il disegno di Dio sulla sessualità, ritornando a quel principio inteso nel disegno di Dio.
vv. 3-4: Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù non entra nella casistica religiosa a proposito della Legge; non si mette a precisare le condizioni necessarie al ripudio, come facevano i due grandi Rabbi del suo tempo. Hillel (pensava a qualsiasi cosa potesse risultare sgradita al marito, anche cose di poco conto, come lasciar bruciare la minestra) e Shammai (lo intendeva nel senso più grave, e cioè il peccato di lussuria da parte della moglie. Limitava così fortemente i casi in cui fosse possibile il ripudio, tutelando la parte più debole, cioè la donna); non si schiera dalla parte dei rigoristi né da quella dei lassisti. Nulla di tutto questo. Gesù vuole risalire alla volontà del Legislatore, di Dio. In tal modo egli ci fornisce un principio decisivo di discernimento nel leggere e interpretare la Scrittura e non alle tradizioni umane (cfr. Mc 7,8.13), che attraverso la sua parola messa per iscritto vuole rivelarci la sua volontà. Ecco perché Gesù aggiusta il loro tiro chiedendo che cosa abbia "ordinato" Mosè, anche se a dire il vero Mosè, a tal riguardo, non ha ordinato nulla. Nella Torah, si presuppone, che il divorzio sia una prerogativa del marito. Al tempo di Gesù il divorzio era dunque ammesso sulla base di un testo dell'AT (Dt 24,1-4) e il marito poteva ripudiare la moglie qualora essa avesse commesso qualcosa di immorale ai suoi occhi.
v. 5: Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
Gesù non cade in questa casistica e ricorda ai farisei che la legge di Mosè, non è un precetto ma un permesso per la loro sclerocardìa. Il termine nel NT è usato qui, nel parallelo di Mt 19,8 e nel finale di Marco aggiunto nel II secolo: «e [Gesù] li [i discepoli] rimproverò per la loro incredulità e ostinazione (= durezza di cuore)» (Mc 16,14).
La durezza di cuore è uno dei grandi temi biblici. Essa comporta la chiusura totale della mente e delle emozioni nei confronti della verità. È la paralisi dell’anima. Nei primi capitoli dell'Esodo il faraone è presentato come un esempio della durezza di cuore.
Nel Sal 95,8 il popolo d'Israele è esortato a non seguire il pessimo esempio dei loro antenati nel deserto: «Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto». In Mc 3,5 Gesù nella sinagoga accusa i suoi avversari di essere duri di cuore ma usando il termine pórósis («cecità» di cuore) e in 4,10-12 l'incapacità del pubblico di capire le parabole è spiegata in termini della “durezza di cuore” dalla profezia di Isaia 6,9-10. Marco ne parla in alcuni episodi della vita di Gesù: quando viene chiamato a fare un miracolo in giorno di sabato (3,5) oppure quando i suoi discepoli non comprendono il miracolo dei pani (6,52). Ancora alla fine del Vangelo di Marco i discepoli non hanno creduto alla risurrezione per la loro durezza di cuore (16,14).
Nel contesto del dibattito riguardo al matrimonio e al divorzio in Mc 10,1-12, Gesù interpreta Dt 24,1-4 nel senso di una concessione temporanea fatta da Dio alla debolezza spirituale del popolo. Cioè, quella che è la durezza di cui ha scritto Mosè è quella che incontriamo noi. Gesù va subito al dunque: loro parlano di Legge, Gesù parla di cuore, loro stanno parlando di cos’è lecito, Gesù sta parlando di cosa porti nel cuore. Questa durezza di cuore richiama la tradizione dei profeti. Ezechiele che dice “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo” (Ez 36,26). Gesù non viene a dire “Vi darò la legge nuova”, la legge nuova è il cuore nuovo, non una norma.
v. 6: Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina
Di fronte ai farisei che rimandano a Mosè nel Deuteronomio, Gesù invece rimanda a quel “principio”, al progetto del Creatore e nega, con totale chiarezza, all’uomo il diritto di ripudiare la propria moglie. Perciò non riconosce e dichiara invalida la Legge di Mosè, perché non risponde alla volontà originale di Dio; i criteri del Regno si oppongono alle tradizioni giudee.
Il Creatore fece la persona umana sessuata: maschio e femmina (Gen 1,27): due esseri simili ma anche diversi non per essere oggetto di invidia e di possesso, ma che sono posti in relazione l'uno verso l'altro e che in questa relazione trovano la loro pienezza. Non solo: essi sono chiamati ad essere fecondi e a moltiplicarsi. La loro unione ha come scopo quello di continuare nell’amore la creazione.
vv. 7-9: per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne.
Proprio per realizzare la relazione a cui sono chiamati l'uomo e la donna abbandonano i propri genitori per diventare una carne sola (Gen 2,24). I legami di sangue diventano meno importanti davanti alla vocazione fondamentale della persona umana. Si lascia il padre e la madre, che rappresentano la nostra identità, per andare incontro a chi è diverso, per essere una cosa sola, una carne sola.
La "carne sola" che i due diventano può essere intesa come l'unione sessuale dei due corpi, ma anche come la comunanza di una stessa sorte, che ha inizio appunto con il patto matrimoniale: diventare immagine e somiglianza di Dio nella relazione e non da soli. In questo c’è la bellezza della diversità. E la diversità diventa luogo di comunione, di amore divino e la non accettazione è luogo diabolico, cioè satanico, che accusa, ti colpevolizza.
Dunque, l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto.
“Congiungere”, sia in greco synezeuxen e sia in latino coniugare, significa “porre sotto lo stesso giogo”. La coppia umana, maschio e femmina, resa unica carne unita in modo irreversibile dal Signore Creatore, sono consustanziali: e sia perché sono l'unica "immagine e somiglianza di Dio" (Gen 1,26-27), e sia perché hanno ricevuto l'Unico Alito divino, lo Spirito del Signore (Gen 2,7). A questa carne unita e consustanziale il Signore ha assegnato in eterno l’unico statuto ontologico, che è la sua unica e comune sorte: la Vita di Dio, la divinizzazione. Inoltre, il congiungere del Signore, richiama un passo del Qoelet, dove lo stesso Qoelet parla e loda la bontà del vivere in due (vedi Qo 4,9-12). Quindi il divieto del divorzio si fonda sull'essenza fondamentale dell'uomo e della donna, del loro essere stati creati in funzione l'uno dell'altro. È una relazione che è stata voluta direttamente da Dio e che non può essere infranta dagli uomini.
In questo incontro di amore c’è la chiamata a essere amanti come Dio ama, essendo lui amore (cfr. 1Gv 4,8.16); in questo incontro c’è l’arte e la grazia del dono gratuito l’uno all’altra, a cominciare dal proprio corpo; c’è l’alleanza che fa sì che l’incontro sia storia nel tempo e tenda dunque all’eternità, fino alla morte, per andare anche oltre la morte. Gesù dice di prendere il suo giogo (Mt 11,29). Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell’umanità.
vv. 10-12: A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Una volta tornati a casa i discepoli chiedono di capire meglio quanto è stato detto ai farisei. È molto bello questo rapporto maestro/discepoli. Nell'intimità della casa l'insegnamento di Gesù continua. I suoi discepoli hanno diritto di conoscere meglio la legge che Gesù è venuto a portare. Anche loro hanno bisogno di andare oltre, come Gesù.
In questa occasione Gesù passa dal precetto generale a una precisazione, gettando le basi per la libertà del cristiano: poiché il matrimonio è indissolubile, chi ripudia il proprio coniuge e si unisce a un nuovo partner è uguale a un adultero. Solo Marco al v. 12 (cfr. in sinossi Mt 19,9 e Lc 16,18) aggiunge che il divorzio è escluso non solo per l'uomo, ma anche per la donna. Si comprende che Marco ha presenti le donne delle comunità provenienti dal paganesimo, come quelle di Roma, alle quali la legge, a differenza da quella ebraica, accordava l'iniziativa del divorzio (cfr. 1 Cor 7,10-11).
Siamo talmente fragili e umani che facciamo fortemente fatica ad arrivare al sogno di Dio, al suo stesso amore. Chi vive con durezza di cuore, con cuore fariseo, sta ripudiando l'amore. “Chi non alimenta un amore dolce e umile, sta ripudiando il sogno di Dio, è già un separato e un adultero. Chi non si impegna a fondo per le sue relazioni, chi non dà loro tempo e cuore, intelligenza e fedeltà, le ha ripudiate, hai già commesso adulterio nel cuore. Sta tradendo il respiro degli inizi. Il vero peccato non è trasgredire una norma, ma trasgredire un sogno, il sogno di Dio” (E. Ronchi).
v. 13: Gli presentavano dei bambini perché li toccasse.
Subito dopo il discorso ai discepoli sul matrimonio, senza essere preparato da alcun elemento narrativo, si inserisce l’episodio dell’arrivo dei bambini che vengono portati a Gesù perché li benedica. La scena è analoga a quella che dice “chi accoglie un bambino accoglie me”. Ora, se fino a questo momento si parlava del rapporto nella vita di coppia, adesso si parla del rapporto con se stessi necessario per entrare nel Regno.
In questa scena delle persone, probabilmente i genitori o i fratelli più grandi, portavano dei bambini a Gesù, perché li toccasse, ossia imponesse la mano su essi per benedirli, come soleva fare (vedi il precedente e parallelo Mt 19,13). Il tatto è una forma di conoscenza, di comunicazione, di comunione, di unione. Non si tocca ciò che non si ama e non si apprezza. Nel vangelo di Marco il verbo toccare esprime la qualità della fede come comunione con Gesù e guarigione dell’uomo (cfr. 5,21-43).
Avere questo atteggiamento col bambino, col più fragile, vuole indicare quel puro bisogno del bambino, che non può vivere da solo a differenza forse del pulcino che subito si arrangia, il bambino vive se è accudito, altrimenti non vive, vive perché è amato.
Questa caratteristica di vivere se siamo accolti, amati, è il fondamento del nostro esistere: chi non è accolto non esiste, è sempre inquieto, angosciato e tenta cose grandi per essere qualcuno. È fondamentale accogliere questo bambino che è in noi e quando tu diventi e accetti di essere figlio, diventi adulto.
ma i discepoli li rimproverarono
I discepoli si dimostrano infastiditi da questo episodio e ne rimproverano i responsabili. Questo comportamento è del tutto plausibile in quanto a quel tempo i bambini non erano considerati. Con la loro reazione mostrano di essere lontani dalla comprensione del Regno, dalla comprensione della natura di questo Regno che viene. Sgridano come se questi discepoli fossero disturbati da quello che sta avvenendo e come nel capitolo precedente, vogliono impedire qualcosa di buono. Prima impedivano ad una persona di scacciare i demoni, cioè di far del bene, adesso vogliono impedire questo incontro.
vv. 14-16: Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
Solo l'evangelista Marco parla dell'indignazione di Gesù. È seria quest’indignazione di Gesù. Gesù si indigna per l'ambizione egoistica degli adulti, del loro mondo, dei loro pensieri, della complessità delle loro problematiche.
Gesù chiede loro che i bambini non vengano ostacolati nel venire a Lui. In contrapposizione ai farisei che credevano che, per la loro santità, per la loro osservanza dei precetti, avrebbero meritato il regno di Dio, Gesù contrappone gli ultimi della società.
I discepoli litigano per chi vuol essere più grande, chi deve occupare la destra o la sinistra dimenticando l’umiltà, dimenticando di farsi ultimi. Gesù ci suggerisce invece di farci piccoli perché la grandezza di Dio possa prendere posto in noi. Il bambino è l'immagine della fiducia totale. Sentirsi bambini significa sentirsi tra le braccia dell'amore, protetti, amati. Lì il bambino si sente a casa, non deve dimostrare nulla perché sa che è accettato per il solo fatto di esistere. È fondamentale accogliere questo bambino che è in noi e quando tu diventi e accetti di essere figlio, diventi adulto. Chi non accetta di essere figlio non è mai adulto.
Possiamo dire che anche Gesù ha affrontato la sua vita terrena con lo spirito del bambino mantenendo la freschezza del cuore e dello spirito.
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Duplice forma di benedizione: con l’imposizione delle mani (“perché li toccasse”: versetto 13) e invocando su di loro la benedizione del Padre. Marco è l’unico tra i sinottici a usare la parola “benedizione” e a dire che Gesù prendeva i bambini tra le braccia: Matteo dice solo che il Maestro “impone loro le mani” (19,15); Luca si limita alle parole sull’appartenenza del Regno a chi è come i bambini, senza narrare alcun gesto di Gesù verso di loro (18,17). La benedizione dei fanciulli era conosciuta anche presso gli ebrei, ma essi sostanzialmente li disprezzavano. Gesù benedicendo i piccoli esprime dunque la sua accoglienza verso i deboli, i disprezzati, i poveri, gli ultimi trasmettendo la propria forza e il proprio spirito. E abbracciandoli porta l’abbraccio del Padre verso gli ultimi. I tre verbi che accompagnano questa scena esprimono non solo la tenerezza di Gesù ma Dio stesso nell’umanità di Gesù.
La scena dei bambini nel contesto del ripudio riguarda tutti, perché tutti dobbiamo sentirci piccoli se vogliamo costruire una vita autentica con prudenza e amore fidandoci della sua Parola. La salvezza viene da Dio e non va conquistata ma accolta come un dono.
 
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi capita qualche volta di avere il cuore indurito, di non voler ascoltare la Parola del Signore e cercare degli espedienti per non lasciarmi mettere in discussione?
Cosa penso dell'indissolubilità del matrimonio? Penso sia possibile senza che l'unione dei due coniugi sia fondata sulla fede in Cristo?
Cosa faccio per rendere bello il mondo in cui Dio mi ha posto come custode e continuatore della sua opera?
Sono capace di farmi piccolo, ultimo per accogliere il Regno di Dio?
 
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
 
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
 
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
 
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele! (Sal 17).
 
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Siamo figli di Dio in quanto uniti a Gesù, il vero Figlio di Dio: figli nel Figlio. Questa nostra figliolanza – imitando il bambino – la viviamo nell’amore totale e concreto suscitato in noi dallo Spirito, meditando la vita di Gesù, unendoci alla sua passione, nutrendoci dell’Eucaristia.